Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14486 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14486 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11503/2021 proposto da:
GRAZIELLA COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME (EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
(NOMEEMAIL);
– controricorrente –
e
COMUNE DI GIARRE;
-intimato –
avverso la sentenza n. 1745/2020 della CORTE D’APPELLO DI RAGIONE_SOCIALE, depositata il 29/10/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/4/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 29/10/2020, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, pronunciando in sede di rinvio a seguito di cassazione in sede di legittimità (ordinanza n. 18666 dell’11 luglio 2019), ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il Comune di Giarre le aveva ordinato il rilascio di un immobile facente parte di un complesso costruttivo di edilizia residenziale pubblica della stessa abusivamente occupato;
con la stessa decisione, la corte territoriale ha confermato la decisione con la quale il primo giudice ha disatteso la domanda proposta dalla COGNOME vòlta al conseguimento dell’assegnazione in locazione dell’alloggio occupato, in considerazione della mancata dimostrazione, da parte dell’interessata, del possesso dei requisiti a tal fine previsti dalla legge;
avverso la sentenza del giudice del rinvio, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
il Comune RAGIONE_SOCIALE Giarre non ha svolto difese in questa sede;
considerato che,
dev ‘ essere preliminarmente rilevata l’insussistenza di alcuna forma di incompatibilità a carico della AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME, presidente dell’odierno collegio giudicante e già componente del collegio che ha emesso l’ordinanza n. 18666 dell’11 luglio 2019 con la quale la Corte
di cassazione ha disposto il rinvio della causa alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE autrice della sentenza impugnata in questa sede;
al riguardo, è appena il caso di richiamare l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, qualora una sentenza pronunciata dal giudice di rinvio formi oggetto di un nuovo ricorso per cassazione, il collegio può essere composto anche con magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, ciò non determinando alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice (Sez. U, sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627789 -01; Sez. 3, ordinanza n. 1542 del 25/01/2021, Rv. 660462 – 01);
sempre in via preliminare, devono essere disattese le eccezioni sollevate dallo RAGIONE_SOCIALE con il proprio controricorso, non avendo quest’ultim o adeguatamente assolto ai propri oneri di allegazione imposti dall’art. 366 n. 6 c.p.c. con riguardo al contenuto degli atti processuali in ipotesi attestanti il proprio difetto di legittimazione passiva per mancata riproposizione, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., delle domande avanzate nei propri confronti, né risultando in concreto la contestata genericità o incompletezza dei motivi di ricorso, asseritamente rilevanti ai sensi degli artt. 366, 380bis e 360bis c.p.c.;
nel merito del ricorso, con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per errata interpretazione e applicazione della legge regionale Sicilia n. 11/2002 e della successiva normativa prevista dalla legge regionale Sicilia n. 8/2018 di proroga dei termini di cui alla precedente legge regionale Sicilia, applicazione retroattiva dello ius superveniens e violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che l’applicazione della legge regionale Sicilia n. 8/2018 fosse valsa a determinare l’inammissibile proposizione, da
parte della COGNOME, di una domanda nuova in appello in violazione dell’art. 345 c.p.c., là dove, al contrario, con tale legge sopravvenuta (art. 63 della legge reg. Sicilia n. 8/2018) la Regione Sicilia ha unicamente disposto la proroga dei termini previsti dalla precedente normativa (di cui alla legge regionale Sicilia n. 11/2002 invocata sin dall’introduzione del giudizio di primo grado) per il censimento degli occupanti di fatto degli alloggi di edilizia residenziale pubblica alla data del 31/12/2001 (al fine di legittimarne la pretesa all’assegnazione in locazione dell’alloggio occupato, in presenza dei requisiti previsti), conferendo rilevanza, a tal fine, a tutti gli occupanti di fatto alla data del 31/12/2017, con la conseguente piena applicabilità retroattiva di tale norma;
con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c. in relazione all’art. 63 della legge regionale Sicilia n. 8/2018 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che la normativa di cui alla legge regionale Sicilia n. 8/2018 non potesse essere richiamata a fondamento della domanda originariamente posta dall’odierna istante, attesa l’impossibilità di proporre domande nuove nel giudizio di rinvio, in violazione dell’art. 394 c.p.c., là dove, al contrario, secondo la ricorrente, tale legge regionale si era unicamente limitata a prorogare i termini della sanatoria per la regolarizzazione della posizione degli occupanti sine titulo degli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
entrambi i motivi -congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione -sono infondati;
osserva il Collegio come, secondo l’art. 63 della legge regionale Sicilia n. 8/2018, ‘ le disposizioni previste dai commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo 1 della legge regionale 9 agosto 2002, n. 11 si applicano a
tutti i detentori senza titolo di alloggi di edilizia economica e popolare alla data del 31 dicembre 2017′ ;
a lora volta, le disposizioni previste dai commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo 1 della legge regionale 9 agosto 2002, n. 11 prevedono che:
‘1. I comuni e gli istituti RAGIONE_SOCIALE, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, integrano i dati del censimento effettuato ai sensi dell’Art. 2 della legge regionale 5 febbraio 1992, n. 1 e dell’Art. 6 della legge regionale 9 dicembre 1996, n. 47, censendo, attraverso avviso pubblico, anche i soggetti che alla data del 31 dicembre 2001 avevano in godimento di fatto alloggi di edilizia sovvenzionata, realizzati o acquistati con finanziamenti regionali o con assegnazione di fondi dello Stato alla Regione o al comune, sempre che si tratti di alloggi per cui manchi un provvedimento di assegnazione o ai quali gli assegnatari abbiano esplicitamente rinunciato.
‘ 2. A seguito della individuazione dei soggetti occupanti alla data del 31 dicembre 2001 alloggi di edilizia economica e popolare il comune o l’ente gestore provvede, ai sensi dell’Art. 2 della legge regionale 5 febbraio 1992, n. 1, all’assegnazione degli alloggi a coloro che li detengono in via di fatto, e che risultino in possesso dei requisiti per l’assegnazione degli stessi, ed alla stipula del relativo contratto.
‘ 3. La predetta assegnazione in locazione dell’alloggio è disposta da parte dell’ente gestore nei confronti dei soggetti di cui al comma 2 che presentino, entro tre mesi dalla data di ricezione di specifica comunicazione da parte dell’ente gestore, apposita domanda.
‘ L’assegnazione è subordinata alle seguenti condizioni:
che l’occupante sia in possesso dei requisiti previsti dall’Art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 e successive modificazioni;
b) che l’occupazione non abbia sottratto il godimento dell’alloggio ad assegnatario già in possesso di decreto di assegnazione in relazione a graduatoria approvata e pubblicata a norma di legge;
che l’ente gestore recuperi tutti i canoni e le spese accessorie dovuti a decorrere dalla data iniziale di occupazione;
che l’occupante rilasci le parti comuni del fabbricato, nonché gli ambienti o le superfici non rientranti nell’originaria consistenza dell’alloggio e le sue pertinenze eventualmente occupate.
‘ 4. L’ente gestore può consentire rateizzazioni, anche mensili, dei canoni pregressi, della durata complessiva non superiore a 10 anni, applicando gli interessi nella misura del tasso legale.
‘ 5. Sono fatti salvi gli effetti proAVV_NOTAIOi dalle assegnazioni cartolari effettuate dai comuni entro il 31 dicembre 2001′ ;
in assenza di alcuna disposizione di diritto transitorio, deve trovare applicazione il principio generale in forza del quale il rapporto giuridico dev’essere regolato dalla norma in vigore all’atto della sua costituzione;
nel caso in esame, l’odierna ricorrente rivendicò il proprio diritto alla costituzione del rapporto di locazione con il Comune di Giarre in epoca largamente anteriore all’entrata in vigore della legge n. 8/2018 e, conseguentemente, non può pretendere l’applicazione di tale disciplina sostanziale senza giustificarne l’applicabilità retroattiva in deroga al principio generale della irretroattività delle leggi;
è appena il caso di sottolineare come la legge in esame non abbia affatto determinato una ‘proroga di termini’ (come preteso dalla ricorrente), essendo stata piuttosto destinata ad attribuire (con efficacia a far data dalla propria entrata in vigore) una specifica legittimazione sostanziale a richiedere l’assegnazione in locazione in favore di coloro i quali occupavano di fatto, alla data del 31/12/2017, un alloggio di edilizia residenziale pubblica;
nella specie, il rapporto giuridico sulla base del quale è stata proposta l’originaria domanda della COGNOME risultava regolato dalla legge n. 11/2002 che disponeva la legittimazione a richiedere l’assegnazione in locazione dell’alloggio occupato agli occupanti di fatto alla data del 31/12/2001: i giudici del merito hanno riscontrato l’assenza, in capo all’odierna ricorrente, del requisito dell’occupazione di fatto alla data del 31/12/2001, non solo per non averne la ricorrente fornito la prova, ma anche perché tali alloggi furono ultimati e assegnati solo successivamente, nonché per non avere la COGNOME mai dimostrato di aver pagato tutti i canoni e le spese accessorie dovuti a decorrere dalla data iniziale della presunta occupazione, come previsto dal comma 3, lettera c), dell’art. 1 della L. R. 11/2002 (‘che l’ente gestore recuperi tutti i canoni e le spese accessorie dovuti a decorrere dalla data iniziale di occupazione’) ;
peraltro, l’eventuale sanabilità di tale ultima morosità, essendo consentita solo a coloro che avevano comprovato di aver comunque occupato di fatto gli immobili di edilizia residenziale pubblica, non avrebbe potuto essere riconosciuta in favore dell’odierna ricorrente, non avendo la stessa adeguatamente comprovato tale occupazione di fatto, a tal fine non essendo sufficiente la sua dichiarazione unilaterale con atto di notorietà;
tanto è sufficiente a far ritenere del tutto legittima l’intimazione manifestata dal Comune RAGIONE_SOCIALE Giarre al fine di tornare in possesso dell’immobile e del tutto priva di fondamento la domanda allora proposta dalla COGNOME per l’ottenimento dell’assegnazione dell’alloggio ;
pienamente corretta, di conseguenza, deve ritenersi la decisione del giudice del rinvio nella parte in cui ha ritenuto che la domanda di applicazione della legge regionale Sicilia n. 8/2018 valesse a fondare la proposizione di una domanda nuova, inammissibile in tale sede;
con il terzo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge regionale Sicilia n. 11/2002 e dell’art. 63 della legge regionale Sicilia n. 8/2018, nonché della circolare dell’RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE Sicilia richiamata in ricorso (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere il giudice a quo illegittimamente omesso di tener conto del valore probatorio della dichiarazione sostitutiva per atto notorio con la quale l’odierna istante aveva attestato la propria condizione di occupante di fatto dell’alloggio rivendicato in assegnazione alla data del 31/12/2001, nonché per aver omesso di riconoscere la propria legittimazione a rivendicare l’assegnazione in epoca successiva in considerazione dell’attestata occupazione di fatto dell’immobile alla data prorogata al 31/12/2017 dall’art. 63 della legge regionale Sicilia n. 8/2018;
il motivo è infondato;
fermo il vigore delle argomentazioni illustrate con riguardo alla decisione dei primi due motivi di ricorso (segnatamente in relazione al difetto di legittimazione dell’odierna ricorrente alla rivendicazione dell’assegnazione per occupazione di fatto in epoca successiva al 31/12/2001), osserva il Collegio come la pretesa dell’odierna ricorrente volta al riconoscimento del carattere asseritamente vincolante della valutazione probatoria riferibile alla propria dichiarazione sostitutiva per atto notorio (sulla base della circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE evocato in ricorso) si ponga in irriducibile contrasto con il principio del libero convincimento del giudice, destinato a essere formato sulla base di un’ autonoma valutazione delle prove non legali;
sul punto, è appena il caso di rimarcare come, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di prova civile, la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà non può costituire, nel giudizio in cui è proAVV_NOTAIOa, prova della verità del suo contenuto, ma solo un indizio, valutabile dal giudice in relazione agli
altri elementi acquisiti (Sez. 1, sentenza n. 11223 del 21/05/2014, Rv. 631253 – 01);
nessun valido fondamento, conseguentemente, può essere riconosciuto a sostegno dell’odierna censura della ricorrente, rimanendo ferma la mancata dimostrazione, da parte di quest’ultima , del possesso dei requisiti per l’ottenimento dell’assegnazione in locazione dell’alloggio alla data del 31/12/2001, e dovendo infine confermarsi l’impossibilità di pretendere, da parte della stessa, un’applicazione retroattiva della sopravvenuta legge della RAGIONE_SOCIALE Sicilia n. 8/2018;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.900,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione