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Assegno personale: cosa entra nel calcolo? Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 288/2024, ha chiarito la composizione dell’assegno personale per i dipendenti pubblici trasferiti a seguito di soppressione del loro ente. La Corte ha stabilito che solo le voci retributive fisse, continuative e con natura strettamente salariale possono essere incluse. Vengono esclusi elementi come premi di produttività, buoni pasto, contributi a fondi pensione e polizze assicurative, in quanto privi del carattere di fissità e continuità o di natura assistenziale e previdenziale. Viene inoltre negato che l’anzianità pregressa possa essere usata per rivendicare avanzamenti di carriera nella nuova amministrazione.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno personale nel pubblico impiego: quali voci sono incluse?

Nel contesto delle riorganizzazioni della Pubblica Amministrazione, il passaggio di personale da un ente a un altro è un evento frequente. Una delle questioni più delicate riguarda la salvaguardia del trattamento economico dei dipendenti, in particolare la corretta composizione dell’assegno personale. Questo strumento, detto anche ad personam, è pensato per garantire che nessuno subisca una diminuzione dello stipendio. Ma quali voci retributive vi rientrano? L’ordinanza n. 288/2024 della Corte di Cassazione offre un’analisi dettagliata, stabilendo un principio chiaro: solo gli elementi fissi, continuativi e di natura puramente retributiva sono tutelati.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda una dipendente trasferita da un istituto pubblico, successivamente soppresso, ai ruoli di un Ministero. La lavoratrice aveva chiesto in giudizio il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata e l’inclusione, nel suo assegno personale riassorbibile, di diverse voci economiche percepite presso l’ente di provenienza. Tra queste figuravano:

* Il 50% del premio di produttività
* I buoni pasto
* La quota di contribuzione versata dal datore di lavoro a un fondo di previdenza complementare
* Il controvalore di una polizza per morte e infortuni professionali ed extra-lavorativi

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la sua domanda, ma la Corte d’Appello, su ricorso del Ministero, aveva riformato la decisione, rigettando le richieste della lavoratrice. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.

I principi legali che regolano l’assegno personale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della dipendente, confermando la decisione della Corte d’Appello. La decisione si fonda sull’interpretazione dell’art. 7, comma 20, del D.L. n. 78/2010, una norma speciale che regola il trattamento economico del personale trasferito in questi specifici contesti. Tale norma garantisce la conservazione del trattamento economico fondamentale ed accessorio, ma solo per le voci caratterizzate da fissità e continuità.

La Corte ha chiarito che questa distinzione è tipica del pubblico impiego contrattualizzato. Il trattamento fondamentale retribuisce la prestazione ‘base’ del dipendente (legata all’orario e alla qualifica), mentre il trattamento accessorio è legato alla performance individuale, a quella organizzativa o a particolari condizioni di lavoro. Tuttavia, per essere inclusa nell’assegno personale, anche una voce accessoria deve essere certa nell’esistenza (an) e nell’ammontare (quantum), e non legata a fattori variabili e incerti.

Le motivazioni

Analizzando le singole voci richieste dalla ricorrente, la Cassazione ha fornito le seguenti motivazioni per la loro esclusione dall’assegno personale:

* Premio di produttività: È stato considerato un emolumento con carattere ‘strettamente incentivante’, la cui erogazione è legata al raggiungimento di risultati specifici. Manca quindi dei requisiti di fissità e certezza.
* Contributi al fondo di previdenza: La Corte ha sottolineato la loro natura previdenziale e non retributiva, in linea con consolidati orientamenti delle Sezioni Unite.
* Buoni pasto: Hanno una natura assistenziale e non retributiva. La loro erogazione è legata a una particolare articolazione dell’orario di lavoro e non alla durata o al contenuto della prestazione lavorativa in sé.
* Polizze infortuni e morte: Anche in questo caso, la Corte ha escluso la natura retributiva, basandosi sulla disciplina contrattuale e fiscale, che non include tali importi nella base di calcolo del TFR.

Infine, per quanto riguarda l’anzianità di servizio, la Corte ha ribadito che essa viene conservata per proteggere i benefici economici già acquisiti, ma non può essere utilizzata per rivendicare ricostruzioni di carriera o un miglioramento della posizione giuridica ed economica presso il nuovo datore di lavoro.

Le conclusioni

L’ordinanza n. 288/2024 consolida un importante principio per il pubblico impiego: il diritto alla conservazione del trattamento economico in caso di trasferimento non è assoluto. L’assegno personale è uno strumento di tutela che copre unicamente il nucleo ‘certo’ della retribuzione, composto da elementi fissi e continuativi. Sono esclusi tutti quegli emolumenti che hanno natura variabile, incentivante, assistenziale o previdenziale. Questa decisione fornisce un criterio chiaro per distinguere ciò che fa parte del patrimonio retributivo intangibile del lavoratore da ciò che invece è legato a specifiche condizioni o risultati che possono non sussistere nella nuova amministrazione di destinazione.

Quali voci retributive entrano nell’assegno personale in caso di trasferimento nel pubblico impiego?
Entrano solo le componenti del trattamento economico, fondamentale e accessorio, che sono caratterizzate da ‘fissità e continuità’, ovvero quelle certe nell’esistenza e nell’ammontare e non legate a fattori variabili come il raggiungimento di obiettivi.

Perché buoni pasto e contributi a fondi pensione sono esclusi dall’assegno personale?
I buoni pasto sono esclusi perché hanno natura assistenziale e non retributiva, essendo legati all’organizzazione dell’orario di lavoro. I contributi ai fondi pensione sono esclusi perché hanno una finalità previdenziale, distinta da quella puramente salariale.

L’anzianità di servizio maturata presso l’ente precedente può essere usata per ottenere un avanzamento di carriera nel nuovo ente?
No. Secondo la Corte, l’anzianità pregressa è tutelata per salvaguardare i benefici economici già entrati nel patrimonio del lavoratore, ma non può essere fatta valere per rivendicare ricostruzioni di carriera o un miglioramento della posizione giuridica ed economica basati sulla disciplina del nuovo datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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