SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 681 2025 – N. R.G. 00002205 2021 DEL 31 01 2025 PUBBLICATA IL 31 01 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA CIVILE
Riunita in camera di consiglio e così composta
dr.ssa NOME COGNOME presidente
dr.ssa NOME COGNOME consigliere rel.
dr. NOME COGNOME consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 2205 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2021, decisa a seguito di discussione orale, ex art. 281sexies c.p.c, all’udienza del giorno 31/01/2025 e vertente
TRA
(c.f.
p.Iva
– già
denominata
quale incorporante di
e
giusto atto
P.
P.
di fusione a rogito del Notaio di Bologna del 31.12.2013, Rep. n. 53712, Racc. 34018 – in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione depositata il 27 gennaio 2025 in sostituzione del precedente difensore ed elettivamente domiciliati presso lo studio RAGIONE_SOCIALE in Roma, INDIRIZZO
APPELLANTE
(c.f. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME in virtù di procura generale alle liti per atto di notaio rep. n. 54368 racc. n. 15494 allegata alla comparsa di costituzione nel presente grado ed elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO; P.
APPELLATA
OGGETTO: appello contro sentenza n. 13900/2020 del Tribunale di Roma pubblicata in data 12/10/2020
FATTO E DIRITTO
§ 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata: <>
§ 2. – Il Tribunale di Roma con sentenza n. 13900/2020 così statuiva: <>
§ 3. – Il tribunale a sostegno della decisione osservava:<>
§ 4. – Ha proposto appello formulando tre motivi di gravame, di seguito illustrati e rassegnava le seguenti conclusioni:<>
§ 4. 1- Si costituiva per chiedere il rigetto del gravame per infondatezza. Rassegnava le seguenti conclusioni: <>
§ 4.2- All’udienza di prima comparizione del 15 ottobre 2021 la Corte rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni, poi più volte differita, da ultimo, all’udienza del 31 gennaio 2025.
Con decreto presidenziale del 9 gennaio 2025 veniva disposto il mutamento del rito e la discussione orale ex art. 281sexies c.p.c. e veniva assegnato ai difensori il termine sino al 21 gennaio 2025 per il deposito di note autorizzate.
L’avv.to COGNOME per l’appellante depositava note conclusionali in data 14 gennaio 2025. Si costituiva in data 27 gennaio 2025 per l’appellante l’avv.to COGNOME in sostituzione dell’avv.to COGNOME con comparsa nella quale si riportava integralmente a <> depositati dal primo difensore in nome e per conto della
I difensori delle parti all’odierna udienza precisavano le conclusioni come da verbale e discutevano brevemente la causa che veniva contestualmente decisa.
§ 5. – i motivi di gravame
§ 5.1 – Con il primo motivo titolato: <> censurava la sentenza di primo grado per avere il primo giudice ritenuto diligente il comportamento di quando, invece, gli assegni presentavano <>, che avrebbero dovuto essere rilevati dal banchiere o ad occhio nudo ovvero avvalendosi di una lampada di wood , inducendolo a procedere a controlli ulteriori. Chiedeva l’ammissione di ctu al fine di demandare all’ausiliario di compiere accertamenti sulle seguenti circostanze: che in tutti e 3 gli assegni il nominativo del beneficiario e l’importo in lettere sono dattiloscritti con un carattere meccanografico e con un inchiostro difforme da quelli utilizzati per ogni altro carattere presente sugli stessi; con solo riguardo all’assegno n. 8236109997-11, che sia l’importo in lettere che il nominativo del beneficiario non risultano allineati rispetto alla linea ad essi sottostante e che nel
nominativo le lettere ‘ ‘ – ‘ncenzo’ e la ‘a’ finale di ‘ hanno un carattere meccanografico ridotto rispetto alle lettere ‘no’ di – ‘ncenzo’ di ‘ e ‘ di ‘ ; che in tutti e tre i titoli la data e il luogo di emissione erano stati apposti a penna, mentre avrebbero dovuto essere apposti con caratteri meccanografici essendo assegni tratti per conto di terzi che nel momento in cui vengono stampati dall’istituto traente recano anche la data ed il luogo di emissione.
§ 5.2 – Con il secondo motivo titolato: <> sosteneva l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui il tribunale aveva ritenuto inconferente il richiamo alla circolare dell’ABI del 7/05/2001. Sosteneva, al contrario, che, benché non si trattasse di norma giuridica, essa costituiva comunque un parametro utilizzato dalla giurisprudenza per valutare il comportamento dei banchieri. Con ulteriore profilo sosteneva che il solo codice fiscale non fosse sufficiente ad identificare i soggetti che presentavano l’assegno all’incasso e si qualificavano beneficiari.
§ 5.3 – Con il terzo motivo titolato: <> censurava la sentenza del Tribunale nella parte in cui il primo giudice aveva ritenuto non dimostrato il secondo pagamento eseguito in favore degli effettivi beneficiari degli assegni e, dunque, il danno patrimoniale subito. Significava, al contrario, che il danno patito doveva identificarsi non con il secondo pagamento, bensì nella sottrazione delle provviste sottese ai titoli di credito trafugati e che, ad ogni modo, aveva dato prova del secondo pagamento eseguito nei confronti dei legittimi beneficiari.
§ 6 – L’analisi dei motivi
§ 6.1 – Il primo motivo di appello, con il quale sostiene, in sintesi, che i titoli di credito fossero ictu oculi contraffatti, non può trovare accoglimento.
Osserva, preliminarmente, la Corte che il tribunale nel dirimere la controversia ha dato corretta applicazione ai principi di diritto espressi da Cass. n. 12477/2018 – che ha espressamente richiamato in motivazione – secondo i quali la banca negoziatrice è
ammessa a provare che l’inadempimento non è ad essa imputabile allorché dimostri di aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta e che è quella nascente, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2, dalla sua qualità di operatore professionale, tenuto a rispondere del danno anche in ipotesi di colpa lieve. Va evidenziato, in iure, che la Suprema Corte con le pronunce rese a Sezioni unite n. 12477 e 12478 del 2018, , a cui si è uniformato il primo giudice, ha enunciato il seguente principio :<>.
Orbene, nel caso di specie, ha genericamente denunciato, con l’atto di citazione di primo grado, che i titoli fossero stati: <> e <> (cfr. pp. 6 e 7 atto di citazione in primo grado). , con la comparsa di costituzione in primo grado ha replicato che i titoli di credito, ictu oculi <> (pag. 5 comparsa di costituzione in primo grado). Osserva il Collegio che con la memoria ex art. 183 co. 6 primo termine del 1/03/2018, in esito alle controdeduzioni di ha dedotto nuovamente in maniera solo generica, quanto all’irregolarità dei
titoli, la loro falsità grossolana, chiedendo l’esibizione, ex art 210 c.p.c., in originale degli stessi (cfr. pag. 2 della memoria: <>
Il Tribunale ha accolto siffatta istanza istruttoria con ordinanza depositata l’8/11/2018 e, in adempimento di essa, ha depositato i titoli in originale in data 02/05/2019. All’esito di tale deposito, nulla ha aggiunto per indicare e descrivere gli asseriti segni di contraffazione di immediata evidenza. Finanche nella memoria sostitutiva dell’udienza di precisazione delle conclusioni, disposta in trattazione scritta, depositata in data 12/06/2020, nulla ha evidenziato. Solo con la comparsa conclusionale del 10/09/2020, a pag. 3, per la prima volta ha affermato: <>. Tale argomento è stato poi ripreso ed ulteriormente
specificato con il primo motivo di appello (cfr. pp. 5 e 6 dell’atto di appello) e risultano altresì dedotte per la prima volta nel presente grado le restanti circostanze – sopra riportate al punto 4 – mai dedotte avanti al primo giudice.
Tanto premesso ritiene la Corte che i fatti secondari introdotti a dimostrazione della grossolanità delle alterazioni e della falsificazione degli assegni siano tardivamente allegati e, quindi, ne è precluso lo scrutinio. Per quanto sopra esposto emerge che essi risultano allegati per la prima volta, in parte, con la comparsa conclusionale di primo grado e diffusamente con il primo motivo di gravame. Si osserva che la Suprema Corte ha chiarito che: <>. (così Cass. n.8525/2020, conf. Cass. n. 21332/2024). Invero, a norma dell’art. 183, comma 6, c.p.c., nella formulazione all’epoca vigente, il Giudice può concedere termini perentori per le precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte e per le relative repliche. All’esito di tali memorie, si cristallizza il thema decidendum e non possono essere dedotte circostanze nuove che avrebbero potuto essere già dedotte in precedenza. Come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, il legislatore ha individuato nelle memorie ex art. 183 c.p.c. il momento in cui consentire eventuali <> (cfr. Cass., S.U., n. 12310/2015) e <> (Cass., n. 8525/2020). La previsione legislativa risponde al principio costituzionale di ragionevole durata del processo e deve essere rilevata anche d’ufficio dal giudice.
Nel caso di specie, gli asseriti indici di falsità rilevabili ictu oculi erano rilevabili per sin dall’atto introduttivo del giudizio a cui essa parte attrice ha allegato le
fotocopie degli assegni e certamente dall’esibizione in originale degli assegni, avvenuta in data 2/05/2019; ha omesso di indicare entro il termine di cui alla seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c o, comunque, entro l’udienza di precisazione delle conclusioni – data in cui già risultavano acquisiti i titoli in originale – i fatti secondari sui quali fondava il proprio giudizio di contraffazione grossolana degli assegni, a suo dire rilevabile ictu oculi, in modo da consentire a di sviluppare una difesa puntuale in relazione ad addebiti specifici.
Sulla scorta di tali considerazioni tutte le deduzioni analitiche relative agli indici di falsità ictu oculi degli assegni formulate con il primo motivo di gravame sono tardive.
Si osserva, ad ogni buon conto che dall’esame dei titoli prodotti in originale emerge che essi risultano emessi dalla banca Popolare di Novara all’ordine di con importo in cifra che corrisponde all’importo in lettere e senza che per alcuno di essi figurino alterazioni dei caratteri, delle lettere o degli spazi; non vi sono cancellature, né abrasioni o alterazioni di sorta, così come sostenuto da .
Per quanto concerne, invece, l’identificazione del prenditore, è pacifico perché documentato che ha acquisito la patente di guida con scadenza 24 aprile 2014 ed il tesserino di attribuzione del codice fiscale di al momento in cui questi presentava all’incasso gli assegni presso l’Ufficio Postale di Taranto 10 in versamento su libretto postale n. 2141845 allo stesso intestato. Trattasi di documenti che anch’essi non presentavano anomalie o alterazioni che potessero dare adito a sospetto di contraffazione. La questione della rilevanza dell’identificazione a mezzo un solo documento di identità verrà affrontata nella disamina del secondo motivo.
Di conseguenza, posto che le sole contestazioni ammissibili di su detti fatti secondari sono generiche, deve ritenersi che abbia dimostrato, sul thema decidendum così come cristallizzatosi a valle del maturare delle preclusioni di primo grado, di aver agito con la diligenza che era da quest’ultima esigibile, condotta che, in assenza di anomalie significative dei titoli presentati all’incasso e del documento di identità prodotto, si riduce alla <> (cfr. Cass., n. 23390/2024). Le genericità delle contestazioni e le preclusioni maturate rendono superflua l’ulteriore attività istruttoria richiesta non essendovi sui titoli e sui documenti alterazioni palesi immediatamente percepibili.
§ 6.2 – Il secondo motivo è infondato.
La Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio che la circolare ABI del 7 maggio 2001 non ha alcuna portata precettiva e non concorre ad individuare il livello di diligenza qualificata, esigibile da ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c. In particolare, vanno considerati i principi enunciati da Cass. n. 34107/2019: <>.
Rileva, a giudizio del Collegio, per l’approfondita motivazione, anche Cass. n. 15934/2022 (che ha cassato con rinvio una sentenza di questa Corte d’appello che aveva riformato la pronuncia di prime cure avendo ritenuto che non avesse adottato la diligenza necessaria nell’identificazione del soggetto indicato quale
beneficiario dell’assegno, sia in relazione agli assegni contraffatti, sia in relazione a quelli incassati da soggetti muniti di falsi documenti). Questa Corte territoriale aveva valorizzato la singolarità delle circostanze accertate (apertura dei libretti postali in concomitanza con la negoziazione dell’assegno presso l’Ufficio Postale, mancanza sui predetti libretti di ulteriori versamenti in data anteriore alla negoziazione dell’assegno) che avrebbero dovuto indurre ad un controllo maggiormente accurato nella identificazione dei soggetti presentatisi come legittimi beneficiari. Inoltre, non vi era prova che avesse seguito nella identificazione dei beneficiari degli assegni le modalità cautelative previste dalla circolare ABI (richiesta di un secondo documento di identità munito di fotografia) che, pur non essendo direttamente vincolanti, rappresentavano un utile parametro per valutare la diligenza dell’istituto nella negoziazione degli assegni. Orbene, la Suprema Corte, cassando con rinvio, dopo aver richiamato il principio espresso da Cass. n. 34107/2019 sottolineava che la ricorrente aveva: <> e così osservava: <>
Appare pertanto condivisibile l’affermazione del primo Giudice secondo cui: <>.
§ 6.3 – Il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento, da parte del primo Giudice, del danno subito da è assorbito dal rigetto del primo motivo di appello, posto che la responsabilità di è stata esclusa.
§ 7. – Le spese del grado seguono la soccombenza dell’appellante e vengono liquidate in favore di sulla base dello scaglione di valore della causa (fino a € 26.000,00) nei valori medi per tutte le fasi, fatta esclusione per la fase istruttoria-trattazione che ha avuto minimo svolgimento e per la quale vengono liquidati i compensi medi dimidiati.
§ 8. – Il rigetto dell’appello comporta la declaratoria, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115/2002, dell’obbligo dell’appellante di pagare l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, se dovuto, restando demandate in sede amministrativa le verifiche sull’effettiva sussistenza dell’obbligo di pagamento (cfr. Cass. n. 26907/2018, Cass. n. 13055/2018).
PQM
La Corte definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di contro la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Roma n. 13900/2020 pubblicata in data 12/10/2020, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza;
Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite in favore di che liquida in € 4.888,00 per compensi, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge;
dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater , DPR 115/2002 per porre a carico dell’appellante l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, se dovuto. Così deciso in Roma il giorno 31/01/2025.
Il Consigliere est. Il Presidente
dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME