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Assegno ad personam: riassorbimento e calcolo

Un ex dipendente delle Ferrovie dello Stato, trasferito a un ente previdenziale, ha rivendicato il controvalore economico di un benefit di viaggio perso. La Corte di Cassazione ha stabilito che il calcolo deve basarsi su un precedente giudicato che indicava uno specifico prontuario prezzi. Ha inoltre affermato il principio generale secondo cui l’assegno ad personam risultante è riassorbibile nei futuri aumenti stipendiali, riformando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno ad Personam: La Cassazione su Calcolo e Riassorbibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14464/2024, è intervenuta su una questione cruciale per i dipendenti pubblici: la natura e il calcolo dell’assegno ad personam in caso di mobilità tra amministrazioni. Questa pronuncia chiarisce due aspetti fondamentali: il rispetto del giudicato esterno per la quantificazione del controvalore di benefit pregressi e il principio generale di riassorbibilità di tale assegno.

I Fatti del Caso: Dalle Ferrovie all’Ente Previdenziale

Un ex dipendente delle Ferrovie dello Stato, passato in mobilità prima a un ministero e infine a un importante ente previdenziale nazionale, aveva perso un benefit di cui godeva in precedenza: la Carta di Libera Circolazione sui treni. Una precedente sentenza, passata in giudicato, aveva già riconosciuto il suo diritto a ricevere un controvalore economico per tale perdita.

Il contenzioso successivo verteva sulla quantificazione di tale importo. Il lavoratore chiedeva una somma basata sul prontuario prezzi delle Ferrovie, mentre l’ente previdenziale sosteneva criteri di calcolo differenti e, soprattutto, la riassorbibilità dell’eventuale importo nei futuri aumenti contrattuali.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte territoriale aveva drasticamente ridotto la somma dovuta al lavoratore. Aveva scartato il prontuario prezzi delle Ferrovie, ritenendo che il suo valore fosse legato a un utilizzo effettivo e costante del servizio, che il lavoratore non aveva provato. Aveva quindi applicato un parametro convenzionale a fini fiscali, di importo molto inferiore. Al contempo, aveva respinto la tesi dell’ente previdenziale sulla riassorbibilità, affermando che la normativa applicabile al trasferimento non la prevedeva espressamente.

L’Assegno ad Personam e il Principio di Riassorbibilità

Uno dei punti cardine della decisione della Cassazione riguarda la natura dell’assegno ad personam. L’ente previdenziale aveva proposto ricorso incidentale sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel negare la riassorbibilità dell’assegno.

La Suprema Corte ha accolto questa tesi, ribadendo un principio consolidato: nel pubblico impiego, in assenza di disposizioni speciali che esplicitamente lo escludano, l’assegno ad personam concesso per mantenere il trattamento economico precedente è soggetto al principio generale di riassorbibilità. Questo significa che l’importo viene progressivamente eroso e ridotto dagli aumenti stipendiali futuri. La finalità dell’assegno, infatti, è solo quella di evitare un danno economico immediato al momento del trasferimento, non di garantire un’eccedenza retributiva a vita.

Il Calcolo dell’Assegno ad Personam e il Vincolo del Giudicato

Per quanto riguarda il ricorso del lavoratore, la Cassazione ha ritenuto fondate le sue doglianze sul criterio di calcolo. La precedente sentenza, passata in giudicato, aveva già implicitamente indicato il criterio da utilizzare: il controvalore doveva essere stabilito secondo il “Prontuario Prezzi” delle Ferrovie dello Stato, menzionato nel corpo della decisione.

La Corte d’Appello, scegliendo un criterio diverso (quello fiscale), ha violato l’intangibilità del giudicato esterno. Il giudicato, infatti, vincola le parti e il giudice non solo sul dispositivo, ma anche sulle affermazioni contenute nella motivazione che costituiscono una premessa logica e necessaria della decisione. Di conseguenza, il parametro da utilizzare non era discrezionale, ma già fissato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha cassato la sentenza impugnata, accogliendo sia il ricorso del lavoratore (sul criterio di calcolo) sia quello dell’ente (sulla riassorbibilità). Le motivazioni si basano su due pilastri giuridici.

Primo, il rispetto del giudicato esterno: una volta che una questione è stata decisa con sentenza definitiva, essa non può essere rimessa in discussione in un successivo giudizio tra le stesse parti. Nel caso di specie, il criterio di calcolo del controvalore era già stato definito, e la Corte d’Appello non poteva discostarsene.

Secondo, l’applicazione dei principi generali in materia di pubblico impiego. La riassorbibilità dell’assegno ad personam è una regola generale che si applica anche se non espressamente menzionata, a meno che una norma specifica non ne sancisca la non riassorbibilità. La Corte chiarisce che la questione della riassorbibilità non attiene al diritto in sé (an debeatur), ma alla sua quantificazione nel tempo (quantum debeatur), e pertanto può essere decisa nella fase di liquidazione.

Conclusioni

L’ordinanza offre importanti chiarimenti. Per i lavoratori pubblici, conferma che i diritti acquisiti e riconosciuti da una sentenza definitiva devono essere rispettati nei loro esatti termini, anche per quanto riguarda i criteri di calcolo. Per le amministrazioni, riafferma il principio che l’assegno ad personam è uno strumento transitorio per garantire la parità di trattamento al momento della mobilità, destinato a essere assorbito nel tempo, evitando ingiustificate e permanenti disparità retributive. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà ora ricalcolare le somme dovute al lavoratore applicando correttamente i due principi stabiliti dalla Cassazione: il criterio del prontuario prezzi e la natura riassorbibile dell’assegno.

L’assegno ad personam concesso a un dipendente pubblico trasferito è generalmente riassorbibile?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che, in assenza di una specifica norma contraria, vige il principio generale della riassorbibilità. Questo significa che l’assegno si riduce progressivamente con i futuri aumenti stipendiali.

Come si calcola il controvalore di un benefit in natura perso a seguito di un trasferimento, se esiste una precedente sentenza sul diritto?
Il calcolo deve seguire fedelmente i criteri indicati, anche se implicitamente, nella motivazione della sentenza precedente passata in giudicato. Discostarsi da tali criteri costituisce una violazione del principio del giudicato.

Una sentenza che riconosce il solo diritto a un’indennità (an debeatur) impedisce di discutere della sua riassorbibilità in un giudizio successivo sulla quantificazione (quantum)?
No. La Corte ha chiarito che la questione della riassorbibilità è una modalità di calcolo delle somme dovute nel tempo, che attiene alla fase di quantificazione (quantum debeatur) e non è preclusa da una precedente sentenza che si è limitata a riconoscere l’esistenza del diritto (an debeatur).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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