Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11960 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 11960 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso 19606-2022 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso il suo indirizzo PEC
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
R.G.N. 19606/2022
COGNOME
Rep.
P.U. 14/1/2025
7/07/2022 giurisdizione Assegno per il nucleo familiare. Requisito reddituale.
per la cassazione della sentenza n. 447 del 2022 della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA, depositata il 14 giugno 2022 (R.G.N. 783/2021).
Udita la relazione della causa, svolta all’udienza dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito, per il ricorrente, l’avvocat o NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Udito , per il controricorrente, l’avvocat o NOME COGNOME che ha ribadito le conclusioni del controricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 447 del 2022, depositata il 14 giugno 2022, la Corte d’appello di Bologna ha respinto il gravame del signor NOME COGNOME COGNOME e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ravenna, che aveva negato il diritto dell’appellante di conseguire l’assegno per il nucleo familiare.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha evidenziato la «assoluta carenza di deduzione, allegazione e prova da parte del ricorrente/appellante del requisito reddituale, che è consustanziale alla concessione del beneficio, determinandone l’ an oltre al quantum ».
-Il signor NOME COGNOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello e articola due motivi di ricorso, chiedendo, in primo luogo, d’interpellare la Corte di giustizia dell’Unione europea sulla qualificazione dell’assegno per il nucleo familiare come prestazione essenziale, ai sensi dell’art. 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109/CE, e sulla violazione del principio di parità di trattamento.
3. -L’INPS resiste con controricorso
-I l ricorso è stato fissato all’udienza pubblica del 14 gennaio 2025.
-Il Pubblico Ministero, prima dell’udienza, ha depositato una memoria e ha chiesto di rigettare il ricorso.
-Il ricorrente, in prossimità dell’udienza pubblica, ha depositato memoria illustrativa.
-All’udienza, il Pubblico Ministero ha esposto le conclusioni motivate, già rassegnate nella memoria, e i difensori delle parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nei rispettivi atti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988, n. 153 , anche in relazione all’art. 12 delle preleggi, e della direttiva 2003/109/CE.
L a Corte d’appello di Bologna avrebbe omesso di valutare, anche alla luce delle nozioni di comune esperienza, i documenti acquisiti nel giudizio di primo grado, di per sé idonei a dimostrare il reddito del nucleo familiare. La sentenza impugnata meriterebbe censura per avere ritenuto necessaria l ‘autocertificazione , sprovvista, invece, d ‘ ogni rilievo ai fini del riconoscimento del diritto, e nel qualificare il reddito del nucleo familiare come «elemento essenziale del diritto» e non quale mero «fattore di calcolo (unitamente al numero dei componenti del nucleo) della provvidenza» (pagina 16 del ricorso per cassazione). Nel richiedere oneri più gravosi ai cittadini extracomunitari, la Corte di merito avrebbe violato il principio di parità di trattamento tutel ato dall’art. 11 della Direttiva 2003/109/CE.
1.1. -Il motivo è infondato.
1.2. -Non può essere condivisa, in primo luogo, la premessa ermeneutica che sorregge la censura e che qualifica il reddito del nucleo familiare come mero fattore di graduazione dell’entità della prestazione richiesta.
In virtù del l’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 , l’assegno per il nucleo familiare non spetta, allorché la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente sia inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare.
Tale reddito, dunque, inerisce agli elementi costitutivi del diritto di conseguire la prestazione (Cass., sez. lav., 13 febbraio 2023, n. 4377), prestazione commisurata al contributo che apportano tutti i componenti del nucleo familiare (Cass., sez. lav., 8 marzo 2023, n. 6953).
1.3. -La prova del requisito attinente al reddito del nucleo familiare incombe, dunque, su tutti coloro, cittadini italiani, europei o extraeuropei, che reclamino l’assegno per il nucleo familiare , e può essere fornita con ogni mezzo idoneo, come questa Corte ha già avuto occasione di puntualizzare (Cass., sez. lav., 9 marzo 2023, n. 7097) e come anche l’Istituto rammenta (pagina 9 del controricorso).
Non sussiste, pertanto, la paventata disparità di trattamento, che il ricorrente espone a sostegno della richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (sentenza n. 6953 del 2023, cit.).
Né il ricorso e la memoria illustrativa prospettano argomenti persuasivi, che inducano a rimeditare i princìpi di diritto enunciati da questa Corte in altri giudizi, in larga parte affini.
1.4. -Al ricorrente non sono stati addossati, in definitiva, oneri probatori più gravosi di quelli che competono ai cittadini italiani (ordinanza n. 4377 del 2023, cit., in fattispecie sovrapponibile a quella odierna).
La Corte di merito, nel confermare le statuizioni del Tribunale, ha incentrato il rigetto della domanda sulla carenza di allegazione, prima ancora che di prova, circa i requisiti costitutivi della pretesa e ha
ponderato, a tal proposito, tutti gli elementi acquisiti al processo, negandone la concludenza all’esito di un esame organico e coerente.
Non si ravvisano, pertanto, le denunciate violazioni di legge.
2. -Con la seconda censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente prospetta la violazione o l’errata applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 421 cod. proc. civ., e lamenta che la Corte di merito non abbia reso alcuna pronuncia sull’istanza di deposito della certificazione reddituale , limitandosi ad affermare erroneamente che nessuna documentazione era stata prodotta.
2.1. -Il motivo è inammissibile, sotto molteplici e concorrenti profili.
2.2. -Alle medesime conclusioni questa Corte è giunta nella disamina di una censura formulata in termini non dissimili (ordinanza n. 4377 del 2023, cit., e Cass., sez. lav., 8 marzo 2023, n. 6954).
Anzitutto, si deve rilevare che l ‘omessa pronuncia su un’istanza istruttoria non è riconducibile alla violazione o alla falsa applicazione dell’art. 421 cod. proc. civ. e delle altre disposizioni evocate nella rubrica (art. 2697 cod. civ. e art. 115 cod. proc. civ.) e può essere dedotta in sede di legittimità nei limiti oggi tracciati dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., avvalorando la decisività del fatto pretermesso e dimostrando di averlo sottoposto al contraddittorio tra le parti.
Su tali presupposti, imprescindibili ai fini della ritualità della censura, il ricorso non allega elementi specifici, idonei a sostanziare una doglianza, comunque preclusa al cospetto di una pronuncia d’appello che conferma, per le medesime ragioni di fatto, la decisione del Tribunale (sentenza n. 6954 del 2023, cit.).
2.3. -Né si può sottacere, infine, che l’acquisizione di documenti in appello postula pur sempre la rituale allegazione dei fatti nell’atto
introduttivo e la sussistenza di significative piste probatorie alla luce del materiale istruttorio acquisito (ordinanza n. 7097 del 2023, cit.).
Quanto al primo elemento, è stato escluso tanto dal giudice di prime cure quanto dai giudici d’appello, che hanno posto l’accento sulla carenza di allegazioni sull’elemento costitutivo del diritto , all’esito di una valutazione che non è stata efficacemente scalfita.
Sulla sussistenza di piste probatorie, negata ex professo dalla sentenza impugnata (pagine 11 e 12), la censura non offre ragguagli particolareggiati, che valgano a confutare i rilievi di segno antitetico espressi dai giudici d’appello.
Peraltro, le deduzioni del ricorso, nel richiamare genericamente il modello 730-CUD, non consentono di evincere in modo irrefutabile la decisività di tale documentazione , decisività che la Corte d’appello di Bologna ha comunque escluso (pagina 7), con affermazione ripresa e sviluppata anche nel controricorso (pagine 16 e seguenti) e non adeguatamente avversata.
2.4. -L’omesso esercizio dei poteri istruttori officiosi , profilo su cui il ricorrente si attarda nella memoria illustrativa, non è stato censurato, dunque, ritualmente, in ossequio al canone di specificità prescritto dal codice di rito.
-Dalle considerazioni esposte deriva il complessivo rigetto del ricorso.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, alla stregua del valore della controversia e dell’attività processuale svolta.
-L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione