Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30709 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 30709 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso 30285-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
ENTE STRUMENTALE ALLA RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 198/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/05/2020 R.G.N. 1055/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
R.G.N. 30285/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 11/09/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 11/09/2024
PU
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udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 13 maggio 2020, la Corte d’Appello di Milano confermava la decisione resa dal Tribunale di Milano e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’Ente Strumentale alla Croce Rossa Italiana (RAGIONE_SOCIALE) in liquidazione coatta amministrativa, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, già appartenente al corpo militare presso la Croce Rossa Italiana come c.d. ‘riservista’, ovvero richiamato in servizio temporaneo in varie riprese, anche se di fatto senza praticamente soluzione di continuità, fino all’1.10.2017, poi transitato, a seguito del riordino della CRI, sfociato nella liquidazione dell’Ente e nel trasferimento delle relative funzioni al soggetto di nuova costituzione ESACRI, nei ruoli civili di quest’u ltimo Ente, con inquadramento coerente con il DPCM che aveva individuato le corrispondenze tra le qualifiche proprie dell’ordinamento militare e quelle dei nuovi inquadramenti civili, per essere infine trasferito, per mobilità, ad altra amministrazione, al mantenimento del livello retributivo goduto presso CRI pari al trattamento economico percepito nei ruoli militari e invece decurtato all’atto del passaggio nei ruoli civili dell’ESACRI, trattamento implicante l’inserimento nella fascia economica corrispondente al terzo livello stipendiale, e, pertanto, al riconoscimento di un assegno ad personam pari alla differenza determinatasi nel passaggio, da far valere nei confronti non dell’ESACRI ma dell’amministrazione alle cui dipendenze era transitato da ultimo per mobilità con il medesimo trattamento.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, non diversamente dal primo giudice, di dare rilievo, al fine di giustificare il diverso trattamento economico, anche con riguardo al principio di non discriminazione tra personale a tempo determinato e personale a tempo indeterminato
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sancito a livello nazionale e comunitario, alla originaria distinzione nell’ambito del personale della CRI tra dipendenti in servizio continuativo e soggetti facenti parte del corpo dei volontari, destinatari di una diversa disciplina, distinzione valorizzata, per negare la configurabilità nei confronti dei riservisti di un rapporto di lavoro subordinato con le amministrazioni che se ne avvalevano, dalla competente Autorità giudiziaria amministrativa, espressasi in tal senso anche in un giudizio promosso dallo stesso istante, così da escludere quanto da questi sostenuto circa la valenza egualitaria dell’ammissione dei c.d. riservisti alla procedura selettiva indetta per la formazione di un contingente di 300 posti di personale militare CRI in servizio attivo, valenza affermata dall’istante in relazione alla circostanza per cui la procedura, avente carattere sostanzialmente concorsuale, prevedeva la riserva in favore dei ‘riservisti’ della metà dei posti, così da configurarsi come stabilizzazione estesa ad ent rambe le categorie, salvo poi qualificare l’accesso dei riservisti, non come trasferimento ad altro ente datore, con diritto al mantenimento tramite assegno ad personam del trattamento economico originario, viceversa riconosciuto al personale già in precedenza assunto a tempo indeterminato, ma come nuova assunzione implicante la spettanza del trattamento economico in essere presso l’ESACRI.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’ESACRI in liquidazione coatta amministrativa.
Il Procuratore generale ha depositato la propria requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso.
Successivamente alla camera di consiglio del giorno 11 settembre 2024, il Collegio, nella medesima composizione, si è riconvocato mediante collegamento audiovisivo a distanza, ai sensi dell’art. 140 -bis cod. proc. civ., il 7 ottobre 2024, decidendo la causa nei termini di cui al dispositivo in calce.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 5 e 6 d.lgs. n. 178/2012, lamenta a carico della Corte territoriale l’erronea interpretazione della normativa relativa al riordino della Croce Rossa Italiana, asserendo potersi desumere dalle norme invocate il riconoscimento del diritto al mantenimento del trattamento retributivo in godimento nel corpo militare a tutto il personale che, all’esito della selezione per titoli, aveva conseguito l’accesso al contingente di nuova formazione, indipendentemente dalla loro provenienza dai ‘riservisti’ o dal personale già assunto a tempo indeterminato;
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 1780 del Codice dell’Ordinamento Militare, il ricorrente ripropone la medesima censura concernete l’erronea interpretazione della normativa circa il riconoscimento dell’assegno ad personam con riferimento all’invocata disposizione che, in via generale, sancisce tale beneficio in favore del personale militare che sia transitato nei ruoli civili senza soluzione di continuità, come documentalmente provato nella specie.
Nel terzo motivo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è prospettato con riferimento alla mancata considerazione da parte della Corte territoriale della circostanza pacifica in atti della partecipazione del ricorrente alla procedura concorsuale indetta per la formazione del nuovo contingente cui si annette rilievo decisivo determinando il transito del personale selezionato nei ruoli civili con diritto all’assegno ad personam.
Il ricorso è inammissibile sotto diversi profili.
Innanzitutto, si rileva l’esposizione unitaria e indistinta di pretesi vizi di natura diversa (art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.) e con riferimento a una pluralità di norme di diritto, il che rende arduo discernere e apprezzare le singole
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censure. Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, nel quale il singolo motivo assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore. La tassatività e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (v. Cass. nn. 12355/2020; 18202/2008).
Sotto altro profilo, occorre rilevare che la domanda è stata proposta nei confronti dell’ESaCRI, in liquidazione coatta amministrativa, nella dichiarata finalità di avvalersi dell’emananda pronuncia ai fini del transito presso altra amministrazione – come risulta dalla sentenza impugnata -, amministrazione che, in ultima analisi, dovrebbe essere la destinataria sostanziale del richiesto accertamento.
Nondimeno, nel caso di specie assume rilievo assorbente l’inammissibilità derivante dal giudicato amministrativo intervenuto in ordine alla natura del servizio svolto. Infatti, i giudici d’appello hanno ritenuto inammissibile la pretesa volta ad ottenere nel presente giudizio il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata per violazione del ne bis in idem , atteso che il giudice amministrativo si è pronunciato espressamente sulla pretesa equiparazione tra servizio prestato in ragione dei precetti militari e rapporto di lavoro subordinato, escludendola. Tale assunto, espressamente richiamato nel corso dell’udienza pubblica, non è stato oggetto di impugnazione ovvero di doglianza da parte del ricorrente. L’esistenza del giudicato esterno, rilevabile d’u fficio, al pari di quella del giudicato interno, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (sul punto,
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v. Cass. Sez. U, 16/06/2006, n. 13916). Nella specie, i due giudizi sono stati incentrati sul medesimo rapporto giuridico (attività svolta per la CRI e quindi per l’ESaCRI) e l’accertamento svolto in sede amministrativa in ordine alle caratteristiche del servizio svolto e alla non configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, relativo ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, risulta precluso nella presente sede, anche ai fini dell’eventuale valutazione circa l’applicabilità, nella speci e, della direttiva 99/70/CE sul lavoro a tempo determinato. Infatti, secondo la sentenza della Corte di Giustizia UE (25 gennaio 2024, C-389/22), emessa a seguito di rinvio pregiudiziale proposto dal Consiglio di Stato in ordine alla posizione del personale militare in servizio non continuativo presso la Croce Rossa Italiana in quanto richiamato ai sensi dell’art. 1668 del codice dell’ordinamento militare, « spetta al giudice del rinvio, che è il solo competente a valutare i fatti del procedimento principale e a interpretare la normativa nazionale, esaminare in che misura il rapporto instaurato fra i membri del personale del Corpo militare della Croce Rossa italiana chiamati a svolgere un servizio temporaneo e quest’ultima sia, per sua natura, analogo o meno a un rapporto di lavoro che lega un datore di lavoro a un dipendente » (§ 74), accertamento che, per quanto detto, risulta precluso.
Per mera completezza, si aggiunge che l’interpretazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 178 del 2012 siccome adombrata complessivamente nei motivi, per sostenere che il legislatore non abbia inteso differenziare il trattamento da riconoscere all’interno de l contingente militare fra i c.dd. continuativi e i c.dd. riservisti, non è comunque fondata. Infatti, dall’esegesi letterale degli artt. 5 e 6 del d.lgs. 178 del 2012, nella versione applicabile ratione temporis , emerge che l’assegno ad personam è previsto unicamente per il « personale del Corpo militare costituito dalle unità già in servizio
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continuativo per effetto di provvedimenti di assunzione a tempo indeterminato » cui è dedicato il comma 5 dell’art. 5, come risulta chiaramente dalla locuzione utilizzata nell’ incipit del terzo periodo del medesimo comma 5, secondo cui « Al predetto personale continua ad essere corrisposta la differenza tra il trattamento economico in godimento, limitatamente a quello fondamentale ed accessorio avente natura fissa e continuativa, e il trattamento del corrispondente personale civile della CRI come assegno ad personam riassorbibile in caso di adeguamenti retributivi e di riconoscimento degli istituti del trattamento economico determinati dalla contrattazione collettiva correlati ad obiettivi ». Né può accedersi alla tesi secondo cui anche i c.dd. richiamati avrebbero diritto all’assegno in virtù del disposto di cui al comma 6 del successivo art. 6, secondo cui « Al personale civile e militare della CRI e quindi dell’Ente, compreso quello di cui all’articolo 8, comma 2, assunto da altre amministrazioni si applica l’ articolo 5, comma 5, terzo periodo. ». Infatti, se in questo caso l’accezione utilizzata è sicuramente ampia ed intesa a ricomprendere in generale il personale militare della CRI – e, quindi, anche i c.dd. richiamati – nondimeno, il tenore letterale della norma, che espressamente fa riferimento al personale « assunto da altre amministrazioni » e l’interpretazione sistematica, che colloca la disposizione in commento nell’ambito dell’articolo dedicato alla destinazione del personale della CRI e quindi dell’Ente facendo ricorso anche alla mobilità, depongono univocamente nel senso che il predetto comma 6 intenda riferirsi non già al passaggio alla CRI -e quindi all’ESaCRI bensì al successivo passaggio ad altra amministrazione in virtù di mobilità, come correttamente ritenuto dalla Corte d’appello.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente soccombente alla
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refusione delle spese processuali, liquidate come da dispositivo in ragione dell’attività difensiva svolta.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione