Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5405 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5405 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10955-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 110/2022 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 16/02/2022 R.G.N. 487/2021;
Oggetto
ASSEGNI NUCLEO FAMILIARE
R.G.N.10955/2022
Ud.17/01/2025 CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Lo COGNOME impugnava innanzi al Tribunale di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, il diniego opposto dall’INPS alla sua istanza di concessione degli assegni per il nucleo familiare. L’INPS si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda. Il Tribunale di Ravenna rigettava la domanda con la sentenza n. 18/2021 depositata il 21/01/2021.
Avverso detta pronuncia NOME COGNOME proponeva impugnazione. L’INPS si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di Appello di Bologna, sezione lavoro, con la sentenza n. 110/2022 depositata in data 16/02/2022, rigettava il gravame.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME chiedendo in via preliminare il rinvio della causa alla Corte di giustizia dell’Unione europea e spiegando un unico strumento di impugnazione.
L’INPS resiste con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 17/01/2025.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso la difesa del ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 2, l. n. 153/1988, e dell’art. 12 prel. c.c., per avere la Corte di merito erroneament e interpretato la normativa concernente i presupposti e i requisiti per l’accesso alla prestazione in questione, nonché violazione della direttiva 2003/109/CE, per come interpretata da CGUE,
25.11.2020, C303/19, per aver ritenuto all’uopo necessaria un’autocertificazione dei redditi prodotti dal nucleo familiare.
1.1. In via preliminare e pregiudiziale la difesa del ricorrente chiede disporsi il rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sottoponendo il seguente quesito «se una prestazione come quella prevista dall’art. 2 della legge 153/1988, denominata Assegno al Nucleo Familiare costituisca una prestazione assistenziale ed essenziale ai sensi dell’art. 11, paragrafo 4 e 13° considerando della direttiva n. 2003/109/CE così come interpretato e stabilito dalla CGUE nella sentenza resa in data 25.11.2020 nella causa INPS vs. V.R. n. C-303/19; in caso di risposta positiva, se il principio della parità di trattamento sancito dall’art. 11, paragrafo 1, lett. d), della direttiva n. 2003/109/CE, come interpretato dalla CGUE nella sentenza resa in data 25.11.2020 nella causa INPS vs. V.R. n. C-3030/19, risulti violato dalla giurisprudenza, come quella dettata dal Tribunale di Ravenna, come confermata dalla Corte d’Appello, di Bologna, sezione Lavoro».
Il motivo di ricorso è infondato innanzi tutto perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, che non risiede nella valutazione della prova offerta giusta l’imposizione dell’onere probatorio descritto dal ricorrente, quanto piuttosto nel rilievo di un assoluto difetto di allegazione, concretizzatosi fin dal primo grado di giudizio, evidenziato dal Tribunale e sottolineato dalla Corte di Appello. La richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia è, di conseguenza, ad avviso del Collegio, fondata su un quesito non decisivo ai fini della soluzione della controversia e del quale, ad ogni modo, può escludersi la fondatezza alla luce delle osservazioni che seguono.
In proposito, ed in continuità con l’orientamento espresso, tra le altre, da Cass. 09/03/2023, n. 7097 dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, va rilevato che questa Corte ha da tempo chiarito come l’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare previsto dall’art. 2, d.l. n. 69/1988 (conv. con l. n. 153/1988), presupponga la duplice condizione -la cui ricorrenza deve essere provata dall’interessato -dell’effettivo svolgimento di attività lavorativa e del requisito reddituale di cui al comma 10 dello stesso art. 2, di talché l’assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente, è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare (così Cass. nn. 8973 del 2014 e 16710 del 2022); nel caso di specie, non solo l’assenza di prova del requisito reddituale è stata accertata già dal primo giudice, ma i giudici dell’appello hanno vieppiù sottolineato che tali fatti (nella spe cie: l’ammontare del reddito eventualmente prodotto dal nucleo familiare) non erano stati allegati nell’atto introduttivo e che non sussistevano significative piste probatorie emergenti dal complessivo materiale probatorio, anche documentale, correttamente acquisito agli atti del giudizio di primo grado (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata).
Va escluso che la necessità di provare il requisito reddituale possa costituire discriminazione in danno del cittadino extracomunitario, come invece sostenuto in ricorso al fine di sollecitare questa Corte a sollevare questione pregiudiziale avanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, trattandosi di onere probatorio richiesto anche ai cittadini italiani e che può essere soddisfatto con ogni mezzo all’uopo idoneo; che argomentare in senso contrario equivarrebbe
piuttosto a consentire ai cittadini extracomunitari di godere di un trattamento di favore rispetto ai cittadini italiani, ciò che non può dirsi in alcun modo voluto dalla direttiva 2003/109/CE e dalla pronuncia della Corte di Giustizia dianzi richiamata.
Il ricorso deve, così, essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
6.1. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila) per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per rimborso spese generali e accessori come per legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 17