Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15145 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15145 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30451/2022 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, con domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende, con domicilio fiscale come in atti
– ricorrente incidentale –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di ROMA n. 4211/2022 depositata il 16/06/2022.
ASSEGNAZIONE RISARCIMENTO DANNI ESCLUSIONE
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Ad.27/03/2024 CC
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
NOME, quale erede di NOME COGNOME, adì il Tribunale di Roma con ricorso ai sensi dell’art. 702 -bis cod. proc. civ. per sentir condannare l’istituto bancario Banca Nazionale del Lavoro (in seguito: B.N.L.) S.p.A. « alla consegna di due assegni circolari dell’importo di euro 1 3.251,90 e di euro 50.000,00 ovvero, in caso di materiale inesistenza e/o estinzione del titolo, al pagamento dell’equivalente numerario portato da ciascun assegno circolare » nonché al risarcimento dei danni patiti.
In punto di fatto, riferì: (i) di essere, nella anzidetta qualità, creditore di RAGIONE_SOCIALE in forza di ordinanza di assegnazione resa a conclusione di espropriazione presso terzi intrapresa in danno dell’RAGIONE_SOCIALE, debitore esecutato, nei confronti di detta banca, in veste di terzo pignorato; (ii) che la banca aveva, onde ottemperare all’ordinanza, emesso due assegni circolari dell’importo di euro 13.251,90 e di euro 50.000,00 , assegni andati smarriti per lungo tempo e poi ritrovati; (iii) che, decorso il termine triennale di prescrizione dell’assegno per mancato incasso e confluita la provvista di esso nel RAGIONE_SOCIALE per indennizzare i risparmiatori rimasti RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ai sensi della legge n. 266 del 23/12/2005, l’attrice , beneficiaria dei titoli, era esclusa dal rimborso della provvista degli stessi, spettante unicamente alla banca emittente.
All’esito del giudizio di prime cure, svolto nell’attiva resistenza della parte convenuta, il Tribunale di Roma disattese la domanda.
La decisione in epigrafe ha rigettato l’appello interposto dalla NOME COGNOME NOME.
Per quanto ancora qui d’interesse, la Corte d’appello di Roma ha: ritenuto assolta ed adempiuta dall’istituto bancario l’obbligazione nascente dall’ordinanza di assegnazione mediante l’emissione e l’inoltro all’assegnataria di due assegni circolari (creando la provvista con somme di pertinenza dell’I.N.P.S.) nonché, maturato il termine triennale di prescrizione per il loro incasso, mediante il riversamento del relativo importo al RAGIONE_SOCIALE istituito dall’art. 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005, considerando l’RAGIONE_SOCIALE quale unico soggetto legittimato a richiedere il rimborso RAGIONE_SOCIALE somme al suddetto RAGIONE_SOCIALE.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, affidandosi a un unico complesso motivo; resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE, che propone, altresì, ricorso incidentale condizionato, su sette motivi.
La difesa della ricorrente principale ha, quindi, depositato controricorso per resistere al ricorso incidentale condizionato.
Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa (la ricorrente ha reiterato l’invio della memoria il 26/03/2024) .
I l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi la tardività del deposito, in data 26/03/2024 e, quindi, oltre il termine di legge, della (seconda) memoria della ricorrente, posto che il termine è fissato a dieci giorni prima dell’adunanza camerale dall’art. 380 bis .1).
Con l’unico complesso motivo, parte ricorrente censura la pronuncia impugnata e denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 547, 553, 112, 115, 116 e 100 cod. proc. civ. e dell’art. 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005, nonché omessa valutazione di una circostanza determinante.
Si assume che, decorso il termine triennale di prescrizione previsto dalla legge assegni per l’incasso dell’assegno circolare, il richiedente dell’assegno non riscosso ha diritto di ottenere, nei successivi dieci anni, la restituzione « del relativo importo provvista » dal RAGIONE_SOCIALE ex lege n. 266 del 2005: « al riconosciuto diritto al recupero della somma de qua è connesso, per l’effetto, quello dell’effettivo creditore di ottenere da detto emittente la restituzione della recuperata provvista ».
Parte ricorrente deduce, altresì, che unico legittimato a richiedere la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme confluite nel RAGIONE_SOCIALE istituito dalla legge n. 266 del 2005 è l’istituto bancario, quale ordinante l’assegno non incassato per cui sia maturato il termine di prescrizione, non già (come invece opinato dal giudice territoriale) l’RAGIONE_SOCIALE, debitore nella espropriazione presso terzi.
2. È doveroso preliminarmente puntualizzare che nel primigenio atto introduttivo della controversia (cioè nel ricorso proposto ai sensi dell’art. 702 -bis cod. proc. civ.), per come è dato intendere dal contenuto dello stesso nei termini riportati nel ricorso di adizione di questa Corte, l’allora parte attrice non aveva operato una chiara ed univoca riconduzione sub specie iuris della (invero singolare) vicenda fattuale controversa: non aveva cioè individuato, in maniera puntuale, un’unica e specifica causa petendi della domanda di condanna (alla riemissione di due assegni circolari o al pagamento « dell’equivalente numerario ») formulata verso l’istituto bancario.
A fondamento della pretesa così azionata, essa aveva invece posto, in modo inestricabilmente affastellato, due diverse ragioni in diritto astrattamente giustificanti la richiesta: per un verso, evocando il rapporto (per dir così cartolare) scaturente dalla precedente emissione di un assegno circolare ad opera della banca convenuta; d’altro canto, rivendicando l’inadempimento
dell’obbligazione gravante sulla banca quale terzo pignorato destinatario dell’ordinanza di assegnazione emessa a definizione della procedura espropriativa presso terzi.
Ambedue i profili sono stati, nel loro complesso, scrutinati dalla sentenza qui gravata, pervenuta ad una conclusione (l ‘ infondatezza della domanda attorea) conforme a diritto e che resiste alle critiche mosse da parte ricorrente, benché abbisognevole di una opportuna correzione della motivazione, come consentito al giudice di legittimità dall’art. 384, ultimo comma, del codice di rito.
La pronuncia condannatoria sollecitata da parte ricorrente (in principalità avente ad oggetto un facere infungibile) non può ricevere sostegno nella pregressa emissione ad opera della banca di due assegni circolari, considerata nella sua dimensione esclusivamente cartolare, cioè a dire a prescindere dalla ragione causale di rilascio del titolo.
È dirimente, al riguardo, osservare che il decorso del termine triennale di prescrizione sancito dall’art. 84, comma 2, del r.d. n. 1736 del 1933 (circostanza allegata dalla stessa parte attrice quale fatto costitutivo del diritto azionato), comporta il venir meno di ogni possibile azione del beneficiario dell’assegno circolare nei riguardi dell’emittente: il rapporto tra tali soggetti originato dal titolo spira definitamente ed estinta risulta, per l’effetto, qualsivoglia obbligazione cartolare della banca emittente verso il beneficiario.
Da ciò consegue che, privato di ogni legittimazione cartolare il beneficiario dell’assegno, la sorte dell’importo costituente la provvista, oramai non più destinata al legittimo portatore del titolo, è evento che non concerne la posizione del beneficiario ed all’accertamento del quale egli non è portatore di un interesse giuridicamente qualificato.
Detto in altre parole, se la banca abbia devoluto ad altri fini la provvista con cui è stato creato l’assegno, la abbia restituita al soggetto – eventualmente diverso ordinante l’emissione del titolo oppure (come accaduto nella vicenda de qua ) abbia fatto confluire il relativo importo nel fondo istituito dalla legge n. 266 del 2005 è circostanza che unicamente interessa il (ed incide sul) rapporto tra l’istituto emittente e il richiedente l’assegno, non già il beneficiario che, a causa della inerzia protratta nel tempo, ha perso i diritti nascenti dal titolo.
Traspare allora in tutta evidenza come rispetto alla domanda articolata dalla parte attorea sia radicalmente inconferente individuare chi tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE rivesta la qualità di « richiedente l’emissione dell’assegno circolare non riscosso », il quale, in quanto tale, avrebbe diritto, a mente dell’art. 1, comma 345ter , della legge n. 266 del 2005, al rimborso del relativo importo dal RAGIONE_SOCIALE: questione invece diffusamente analizzata dalla sentenza impugnata, oggetto di accesa disputa nelle difese dei contraddittori, ma che rimane impregiudicata nella presente occasione.
Eppure, attribuire siffatto diritto all’istituto bancario come caldeggiato insistentemente in ricorso -non apporterebbe giovamento alcuno agli stessi ricorrenti: e tanto perché -lo si ribadisce conclusivamente -il beneficiario di un assegno circolare non riscosso nel termine sancito dall’art. 84 della legge assegni non può, sulla base di un rapporto cartolare oramai irreversibilmente cessato, richiedere la condanna dell’istituto bancario emittente alla riemissione dell’assegno oppure al pagamento della relativa provvista.
Neppure il rapporto causale sottostante l’assegno circolare dedotto dalla parte originariamente attorea (e odierna ricorrente) è idoneo a sorreggere la proposta domanda di condanna.
All’uopo, come innanzi accennato, l’ impugnante ha richiamato l’obbligazione incombente su RAGIONE_SOCIALE quale terzo pignorato destinatario della ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ., divenuto, a cagione del provvedimento, debitore diretto del creditore procedente, cessionario del credito staggito: obbligazione – a dire dell ‘ impugnante – non adempiuta, stante il mancato incasso della somma portata dall’assegno circolare non riscosso.
Benché strutturata su premesse in iure corrette, l’argomentazione non può condurre all’accoglimento della dispiegata azione.
È noto che l’ordinanza di assegnazione emessa ai sensi dell’art. 553 cod. proc. civ., provocando il trasferimento della titolarità del diritto di credito coattivamente ceduto, ha natura -in forza di una elaborazione pretoria risalente ad epoca remota, successivamente tradotta in diritto positivo ( ius positum ) -di titolo esecutivo in favore del procedente, assegnatario del credito, e contro il terzo pignorato: sicché il primo, in ipotesi di inadempimento del secondo, può senz’altro promuovere in suo danno espropriazione forzata.
Ma da ciò consegue che il creditore assegnatario, già in possesso di un titolo esecutivo per il caso di inottemperanza del terzo pignorato, è, di regola, carente di interesse ad agire in via di cognizione onde ottenere nei confronti del medesimo soggetto un ulteriore titolo esecutivo per la stessa prestazione immediatamente conseguibile con l’espropriazione forzata.
In un’evenienza del genere, l’azione di condanna (nelle forme della cognizione ordinaria o semplificata) è ammissibile soltanto quando la parte attrice alleghi (ed asseveri) l’esistenza di uno specifico e peculiare bisogno di accesso agli strumenti di tutela cognitiva, cioè a dire di una qualche utilità, giuridicamente apprezzabile, ritraibile dall’esperimento di detti strumenti e non già
offerta dal titolo esecutivo posseduto, altrimenti difettando un’imprescindibile condizione dell’azione.
Nella specie, parte ricorrente non ha mai esplicitato, durante il corso dell’intera controversia (nemmeno in sede di legittimità), l’esigenza che l’ ha indotta, asseritamente verificatosi l’inadempimento dell’istituto bancario all’ordinanza di assegnazione, a chiedere al giudice della cognizione la condanna dello stesso istituto al pagamento di somme anziché soddisfare direttamente la sua pretesa portando a coattiva attuazione il provvedimento ex art. 553 cod. proc. civ.
La domanda dell ‘ odierna ricorrente non poteva pertanto trovare accoglimento per difetto di interesse ad agire.
Negli illustrati sensi emendatone il percorso motivazionale, restando conforme a diritto il suo dispositivo, la sentenza impugnata va confermata.
5.1 Il ricorso è rigettato.
Il ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE, in quanto espressamente qualificato quale condizionato è assorbito.
Il regolamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità segue la soccombenza ed esse sono liquidate come da dispositivo, in relazione al valore della controversia e all’attività processuale espletata.
Atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico della parte ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente alla refusione in favore della parte controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 7.700,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza