Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6914 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 6914 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14226/2019 proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tutti elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE ), in persona del Ministro pro tempore , domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALE Stato, dalla quale è difeso ex lege
– controricorrente –
Oggetto
Impiego pubblico. Passaggio da I.P.I. a RAGIONE_SOCIALE.I.S.E. Riconoscimento anzianità e quantificazione assegno personale.
R.G.N. 14226/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/1/2024
CC – Aula B
avverso la sentenza n. 3692/2018 della CORTE D ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 5/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/1/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME;
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma, pronunciando si sull’appello del RAGIONE_SOCIALE, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma, ha rigettato le domande degli attuali ricorrenti -già dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, transitati nei ruoli del RAGIONE_SOCIALE ai sensi del d.l. n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010 -volte ad ottenere l’accertamento del diritto alla conservazione dell’anzianità di servizio maturata nell’ente di provenienza e all’inclusione nell’assegno personale riassorbibile della quota del 50% del premio di produttività, dei versamenti effettuati dal datore di lavoro al RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE per le polizze malattia, nonché per i premi RAGIONE_SOCIALE polizze, morte e infortuni professionali ed extralavorativi;
2. per la RAGIONE_SOCIALEzione della sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso articolato in tre motivi; il RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE , si è difeso con controricorso; il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla
data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
il ricorso, con il primo motivo formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c. , dell’art. 31 d.lgs. n. 165/2001, dell’art. 7, comma 20, d.l. n. 78/2010, convertito in modificazioni dalla legge n. 122/2010, nonché violazione della Direttiva 2001/23/CE del 12.3.2001 ; inoltre, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., omesso esame di una circostanza che è stata oggetto di discussione tra le parti e cioè che il trattamento economico complessivamente percepito dai ricorrenti presso il soppresso I.P.I., prima del passaggio al RAGIONE_SOCIALE, era notevolmente superiore a quello attualmente in godimento;
il secondo motivo censura, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 48 del CCNL per il personale I.P.I. 2004 -2007, e, di nuovo, dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, dell’art. 2112 c.c., dell’art. 2120 c.c. e dell’art. 31 d.lgs. n. 165/2001;
con il terzo motivo si censura, ancora in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 50 del CCNL per il personale I.P.I. 20042007, e dell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, dell’art. 2112 c.c., dell’art. 2120 c.c. e dell’art. 31 d.lgs. n. 165/2001;
4. il primo motivo è inammissibile, perché -riguardando il mancato riconoscimento dell’anzianità di servizio, a prescindere dai suoi contenuti economici (che, come osservato dalla Corte territoriale, sono tutelati dal meccanismo dell’assegno ad personam ) -è in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che, quanto all’anzianità di servizio , ha osservato che, anche nei casi di applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 (non invocabile nella fattispecie perché prevale la lex specialis contenuta nell’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010 ) e di trasferimento di azienda, la stessa non costituisce un diritto che il lavoratore possa fare valere nei confronti del nuovo datore di lavoro, dovendo essere salvaguardata in modo assoluto solo ove ad essa si correlino benefici economici ed il suo mancato riconoscimento comporti un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito;
l ‘ anzianità pregressa, invece, non può essere fatta valere per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario, né può essere opposta al nuovo datore di lavoro per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l ‘ ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della cessione del contratto, non RAGIONE_SOCIALE mere aspettative (cfr. Cass. n. 641/2022 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
il secondo motivo è volto a contestare la mancata inclusione nel computo del l’assegno ad personam della
quota del premio di produttività (50%) di cui l’invocato art. 48 del CCNL per il personale I.P.I. 2004-2007 prevede il pagamento in funzione dei giorni di effettiva presenza in servizio;
6. analogamente, il terzo motivo contesta la decisione assunta dalla Corte d’Appello sulla mancata inclusione nell’assegno ad personam dell’equivalente monetario dei versamenti al RAGIONE_SOCIALE, dei premi per polizze infortuni, malattia e morte, previsti dall’art. 50 del CCN L per il personale I.P.I. 20042007;
7. anche questi motivi, da esaminare congiuntamente per la stretta connessione logica, sono inammissibili, in quanto -al netto dei pleonastici riferimenti alle norme di legge -nella sostanza denunciano la violazione diretta della contrattazione aziendale, mentre è principio consolidato che nel giudizio di RAGIONE_SOCIALEzione la denuncia ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. è circoscritta ai soli contratti collettivi nazionali (equiparati quanto al regime processuale alle norme di diritto) mentre per la contrattazione aziendale nonché, nell’impiego pubblico contrattualizzato, per la contrattazione integrativa decentrata (essendo tale anche quella stipulata da una singola amministrazione con uffici dislocati sull’intero territorio nazionale), il sindacato di legittimità può essere esercitato soltanto con riguardo ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, nei limiti della disciplina processuale ratione temporis applicabile, oppure -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione RAGIONE_SOCIALE
norme contenute negli artt. 1362 e segg. c.c., a condizione, per detta ipotesi, che i motivi di ricorso non si limitino a contrapporre una diversa interpretazione rispetto a quella del provvedimento gravato, ma individuino i canoni interpretativi violati e le ragioni in iure di detta violazione;
nel caso di specie, i due motivi non fanno alcun cenno alle disposizioni del codice civile sull’interpretazione dei contratti e ai relativi canoni di ermeneutica contrattuale, sicché sollecitano inammissibilmente una diversa interpretazione del contratto collettivo aziendale per il personale I.P.I. da parte della Corte di Cassazione (sui limiti di sindacabilità in RAGIONE_SOCIALEzione della contrattazione decentrata, v., ex multis , Cass. nn. 5565/2004; 20599/2006; 28859/2008; 6748/2010; 15934/2013; 4921/2016; 16705/2018; 33312/2018; 20917/2019; 7568/2020; 25626/2020; 32697/2022; 3367/2023; 8906/2023; 30282/2023; 36211/2023);
8. si deve aggiungere che la sentenza impugnata è conforme all’orientamento già espresso da questa Corte nelle motivazioni di numerose pronunce relative alle medesime questioni di diritto, con le quali si è osservato che, seppure al momento della soppressione l’I.P.I. avesse già acquisito la personalità di diritto pubblico (per le ragioni indicate da Cass. nn. 28409/2020, 28624/2020, 40399/2021), nondimeno al fenomeno successorio che viene in rilievo non è applicabile l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001, bensì l’art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, che costituisce norma speciale, e che garantisce la sola
conservazione del trattamento retributivo fondamentale e di quello accessorio, se caratterizzato da fissità e continuità;
si è scritto, in particolare, che la disposizione richiama una distinzione tipica dell’impiego pubblico contrattualizzato (art. 45 d.lgs. n. 165/2001), nel cui ambito il trattamento fondamentale è quello diretto a retribuire la prestazione base del dipendente, ossia la prestazione corrispondente all’orario ordinario di lavoro ed alla professionalità media della qualifica rivestita, mentre quello accessorio si pone in nesso di corrispettività con la performance individuale, con quella organizzativa e con lo svolgimento di attività «particolarmente disagiate, ovvero pericolose o dannose per la salute» (art. 45, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001 nel testo applicabile ratione temporis );
la distinzione fra le componenti non riposa sui requisiti di fissità e continuità, in quanto gli stessi, connaturati al trattamento fondamentale, possono ricorrere anche per quelle voci del trattamento accessorio che siano correlate non al conseguimento di specifici obiettivi, bensì al profilo professionale o alle peculiarità dell’ammin istrazione di appartenenza;
se ne è tratta la conseguenza che in tutte quelle fattispecie nelle quali venga in rilievo il principio della irriducibilità della retribuzione è necessario accertare se la voce che il dipendente rivendica in relazione al divieto di reformatio in peius , abbia carattere retributivo e sia certa nell’ an e nel quantum ;
in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese legali relative al giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo;
10. ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dai ricorrenti;
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di RAGIONE_SOCIALEzione, liquidate in € 4.500 per compensi, oltre al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. n. 115/2002, art. 13, comma 1 -quater , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/1/2024.