Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22220 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Data pubblicazione: 01/08/2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22220 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE
Sez. I – RG 7957/2024
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere Rel.
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Oggetto:
Banca
Ad.20/06/2025 CC
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7957 R.G. anno 2024 proposto da:
COGNOME , rappresentato e difeso dal l’avvocato NOME
COGNOME;
ricorrente
contro
Intesa Sanpaolo s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv ocato NOME COGNOME
contro
ricorrente
nonché contro
Banca Meridiana s.p.a. ;
intimata
avverso la sentenza n. 1351/2024 della Corte di appello di Bari, emessa il 21 settembre 2023
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2024
camera di consiglio 20.6.2025
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
─ NOME COGNOME ha agito in giudizio deducendo che un proprio assegno bancario era stato posto all’incasso dopo essere stato contraffatto quanto all’importo e al nominativo del beneficiario; ha fatto quindi valere la responsabilità della trattaria Banca Meridiana s.p.a..
il Tribunale di Bari ha respinto la domanda e il gravame proposto avverso la sentenza di primo grado è stato rigettato dalla Corte di appello del capoluogo pugliese.
─ COGNOME ha proposto un ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, cui resiste Intesa Sanpaolo s.p.a., subentrata nel rapporto controverso a seguito di fusione per incorporazione.
─ E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa e depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
─ La proposta ha il tenore che segue.
«l primo motivo denuncia violazione degli artt. 115, 116, 132, n. 4, c.p.c., e 118 disp. att. c.p.c.;
«deduce il ricorrente che la motivazione del provvedimento impugnato risulterebbe apparente;
«la sentenza consta su di un ampio apparato argomentativo dedicato al tema della responsabilità della banca; le considerazioni della Corte di merito sono incentrate sul rilievo per cui la rilevazione dell’alterazione non poteva dirsi necessitata secondo il parametro di diligenza media riferibile all’operatore bancario, in assenza di ‘ diversi e più appariscenti motivi di sospetto ‘ ; conclude il Giudice distrettuale: ‘ In altri termini, l’esame condotto da un consulente d’ufficio sebbene esperito con modalità non particolarmente sofisticate -non può
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ritenersi esigibile dall’operatore bancario, sia nella fase di negoziazione allo sportello che in quella di autorizzazione al pagamento in stanza di compensazione (laddove, peraltro, l’operatore non ha l’urgenza della clientela allo sportello, ma, in ogni caso, non è tenuto a dedicare a ciascun assegno -e deve presumersi che il controllo riguardi un notevole numero di assegni -la stessa attenzione e lo stesso tempo utilizzato da un consulente d’ufficio, che, come detto, viene anche indirizzato nella ricerca) ‘ ;
«come è evidente, la motivazione non è affatto apparente, per tale dovendosi intendere quella motivazione che, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. 1 marzo 2022, n. 6758; Cass. 23 maggio 2019, n. 13977);
«né il ricorrente può denunciare col vizio motivazionale il mancato o erroneo apprezzamento delle prove: infatti, l’anomalia motivazionale deducibile in sede di legittimità è l’ anomalia motivazionale che è riferita all’esistenza della motivazione in sé, risultante dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054; Cass. 3 marzo 2022, n. 7090; Cass. 25 settembre 2018, n. 22598);
« il secondo mezzo lamenta l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti;
« il motivo è inammissibile, giusta l’art. 360, comma 4, nel testo modificato dall’art. 3, comma 27, d. lgs. n. 149/2022: infatti, n ell’ipotesi di ‘ doppia conforme ‘ , è onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e del
rigetto dell’appello, dimostrando che sono tra loro diverse (Cass. 20 settembre 2023, n. 26934; Cass. 28 febbraio 2023 n. 5947) e, sul punto, il ricorrente nulla ha precisato;
«il fatto decisivo dedotto, consistente nella circostanza per cui ‘ sul retro dell’assegno erano visibili ad occhio nudo ed a luce naturale tracciati manoscritti che potevano essere attribuiti senza bisogno di alcun tipo di strumentazione o esame particolare anche al differente spessore della carta ‘ è stato peraltro preso in esame dalla Corte distrettuale, la quale ha escluso che esso presentasse l’attributo della decisività: con particolare riguardo alla possibilità, da parte della banca trattaria, di avve dersi dell’anomalia in stanza di compensazione è difatti da richiamare il passaggio della sentenza impugnata in cui la Corte distrettuale ha nella sostanza negato che una verifica quale quella compiuta dal consulente fosse compatibile coi tempi dell’autori zzazione di pagamento (con ciò di fatto escludendo che, anche in quella sede, l’alterazione fosse percettibile con l’ordinaria diligenza);
«col terzo motivo si prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e 116 c.p.c., nonché omessa valutazione di un fatto discusso tra le parti;
« il motivo è inammissibile: il vizio di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c. coincide con quello lamentato col secondo mezzo, di cui si è appena detto, mentre le censura basate sul disposto degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può avere ingresso nella presente sede: per un verso, al fine di dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad
altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; per altro verso, la doglianza circa la violazione di quest’ultima norma è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U. 30 settembre 2020, n. 20867; Cass.9 giugno 2021, n. 16016);
«il quarto motivo contesta alla sentenza di appello la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176, comma 2, c.c. e 1992 c.c., in relazione agli artt. 38 e 43 del r.d. n. 1763/1933 e all’art. 2082 c.c.;
«anche tale motivo è inammissibile: la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, enunciato da questa S.C., per cui in caso di pagamento da parte di una banca di un assegno oggetto di falsificazione, l’ente creditizio può essere ritenuto responsabile non a fronte della mera alterazione del titolo, ma solo nei casi in cui tale alterazione sia rilevabile ictu oculi , in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo (per tutte: Cass. 19 giugno 2018, n. 16178; Cass. 4 ottobre 2011, n. 20292); ciò detto, il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto
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dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità: nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 22 novembre 2023, n. 32505; Cass. 7 aprile 2017, n. 9097)».
─ Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni.
Si osserva in particolare: la riformulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione (citt. Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053 e Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054) e la sentenza impugnata, ad avviso del Collegio, reca una motivazione logica e comprensibile; la Corte di appello ha escluso, in base a un accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, che l’esame condotto dal consulente d’ufficio non poteva «ritenersi esigibile dall’operatore bancario» e , come osservato nella proposta, la banca trattaria o girataria per l’incasso risponde solo nel caso in cui l’alterazione sia rilevabile ictu oculi , in base alle conoscenze del bancario medio; nella fattispecie di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. non è inquadrabile la censura concernente deficienze argomentative della decisione in punto di recepimento delle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio (Cass. 26 luglio 2017, n. 18391; cfr. pure: Cass. 24 giugno 2020, n. 12387; Cass. 16 marzo 2022, n. 8584; Cass. 2 marzo 2023, n. 6322); l’assunto per cui «l’alterazione del titolo era riscontrabile mediante un
esame visivo a occhio nudo senza necessità di verifiche grafologiche e senza utilizzo di mezzi e strumenti» (cfr. memoria, pag. 12) è fondato sulla lettura che la ricorrente dà delle risultanze di causa, ma l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315), mentre il vizio di violazione o falsa applicazione di legge si fonda sull’erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata (Cass. 15 dicembre 2014, n. 26307; Cass. 24 ottobre 2007 n. 22348) e la pronuncia impugnata non sconfessa il principio di diritto applicabile alla fattispecie dedotta in lite.
-Il ricorso va pertanto respinto.
4 . ─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Tr ovano applicazione le statuizioni di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c., giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore somma di euro 2.500,00; condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Numero registro generale 7957/2024 Numero sezionale 2599/2025 Numero di raccolta generale 22220/2025 Data pubblicazione 01/08/2025
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile, in data 20 giugno 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME