Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19351 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15410/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, al INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, dell’Avvocatura interna, con cui elettivamente domicilia presso l’RAGIONE_SOCIALE, in Roma, al INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Bologna, alla INDIRIZZO, in persona della procuratrice NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al la ‘ Memoria di costituzione di nuovo difensore ‘ del 20 giugno 2023, dall’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Torino, al INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 748/2020 della CORTE DI APPELLO DI ROMA, pubblicata il giorno 03/02/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
04/07/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE citò RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Roma chiedendone, previa declaratoria di responsabilità, la condanna al pagamento della somma di € 40.242,33, oggetto di un assegno di traenza non trasferibile emesso all’ordine di NOME COGNOME, che fu negoziato dalla società convenuta pagandolo a persona diversa dal legittimo beneficiario, attraverso un’asserita condotta negligente, in violazione de ll’art. 43 legge ass.
1.1. Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, che contestò l’avversa pretesa, l’adito tribunale accolse la domanda dell’attrice e condannò la menzionata convenuta al pagamento di € 40.242,33, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il gravame proposto da quest’ultima avverso tale decisione è stato respinto dalla Corte di appello di Roma, con sentenza del 3 febbraio 2020, n. 748, la quale ha ritenuto responsabile l’appellante per non avere la stessa fornito la prova di avere osserv ato la diligenza professionale richiesta dall’art. 1176, comma 2, cod. civ. Inoltre, ha negato la configurabilità di una concorrente responsabilità, ex art. 1227, comma 1, cod. civ., di RAGIONE_SOCIALE per avere spedito l’assegno predetto al beneficiario mediante il servizio postale ordinario, invocando, sul punto i principi enunciati da Cass. n. 1049 del 2019.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a due motivi. Resiste, con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi denunciano, rispettivamente:
I) «Art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del r.d. n. 1736/33, in riferimento agli artt. 1218, 1176, comma 2, e 1992 c.c. e legge n. 445/2000 – omesso esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti ». Si contesta alla corte distrettuale di avere ravvisato la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE malgrado quest’ultima avesse dedotto e dimostrato la piena diligenza, ex art. 1176, comma 2, cod. civ., del proprio concreto operato nella negoziazione dell’assegno de quo . Rileva, in proposito, la ricorrente che la norma dell’art. 43 legge assegni viene a delineare una ipotesi di responsabilità per mancata diligenza, non già di tratto oggettivo. Fissata in tal modo la prospettiva di inquadramento del tema, passa ad osservare che l’esame dei documenti prodotti nei gradi del merito non mostra segni evidenti di contraffazione, né sul titolo negoziato, né sui documenti di riconoscimento acquisiti. L’operatore postale – così si specifica in via ulteriore – ha, da una parte, svolto un attento esame circa l’autenticità del titolo e ha verificato l’assenza di segni di contraffazione e quindi di irregolarità o alterazioni; dall’altra, ha verificato l’identità della persona a favore della quale, in conformità al contenuto del titolo, veniva resa disponibile la somma da esso portata;
II) « Art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del d.P.R. n. 156/73 e del d.m. 26/2/2004 (carta della qualità del servizio pubblico postale) in riferimento agli artt. 1227, comma 1, c.c. e 43 L.A. Omesso esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti ». Si ascrive alla corte capitolina di aver escluso la configurabilità del concorso di colpa della danneggiata, ex art. 1227, comma 1, cod. civ., malgrado l’avvenuta, incauta spedizione, da parte sua, del titolo suddetto tramite la posta ordinaria noncurante che lo stesso arrivasse nelle mani del creditore.
Allo scrutinio del primo motivo di ricorso giova premettere che: i ) è incontroverso che l’odierna vicenda ha riguardato un assegno di traenza non trasferibile, emesso da UGF Banca, incaricatane da RAGIONE_SOCIALE (con cui intratteneva una convenzione di assegno), all’ordine di NOME
COGNOME, che fu negoziato da RAGIONE_SOCIALE pagandolo a persona diversa dal legittimo beneficiario; ii ) l’art. 43, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933 (cd. legge assegni) sancisce che ‘ Colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento ‘.
2.1. Rileva il Collegio, poi, che le Sezioni Unite di questa Corte, intervenute per dirimere un contrasto insorto tra le sezioni semplici in ordine alla interpretazione di detta norma, con le sentenze del 21 maggio 2018, n. 12477 e 12478, hanno ribadito o pronunciato i seguenti principi di diritto: a ) la menzionata norma si applica anche all’assegno circolare, all’assegno bancario libero della Banca d’Italia ed all’assegno di traenza (usualmente utilizzato, in luogo del bonifico bancario, per il pagamento di un soggetto che non sia titolare di un conto corrente o di cui non si conoscono le coordinate bancarie) munito della clausola di intrasferibilità; b ) l’espressione « colui che paga », adoperata dall’art. 43, comma 2, l.ass., si riferisce non solo alla banca trattaria (o all’emittente, nel caso di assegno circolare), ma anche alla banca negoziatrice, che è l’unica concretamente in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno e sull’identità del soggetto che, girandolo per l’incasso, lo immette nel circuito di pagamento; c ) ha natura contrattuale la responsabilità cui si espone il banchiere che abbia negoziato un assegno munito della clausola di non trasferibilità in favore di persona non legittimata; d ) specificamente: « ai sensi dell’art. 43, comma 2, legge assegni (r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento di assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c .» ( cfr. Cass., SU, n. 12477 del 2018).
2.1.1. A sostegno di tale conclusione, è stata richiamata la precedente sentenza delle stesse Sezioni Unite che, risolvendo il contrasto di giurisprudenza riguardante la responsabilità della banca, ne aveva escluso
la natura extracontrattuale, ravvisandovi, invece, un’ipotesi di responsabilità contrattuale cd. da contatto sociale, fondata sull’obbligo professionale di protezione (preesistente, specifico e volontariamente assunto), posto a carico della banca nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità delle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso ( cfr . Cass., SU, n. 14712 del 2007). Nel ribadire tale principio, la nuova pronuncia ne ha evidenziato l’incompatibilità con la natura oggettiva della responsabilità, predicabile soltanto in riferimento a fattispecie d’illecito extracontrattuale, precisando che, al fine di sottrarsi alla responsabilità, la banca è tenuta a provare di aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta, che è quella nascente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cod. civ., dalla sua qualità di operatore professionale, tenuto a rispondere anche in ipotesi di colpa lieve. È stato chiarito, inoltre, che lo scopo della clausola di intrasferibilità consiste non solo nell’assicurare all’effettivo prenditore il conseguimento della prestazione dovuta, ma anche e soprattutto nell’impedire la circolazione del titolo: ed a conferma di tale assunto è stato richiamato l’art. 73 del r.d. n. 1736 del 1933, il quale esclude l’ammortamento dell’assegno non trasferibile proprio perché lo stesso non può essere azionato da un portatore di buona fede, conferendo nel contempo al prenditore, ma solo come conseguenza indiretta, la maggior sicurezza di poterne ottenere un duplicato denunciandone lo smarrimento, la distruzione o la sottrazione al trattario o al traente.
2.2. Alla stregua di tali dicta (peraltro ribaditi dalla successiva giurisprudenza di legittimità. Cfr. pure nelle rispettive motivazioni, ex aliis , Cass. n. 25581 del 2018; Cass. n. 34107 del 2019; Cass., SU, n. 9769 del 2020; Cass. n. 9842 del 2021; Cass. nn. 15638, 15642, 15643, 15651, 15818, 6781 e 16782 del 2022; Cass. nn. 12861 e 35755 del 2023, tutte rese in controversie assolutamente analoghe a quella odierna), che il Collegio condivide pienamente (ed alle cui ulteriori argomentazioni giustificative può qui farsi rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.), la censura in esame si rivela fondata nella misura in cui il giudice di secondo
grado ha ritenuto sussistente il profilo della colpa, sul rilievo che la prova fornita da RAGIONE_SOCIALE – consistita nell’aver documentato di aver identificato il prenditore del titolo previa esibizione della carta di identità e del tesserino attributivo del codice fiscale (secondo quanto ricostruito dal giudice di primo grado e non messo in discussione nel grado d’appello) – non sarebbe stata idonea alla liberazione del debitore alla stregua dei criteri contenuti nella circolare del 7 maggio 2001 ad ottata dall’RAGIONE_SOCIALE.
2.3. In proposito, va osservato che questa Corte ha già affermato, nella sentenza n. 34107/2019, che, avuto riguardo alla natura di clausola generale dell’art. 1176, comma 2, cod. civ., il giudizio di diligenza professionale, riferito alla banca negoziatrice di un assegno di traenza, compiuto dal giudice di merito per integrare il parametro generale contenuto nella predetta ” norma elastica “, costituisca una vera e propria attività di interpretazione della norma – e non meramente fattuale, limitandosi tale profilo alla ricostruzione del fatto – dando concretezza a quella “parte mobile” della stessa che il legislatore ha voluto tale per adeguarla ad un determinato contesto storico-sociale, ovvero a determinate situazioni non esattamente ed efficacemente specificabili a priori ( cfr. Cass. n. 8047 del 2019. In senso sostanzialmente conforme si vedano pure le più recenti, e già citate, Cass. nn. 15638, 15643, 15651, 15818, 16781 e 16782 del 2022; Cass. nn. 12861 e 35755 del 2023; Cass. nn. 209, 10711 e 12802 del 2024). Proprio perché si tratta di giudizio di diritto, tale valutazione è censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., quando si ponga in contrasto con i principi dell’ordinamento e con quegli standards valutativi esistenti nella realtà sociale che concorrono con detti principi a comporre il diritto vivente (cfr. Cass. n. 3645 del 1999), sempre che la contestazione non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di incoerenza rispetto a quegli standards , conformi ai valori dell’ordinamento ( cfr . Cass. n. 5095 del 2011, nonché ancora le predette Cass. nn. 15638, 15643, 15651, 15818, 16781 e 16782 del 2022, e Cass. nn. 12861 e 35755 del 2023).
2.4. Nel caso di specie, non vi è dubbio che la contestazione con cui RAGIONE_SOCIALE ha censurato il contrasto dell’interpretazione della corte d’appello (riguardo alla diligenza richiesta, ex art. 1176, comma 2, cod. civ., nella identificazione del prenditore di assegno di traenza) con le norme del nostro ordinamento, e, segnatamente, con la legislazione speciale (che ha provveduto ad indicare), sia sufficientemente specifica.
2.4.1. In particolare, deve evidenziarsi che la carta d’identità costituisce nel nostro ordinamento il fondamentale strumento di identificazione personale (come si evince dagli artt. 3 e 4 e ss. del r.d. n. 773/1931; dall’art. 1, lett. c) e d), del d.P.R. n. 445/2000; dall’art. 292 del r.d. n. 635/40). Pertanto, contrariamente a quanto statuito dal giudice d’appello, l’istituto bancario non è in linea generale tenuto, nella identificazione del portatore del titolo, al compimento di attività ulteriori non previste dalla legge, come si evince anche dalla normativa antiriciclaggio ex d.lgs. n. 231 del 2007, la quale stabilisce le modalità tipiche con cui gli istituti di credito devono identificare la clientela e non prevede il ricorso “ad ogni possibile mezzo”, né alcuna indagine presso il comune di nascita.
2.5. Questo Collegio condivide tale impostazione.
2.5.1. Va premesso che la giurisprudenza di legittimità, nella citata sentenza n. 34107 del 2019, ha già rilevato che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale (carta d’identità, passaporto ovvero patente di guida), sia nell’ambito delle attività aventi rilevanza pubblicistica (come l’attività di identificazione svolta dagli organi di polizia giudiziaria), sia nell’ambito dell’attività negoziale tra privati (come le attività collegate a scambi commerciali, ovvero quelle, più in generale, di natura contrattuale che presuppongano la corretta identificazione dei soggetti contraenti). Ne consegue che una regola di condotta, che imponga prudenzialmente ulteriori accertamenti, non è rintracciabile neanche negli standards valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili all’interno dell’ordinamento positivo. Resta da dire che, come già specificamente sancito da questa Corte, tra i parametri di valutazione della diligenza dell ‘intermediario non rientra la
raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta una portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standards valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale ( cfr . Cass. n. 35755 del 2023; Cass. nn. 38110 e 35821 del 2022; Cass. n. 34107 del 2019).
2.5.2. Deve osservarsi, altresì, che proprio nei rapporti tra intermediari e clientela – e non vi è dubbio che quello in esame rientri proprio in questa tipologia, essendo pacifico in causa che l’abusivo prenditore del titolo, prima di provvedere al suo incasso, aveva aperto un libretto di risparmio postale su cui poi aveva versato l’assegno – l’art. 19 del d.lgs. n. 231 del 2007 (cd. legge antiriciclaggio), avente ad oggetto le modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica della clientela, prevede, al comma 1, lett. a ), che l’identificazione e la verifica della clientela debbano essere svolte, in presenza del cliente, con il semplice controllo del documento di identità non scaduto prima della instaurazione del rapporto continuativo. È imposto, invece, alla lett. b ), che l’identificazione e verifica dell’identità del cliente avvengano mediante l’adozione di misure adeguate e commisurate di rischio, anche attraverso il ricorso a pubblici registri, elenchi, etc., solo se la clientela sia costituita da persone giuridiche, trust o soggetti analoghi, al fine di individuare i soggetti dotati di poteri rappresentativi.
2.5.3. Dunque, anche la legge antiriciclaggio, che si occupa della disciplina dei rapporti degli istituti di credito con i clienti, non ha stabilito modalità più rigorose nella identificazione dei correntisti.
2.5.4. Ne consegue che l’impostazione della corte d’appello di non ritenere in alcun modo liberatoria la prova dell’avvenuta identificazione con documento di identità -tenuto conto, peraltro, che dalla sentenza impugnata non risulta che il titolo presentasse alcun segno di alterazione o
contraffazione -si pone in contrasto con i principi dell’ordinamento e con gli standards valutativi esistenti nella realtà sociale ( cfr . in tal senso, Cass. nn. 3649 e 12573 del 2021; Cass. nn. 3078, 6356, 15638, 15643, 15651, 15818, 16781 e 16782 del 2022; Cass. nn. 12861 e 35755 del 2023; Cass. nn. 209, 10711 e 12802 del 2024).
Il secondo motivo del ricorso è parimenti fondato
3.1. Invero, l’assunto del giudice di appello che ha escluso la configurabilità del concorso di colpa della danneggiata, ex art. 1227, comma 1, cod. civ., malgrado l’avvenuta, incauta spedizione, da parte sua, dei titoli suddetti tramite la posta ordinaria noncurante che gli stessi arrivassero nelle mani dei creditori, non è coerente con quanto recentemente affermato da Cass., SU, n. 9769 del 2020, secondo cui « La spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore » ( cfr ., in senso conforme, le successive Cass. n. 25873 del 2020 e Cass. n. 34201 del 2021; Cass. n. 15642 del 2022).
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso deve essere accolto in relazione ad entrambi i suoi motivi. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie entrambi i motivi del ricorso di RAGIONE_SOCIALE, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma,