Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14466 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14466 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15488-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
principale –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. 15488/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/04/2024
CC
avverso la sentenza n. 1652/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 20/12/2018 R.G.N. 409/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 1652/2018, ha riformato la pronuncia del Tribunale di Cosenza con la quale era stato dichiarato il diritto di NOME COGNOME, ex dipendente delle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE transitato prima al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e poi all’INPDAP e infine all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, a ottenere il pagamento dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.N.P.S. della somma di euro 48.061,99 a titolo di controvalore della Carta di Libera Circolazione (CLC), cd. Concessione di Viaggio, per il periodo dal 1° luglio 1998-31 gennaio 2010, riducendo il quantum debeatur dovuto, a tale titolo, alla (minor) somma di €. 1.505,83;
tali concessioni costituivano un benefit per i viaggi in treno, goduto nel corso del lavoro presso le RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, che il ricorrente rivendicava dover essere a lui attribuito anche dopo il trasferimento, attraverso procedura di mobilità regolata dalla legge n. 554/1988, presso l’ente previdenziale;
la Corte territoriale prendeva atto che tra le parti era intercorsa sentenza passata in giudicato (App. Catanzaro sent. n. 1654/2007) di riconoscimento della CLC nonché di condanna generica dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento del menzionato controvalore, sicché il presente giudizio afferiva alla sola quantificazione d i quest’ultimo ;
rilevava che il controvalore doveva essere calcolato in relazione all’effettiva utilizzazione della CLC, e, in difetto di prova a riguardo da
parte del lavoratore, in base al valore convenzionale – come quello stabilito ai fini del prelievo fiscale ex art. 51, comma 4, d.P.R. n. 917/1986 -, e non a quello reale pari al prezzo della CLC per l’intera rete ferroviaria (fondato su un prontuario delle FS del 1° novembre 1990), considerato, invece, nei calcoli a base dell’originario ricorso monitorio e del decreto ingiuntivo;
negava, poi, che la questione sull’assorbimento nei successivi aumenti di retribuzione degli importi rivendicati potesse avere corso, in quanto l’art. 5 d.P.C.m. n. 325/1988, qui applicabile per il transito del COGNOME al MEF poi INPDAP e RAGIONE_SOCIALE, laddove prevedeva un assegno ad personam volto a preservare il trattamento economico già in godimento, nulla espressamente diceva sulla riassorbibilità, donde, in difetto di previsione a riguardo, la non riassorbibilità;
avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, resistiti da controricorso dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contenente ricorso incidentale basato su tre motivi.
CONSIDERATO CHE:
il ricorso principale si compone di tre motivi;
con il primo dei quali si deduce violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 11, 12 e 14 delle preleggi, dell’art. 3 della legge n. 212/2000, degli artt. 2099 e 2909 cod. civ., dell’art. 5 d.P.C.m. n. 325/88, degli artt. 9 e 51 comma 4 del d.P.R. 917/1986, come modificato dall’art. 75, comma 5, della legge n. 289/2002, del d.m. Min. Infrastrutture e Trasporti del 20.10.2008, nonché degli artt. 115, 116 e 432 cod. proc. civ.;
secondo il ricorrente principale la Corte territoriale: i) ha errato nell’individuare al gennaio 2010 (ultima mensilità del periodo retributivo di cui al decreto monitorio) l’epoca alla quale riferirsi per la
determinazione del controvalore delle concessioni di viaggio che, invece, ex art. 5, 2 comma, d.P.C.m. n. 325/88, va fissata al mese di marzo 1992 (data del transito in INPDAP); ii) non poteva, neanche in via equitativa ex art. 432 cod. proc. civ., riferirsi ai parametri convenzionali della norma di una legge (art. 75, comma 6, della legge n. 289/2002 che aveva novellato il comma 4 dell’art. 51 d.P.R. n. 917/1986) successiva all’epoca della determinazione del controvalore della CLC (marzo 1992), stante l ‘ irretroattività della stessa;
3. con il secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 2727, 2729, 2697, 2099, 2909 cod. civ. e degli artt. 115, 116, 132, 429, 432 e 118 att. cod. proc. civ. nonché dell’art. 16 legge n. 210/85;
la Corte di merito è pervenuta all’impugnata declaratoria esclusivamente sulla base di una duplice presunzione: i) che i valori di cui al prontuario prezzi della CLC fossero parametrati sull’effettivo e costante bisogno del servizio ferroviario da parte di un normale utente; ii) che, di conseguenza, per attribuire il controvalore della CLC di cui al prontuario dei prezzi anche al dipendente FS, questi avrebbe dovuto farne un pari effettivo e costante utilizzo, cosa che COGNOME non aveva dimostrato; stante la carenza di prova, la Corte di merito ha ritenuto, per la determinazione del controvalore in via equitativa ex art. 342 cod. proc. civ., di dover utilizzare quale parametro quello fiscale offerto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ;
senonché, la presunzione che i valori di cui al prontuario dei prezzi della CLC fossero parametrati sull’effettivo e costante bisogno del servizio ferroviario era carente dei presupposti di legge ex art. 2727 e 2729 cod. civ. e non poteva supportare l’altra presunzione che il
contro
valore della CLC di cui al prontuario dovesse dipendere da un costante suo utilizzo;
l a ‘duplice’ presunzione adottata dal giudice d’appello contrastava con il principio di diritto della indipendenza del valore di una retribuzione in natura dalla utilizzazione del bene che la rappresenta; di qui l’inammissibilità di una valutazione equitativa ex art. 432 cod. proc. civ. ancorata a un parametro tratto da una norma emanata a fini prettamente fiscali;
con il terzo motivo si denuncia, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 132, 429 e 118 att. cod. proc. civ. nonché dell’art. 2909 cod. civ;
la Corte territoriale ha violato l’intangibilità del giudicato di cui alla sentenza n. 1654/2007, in relazione al riconoscimento del prontuario prezzi FS quale criterio per la determinazione del controvalore delle concessioni di viaggio;
5. nel primo motivo del ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., dell’art. 31 d.lgs. n. 165/2001, in riferimento all’art. 5 d.P.C.m. n. 325/1988 e all’art. 18 d.P.C.m. n. 716/1994 ;
si contesta la pronuncia di appello nella parte in cui essa, dopo aver ritenuto non preclusa dal giudicato l’eccezione sulla riassorbibilità dell’assegno ad personam , aveva ritenuto comunque infondata la questione, in quanto l’art. 5 d.P.C.m. n. 325/1988 nulla diceva sulla riassorbibilità; a dire dell’RAGIONE_SOCIALE, la mancata previsione della riassorbibilità non escludeva che essa trovasse applicazione, trattandosi di un principio generale in materia di pubblico impiego;
nel secondo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi, in particolare
degli artt. 2943, 2945 e 2948 cod. civ., in relazione alla violazione dei principi dell’art. 111 , comma 7, Cost., in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU, e si sostiene (ancora) che la sentenza di condanna generica non sarebbe idonea a trasformare in decennale, per effetto del giudicato, il termine quinquennale di prescrizione dei crediti lavorativi azionati; secondo l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE la prescrizione, seppure interrotta con la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione del 1/3/2003, risultava maturata ne ll’anno 2008;
7. col terzo motivo del ricorso incidentale si denuncia (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) violazione e falsa applicazione di norme di diritto e contratti collettivi e, in particolare, degli artt. 91-92 cod. proc. civ., in relazione alla violazione dei principi dell’art. 111 , comma 7, Cost., in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU; si duole l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE del fatto che i giudici di secondo grado non avrebbero fatto esercizio del loro potere discrezionale per addivenire alla compensazione delle spese a fronte di una condanna che recava una sensibile riduzione nel quantum debeatur (da €. 48.061,99 a €. 1.505,83);
in ordine logico va affrontato il ricorso incidentale;
8.1 il primo motivo è fondato;
la Corte territoriale rileva che l’art. 5 d.P.C.m. n. 325/1988 «nulla diceva circa la riassorbibilità o meno di tale assegno» e, per ciò solo, ne desume, dunque, la non riassorbibilità;
in tal modo, la sentenza impugnata entra in conflitto con la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui, in tema di passaggi di personale e procedure volontarie di mobilità nel pubblico impiego privatizzato, in difetto di disposizioni speciali che espressamente definiscano un determinato trattamento retributivo come non riassorbibile o, comunque, ne prevedano la continuità
indipendentemente dalle dinamiche retributive del nuovo comparto, si applica, argomentando dall’art. 34 del d.lgs. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 19 del d.lgs. n. 80 del 1998 (ora art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001), il principio generale della riassorbibilità degli assegni ad personam (tra le tante, Cass. n. 33533 e n. 11771/2021; Cass. n. 10210/2020; Cass. n. 19039/2017);
né varrebbe richiamare, in presenza di un giudicato tra le parti sull’an (App. Catanzaro, sent. n. 1654/2007), il precedente di Cass. Sez. L, n. 9277/2019 secondo cui l’ assorbibilità non integra un profilo afferente alla quantificazione, ma una qualità del credito, come tale suscettibile di essere dedotta nel processo relativo all’accertamento del diritto e conseguentemente suscettibile di restare preclusa ove sollecitata o decisa, come fatto impeditivo-modificativo del diritto azionato, nella causa da cui scaturisca la corrispondente pronuncia di condanna generica;
in disparte il profilo che la preclusione del giudicato sull’ an debeatur è stata in questo caso esclusa dalla sentenza impugnata (« ha ragione l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a sostenere che l’eccezione relativa alla riassorbibilità dell’assegno ad personam non era preclusa dal giudicato formatosi sulla sentenza di questa Corte n. 1654/2007», l’argomento difensivo dell’appellante essendo, infatti, «direttamente incidente sul quantum dovuto», così a pag. 4 della sentenza impugnata), senza che vi sia stata impugnazione sullo specifico punto, va rilevato, dovendosi a riguardo rimeditare il richiamato precedente, rimasto isolato, che la riassorbibilità è, piuttosto, una modalità di calcolo delle differenze retributive, che vanno determinate tenendo conto di tutti gli incrementi medio tempore intervenuti del trattamento economico fondamentale riconosciuti dall’amministrazione cessionaria , il che esclude che la pronuncia sull’an debeatur possa acquisire, in punto di riassorbibilità o meno dell’assegno ad personam ,
valenza impeditiva rispetto a un tale accertamento che trova la sua sede propria nel giudizio sul quantum debeatur ;
la ratio dell’assegno ad personam è quella di evitare, infatti, che il mutamento di carriera o di amministrazione comporti, per gli interessati, un regresso nel trattamento economico raggiunto, sicché, in assenza di specifica disciplina, si ritiene che ai fini della riassorbibilità rilevino gli incrementi riconosciuti nel tempo dall’amministrazione cessionaria, i quali possono essere dedotti in via giudiziale, e quindi opportunamente vagliati e conteggiati, nella fase di concreta liquidazione degli importi differenziali rivendicati;
8.2 il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato, dovendosi richiamare, a riguardo, la costante giurisprudenza della S.C., secondo cui la sentenza di condanna generica passata in giudicato -attesa la sua natura di vera e propria statuizione autoritativa che impone all’obbligato di adempiere ad una prestazione, anche se la determinazione di tale adempimento è rimandata -determina, nei confronti di coloro che hanno promosso il giudizio concluso con la condanna generica, l’assoggettamento dell’azione diretta alla liquidazione al termine (decennale) di cui all’art. 2953 cod. civ. (tra le tante, Cass. n. 9277/2019, cit.; Cass. 7 ottobre 2005, n. 19636; Cass. 28 marzo 2000, n. 3727);
8.3 il terzo motivo di ricorso incidentale è inammissibile;
in generale, in tema di responsabilità delle parti per le spese di giudizio (Capo IV del Titolo III del Libro Primo del codice di rito), si rammenta che la denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91, comma 1, cod. proc. civ., in questa sede di legittimità trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa ( ex multis : Cass. n. 18128 del 2020 e Cass. n. 26912 del
2020) e che la compensazione delle spese processuali, di cui all’art. 92 cod. proc. civ., costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito (v., per tutte, Cass. SS. UU. n. 20598 del 2008), il quale non è tenuto a dare ragione, con espressa motivazione, del mancato uso di tale sua facoltà (Cass. n. 36668 del 2022; Cass. n. 34427 del 2021; cfr. altresì Cass., Sez. U., 15 luglio 2005, n. 14989);
9. quanto al ricorso principale, si rivelano fondati il primo e il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per ragioni di stretta connessione, emergendo dal contenuto della sentenza della Corte d’appello di Catanzaro recante n. 1654/2007, passata in giudicato, l’affermazione, in parte motiva, che «pur trattandosi di compensi in natura, tali concessioni sono da ritenere pacificamente suscettibili di valutazione economica, tant’è che le stesse RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ne hanno stabilito il controvalore col “Prontuario Prezzi dell’1/11/1990 e con l’Ordine di Servizio n. 24/97; venivano corrisposte in via continuativa, indipendentemente dalle particolarità o dalle specifiche caratteristiche della prestazione lavorativa e sulle somme corrisposte venivano effettuate le ritenute fiscali e previdenziali »;
e statuendosi, poi, nel successivo dictum d’accertamento , contenuto in dispositivo, quanto segue: «In riforma dell’impugnata sentenza, dichiara il diritto di COGNOME NOME al riconoscimento delle concessioni di viaggio fruite all’atto del trasferimento dalle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ad ottenere il controvalore economico delle stesse nella determinazione della retribuzione loro spettante. Condanna il Ministero e l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle somme relative e alla integrazione contributiva a decorrere dall’1.7.1998»;
ebbene, i passaggi della pronuncia dianzi trascritti, lasciano comprendere che la Corte calabrese avesse indicato, come sottolinea il
ricorrente nel suo terzo motivo, il criterio di determinazione del controvalore, precisando che «le stesse RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ne hanno stabilito il controvalore col “Prontuario Prezzi dell’1/11/1990 e con l’Ordine di Servizio n. 24/97», prontuario adoperato (fatto incontestato) nel ricorso monitorio e tuttavia messo in non cale dal giudice d’appello , il quale, nella sentenza impugnata, ha individuato un criterio diverso, integrato dal richiamo all’art. 51 co mma 4 d.P.R. 917/86, come modificato dall’art. 75, comma 5 della legge n. 289/2002, che non solo collide con il giudicato ma si discosta dal l’ulteriore principio di diritto secondo cui il controvalore va valutato (primo motivo) al momento del transito nella nuova amministrazione, come prevede peraltro l’art. 5 , comma 2, d.P.C.m. n. 325/1988 (« e conserva, ove più favorevole, il trattamento economico in godimento all’atto del trasferimento mediante attribuzione ad personam della differenza»), e quindi ancorandolo temporalmente non già al febbraio 2011 (primo dei 34 mesi di differenze retributive di cui alla originaria richiesta monitoria) ma al marzo DATA_NASCITA (data del passaggio in mobilità all’ente ricevente);
stando così le cose, i giudici di secondo grado hanno erroneamente adoperato (a pag. 6, ultima riga, sentenza impugnata) il parametro equitativo dell’art. 432 cod. proc. civ., applicabile nel caso in cui il diritto sia certo ma non possibile determinare la somma dovuta, mentre nella specie il parametro di determinazione era enunciato nella sentenza della Corte di Catanzaro sopra richiamata e divenuta res iudicata ;
10. un tale approdo, conseguente al giudicato esterno intervenuto fra le parti, preclude di disquisire in questa sede di legittimità anche sulla natura del benefit in parola e non consente parimenti di
richiamare l’orientamento di questa Corte ( ex multis , Cass. n. 18167/2020; Cass. n. 17743/2017) secondo cui la computabilità nel trattamento economico del controvalore delle carte di circolazione nel caso di mobilità del personale dell’ex azienda RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ad altra amministrazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE va esclusa «sul rilievo che, a prescindere dalla natura retributiva o meno del beneficio nell’ambito del rapporto con le RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, si tratta di un vantaggio economico connesso alle particolari caratteristiche e modalità della prestazione svolta presso l’ente di provenienza, la cui conservazione, a carico delle RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, restava limitata, secondo la disciplina contrattuale successiva al processo di delegificazione introdotto dalla legge n. 210 del 1985 (art. 69 c.c.n.l. 1990-1992; accordo sindacale 15 maggio 1991), ai dipendenti che, al momento del trasferimento, avevano maturato il diritto a pensione (cfr. per tutte Cass. Sez. U. 21/06/2010 n. 14898)»;
11. resta, così, assorbito il secondo motivo di ricorso principale, stante l’accoglimento della terza censura in ordine all’esistenza del giudicato esterno sul riconoscimento del prontuario prezzi FS quale criterio per la determinazione del controvalore delle concessioni di viaggio;
in conclusione, vanno accolti il primo e il terzo motivo di ricorso principale, con assorbimento del secondo, e va accolto altresì il ricorso incidentale;
la sentenza impugnata dev’essere, conseguentemente, cassata in relazione ai motivi e al ricorso incidentale accolti, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Catanzaro che, in diversa composizione, dovrà calcolare, al momento del transito nell’amministrazione cessionaria e nel rispetto del giudicato intervenuto fra le parti , quale fosse il trattamento economico comprensivo del valore delle concessioni di viaggio, come da prontuario prezzi delle FS, quantificando la differenza,
rispetto al trattamento dell’amministrazione ricevente, in termini di assegno ad personam riassorbibile nei futuri aumenti stipendiali; al giudice del rinvio va rimessa altresì la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso principale, dichiara assorbito il secondo; accoglie il primo motivo di ricorso incidentale, rigetta il secondo e dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione.
Roma, così deciso nella camera di consiglio della Sezione Lavoro