Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11438 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11438 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36929-2019 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 484/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 31/05/2019 R.G.N. 291/2018;
Oggetto
R.G.N. 36929/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 28/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della decisione di prime cure, ha rigettato la domanda volta alla correspon sione, all’attuale ricorrente, dell’assegno di natalità di cui all’art. 1, comma 125, l. n. 190/2014.
Avverso la sentenza ricorre COGNOME con ricorso affidato ad un articolato motivo, avverso il quale l’INPS ha resistito con controricorso;
CONSIDERATO CHE
i profili di violazione di legge denunciati con il ricorso sono stati già affrontati da questa Corte e risolti, in senso favorevole all’attuale ricorrente, con la sentenza n. 11512 del 2024, della quale si riportano, di seguito, gli snodi argomentativi salienti;
com’è noto, la prestazione per cui è causa è stata introdotta dall’art. 1, comma 125, l. n. 190/2014, che, per quanto qui rileva, aveva riconosciuto, “al fine di incentivare la natalità e contribuire alle spese per il suo sostegno”, un assegno di importo pari a 960 euro annui per ogni figlio nato tra il 1.1.2015 e il 31.12.2017 da cittadini italiani o da cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea o da cittadini di Stati extracomunitari con permesso di soggiorno di cui all’art. 9, D.Lgs. n. 286/1998;
è parimenti noto che, con ordinanza interlocutoria n. 16169 del 2019, questa Corte, sul presupposto che l’assegno in questione costituisse prestazione di assistenza sociale di contenuto economico, volta alla realizzazione di uno degli interventi finalizzati alla valorizzazione ed al sostegno delle
responsabilità familiari, così come previsto, in applicazione dei principi costituzionali fissati dagli artt. 2 e 3 Cost., dall’art. 16, l. n. 328/2000, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 125, l. n. 190/2014, l. n. 190/2014, in relazione agli 3, 31 e 117, comma 1, Cost. (quest’ultimo in riferimento agli artt. 20, 21, 24, 31 e 34 CDFUE), nella parte in cui richiedeva ai soli cittadini extracomunitari, ai fini dell’erogazione dell’assegno di natalità, anche la titolarità del permesso unico di soggiorno, anziché la titolarità del permesso di soggiorno e di lavoro per almeno un anno, in applicazione dell’art. 41, D.Lgs. n. 286 del 1998;
infine, con sentenza n. 54 del 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 125, nella sua originaria formulazione (prima, dunque, delle modifiche introdotte dall’art. 3, comma 4, l. n. 238/2021), nella parte in cui escludeva dalla concessione dell’assegno di natalità i cittadini di Paesi terzi ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è comunque consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002;
risulta dalla sentenza impugnata che la prestazione per cui è causa è stata negata precisamente in quanto sprovvisto di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
dal momento che, in parte qua, la disciplina di cui all’art. 1, comma 125, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, il tenore dell’art. 1, comma 125, l. n. 190/2014, quale risultante a seguito della declaratoria d’illegittimità
costituzionale, priva sostanzialmente di rilevanza, ai fini della concessione della provvidenza di cui trattasi, il motivo per cui in concreto risulta rilasciato il permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002, solo rilevando che si tratti di cittadini di paesi terzi ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione o nazionale o ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale e ai quali sia comunque consentito lavorare;
il ricorso, pertanto, va accolto e, per non essere necessari ulteriori esami in fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originaria domanda;
il recente assetto sistematico della prestazione pretesa, anche a seguito dell’intervento del Giudice delle leggi, consiglia la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originaria domanda; spese compensate dell’intero processo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 gennaio