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Assegno ad personam: la Cassazione e la riassorbibilità

In un caso riguardante un ex dipendente delle ferrovie trasferito al settore pubblico, la Corte di Cassazione ha stabilito due principi chiave. In primo luogo, l’assegno ad personam, concesso per mantenere il livello retributivo precedente, è di norma riassorbibile nei futuri aumenti stipendiali. In secondo luogo, se una precedente sentenza definitiva (giudicato) ha già stabilito i criteri per calcolare un’indennità, il giudice successivo non può discostarsene, garantendo così la certezza del diritto.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno ad personam: la Cassazione su Riassorbibilità e Vincoli del Giudicato

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta due questioni centrali nel diritto del lavoro pubblico: la natura dell’assegno ad personam e l’intangibilità del giudicato. La vicenda riguarda un dipendente passato dalle Ferrovie dello Stato ad un ente previdenziale, che ha lottato per vedere riconosciuto il controvalore di un benefit di cui godeva in precedenza. La Corte ha colto l’occasione per ribadire principi fondamentali sia sulla riassorbibilità di tali assegni sia sul rispetto delle decisioni giudiziarie definitive.

I Fatti di Causa: Dalle Ferrovie alla Previdenza

Un ex dipendente delle Ferrovie dello Stato, transitato per mobilità presso un ente previdenziale, aveva diritto a una ‘Carta di Libera Circolazione’, un benefit per i viaggi in treno. Una volta trasferito, ha chiesto che gli venisse corrisposto il controvalore economico di tale agevolazione. Una prima sentenza, passata in giudicato, gli aveva riconosciuto questo diritto in linea di principio, indicando anche il criterio per calcolarne il valore: un prontuario prezzi delle stesse Ferrovie.

In un secondo giudizio, finalizzato a quantificare la somma, la Corte d’Appello aveva però drasticamente ridotto l’importo, utilizzando un criterio diverso (quello fiscale, basato sull’uso effettivo) e ignorando le indicazioni della precedente sentenza. Allo stesso tempo, aveva negato che l’importo fosse soggetto a riassorbimento nei futuri aumenti di stipendio. La questione è così approdata in Cassazione, con ricorsi da entrambe le parti.

La Decisione della Corte di Cassazione e il principio dell’assegno ad personam

La Suprema Corte ha analizzato separatamente le due questioni principali, accogliendo sia il ricorso dell’ente previdenziale sulla riassorbibilità, sia quello del lavoratore sul rispetto del giudicato.

L’Accoglimento del Ricorso dell’Ente: la Riassorbibilità è la Regola

La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva sbagliato nel considerare l’assegno ad personam non riassorbibile. In tema di mobilità nel pubblico impiego, in assenza di una norma specifica che ne sancisca la non riassorbibilità, vige il principio generale opposto. L’assegno è concesso proprio per evitare una perdita economica immediata, ma è destinato a essere eroso e infine azzerato dai futuri incrementi contrattuali. La Corte ha specificato che la questione della riassorbibilità non riguarda l’esistenza del diritto (an debeatur), ma le modalità del suo calcolo (quantum debeatur), e quindi poteva essere sollevata nella fase di quantificazione.

L’Accoglimento del Ricorso del Lavoratore: il Rispetto del Giudicato

Contemporaneamente, la Corte ha dato ragione al lavoratore su un punto cruciale: il criterio di calcolo. La precedente sentenza definitiva aveva già stabilito che il controvalore del benefit doveva essere calcolato sulla base del prontuario prezzi delle Ferrovie. La Corte d’Appello, discostandosi da tale indicazione e applicando un criterio equitativo basato su norme fiscali, ha violato il principio del res iudicata. Una decisione passata in giudicato è vincolante e non può essere disattesa in un giudizio successivo tra le stesse parti.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un bilanciamento tra due esigenze. Da un lato, l’esigenza di uniformità e razionalità nel trattamento economico dei dipendenti pubblici, che giustifica il principio generale della riassorbibilità dell’assegno ad personam. Questo strumento serve a tutelare il lavoratore nella transizione, non a creargli una rendita permanente e intangibile. Dall’altro lato, vi è il principio fondamentale della certezza del diritto, incarnato dal giudicato. Se un giudice ha già stabilito non solo se un diritto esista, ma anche come debba essere calcolato, quella decisione non può essere ignorata. La riassorbibilità è una modalità di calcolo nel tempo, mentre il criterio di quantificazione iniziale era già stato ‘cristallizzato’ dalla precedente sentenza.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà ricalcolare le somme dovute al lavoratore attenendosi scrupolosamente a due direttive:
1. Utilizzare il criterio di calcolo indicato nella prima sentenza passata in giudicato (il prontuario prezzi delle Ferrovie).
2. Quantificare la differenza retributiva risultante come un assegno ad personam riassorbibile nei futuri aumenti stipendiali.
Questa pronuncia offre un importante chiarimento per tutti i casi di mobilità nel pubblico impiego, confermando la riassorbibilità come regola generale per gli assegni ad personam e, al contempo, riaffermando la forza vincolante delle sentenze definitive.

Un assegno ad personam concesso a un dipendente pubblico trasferito è generalmente riassorbibile nei futuri aumenti di stipendio?
Sì, la Corte di Cassazione ha affermato che, in assenza di disposizioni speciali contrarie, si applica il principio generale della riassorbibilità degli assegni ad personam nei futuri aumenti retributivi nel pubblico impiego.

Una sentenza passata in giudicato che stabilisce il diritto a un’indennità (‘an debeatur’) impedisce di discutere della sua riassorbibilità in un secondo momento?
No. La Corte ha chiarito che la riassorbibilità è una modalità di calcolo del ‘quantum debeatur’ (l’importo dovuto) e non una qualità del credito. Pertanto, può essere discussa e decisa nella fase di quantificazione, anche se il diritto è già stato accertato con sentenza definitiva.

Se una precedente sentenza definitiva ha già indicato il criterio per calcolare il valore di un benefit, il giudice successivo può usarne uno diverso?
No. La Corte ha stabilito che il giudice successivo è vincolato dal criterio di calcolo indicato nella sentenza passata in giudicato (res iudicata). Non può discostarsene e applicare, ad esempio, un criterio equitativo o basato su normative fiscali, perché ciò violerebbe l’intangibilità del giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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