Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3197 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3197  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29215/2020 R.G. proposto da: COGNOME  NOME,  rappresentato  e  difeso  dall ‘ avvocato  COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
 avverso  la  SENTENZA  del  TRIBUNALE  di  BOLOGNA  n.  760/2020 depositata il 14/05/2020.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 12/12/2023, dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
NOME  COGNOME  ricorre,  sulla  base  di  quattro  motivi,  per  la cassazione della sentenza n. 760 del 2020 del Tribunale di Bologna, esponendo che:
–RAGIONE_SOCIALE aveva  proposto  opposizione al precetto intimato dal deducente (erroneamente, per quanto è dato comprendere,  a  pag.  1  e  a  pag.  16  del  ricorso  si  fa  riferimento, quale intimante e parte processuale, a NOME COGNOME) sulla base di un  assegno  circolare,  deducendo,  in  particolare,  la  mancanza  di prova dell ‘ affermato rifiuto indebito di pagamento e l ‘ ostatività, al pagamento stesso, della normativa antiriciclaggio;
 il  Giudice  di  pace,  davanti  al  quale  resisteva  l ‘ opposto, dichiarava la cessazione della materia del contendere per intervenuto sequestro penale del titolo stragiudiziale azionato;
il Tribunale, in sede di appello, aveva confermato la decisione di  prime  cure,  osservando  che  l ‘ assegno  era  stato incassato dall ‘ amministratore giudiziario all ‘ esito del sequestro e delle documentate disposizioni dell ‘ autorità giudiziaria, mentre la statuizione del Giudice di pace sulle spese non era stata impugnata;
resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
il  ricorso  era  stato  avviato  originariamente  alla  trattazione presso dinanzi alla Sezione VI -3 di questa Corte;
la  Sezione  VI -3,  con  ordinanza  interlocutoria  n.  10612  del 1/04/2022,  ha  rinviato  la  causa  a  nuovo  ruolo  in  attesa  della decisione  della  questione,  di  rilevanza  nomofilattica,  relativa  alla ritualità della procura alle liti, in quanto generica;
la detta questione è stata decisa dalle Sezioni Unite (Sez. U n. 36057 del 09/12/2022 Rv. 666374 – 01) con l ‘ affermazione della ritualità  della  procura  alle  liti  anche  nel  caso  in  cui  essa  non contenga la specifica indicazione della sentenza, o del provvedimento giudiziale da impugnare e, pertanto, il ricorso può essere scrutinato;
la controricorrente ha depositato memoria  per  l ‘ adunanza camerale del 12/12/2023, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione;
Considerato che:
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 156, cod. proc. civ., 2697, cod. civ., 82, 83, r.d. n. 1736 del 1933, poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che, per dichiarare cessata la materia del contendere, era necessario cessassero le ragioni di contrasto, come non era avvenuto, sicché il giudice avrebbe dovuto esaminare il merito e constatare la mancanza di prova dell ‘ incasso del titolo ad opera dell ‘ amministratore giudiziario, invece di affermare, contraddittoriamente, per un verso che era venuta meno la possibilità, per il precettante, di intimare il pagamento, e per altro verso che era venuta meno la materia del contendere;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., poiché il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che il provvedimento di sequestro, che aveva colpito l ‘ assegno, era stato in gran parte revocato e per la parte residua impugnato, e, comunque, non era definitivo, con conseguente necessità di sospensione del giudizio di opposizione per pregiudizialità fino alla stabilizzazione dei provvedimenti concernenti il titolo;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 83, 84, comma 2, della legge assegni, del d.lgs. n. 231 del  2007  e  l ‘ apparenza  della  motivazione,  poiché  il  Tribunale avrebbe errato mancando di spiegare perché il rifiuto della banca di pagare  il  titolo  avrebbe  potuto  ritenersi  giustificato  in  forza  di circolari  della  Banca  d ‘ Italia  in  materia  di  antiriciclaggio,  mentre sussisteva normativamente l ‘ obbligo di pagamento a vista;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92, cod. proc. civ., poiché il Tribunale avrebbe  errato mancando  di  compensare  le  spese  di  lite in relazione alla reciproca soccombenza derivante dal rigetto dell ‘ eccezione  di  declaratoria  d ‘ inammissibilità  dell ‘ appello ex art. 348 bis , cod. proc. civ.;
il  ricorso  è  inammissibile,  ai  sensi  dell ‘ art.  360 bis n.  1)  cod. proc. civ.; la sentenza del Tribunale di Bologna ha, invero, deciso le questioni di diritto in senso del tutto conforme alla giurisprudenza di  questa  Corte  e  l ‘ esame  dei  motivi  di  ricorso  non  offre  alcun elemento per mutare l ‘ orientamento della Corte;
questa Corte, fermo restando che anche solo un unico precedente, purché chiaro e univoco, legittima la pronuncia di inammissibilità ai sensi dell ‘ art. 360 bis cod. proc. civ. (Cass. n. 4366 del 22/02/2018 Rv. 648036 – 02), si è già pronunciata in plurime occasioni su ricorsi proposti in fattispecie pressocché integralmente sovrapponibili a quella in esame, avverso sentenza di giudici di merito, in fase di appello (segnatamente dei Tribunali di Bologna e di Roma, nonché della Corte d ‘ appello di Roma; con ordinanza n. 30907 del 6/11/2023, ordinanza n. 13978 del 22/05/2023, ordinanza n. 42 del 3/01/2023, sentenza n. 37118 del 19/12/2022) disattendendo le prospettazioni di parte ricorrente: e le motivazioni ivi offerte devono intendersi in questa sede integralmente richiamate e fatte proprie dal Collegio;
segnatamente (e richiamando pressoché integralmente il precedente costituito dall ‘ ordinanza n. 42 del 2023):
la sentenza del Tribunale di Bologna in questa sede impugnata ha confermato, ritenendola provvedimento decisorio, l ‘ ordinanza in data 31 maggio 2017 del Giudice di pace della stessa sede dichiarativa di cessazione della materia del contendere e, pertanto, senza che fosse necessario che le parti si dessero conto reciprocamente del venire meno della ragione del contendere (Cass. n. 02567 del 06/02/2007 Rv. 594893 – 01): la cessazione della materia del contendere – che deve essere dichiarata dal giudice anche di ufficio – costituisce, nel rito contenzioso davanti al giudice civile, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale, che si verifica quando sopravvenga una situazione che elimini la ragione del contendere delle parti, facendo venir meno l ‘ interesse ad agire e a contraddire, e cioè l ‘ interesse ad ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l ‘ intervento del giudice, da accertare avendo riguardo all ‘ azione proposta e alle difese svolte dal convenuto e, nella specie, il provvedimento di confisca rilevava di per sé a privare l ‘ assegno azionato della qualità di titolo esecutivo;
il secondo motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la ragione decisiva posta dal Tribunale di Bologna a fondamento della sentenza, consistente nell ‘ essere sopravvenuta la confisca del titolo azionato: nella presente fattispecie, oggetto di causa è l ‘ effetto del sequestro prima e della confisca poi, che fanno venir meno lo stesso documento (cd. corpus mechanicum ) del titolo e quindi privano il suo portatore del diritto di agire esecutivamente ( in executivis ) in base ad esso, e tale ultima circostanza priva di operatività l ‘ obbligo di pagamento a vista dell ‘ assegno circolare;
il terzo motivo è infondato: la giustificazione del mancato pagamento dell ‘ assegno da parte di RAGIONE_SOCIALE non si regge su una circolare della Banca d ‘ Italia, ma sulla valutazione del carattere sospetto delle operazioni richieste, adeguatamente descritte in sentenza; deve anche in questo caso osservarsi che la RAGIONE_SOCIALE ha agito nell ‘ osservanza di disposizioni di legge, segnatamente del d.lgs. n. 231 del 21/11/2007, e dei conseguenti provvedimenti regolamentari applicativi, che prescrivono la segnalazione di operazioni di importo pari o superiori ai quindicimila euro, ai sensi degli artt. 3 e 17 del detto testo normativo, in caso di inosservanza dei quali è l ‘ intermediario finanziario a essere soggetto a provvedimenti sanzionatori, di carattere amministrativo (art. 58 del d.lgs. n. 231 del 2007);
il quarto e ultimo motivo è inammissibile, in quanto la compensazione delle spese rientra nel potere discrezionale del giudice, che non deve motivare qualora non ritenga di accordarla, sussistendo l ‘ obbligo motivazionale nel caso ritenga di avvalersene: ora, dall ‘ infondatezza dei motivi di impugnazione prospettati dallo COGNOME deriva la soccombenza dello stesso, quantomeno virtuale, stante la decisione di cessazione della materia del contendere adottata dal Giudice di pace, e non potendosi configurare la reciproca soccombenza, contrariamente a quanto auspicato dal ricorrente, su questioni processuali, quale il rigetto, da parte del Tribunale di Bologna, dell ‘ eccezione di inammissibilità dell ‘ appello avanzata da Banca RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE S.p.a.;
il  ricorso  deve,  pertanto,  essere  dichiarato  inammissibile  ai sensi  dell ‘ art.  360 bis n.  1  cod.  proc.  civ.  (Cass.  n.  5001  del 02/03/2018 Rv. 648213 -01; Sez. U n. 7155 del 21/03/2017 Rv. 643549 – 01);
le spese  di lite di questa  fase di legittimità  seguono  la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell ‘ attività processuale
espletata,  in  relazione  al  valore  della  controversia,  sono  liquidate come da dispositivo;
in considerazione dell ‘ evidente inammissibilità e della condotta processuale di parte ricorrente, che ha insistito, nonostante la già avvenuta pubblicazione di numerosi provvedimenti di rigetto o di inammissibilità di questa Corte, nella prospettazione di tesi palesemente inconsistenti e, comunque, in palese contrasto con la giurisprudenza di questa Corte e senza farsene adeguato carico, a fronte di pronunce di primo e secondo grado del tutto conformi a diritto, sorrette da accurata disamina delle risultanze processuali, il Collegio reputa sussistenti i presupposti per l ‘ emanazione di condanna ai sensi dell ‘ art. 96, comma 3, cod. proc. civ. (Cass. n. 26545 del 30/09/2021 Rv. 665014 – 02);
sussistono, altresì, i presupposti per la condanna in favore della Cassa  delle  ammende,  ai  sensi  dell ‘ art.  96,  comma  4,  cod.  proc. civ., per avere il ricorrente agito senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell ‘ infondatezza o dell ‘ inammissibilità  della  propria  iniziativa  processuale  (Cass.  n. 19749 del 11/07/2023 Rv. 668375 – 01);
entrambe le somme, ossia quella di cui all ‘ art. 96, comma 3 e quella  di  cui  all ‘ art.  96,  comma  4,  cod.  proc.  civ.,  sono  liquidate come  da  dispositivo,  in  considerazione  dei  parametri  di  cui  allo stesso art. 96 codice di rito;
la decisione di inammissibilità dell ‘ impugnazione comporta che deve darsi atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di  contributo  unificato  pari  a  quello  per  il  ricorso,  a  norma  del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
il  deposito  della  motivazione  è  fissato  nel  termine  di  cui  al secondo comma dell ‘ art. 380 bis 1 cod. proc. civ.;
p. q. m.
a Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro  2.000,00 per compensi, oltre  alle  spese  forfettarie  nella  misura  del  15  per  cento,  agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché al pagamento di euro 2.000,00 ai sensi dell ‘ art. 96, comma 3, cod. proc.  civ.  e  di  euro  500,00  ai  sensi  dell ‘ art.  96,  comma  4,  cod. proc. civ.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito  dall ‘ art.  1,  comma  17,  della  l.  n.  228  del  2012,  dà  atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte  del  ricorrente,  dell ‘ ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Corte  di