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Assegno divorzile e malattia: guida alla sentenza

La Corte d’Appello conferma il diritto all’assegno divorzile per una ex coniuge affetta da gravi e preesistenti patologie psichiatriche. La sentenza stabilisce che l’oggettiva e permanente incapacità di procurarsi mezzi adeguati, radicata nella malattia, è il presupposto fondamentale per il riconoscimento dell’assegno, la cui funzione è primariamente assistenziale. Condotte successive come la tossicodipendenza e reati sono state considerate manifestazioni della patologia e non scelte volontarie idonee a escludere il diritto al sostegno economico.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Assegno Divorzile Garantito in Caso di Grave Malattia Psichiatrica: Analisi di una Sentenza

Il tema dell’assegno divorzile è spesso al centro di complesse vicende umane e legali. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari offre spunti cruciali sul riconoscimento di tale sostegno in presenza di gravi patologie psichiatriche preesistenti al matrimonio. Il caso analizzato riguarda la conferma di un assegno a favore di una ex moglie affetta da disturbi cronici, nonostante le obiezioni dell’ex marito riguardo la sua condotta di vita.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla decisione di un Tribunale che, dopo aver pronunciato la separazione e successivamente il divorzio, aveva posto a carico dell’ex marito l’obbligo di versare un assegno divorzile di 200,00 euro mensili alla ex moglie. La donna era affetta da gravi e risalenti patologie psichiatriche, tra cui un disturbo bipolare e un disturbo di personalità borderline, con un’invalidità civile riconosciuta dell’80%. A questa difficile situazione si aggiungeva una dipendenza da sostanze stupefacenti e il suo collocamento in una Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) a seguito di problemi con la giustizia.

L’ex marito, ritenendo ingiusta la decisione, ha proposto appello, sostenendo che la condizione della ex moglie fosse il risultato di sue “scelte volontarie” (tossicodipendenza e condotta criminale) e che, pertanto, non potessero fondare un obbligo di solidarietà post-coniugale a suo carico. Contestava inoltre l’importo dell’assegno, considerata la permanenza della donna in una struttura a carico dello Stato e la formazione di un suo nuovo nucleo familiare.

La Decisione della Corte d’Appello sull’Assegno Divorzile

La Corte d’Appello ha rigettato integralmente l’appello, confermando la sentenza di primo grado. I giudici hanno ritenuto che le prove richieste dall’appellante (come una nuova perizia medica o indagini patrimoniali) fossero superflue. La documentazione già presente agli atti dimostrava in modo inequivocabile l'”impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive” da parte della donna.

La Corte ha stabilito che la questione centrale non era verificare una sua astratta capacità lavorativa, ma riconoscere una condizione patologica grave, cronica e preesistente al matrimonio che comprometteva in modo permanente la sua capacità di autogestirsi e di inserirsi nel mondo del lavoro.

Le Motivazioni

La decisione si fonda su principi giuridici solidi e su un’attenta valutazione della situazione umana della beneficiaria.

La Funzione Primariamente Assistenziale dell’Assegno Divorzile

La Corte ha ribadito che, in questo caso specifico, l’assegno divorzile svolge una funzione prettamente assistenziale. Il suo scopo è quello di tutelare l’ex coniuge che si trova in una condizione di debolezza tale da non poter provvedere autonomamente al proprio sostentamento. La grave patologia psichiatrica è stata identificata come la ragione oggettiva e insormontabile che impedisce alla donna di essere autosufficiente. Questa necessità di sostegno prevale su altri criteri, come la durata del matrimonio.

Malattia Psichiatrica vs. “Scelte Volontarie”

Un punto cruciale della motivazione riguarda il nesso tra la malattia e le condotte successive della donna. La Corte ha respinto la tesi dell’ex marito secondo cui la tossicodipendenza e i reati fossero “scelte volontarie”. Al contrario, i giudici hanno riconosciuto tali comportamenti come manifestazioni e aggravamenti della patologia psichiatrica preesistente. L’abuso di sostanze e le azioni criminose non sono state considerate scelte lucide, ma conseguenze di un grave disturbo mentale che elide la capacità di condurre una vita secondo i normali canoni sociali. Di conseguenza, tali condotte non possono essere usate per negare il diritto al sostegno.

La Proporzionalità dell’Importo e il Nuovo Nucleo Familiare

Infine, l’importo di 200,00 euro è stato ritenuto equo e proporzionato. Anche se la donna è ospitata in una struttura statale, l’assegno serve a coprire quelle esigenze personali non coperte dal servizio sanitario (vestiario, prodotti per l’igiene, piccole spese quotidiane) che sono essenziali per garantire un minimo di dignità. Riguardo alla formazione di un nuovo nucleo familiare da parte dell’ex marito, la Corte ha sottolineato che tale circostanza diventa rilevante solo se si fornisce la prova di un effettivo e significativo peggioramento della propria situazione economica, prova che nel caso di specie non è stata data.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio di civiltà giuridica: la solidarietà post-coniugale, attraverso l’assegno divorzile, assume un ruolo assistenziale fondamentale quando uno degli ex coniugi è affetto da una patologia grave e permanente che ne compromette l’autosufficienza. La malattia, se oggettivamente invalidante, costituisce il presupposto del diritto al sostegno, e le condotte che ne derivano non possono essere decontestualizzate e usate per negare tale diritto. Questa decisione evidenzia come il diritto di famiglia debba sempre bilanciare le norme con un’attenta considerazione delle fragilità umane.

Una grave malattia psichiatrica preesistente al matrimonio giustifica il diritto all’assegno divorzile?
Sì. Secondo la sentenza, una condizione patologica psichiatrica grave, cronica e risalente a un’epoca anteriore al matrimonio, che compromette in modo oggettivo e permanente la capacità lavorativa, costituisce una ragione oggettiva di impossibilità di procurarsi mezzi adeguati, fondando così il diritto all’assegno divorzile con funzione assistenziale.

La tossicodipendenza e la condotta criminale dell’ex coniuge beneficiario possono causare la perdita dell’assegno divorzile?
No, non in questo caso. La Corte ha stabilito che quando tali condotte sono una manifestazione e un aggravamento di una grave patologia psichiatrica preesistente, non possono essere considerate “scelte volontarie”. Esse non eliminano la ragione oggettiva dell’incapacità, che risiede nella malattia mentale, e quindi non escludono il diritto all’assegno.

Il fatto che il beneficiario dell’assegno sia ricoverato in una struttura a carico dello Stato (come una REMS) elimina l’obbligo di versare l’assegno?
No. La Corte ha ritenuto che il ricovero in una struttura statale non elimina la necessità di disporre di una somma, seppur minima, per far fronte a tutte quelle esigenze personali non coperte dal servizio pubblico (es. vestiario, prodotti per l’igiene, piccole spese quotidiane), che sono essenziali per garantire un minimo di dignità alla persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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