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Assegno contraffatto: la responsabilità della banca

Una compagnia assicurativa ha citato in giudizio una banca per aver negoziato un assegno contraffatto. Dopo una condanna in appello, la banca ha fatto ricorso in Cassazione, lamentando vizi procedurali legati all’uso delle prove, in particolare dell’assegno stesso e di una consulenza tecnica di parte. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarando inammissibili i motivi. Ha ribadito che la valutazione sulla riconoscibilità della falsificazione è un giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità e che la consulenza di parte, essendo un mero atto difensivo, può essere prodotta anche in appello. La responsabilità della banca per il pagamento dell’assegno contraffatto è stata quindi confermata.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno Contraffatto: la Responsabilità della Banca e il Valore delle Prove

Quando una banca paga un assegno contraffatto, chi ne paga le conseguenze? La questione della responsabilità dell’istituto di credito è centrale in una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha esaminato il caso di un assegno alterato nell’importo e nel beneficiario. La decisione non solo conferma i principi sulla diligenza del banchiere, ma offre anche importanti chiarimenti procedurali sul valore probatorio di alcuni documenti, come la consulenza tecnica di parte.

I Fatti di Causa: la Negoziazione dell’Assegno Alterato

Una compagnia di assicurazioni emetteva un assegno non trasferibile di 2.500 euro. Il titolo, tuttavia, veniva trafugato durante la spedizione postale e abilmente alterato: l’importo veniva modificato in 42.500 euro e il nome del beneficiario cambiato. Il falsario si presentava quindi presso un istituto di credito, di cui era correntista, e riusciva a negoziare l’assegno, incassando una cospicua somma in contanti il giorno successivo all’accredito.

La compagnia assicurativa, accortasi della truffa, citava in giudizio la banca, sostenendo che quest’ultima avesse agito con negligenza, violando l’obbligo di diligenza professionale dell’accorto banchiere per non aver rilevato la palese contraffazione del titolo.

Il Percorso Giudiziario e la Responsabilità della Banca per l’Assegno Contraffatto

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda della compagnia assicurativa, ritenendo non provata la responsabilità della banca. Di parere opposto era la Corte d’Appello che, in riforma della prima sentenza, condannava l’istituto di credito al risarcimento del danno, riconoscendo la sua colpa nella negoziazione dell’assegno. La Corte territoriale riteneva che le alterazioni fossero riconoscibili con un attento esame.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La banca soccombente proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi:

1. Vizio procedurale sull’utilizzo dell’assegno: Si lamentava che la Corte d’Appello avesse fondato la sua decisione sull’esame dell’assegno, il quale sarebbe stato irritualmente prelevato dal fascicolo di un procedimento penale, rendendolo così inattendibile e non più genuino come prova.
2. Errata valutazione delle prove: La ricorrente sosteneva che la decisione fosse basata unicamente su una consulenza tecnica di parte della compagnia assicurativa, un documento mai formalmente ammesso e privo, a suo dire, di efficacia probatoria. Si contestava inoltre la mancata nomina di un consulente tecnico d’ufficio (CTU) per accertare la riconoscibilità della falsificazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambi i motivi.

Sul primo punto, i giudici hanno ritenuto la doglianza generica, in quanto la banca non aveva specificato se e quando avesse sollevato tale eccezione nei precedenti gradi di giudizio. Inoltre, la questione era irrilevante poiché basata su circostanze apprese solo dopo il deposito della sentenza d’appello.

Ancora più significativa è la decisione sul secondo motivo. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione delle risultanze probatorie per verificare l’autenticità di un titolo di credito, come un assegno contraffatto, è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. Se la motivazione è adeguata, come nel caso di specie, tale valutazione non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

Inoltre, la Corte ha chiarito la natura della consulenza tecnica di parte. Essa non costituisce una prova, ma un mero atto difensivo a contenuto tecnico. La sua produzione, quindi, non è soggetta alle preclusioni previste per le nuove prove in appello (art. 345 c.p.c.) ed è ammissibile anche se allegata alle note conclusive. Il giudice di merito è libero di valutarla e porla a fondamento della propria decisione, senza essere obbligato a disporre una CTU.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

L’ordinanza in esame conferma la rigorosa responsabilità che grava sugli istituti di credito nel verificare l’autenticità dei titoli portati all’incasso. La diligenza richiesta non è quella ordinaria, ma quella qualificata dell'”accorto banchiere”, che impone un esame approfondito per rilevare eventuali anomalie. La decisione ribadisce inoltre importanti principi processuali: il sindacato della Cassazione è limitato agli errori di diritto e non può estendersi a una nuova valutazione dei fatti; al contempo, viene consolidato il ruolo della consulenza di parte come strumento difensivo pienamente utilizzabile nel processo civile, anche in fase di appello.

Può una banca essere ritenuta responsabile per aver pagato un assegno contraffatto?
Sì. Secondo la decisione, una banca è responsabile se non agisce con la diligenza qualificata dell'”accorto banchiere” nell’identificare le alterazioni del titolo. Se la contraffazione è rilevabile con un esame diligente, la banca che paga l’assegno è tenuta a risarcire il danno.

Una consulenza tecnica di parte può essere utilizzata dal giudice per decidere una causa?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che la consulenza tecnica di parte è un atto difensivo e non una prova. Pertanto, può essere prodotta anche in fasi avanzate del processo, come in appello, e il giudice può basare la propria decisione su di essa senza essere obbligato a nominare un consulente d’ufficio.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove per decidere se un assegno era palesemente falso?
No. La valutazione sull’autenticità di un documento e sulla riconoscibilità di una contraffazione è un giudizio di fatto, riservato esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione può intervenire solo per vizi di legge o procedurali, non per riesaminare nel merito le prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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