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Assegno circolare prescritto: chi ha diritto al rimborso?

Un creditore riceve due assegni circolari da un istituto bancario a seguito di un pignoramento. Gli assegni vengono smarriti e ritrovati solo dopo la scadenza del termine di prescrizione triennale. Il creditore fa causa alla banca per ottenere il pagamento, ma la Corte di Cassazione respinge la domanda. La sentenza chiarisce che con un assegno circolare prescritto, il beneficiario perde ogni diritto cartolare verso la banca emittente e non ha più interesse ad agire per il pagamento, essendo l’obbligazione della banca adempiuta con la prima emissione dei titoli.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno Circolare Prescritto: La Guida Completa su Diritti e Rimedi

L’assegno circolare è uno strumento di pagamento considerato sicuro e affidabile. Tuttavia, cosa accade se un assegno circolare prescritto non viene incassato in tempo? Chi ha diritto a recuperare i fondi? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo complesso scenario, delineando chiaramente i diritti e i doveri del beneficiario e della banca emittente. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue importanti implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Un Pignoramento e Due Assegni Smarriti

La vicenda trae origine da una procedura di pignoramento presso terzi. Un creditore, a seguito di un’ordinanza di assegnazione del giudice, ottiene il diritto di ricevere una somma di denaro da un istituto bancario, terzo pignorato per un debito di un ente previdenziale. Per adempiere a tale ordine, la banca emette due assegni circolari a favore del creditore.

Sfortunatamente, gli assegni vengono smarriti e ritrovati solo molto tempo dopo. Nel frattempo, era decorso il termine di tre anni previsto dalla legge per l’incasso degli assegni circolari. Di conseguenza, la provvista era stata trasferita dalla banca a un Fondo statale destinato a indennizzare le vittime di frodi finanziarie. Il creditore, ritrovati i titoli ormai prescritti, decideva di citare in giudizio la banca per ottenere il pagamento dell’equivalente in denaro.

La Decisione della Corte: Perché il Ricorso è Stato Rigettato

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le richieste del creditore. Il caso è quindi giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha confermato le decisioni precedenti, rigettando definitivamente il ricorso.

La Suprema Corte ha stabilito due principi fondamentali:

1. Con la prescrizione triennale dell’assegno, si estingue ogni diritto del beneficiario basato sul titolo stesso (la cosiddetta obbligazione cartolare).
2. Il creditore, in questo specifico caso, mancava di un presupposto processuale essenziale: l’interesse ad agire.

Analizziamo nel dettaglio le ragioni giuridiche di questa importante pronuncia.

Le Motivazioni: l’estinzione del rapporto cartolare con un assegno circolare prescritto

La Corte ha chiarito che il decorso dei tre anni dall’emissione dell’assegno circolare, senza che questo venga incassato, produce un effetto drastico: l’estinzione del rapporto tra la banca emittente e il beneficiario, per quanto riguarda il titolo di credito. In altre parole, il beneficiario perde ogni possibile azione legale basata sull’assegno per pretendere il pagamento dalla banca. La provvista, non più destinata al portatore del titolo, segue il percorso previsto dalla legge, che in questo caso era il versamento al Fondo statale. Secondo la normativa, l’unico soggetto legittimato a chiedere il rimborso dal Fondo è la banca emittente, non il beneficiario dell’assegno.

In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione dal punto di vista processuale. L’azione del creditore si fondava sull’inadempimento della banca all’originaria ordinanza di assegnazione. Tuttavia, quell’ordinanza era già di per sé un titolo esecutivo. Ciò significa che il creditore, in caso di mancato pagamento, avrebbe potuto e dovuto avviare direttamente un’esecuzione forzata contro la banca, senza bisogno di intentare una nuova causa per ottenere un’altra condanna. Avviare un giudizio di cognizione (come quello intrapreso) quando si è già in possesso di un titolo esecutivo per la stessa prestazione è ammissibile solo in casi eccezionali, quando si dimostra un’utilità specifica che non potrebbe essere ottenuta con la sola esecuzione forzata. Nel caso di specie, il creditore non ha mai allegato né dimostrato tale specifico interesse, rendendo la sua azione processualmente infondata per carenza di interesse ad agire.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Beneficiari di Assegni

Questa ordinanza offre importanti lezioni pratiche. Innanzitutto, sottolinea l’importanza cruciale di incassare un assegno circolare ben prima della scadenza triennale. Lasciar decorrere questo termine significa perdere irrimediabilmente il diritto di pretendere il pagamento dalla banca sulla base del titolo. In secondo luogo, chiarisce che l’emissione dell’assegno circolare da parte della banca, in esecuzione di un’ordinanza del giudice, è considerata un adempimento della sua obbligazione. Se l’assegno poi si prescrive per inerzia del beneficiario, la responsabilità non può ricadere sulla banca. Infine, dal punto di vista strategico-processuale, la sentenza ribadisce un principio fondamentale: chi è già munito di un titolo esecutivo deve utilizzare gli strumenti dell’esecuzione forzata per realizzare il proprio credito, e non intraprendere nuove e superflue azioni giudiziarie.

Cosa succede se un assegno circolare non viene incassato entro tre anni?
Il diritto del beneficiario di richiedere il pagamento alla banca emittente sulla base del titolo si estingue per prescrizione. Di conseguenza, l’obbligazione cartolare della banca nei confronti del beneficiario viene meno.

Il beneficiario di un assegno circolare prescritto può chiedere alla banca di emetterne uno nuovo o di pagare l’importo?
No. Secondo la decisione analizzata, una volta che l’assegno è prescritto, il beneficiario perde ogni azione basata sul titolo nei confronti della banca e non può quindi chiederne né la riemissione né il pagamento dell’equivalente.

Perché la Corte ha ritenuto che il creditore non avesse ‘interesse ad agire’ in questo caso?
Perché il creditore era già in possesso di un titolo esecutivo valido (l’ordinanza di assegnazione del giudice) contro la banca. Se riteneva che la banca non avesse adempiuto alla sua obbligazione, avrebbe dovuto avviare direttamente l’esecuzione forzata basata su quel titolo, anziché iniziare una nuova causa per ottenere una seconda condanna per la stessa prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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