Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10490 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10490 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5847-2020 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso giusta procura in calce al ricorso dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa giusta procura in atti dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 5369/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 28/11/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME Lette le memorie delle parti;
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. COGNOME NOME conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia la moglie separata COGNOME NOME (giusta imputazione di addebito al marito con sentenza del Tribunale di Venezia del 16/12/2015), chiedendo le revoca per ingratitudine della donazione della quota del 50% della casa familiare in Chioggia, meglio individuata in citazione, in quanto la convenuta si era indebitamente rifiutata di provvedere agli alimenti in favore del marito; in via subordinata chiedeva la corresponsione di un assegno alimentare da parte del coniuge nell’importo di € 450,00. La convenuta si costituiva ed eccepiva la decadenza di cui all’art. 802 c.c., in quanto il rifiuto di prestare gli alimenti si era già manifestato a seguito della missiva del marito del 20/1/2014, cui aveva fatto seguito la sua risposta negativa in data 12/3/2014, essendo stata invece la domanda di revocazione avanzata solo nell’ottobre del 2015.
Il Tribunale con sentenza n. 964/2018 accoglieva la domanda di revoca della donazione per ingratitudine.
Avverso tale sentenza proponeva appello COGNOME NOMECOGNOME cui resisteva l’attore.
La Corte d’Appello di Venezia con la decisione n. 5369 del 28 novembre 2019, in riforma della sentenza appellata, rigettava la
domanda di revoca della donazione e condannava l’appellante al pagamento in favore dell’appellato di un assegno alimentare di € 250,00 mensili a far data dalla pronuncia della sentenza, sino a quando il COGNOME non fosse risultato beneficiario di altro reddito o avesse percepito un sussidio pubblico.
Secondo la Corte distrettuale era fondata l’eccezione di decadenza dell’azione di revoca, in quanto il COGNOME aveva manifestato il suo stato di indigenza già in occasione della richiesta del gennaio del 2014, in quanto non risultava provato che lo stesso percepisse dei redditi per l’esecuzione in maniera saltuaria di lavoretti nel proprio garage, risultando in ogni caso che anche gli eventuali redditi così prodotti non erano sufficienti al suo mantenimento.
Alla richiesta del gennaio 2014 era seguita la risposta negativa della moglie nel marzo del 2014 sicché era a tale data che era già maturato e cristallizzato lo stato di bisogno legittimante la corresponsione degli alimenti non potendo avere seguito il tentativo di spostare in avanti nel tempo il concretizzarsi dello stato di bisogno.
La domanda risultava proposta allorché era già maturato il termine decadenziale.
Era invece fondato l’appello incidentale condizionato del COGNOME con il quale era reiterata la domanda di corresponsione degli alimenti.
La persistente situazione di disoccupazione dell’attore e le sue condizioni psichiche avevano reso difficile il reperimento di un lavoro, ponendolo in una condizione di assenza di mezzi di
sostentamento, e quindi la donataria era tenuta a corrispondere gli alimenti.
Pur rilevando che la richiesta alimentare ammontava ad € 450,00 mensili, la Corte d’Appello riduceva però l’assegno concesso ad € 250,00, in considerazione dell’aggressività mostrata dall’attore nei confronti della convenuta, e ciò ai sensi dell’art. 440 c.c.
La decorrenza dell’assegno era però fissata alla data della sentenza d’appello, essendo provato che in passato, ed anche alla data della pronuncia, i fratelli e la madre del richiedente avevano fatto fronte alle condizioni di indigenza dell’attore.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso COGNOME Giuseppe sulla base di tre motivi, illustrati da memorie.
COGNOME NOME resiste con controricorso illustrato da memorie.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto la notifica avvenuta a mezzo pec non conterrebbe anche l’asseverazione di conformità della procura analogica, la cui scansione risulta allegata al ricorso e notificata unitariamente in un’unica busta telematica.
L’eccezione appare destituita di fondamento alla luce di quanto precisato da Cass. S.U. n. 2077/2024, che ha affermato che, in caso di ricorso per cassazione nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informatici -al messaggio di posta elettronica certificata (p.e.c.) con il quale l’atto è notificato ovvero mediante inserimento nella “busta telematica” con la quale l’atto è depositato – di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra
l’ipotesi, ex art. 83, comma 3, c.p.c., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione.
Il ricorrente nella relata ha altresì attestato la conformità agli originali analogici degli atti inclusi nella busta ed individuati nel ricorso e nella procura.
D’altronde il ricorrente ha anche prodotto l’asseverazione di conformità della procura redatta in formato analogico, che appare già inclusa nella busta telematica contenente il ricorso e la procura, così che la sua mancata allegazione si risolverebbe al più in una nullità della notifica del ricorso che è tuttavia sanata per effetto dell’attività difensiva dell’intimata , la quale ha tempestivamente depositato e notificato controricorso.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 802 ed 801 c.c., con la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.
Si deduce che la conclusione della Corte d’Appello, secondo cui lo stato di bisogno del ricorrente era già cristallizzato alla data del gennaio 2014, è in contrasto con quanto accertato dal Tribunale nella causa di separazione tra i coniugi, che aveva posto a carico dello stesso ricorrente un assegno di mantenimento in favore della figlia.
Nella vicenda si ha riguardo ad una fattispecie a formazione progressiva che ha portato alla definitiva maturazione dello stato di povertà solo alla fine del mese di novembre del 2014.
Il motivo è infondato.
Rileva il Collegio che la Corte d’Appello, con accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che già nel mese di gennaio del 2014 le condizioni economiche del COGNOME erano tali da legittimare la richiesta di alimenti, non essendo stato dimostrato che lo stesso fruisse di redditi adeguati tramite l’esecuzione di lavoretti precari.
La critica mossa in ricorso, con la pretesa di posticipare nel tempo la maturazione dello stato di bisogno mira a sollecitare alla Corte un diverso apprezzamento delle risultanze fattuali, compito questo precluso al giudice di legittimità.
Va poi evidenziato che (Cass. n. 1090/2007) il termine previsto a pena di decadenza dall’art.802 cod. civ. decorre dal momento in cui il donante abbia acquisito la piena e sicura consapevolezza del compimento da parte del donatario di uno degli atti che legittimano l’esercizio del relativo diritto, sicché, avuto riguardo al fatto che lo stesso ricorrente già nella missiva del gennaio del 2014 assumeva di essere in condizioni di precarietà economica tali da legittimare la corresponsione degli alimenti da parte della donataria, il rifiuto da parte di quest’ultima, senza un’adeguata giustificazione rendeva il ricorrente conscio del compimento da parte della moglie di una condotta potenzialmente idonea a legittimare la richiesta di revoca della donazione, sicché è a tale data che deve farsi risalire il dies a quo del termine di cui all’art. 802 c.c.
Né vale invocare il contenuto della sentenza di separazione adottata dal Tribunale di Venezia (n. 4078 del 16 dicembre 2015), con la quale, nell’addebitare la separazione al COGNOME, è
stato posto a suo carico anche un assegno per il mantenimento della figlia maggiorenne non autosufficiente.
Trattasi, infatti, di statuizione che mira a regolare i rapporti tra il genitore e la figlia, in vista delle esigenze di mantenimento della seconda e che tiene conto della potenziale capacità di reddito del ricorrente, ancorché non attesti l’effettivo godimento di redditi attuali di lavoro.
Ove, poi, volesse valorizzarsi la circostanza che il COGNOME, con una valutazione che deve ritenersi compiuta alla data del dicembre del 2015, avesse certamente dei redditi non dichiarati, allora ciò inciderebbe anche sulla stessa ricorrenza delle condizioni soggettive per beneficiare del diritto agli alimenti, e produrrebbe conseguenze negative anche in merito alla tesi sostenuta in citazione del ricorrere delle condizioni della revoca per ingratitudine stante il rifiuto della donataria di corrispondere gli alimenti.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 440 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. ed all’art. 112 c.p.c.; la violazione dell’art. 101 c.p.c. ed omessa valutazione di circostanze decisive ai fini del decidere.
Si deduce che la Corte d’Appello, pur riconoscendo il diritto agli alimenti in favore del ricorrente, ha però operato una riduzione del loro importo rispetto alla richiesta di € 450,00, applicando d’ufficio l’art. 440 c.c. sul presupposto dell’aggressività mostrata dal COGNOME nei confronti della coniuge.
La riduzione de qua è stata applicata d’ufficio, in assenza di una richiesta della controparte, senza adeguata prova della circostanza legittimante la riduzione. Inoltre, la norma applicata
presuppone che sia già intervenuto un provvedimento di riconoscimento degli alimenti, potendo la riduzione operare solo successivamente.
Il motivo è infondato.
Questa Corte (cfr. Cass. n. 1577/2019), con specifico riferimento alla previsione di cui all’art. 440 c.c., ha ritenuto che occorra tenere presenti i mutamenti delle condizioni economiche delle parti verificatesi in corso di causa, affermando che tali circostanze sono idonee ad orientare il potere del giudice di determinazione del quantum degli alimenti, e non anche la sola cessazione o riduzione, in un momento successivo alla loro determinazione. Ritiene il Collegio che analoga conclusione debba essere presa anche in relazione alle altre circostanze che a mente dell’art. 440 c.c. possono incidere sulla riduzione degli alimenti, quali la condotta disordinata o riprovevole dell’alimentato, ben potendosi quindi tenere conto anche della condotta aggressiva mostrata dal ricorrente verso la moglie, ed emersa nel corso del giudizio.
Trattasi, peraltro, di elementi dei quali il giudice è chiamato a servirsi al fine di orientare il potere di determinazione giudiziale dell’assegno alimentare, la cui presa in considerazione prescinde dalla necessità di una specifica sollecitazione della parte, essendo sufficiente esclusivamente che il fatto ritenuto rilevante emerga dal materiale probatorio in atti.
Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 99 c.p.c. nella parte in cui i giudici di appello hanno fatto decorrere l’assegno alimentare a carico della convenuta dalla
data della sentenza, sul presupposto che per il passato i familiari del ricorrente avessero provveduto alle sue esigenze economiche. La sentenza avrebbe, quindi, violato il principio della domanda, in contraddizione con quanto in precedenza statuito circa il fatto che lo stato di indigenza risaliva al mese di gennaio del 2014. Il motivo è fondato.
La legge, infatti, prescrive all’art. 445 c.c. che, in assenza di preventiva messa in mora seguita da domanda giudiziale nei successivi sei mesi, gli alimenti debbano essere riconosciuti a far data dalla proposizione della relativa domanda (si veda Cass. n. 2066/1966), avendo questa Corte chiarito, sebbene in relazione all’assegno di mantenimento fissato in sede di separazione, ma sulla base di una ratio analoga a quella che sottende l’assegno alimentare, che (Cass. n. 4558/2000) la decorrenza dalla domanda costituisce applicazione del principio secondo il quale un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valere in giudizio.
Erroneamente la decorrenza dell’assegno è stata fissata alla data della sentenza, senza quindi tenere conto della durata del processo, e valorizzando il dato di fatto rappresentato dall’essersi alcuni parenti fatti in concreto carico dei bisogni del ricorrente, a fronte però del mancato adempimento del soggetto obbligato ex lege , che non può giovarsi di tale situazione fattuale per andare esente da un’obbligazione alla quale era tenuta e che è rimasta nelle more del giudizio inadempiuta.
Il motivo deve essere accolto, e la sentenza impugnata cassata in relazione allo stesso.
Tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, disponendosi che la decorrenza dell’assegno alimentare retroagisca alla data della proposizione della domanda (30/9/2015).
Attesa la reciproca soccombenza, anche per quanto attiene alla sorte del presente giudizio di legittimità e tenuto conto dell’esito complessivo della lite, si ritiene di dover disporre l’integrale compensazione delle spese di tutti i gradi.
PQM
Accoglie il terzo motivo, nei limiti di cui in motivazione, e rigettati i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dispone che l’assegno alimentare in favore del ricorrente, come liquidato dal giudice di appello, vada riconosciuto a far data dalla domanda (30/9/2015), con gli interessi di legge a far data dalla maturazione di ogni singolo rateo mensile al soddisfo;
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio del 17 aprile 2025