Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21413 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21413 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17627/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE con domicilio digitale ex lege – controricorrente – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Roma n. 1122 del 10/2/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la memoria della controricorrente;
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME proponeva ricorso ex art. 702bis c.p.c. dinanzi al Tribunale Civile di Roma, per sentir condannare l ‘ istituto bancario Intesa SanPaolo S.p.A. «alla consegna di un assegno circolare dell ‘ importo di euro 1.464,67 all ‘ ordine degli eredi di COGNOME NOME ovvero, in caso di materiale inesistenza e/o estinzione del titolo, al pagamento dell ‘ equivalente numerario portato dall ‘ assegno circolare», nonché al risarcimento dei danni patiti;
-affermava il ricorrente (i) di essere creditore di Intesa SanPaolo in forza di ordinanza di assegnazione resa a conclusione di espropriazione presso terzi intrapresa in danno dell ‘ RAGIONE_SOCIALE, debitore esecutato, nei confronti di detta banca, in veste di terzo pignorato, (ii) che la Intesa Sanpaolo, in qualità di terzo pignorato, onde ottemperare all ‘ ordinanza, aveva emesso, in data 16 marzo 2012, l ‘ assegno circolare n. 3108563579-04 dell ‘ importo suddetto, intestato all ‘ odierno ricorrente, assegno andato smarrito e poi ritrovato; (iii) che, decorso il termine triennale di prescrizione dell ‘ assegno per mancato incasso (art. 84 del R.D. n. 1736 del 1933) e confluita la provvista di esso nel Fondo per indennizzare i risparmiatori rimasti vittime di frodi finanziarie ai sensi della legge 23 dicembre 2005, n. 266, al beneficiario del titolo era stato negato il pagamento del titolo;
-la Intesa Sanpaolo S.p.A. si costituiva nel giudizio, rilevando l ‘ infondatezza della domanda e sostenendo di aver emesso l ‘ assegno quale mero esecutore dell ‘ ordinanza giudiziale, per conto dell ‘ INPS, unico titolare del rapporto di provvista, nonché di aver correttamente versato al Fondo le somme una volta maturata la prescrizione;
-con l ‘ ordinanza del 2/3/2020 il Tribunale di Roma rigettava il ricorso, affermando che la banca aveva correttamente adempiuto all ‘ obbligo di versamento al Fondo e che il soggetto legittimato a richiedere la restituzione della provvista era l ‘ INPS, in quanto debitore esecutato, e non il beneficiario dell ‘ assegno («il titolare del diritto alla
restituzione dell ‘ importo non poteva che essere individuato nel soggetto debitore della procedura esecutiva, e quindi dell ‘ INPS, risultando in fatti solo il detto soggetto effettivo debitore del ricorrente, come da ordinanza di assegnazione in atti, ed essendo invece, per come chiarito, l ‘ odierna resistente unicamente terzo pignorato, emittente del titolo, e come tale non legittimata alla richiesta restituzione dell ‘ importo dell ‘ assegno prescritto»);
–NOME COGNOME impugnava la decisione; la Corte d ‘ appello di Roma, con la sentenza n. 1122 del 10/2/2023, rigettava l ‘ appello, reputando assolta ed adempiuta dall ‘ istituto bancario l ‘ obbligazione nascente dall ‘ ordinanza di assegnazione mediante l ‘ emissione e l ‘ inoltro all ‘ assegnatario di un assegno circolare (creando la provvista con somme di pertinenza dell ‘ INPS), nonché maturato il termine triennale di prescrizione per il suo incasso, mediante il riversamento del relativo importo al Fondo istituito dall ‘ art. 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005, considerando l ‘ INPS quale unico soggetto legittimato a richiedere il rimborso delle somme al suddetto Fondo;
-avverso tale sentenza, NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo;
-resisteva con controricorso Intesa San Paolo S.p.A.;
-la controricorrente depositava memoria ex art. 380bis .1, comma 1, c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 26/6/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-con l ‘ unico complesso motivo, parte ricorrente censura la pronuncia impugnata e denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, 112, 115, 116, 553 e 547 c.p.c. e dell ‘ art. 1, comma 343, della Legge finanziaria 2006
(n. 266 del 23 dicembre 2005), nonché l ‘ omessa valutazione di una circostanza determinante;
-la fattispecie in esame è analoga ad altre già esaminate e decise da questa Corte (v. Cass. Sez. 3, 03/04/2024, n. 8793, e Cass. Sez. 3, 29/05/2024, n. 15145);
-il ricorrente assume che, decorso il termine triennale di prescrizione previsto dalla legge assegni per l ‘ incasso dell ‘ assegno circolare, il richiedente dell ‘ assegno non riscosso ha diritto di ottenere, nei successivi dieci anni, la restituzione «del relativo importo provvista» dal Fondo ex lege n. 266 del 2005: «al riconosciuto diritto al recupero della somma de qua è connesso, per l ‘ effetto, quello dell ‘ effettivo creditore di ottenere da detto emittente la restituzione della recuperata provvista»;
-parte ricorrente deduce, altresì, che unico legittimato a richiedere la restituzione delle somme confluite nel Fondo istituito dalla legge n. 266 del 2005 è l ‘ istituto bancario, quale ordinante l ‘ assegno non incassato per cui sia maturato il termine di prescrizione, non già (come invece opinato dal giudice territoriale) l ‘ INPS, debitore nella espropriazione presso terzi;
-è doveroso preliminarmente puntualizzare che nell ‘ originario atto introduttivo della controversia (cioè, nel ricorso proposto ai sensi dell ‘ art. 702bis c.p.c.), per come è dato intendere dal contenuto dello stesso nei termini riportati nel ricorso di adizione di questa Corte, l ‘ allora parte attrice non aveva operato una chiara ed univoca riconduzione sub specie iuris della (invero singolare) vicenda fattuale controversa: non aveva cioè individuato, in maniera puntuale, un ‘ unica e specifica causa petendi della domanda di condanna (alla riemissione di un assegno circolare o al pagamento «dell ‘ equivalente numerario») formulata verso l ‘ istituto bancario;
-a fondamento della pretesa così azionata, essa aveva invece posto, in modo inestricabilmente affastellato, due diverse ragioni in
diritto astrattamente giustificanti la richiesta: per un verso, evocando il rapporto scaturente dalla precedente emissione di un assegno circolare ad opera della banca convenuta; d ‘ altro canto, rivendicando l ‘ inadempimento dell ‘ obbligazione gravante sulla banca quale terzo pignorato destinatario dell ‘ ordinanza di assegnazione emessa a definizione della procedura espropriativa presso terzi;
-ambedue i profili sono stati, nel loro complesso, scrutinati dalla sentenza qui gravata, pervenuta ad una conclusione (l ‘ infondatezza della domanda attorea) conforme a diritto, benché abbisognevole di una opportuna correzione della motivazione, come consentito al giudice di legittimità dall ‘ art. 384, ultimo comma, del codice di rito;
-la pronuncia condannatoria sollecitata da parte ricorrente (in principalità avente ad oggetto un facere infungibile) non può ricevere sostegno nella pregressa emissione ad opera della banca di un assegno circolare, considerata nella sua dimensione esclusivamente cartolare, cioè a dire a prescindere dalla ragione causale di rilascio del titolo;
-è dirimente, al riguardo, osservare che il decorso del termine triennale di prescrizione sancito dall ‘ art. 84, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933 (circostanza allegata dalla stessa parte attrice quale fatto costitutivo del diritto azionato), comporta il venir meno di ogni possibile azione del beneficiario dell ‘ assegno circolare nei riguardi dell ‘ emittente: il rapporto tra tali soggetti originato dal titolo spira definitamente ed estinta risulta, per l ‘ effetto, qualsivoglia obbligazione cartolare della banca emittente verso il beneficiario;
-da ciò consegue che, privato di ogni legittimazione cartolare il beneficiario dell ‘ assegno, la sorte dell ‘ importo costituente la provvista, oramai non più destinata al legittimo portatore del titolo, è evento che non concerne la posizione del beneficiario ed all ‘ accertamento del quale egli non è portatore di un interesse giuridicamente qualificato;
-in altre parole, se la banca abbia devoluto ad altri fini la provvista con cui è stato creato l ‘ assegno, la abbia restituita al soggetto –
eventualmente diverso – ordinante l ‘ emissione del titolo oppure (come accaduto nella vicenda de qua ) abbia fatto confluire il relativo importo nel fondo istituito dalla legge n. 266 del 2005 è circostanza che unicamente interessa il (ed incide sul) rapporto tra l ‘ istituto emittente e il richiedente l ‘ assegno, non già il beneficiario che, a causa della inerzia protratta nel tempo, ha perso i diritti nascenti dal titolo;
-traspare allora in tutta evidenza come rispetto alla domanda articolata dalla parte attorea sia radicalmente inconferente individuare chi tra INPS e Intesa Sanpaolo S.p.A. rivesta la qualità di «richiedente l ‘ emissione dell ‘ assegno circolare non riscosso», il quale, in quanto tale, avrebbe diritto, a mente dell ‘ art. 1, comma 345ter , della legge n. 266 del 2005, al rimborso del relativo importo dal Fondo per le vittime delle frodi finanziarie: questione invece diffusamente analizzata dalla sentenza impugnata, oggetto di accesa disputa nelle difese dei contraddittori, ma che rimane impregiudicata nella presente occasione;
-eppure, attribuire siffatto diritto all ‘ istituto bancario – come caldeggiato insistentemente in ricorso – non apporterebbe giovamento alcuno agli stessi ricorrenti: e tanto perché -lo si ribadisce conclusivamente – il beneficiario di un assegno circolare non riscosso nel termine sancito dall ‘ art. 84 della legge assegni non può, sulla base di un rapporto cartolare oramai irreversibilmente cessato, richiedere la condanna dell ‘ istituto bancario emittente alla riemissione dell ‘ assegno oppure al pagamento della relativa provvista;
-neppure il rapporto causale sottostante l ‘ assegno circolare dedotto dalla parte originariamente attorea (e odierna ricorrente) è idoneo a sorreggere la proposta domanda di condanna;
-all ‘ uopo, come innanzi accennato, l ‘ impugnante ha richiamato l ‘ obbligazione incombente su Intesa Sanpaolo S.p.A. quale terzo pignorato destinatario della ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., divenuto, a cagione del provvedimento, debitore diretto del creditore procedente, cessionario del credito staggito: obbligazione – a
dire dell ‘ impugnante – non adempiuta, stante il mancato incasso della somma portata dall ‘ assegno circolare non riscosso;
-benché strutturato su premesse in iure corrette, l ‘ argomento non può condurre all ‘ accoglimento della dispiegata azione;
-è noto che l ‘ ordinanza di assegnazione emessa ai sensi dell ‘ art. 553 c.p.c., provocando il trasferimento della titolarità del diritto di credito coattivamente ceduto, ha natura – in forza di una elaborazione pretoria risalente ad epoca remota, successivamente tradotta in diritto positivo ( ius positum ) – di titolo esecutivo in favore del procedente, assegnatario del credito, e contro il terzo pignorato, sicché il primo, in ipotesi di inadempimento del secondo, può senz ‘ altro promuovere in suo danno espropriazione forzata;
-tuttavia, da ciò consegue che il creditore assegnatario, già in possesso di un titolo esecutivo per il caso di inottemperanza del terzo pignorato, è, di regola, carente di interesse ad agire in via di cognizione onde ottenere nei confronti del medesimo soggetto un ulteriore titolo esecutivo per la stessa prestazione immediatamente conseguibile con l ‘ espropriazione forzata;
-in un ‘ evenienza del genere, l ‘ azione di condanna (nelle forme della cognizione ordinaria o semplificata) è ammissibile soltanto quando la parte attrice alleghi (ed asseveri) l ‘ esistenza di uno specifico e peculiare bisogno di accesso agli strumenti di tutela cognitiva, cioè a dire di una qualche utilità, giuridicamente apprezzabile, ritraibile dall ‘ esperimento di detti strumenti e non già offerta dal titolo esecutivo posseduto, altrimenti difettando un ‘ imprescindibile condizione dell ‘ azione;
-nella specie, parte ricorrente non ha mai esplicitato, durante il corso dell ‘ intera controversia (nemmeno in sede di legittimità), l ‘ esigenza che l ‘ ha indotta, asseritamente verificatosi l ‘ inadempimento dell ‘ istituto bancario all ‘ ordinanza di assegnazione, a chiedere al giudice della cognizione la condanna dello stesso istituto al pagamento
di somme anziché soddisfare direttamente la sua pretesa portando a coattiva attuazione il provvedimento ex art. 553 c.p.c.;
-la domanda dell ‘ odierna ricorrente non poteva pertanto trovare accoglimento per difetto di interesse ad agire;
-negli illustrati sensi emendatone il percorso motivazionale, restando conforme a diritto il suo dispositivo, la sentenza impugnata va confermata;
-al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, come in dispositivo;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 4.600,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, qualora dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione