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Assegno ad personam dirigenti: la continuità serve

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8799/2024, ha negato il diritto all’assegno ad personam a dirigenti scolastici che, dopo aver superato un concorso riservato, erano tornati al ruolo di docenti prima dell’immissione in ruolo. La Suprema Corte ha chiarito che tale assegno ha lo scopo di evitare una riduzione dello stipendio (reformatio in peius) al momento del passaggio di qualifica e spetta solo a chi mantiene la funzione superiore senza interruzioni. La mancanza di continuità nel servizio dirigenziale è stata ritenuta decisiva per escludere il beneficio.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Assegno ad Personam per Dirigenti Scolastici: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Continuità

Il passaggio dal ruolo di docente a quello di dirigente scolastico può comportare complessità retributive, specialmente riguardo al diritto a mantenere un trattamento economico acquisito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema cruciale dell’assegno ad personam, stabilendo un principio netto: la continuità del servizio dirigenziale è un requisito indispensabile. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere le ragioni dietro questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Dal Ruolo di Docente a quello di Dirigente

La controversia nasce dal ricorso di alcuni docenti che, dopo aver ricoperto per almeno un anno la funzione di Preside incaricato, avevano superato un corso-concorso bandito dal Ministero. Tuttavia, dopo il superamento del concorso e prima della definitiva immissione nel ruolo di Dirigenti Scolastici, erano tornati a svolgere la prestazione lavorativa come docenti. Una volta nominati dirigenti, hanno richiesto al Ministero il pagamento dell’assegno ad personam previsto dal contratto collettivo, un’indennità volta a conservare il trattamento economico più favorevole percepito durante l’incarico precedente. Mentre il Tribunale di primo grado aveva accolto la loro richiesta, la Corte di Appello aveva ribaltato la decisione, dando ragione al Ministero. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica: Il Diritto all’Assegno ad Personam

Il fulcro della questione risiede nell’interpretazione dell’articolo 58 del CCNL 11.4.2006. Questa norma prevede che i docenti già incaricati di presidenza, una volta assunti nella qualifica dirigenziale, “conservano”, quale assegno ad personam, l’eventuale maggior trattamento economico percepito. I ricorrenti sostenevano che il diritto a tale assegno derivasse dall’aver svolto in passato la funzione dirigenziale e superato il relativo concorso, attribuendo al Ministero la colpa per l’interruzione del servizio dovuta ai tempi delle procedure.
Il Ministero, al contrario, riteneva che la norma fosse applicabile solo in caso di passaggio diretto e senza interruzioni dalla funzione di preside incaricato a quella di dirigente di ruolo.

L’Analisi della Cassazione sull’Assegno ad Personam

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo un’interpretazione chiara e rigorosa della norma contrattuale. Il termine chiave, secondo i giudici, è “conservano”. Questo verbo implica che, al momento del passaggio di ruolo, debba esistere un trattamento economico superiore in godimento, da poter appunto “conservare”.
Nel caso di specie, i ricorrenti, al momento della loro nomina a dirigenti, non percepivano più la retribuzione da presidi incaricati, essendo tornati al loro stipendio da docenti. Pertanto, non vi era alcun “maggior trattamento economico” da preservare. L’interruzione del servizio ha spezzato il nesso che avrebbe giustificato l’erogazione dell’assegno, la cui finalità non è premiare l’esperienza passata, ma evitare un peggioramento retributivo (reformatio in peius) contestuale al cambio di qualifica.

La Parità di Trattamento e la Contrattazione Collettiva

I ricorrenti avevano anche sollevato una presunta violazione del principio di parità di trattamento, sentendosi discriminati rispetto ai colleghi che avevano beneficiato dell’assegno. La Corte ha respinto anche questa argomentazione, ricordando che la contrattazione collettiva nel pubblico impiego ha l’autonomia di definire trattamenti retributivi differenziati in ragione di diversi percorsi professionali e formativi. La posizione di chi passa direttamente dalla funzione di incaricato a quella di ruolo non è identica a quella di chi subisce un’interruzione. Tale differenziazione, essendo prevista dalla contrattazione, è legittima e non costituisce una disparità di trattamento ingiustificata.

Le motivazioni

La motivazione centrale della Suprema Corte si fonda sull’interpretazione letterale e teleologica della clausola contrattuale. La ratio dell’art. 58 del CCNL è esplicitamente quella di garantire l’irriducibilità della retribuzione nel passaggio da una qualifica all’altra. Questo meccanismo di tutela, però, può operare solo se al momento del passaggio esiste effettivamente una retribuzione più elevata da proteggere. Poiché i docenti erano tornati al loro ruolo e alla relativa retribuzione, al momento dell’immissione in ruolo come dirigenti non stavano subendo alcuna diminuzione economica; anzi, stavano ottenendo un miglioramento. La Corte ha sottolineato che estendere l’applicazione della norma a situazioni di non continuità snaturerebbe la sua finalità, trasformandola da strumento di garanzia a premio per l’esperienza pregressa, un’intenzione non prevista dalle parti collettive.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto all’assegno ad personam per i neo-dirigenti scolastici è strettamente subordinato alla continuità della funzione dirigenziale fino al momento dell’immissione in ruolo. Un’interruzione, con il conseguente ritorno alla retribuzione da docente, fa venir meno il presupposto fondamentale per l’applicazione della norma, ovvero la necessità di “conservare” un trattamento economico superiore in atto. Questa ordinanza consolida un orientamento restrittivo e sottolinea l’importanza della situazione retributiva effettiva al momento del passaggio di qualifica per l’applicazione delle clausole di salvaguardia.

A quali condizioni spetta l’assegno ad personam a un docente che diventa dirigente scolastico?
Secondo la sentenza, l’assegno ad personam spetta a condizione che il docente, al momento del passaggio al ruolo dirigenziale, stia effettivamente svolgendo la funzione di preside incaricato e percependo il relativo trattamento economico superiore. L’assegno serve a “conservare” tale trattamento, impedendo una riduzione di stipendio.

Un’interruzione di servizio tra l’incarico di preside e l’assunzione come dirigente influisce sul diritto all’assegno ad personam?
Sì, in modo decisivo. La Corte ha stabilito che se il docente, dopo aver superato il concorso, torna a svolgere la mansione di insegnante (e a percepire il relativo stipendio) prima di essere immesso nel ruolo di dirigente, perde il diritto all’assegno. L’interruzione fa sì che al momento del passaggio di ruolo non vi sia un trattamento economico superiore da “conservare”.

La responsabilità dell’amministrazione per i ritardi nel concorso può giustificare il riconoscimento dell’assegno?
No. Secondo la Corte, un’eventuale responsabilità dell’amministrazione per i ritardi procedurali non può giustificare l’accoglimento di una domanda retributiva come quella per l’assegno ad personam. La norma contrattuale ha una finalità specifica che non si applica se le condizioni letterali, come la continuità del servizio, non sono soddisfatte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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