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Assegno divorzile: indagini fiscali sull’ex coniuge

Una donna ricorre contro la drastica riduzione del suo assegno divorzile. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, stabilendo che il giudice di merito ha errato nel non disporre indagini fiscali sul reddito dell’ex marito, a fronte di prove che ne indicavano una palese sottostima. La Corte ha inoltre censurato la valutazione approssimativa del patrimonio di entrambi i coniugi. Viene invece respinta la richiesta della componente compensativa dell’assegno, poiché la mancata contribuzione della donna alla vita familiare, seppur dovuta a motivi di salute, non ne fa sorgere il diritto. La causa è stata rinviata per un nuovo e più accurato esame economico.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno Divorzile: Il Giudice Deve Indagare se il Reddito Dichiarato non Convince

La determinazione dell’assegno divorzile è uno dei nodi più complessi e delicati nelle cause di divorzio. Essa si basa su un’attenta valutazione delle condizioni economiche e patrimoniali di entrambi gli ex coniugi. Ma cosa succede quando la dichiarazione dei redditi di una delle parti appare palesemente inattendibile? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: di fronte a concreti indizi di evasione o sottostima del reddito, il giudice non può rimanere inerte ma deve attivarsi per accertare la verità, anche disponendo indagini di polizia tributaria.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria è quella di una lunga e travagliata separazione, giunta per la terza volta all’esame della Suprema Corte. Dopo un primo provvedimento che le aveva negato l’assegno, una donna era riuscita a farselo riconoscere in sede di rinvio. Tuttavia, a seguito di un ulteriore ricorso dell’ex marito, la Corte d’Appello aveva drasticamente ridotto l’importo a soli 300 euro mensili.

Secondo i giudici di merito, la donna non aveva diritto alla componente compensativa dell’assegno, non avendo contribuito alla formazione del patrimonio familiare a causa di gravi patologie. Inoltre, la Corte aveva basato la propria decisione sulle dichiarazioni dei redditi dell’ex marito (un avvocato), che mostravano un reddito in calo, e su una valutazione del patrimonio della donna che quest’ultima contestava fermamente. La donna ha quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando l’omessa e scorretta valutazione delle reali capacità economiche dell’ex coniuge e del proprio patrimonio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto in larga parte le doglianze della ricorrente, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame.

I giudici di legittimità hanno ritenuto fondate le censure relative alla mancata indagine sui redditi dell’ex marito e alla scorretta valutazione dei patrimoni di entrambe le parti. Hanno invece respinto i motivi relativi al riconoscimento della componente compensativa dell’assegno.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi di grande rilevanza pratica.

L’obbligo di indagine fiscale e l’assegno divorzile

Il punto centrale della sentenza riguarda il dovere del giudice di fronte a dubbi sulla veridicità delle dichiarazioni fiscali. La ricorrente aveva prodotto numerosi documenti (incarichi professionali prestigiosi, compensi elevati da grandi società, ecc.) che facevano sorgere il fondato sospetto che il reddito reale dell’ex marito fosse ben superiore a quello dichiarato.

La Cassazione ha affermato che, in presenza di un “principio di prova” che mini l’attendibilità delle risultanze fiscali, il giudice non può rigettare la richiesta di un assegno divorzile adeguato limitandosi a constatare la mancata prova da parte del richiedente. Al contrario, ha il dovere di disporre accertamenti più approfonditi, come le indagini di polizia tributaria, per ricostruire la reale condizione economica del coniuge obbligato. Respingere tali richieste istruttorie senza una valida motivazione costituisce una violazione del diritto a un giusto processo.

La corretta valutazione del patrimonio dei coniugi

Un altro errore censurato dalla Corte riguarda la stima dei patrimoni. La Corte d’Appello aveva attribuito alla donna la piena proprietà di diversi immobili, senza considerare i documenti da lei prodotti che attestavano come alcuni di questi fossero stati persi per usucapione da parte di terzi e che di un altro possedesse solo una quota minoritaria e non produttiva di reddito.

Al contempo, i giudici di merito non avevano compiuto alcuna reale valutazione del patrimonio immobiliare dell’ex marito, limitandosi a menzionare genericamente la proprietà dell’ex casa coniugale e dello studio professionale. La Cassazione ha sottolineato che l’accertamento deve essere “effettivo e puntuale”, basato sulla reale titolarità e disponibilità dei beni, non su stime unilaterali o su menzioni superficiali.

Componente assistenziale vs. compensativa dell’assegno divorzile

Infine, la Corte ha chiarito la distinzione tra le due funzioni dell’assegno divorzile. Ha confermato che la componente compensativa presuppone un contributo oggettivo alla formazione del patrimonio comune o alla carriera dell’altro coniuge. Nel caso di specie, la donna non aveva fornito tale contributo. Il fatto che ciò fosse dovuto a gravi motivi di salute, e quindi non per sua colpa, non fa sorgere il diritto a tale componente. Tuttavia, la Corte ha precisato che lo stato di salute e l’incapacità lavorativa sono elementi fondamentali per determinare l’ammontare della componente assistenziale, quella cioè destinata a garantire i mezzi per un’esistenza dignitosa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del coniuge economicamente più debole, specialmente nei casi in cui sussistano fondati sospetti di occultamento di redditi. Il messaggio della Suprema Corte è chiaro: la determinazione dell’assegno divorzile non può basarsi su una verità puramente formale, come quella delle dichiarazioni dei redditi, se vi sono elementi concreti che la smentiscono. I giudici hanno il potere e il dovere di cercare la verità sostanziale, utilizzando tutti gli strumenti a loro disposizione, incluse le indagini fiscali, per garantire una decisione equa e fondata sulla reale situazione economica delle parti.

Quando il giudice è tenuto a disporre indagini di polizia tributaria per l’assegno divorzile?
Il giudice ha il dovere di disporre indagini di polizia tributaria quando la parte richiedente fornisce elementi di prova concreti (cd. principio di prova) che indicano l’incompletezza o l’inattendibilità delle dichiarazioni fiscali dell’altro coniuge. Non può semplicemente rigettare la domanda adducendo una mancata prova da parte di chi la formula.

Una malattia che impedisce di lavorare durante il matrimonio dà diritto alla componente compensativa dell’assegno divorzile?
No. Secondo questa ordinanza, la componente compensativa richiede un contributo oggettivo e concreto alla formazione del patrimonio familiare o alla carriera dell’altro coniuge. L’assenza di tale contributo, anche se dovuta a motivi di salute e quindi non colpevole, esclude il diritto a questa specifica componente. La condizione di salute è però un fattore determinante per la quantificazione della componente assistenziale.

Come deve essere valutato il patrimonio immobiliare ai fini dell’assegno divorzile?
La valutazione deve essere effettiva e puntuale. Deve tenere conto solo dei beni di cui il coniuge ha l’effettiva titolarità e disponibilità, escludendo quindi quelli persi per usucapione o di cui si possiede solo una quota irrilevante. Inoltre, la stima non può basarsi su perizie di parte non giurate e contestate, e deve riguardare in modo approfondito i patrimoni di entrambi gli ex coniugi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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