Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30856 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 30856 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20498/2018 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
c
ontroricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2060/2018 depositata il 27/04/2018.
Udita la relazione svolta nell ‘udienza pubblica del 09/05/2024 dal Consigliere COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento de l ricorso;
udito l’a vv.to NOME COGNOMEcon delega orale dell’Avv.to NOME COGNOME, per parte controricorrente.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, condomini dello stabile di INDIRIZZO a Milano, convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, COGNOME NOME per chiedere l’accertamento dell’illegittimità dell’intervento edilizio effettuato dalla convenuta, consistito nel recupero, a fini abitativi, del sottotetto di sua proprietà, attraverso il taglio del tetto e la costruzione in sopraelevazione di un manufatto.
Gli attori lamentarono che l’intervento edilizio era stato effettuato in violazione dell’art. 5, lett. c) del regolamento condominiale, nonchè degli artt. 1130 c.c. e 1127 c.c., e ne chiesero la riduzione in pristino, rilevando che il manufatto era stato effettuato nonostante l’espresso diniego dell’assemblea condominiale dell’1.7.2008.
1.1. Si costituì NOME COGNOME ed eccepì l’inopponibilità, nei suoi confronti, delle previsioni del regolamento condominiale in quanto non espressamente menzionato nel decreto di trasferimento della proprietà avvenuto in sede fallimentare e, sotto altro profilo, dell’assenza di lesione del decoro e/o dell’aspetto architettonico, rilevando che i lavori avevano ricevuto le autorizzazioni in sede amministrativa, comprensiva dell’autorizzazione da parte della Soprintendenza dei Beni Culturali.
1.2. Il Tribunale di Milano, disposta CTU, accolse la domanda ed accertò l’illegittimità dell’intervento edilizio, sia sotto il profilo della violazione del decoro e/o aspetto architettonico, sia sotto il profilo della violazione dell’art.5, lett. c) del Regolamento Condominiale, avente natura contrattuale, che era stato richiamato nel decreto di trasferimento.
1.3. La Corte d’appello di Milano, disposta la rinnovazione della CTU, con sentenza n. 2060/2018 del 27.4.2018, in accoglimento dell’appello di NOME COGNOME rigettò la domanda.
La Corte di merito rilevò che il primo giudice aveva erroneamente ritenuto che l’intervento di sopraelevazione effettuato dalla convenuta avesse riguardato il tetto dell’intero stabile mentre, invece, la falda del tetto su cui aveva effettuato la sopraelevazione riguardava solo la facciata che si affacciava su INDIRIZZO.
L’edificio in questione si componeva, infatti, di un corpo di fabbrica di nove piani fuori terra in corrispondenza dell’angolo tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, di un corpo di fabbrica di cinque piani fuori terra che si affacciava sulla INDIRIZZO e di un altro corpo di fabbrica di sette piani fuori terra prospicente INDIRIZZO. La riduzione dell’altezza dei due corpi di fabbrica rispetto alla costruzione ad angolo aveva lo scopo di rispettare il vincolo di rispetto alla INDIRIZZO del Casoretto ed agli edifici storici circostanti.
La Corte d’appello disattese le conclusioni del CTU nominato in grado d’appello, il quale aveva concluso nel senso che il nuovo volume realizzato da NOME COGNOME pregiudicasse l’aspetto architettonico dell’edificio in quanto, quale corpo autonomo, non trovava alcun rapporto di dialogo con le parti esistente dell’edificio condominiale; la sopraelevazione risultava spezzata ed asimmetrica rispetto alla facciata prospiciente INDIRIZZO e slegata dal contesto
architettonico originario. Secondo il perito, la sopraelevazione, costituita da un manufatto rialzato sopra la falda del tetto, sormontato da un comignolo rappresentavano una stonatura, offriva all’osservatore una vista tutt’altro che armonica.
La Corte di merito andò di contrario avviso e ritenne che il giudizio relativo all’impatto sulla sopraelevazione dovesse essere condotto non tenendo conto delle regole compositive dell’edificio condominiale nel suo complesso ma con riferimento alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile.
Secondo la Corte distrettuale, il Tribunale aveva errato nell’affermare che il tetto dell’edificio era costituito da un’unica falda mentre, considerate le diverse altezze dell’edificio, il tetto non poteva che essere a più falde e il manufatto della Doci aveva, pertanto, interrotto solo la falda del tetto che si affacciava sulla INDIRIZZO.
Dopo aver messo in luce gli interventi degli altri condomini che avevano interessato la facciata, la Corte di merito non aderì alle conclusioni del CTU perché esprimeva un personale giudizio squisitamente architettonico, che non teneva conto della tipologia e del contesto cui detto edificio apparteneva. Secondo la Corte d’appello, il manufatto realizzato dalla convenuta poteva considerarsi come un corpo autonomo solo avendo riguardo alla facciata centrale prospiciente INDIRIZZO in quanto il manufatto non era visibile da INDIRIZZO; in ogni caso, il manufatto realizzato dalla COGNOME non costituiva un elemento di disturbo nemmeno considerando come punti di osservazione INDIRIZZO o INDIRIZZO tenendo conto dell’autonomia della parte più bassa dell’edificio delle modifiche ad esso apportate prima delle opere effettuate dalla convenuta, che costituivano delle stonature rispetto all’originario aspetto dell’edificio (si trattava della chiusura di alcune logge, dell’applicazione di
vetroresina ondulata su un terrazzo e della chiusura di una griglia verde scuro).
La Corte esaminò quindi l’ulteriore profilo della violazione dell’art. 5, lettera c) del regolamento condominiale, il quale vietava di fare varianti all’immobile che potessero pregiudicare la simmetria, l’estetica, la solidità e la sicurezza, senza l’autorizzazione dell’assemblea.
La Corte di merito ritenne che per opporre una limitazione derivante dal regolamento condominiale, occorreva che tale limitazione, e non solo il regolamento, fosse espressamente menzionata nell’atto di acquisto con l’indicazione della specifica clausola, sicchè era irrilevante la conoscenza effettiva derivante dal comportamento processuale di NOME COGNOME in altri giudizi ove aveva invocato il contenuto del regolamento condominiale.
Nel caso di specie, il decreto di trasferimento da parte del Tribunale fallimentare si limitava ad un generico richiamo all’atto per notar NOMECOGNOME che, a sua volta richiamava il regolamento condominiale e non la specifica clausola prevista dall’art. 5, lett. c), né tale clausola era opponibile a NOME COGNOME perchè non espressamente riportata nella nota di trascrizione.
COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano sulla base di sei motivi.
2.1. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
2.2. Il Sostituto Procuratore Generale in persona della dott.ssa NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
2.3. In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1127 c.c. e dell’art. 1120 c.c., oltre al vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso che vi fosse una lesione dell’aspetto architettonico dell’edificio condominiale sol perché la sopraelevazione era visibile solo da alcune angolature dell’edificio. Tale affermazione sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che, anche in relazione all’aspetto architettonico, richiederebbe una verifica della conformità dell’opera alle direttive architettoniche impresse dal progettista. Tale indagine avrebbe dovuto riguardare sia la facciata principale che quella secondaria, che rappresenterebbero l’immagine dell’edificio ovvero la sua sagoma esterna. La Corte di merito non avrebbe considerato che, nel caso in cui un edificio investa un intero isolato con facciate che danno su tre strade, sussiste la violazione dell’aspetto architettonico anche se il manufatto sia visibile solo da un angolo visuale e non da tutti.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 113, 115, e 116 c.p.c., oltre all’omessa e contraddittoria motivazione in ordine alle risultanze delle CTU svolte nei gradi di merito, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., che, concordemente, avrebbero ravvisato la lesione dell’aspetto architettonico. In particolare, la CTU svolta in primo grado aveva sottolineato il contrasto della sopraelevazione con l’identità stilistica dell’edificio e la CTU svolta in grado d’appello aveva, altresì, affermato l’assenza di dialogo del manufatto con i volumi dell’edificio esistente. La Corte d’appello avrebbe erroneamente disatteso le conclusioni del CTU nominato in primo grado sull’erroneo presupposto che l’indagine avrebbe riguardato solo la facciata su cui insisteva la sopraelevazione e non l’intero edificio, mentre il perito avrebbe
considerato l’edificio nel suo complesso; quanto alla CTU svolta in grado d’appello, la Corte di merito si sarebbe limitata a dissentire dalle conclusioni con motivazione apodittica, ritenendo che il giudizio del CTU fosse ‘squisitamente architettonico’, risolvendosi in un mero ‘parere estetico’. In realtà, considerato che la consulenza tecnica aveva natura percipiente, la Corte di merito avrebbe potuto discostarsene solo attraverso adeguata motivazione.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
La questione di diritto posta all’attenzione della Corte riguarda la nozione di aspetto architettonico con riguardo agli edifici condominiali aventi una struttura complessa, articolata in diversi piani e facciate ma espressione di un unico progetto.
4.1. L’art. 1127 c.c. prevede il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano, salvo che diversamente risulti dal titolo, ma i condomini possono opporsi alla sopraelevazione se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono, se la sopraelevazione lede l’aspetto architettonico dell’edificio stesso oppure comporti una notevole diminuzione di aria e luce per i piani sottostanti.
4.2. L’aspetto architettonico, quale limite alla sopraelevazione, prevede una nozione diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dagli artt. 1120, comma 4 c.c., 1122, comma 1 e 1122 bis c.c.
Come noto, per decoro architettonico si intende l’estetica conferita allo stabile dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante, atta ad imprimere alle varie parti dell’edificio, nonché all’edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata armonica fisionomia e specifica identità, visibile ed apprezzabile dall’esterno (Cass., Sez. II, 16 gennaio 2007 n. 851);
esso va valutato con riferimento alle caratteristiche proprie dell’edificio, individualmente considerato e non con riferimento all’ambiente nel quale esso si trova (Cass, Sez. Un., 28 giugno 1975 n. 2552).
Concetto diverso è, invece, quello di aspetto architettonico, ex art. 1127 c.c., che opera come limite alla facoltà di sopraelevare e che si identifica come la caratteristica principale insita nello stile architettonico dell’edificio ( ex multis, Cass. civ., sez. II, 22 gennaio 2014 n. 1025), destinata a deteriorarsi, secondo l”occhio’ di qualunque osservatore, in caso di adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente (Cass., Sez. II, 22 gennaio 2023 n.17920; Cass., Sez. II, 12 settembre 2003 n. 13426)
4.3. Il pregiudizio all’aspetto architettonico, che ai sensi del terzo comma dell’art. 1127 c.c. consente l’opposizione dei condomini, consiste in un’incidenza di particolare rilievo della nuova opera sullo stile architettonico dell’edificio, che, essendo immediatamente apprezzabile ictu oculi ad un’osservazione operata in condizioni obiettive e soggettive di normalità da parte di persone di media preparazione, si traduce in una diminuzione del pregio estetico e quindi economico del fabbricato.
4.4. Le due nozioni, tuttavia, lungi dall’esser tra loro indipendenti, sono legate da un vincolo di complementarità, nel senso che esse non possono prescindere l’una dall’altra, sicché anche l’intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato, senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente, sì da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterarne le linee impresse dal progettista (Cass., Sez. VI -2, 23/07/2020 n. 15675; Cass., Sez. VI-2, 25/08/2016 n.17350; Cass., sez. II, 24 aprile 2013 n. 10048).
Mentre la lesione del decoro architettonico è ravvisabile in presenza di qualunque offesa all’estetica suscettibile di turbare l’armonia, la purezza o la bellezza delle linee architettoniche, la lesione dell’aspetto architettonico è integrata da una semplice stonatura rispetto allo stile architettonico dell’edificio.
4.5. Il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico dell’edificio va condotto esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale e verificando, altresì, l’esistenza di un danno economico valutabile.
4.6. Il pregiudizio estetico, per poter assurgere ad impedimento del diritto di sopraelevazione, deve incidere sulla valutazione del bene, determinandone una diminuzione.
4.7. La verifica sulla lesione dell’aspetto architettonico, secondo l’interpretazione della Suprema Corte, deve avvenire mediante un’indagine di fatto, demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità qualora tale verifica venga congruamente motivata (Cass., Sez. 6-2, 12/09/2018 n. 22156; Cass., Sez. 2, n. 23256 del 15/11/2016; Cass., Sez. 2, n. 10048 del 24/04/2013; Cass., Sez. 2, n. 2865 del 07/02/2008; Cass., Sez. 2, n. 1025 del 22/01/2004).
4.8. Perché rilevi la tutela dell’aspetto architettonico di un fabbricato, non occorre che l’edificio abbia un particolare pregio artistico, ma soltanto che questo sia dotato di una propria fisionomia, sicché la sopraelevazione realizzata induca in chi guardi una chiara sensazione di disarmonia; deve, pertanto, considerarsi illecita ogni alterazione produttiva di tale conseguenza, anche se la fisionomia dello stabile risulti già in parte lesa da altre preesistenti modifiche, salvo che lo stesso, per le modalità costruttive o le modificazioni apportate, si
presenti in uno stato di tale degrado complessivo da rendere ininfluente allo sguardo ogni ulteriore intervento (Cass., sez. II, 26/05/2021 n.14598; Cass., Sez. 2, 13/11/2020 n. 25790; Cass., Sez. 2, 19/06/2009 n. 14455; Cass., Sez. 2, 14/12/2005 n. 27551; Cass., Sez. 2, 30/08/2004 n. 17398).
A tali principi non si è uniformata la Corte d’appello di Milano.
La sentenza impugnata ha accertato che l’edificio condominiale era espressione dello stile ‘modernista’ dominante nell’edilizia residenziale milanese dalla ricostruzione post-bellica fino agli anni ottanta.
L’aspetto caratteristico dell’edificio era costituito dalla ‘tripartizione’ della facciata in quanto il tratto distintivo dello stile architettonico era costituito dall’eliminazione dell’unitarietà del muro di facciata e dall’articolazione delle diverse parti dell’edificio.
L’edificio in questione si componeva, infatti, di un corpo di fabbrica di nove piani fuori terra in corrispondenza dell’angolo tra INDIRIZZO e INDIRIZZO, di un corpo di fabbrica di cinque piani fuori terra che si affacciava sulla INDIRIZZO e di un altro corpo di fabbrica di sette piani fuori terra prospicente INDIRIZZO. La riduzione dell’altezza dei due corpi di fabbrica rispetto alla costruzione ad angolo aveva lo scopo precipuo di rispettare il vincolo rispetto alla Chiesa Santa Maria del Casoretto ed agli edifici storici circostanti.
Per l’edificazione dell’edificio condominiale era stato presentato un unico progetto, a riprova della volontà del progettista di imprimere uno stile all’intero complesso da realizzare.
6.1. L’intervento edilizio effettuato dalla convenuta era consistito nel recupero, a fini abitativi, del sottotetto di sua proprietà, attraverso il taglio del tetto e la costruzione in sopraelevazione di un manufatto
sormontato da un comignolo, con la creazione di una parete nella quale erano state inserite finestre e luci.
6.2. La Corte d’appello ha escluso che il manufatto arrecasse un pregiudizio all’aspetto architettonico dell’edificio considerando in modo autonomo le tre facciate, senza considerare l’identità stilistica dell’edificio, le cui linee architettoniche erano espressione di un’idea progettuale.
L’indagine della Corte d’appello è stata viziata dall’aver considerato l’impatto della sopraelevazione con riferimento alla parte dell’edificio su cui essa insisteva, considerata come entità autonoma, laddove è stato accertato che i tre volumi di cui si componeva il complesso condominiale erano tra loro integrati ed erano espressione di un ben preciso stile, quello ‘modernista’.
6.3. La Corte d’appello ha, inoltre, affermato che il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico andava condotto avendo esclusivo riguardo alle caratteristiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale, inteso come struttura dotata di un aspetto autonomo e non con riguardo al contesto architettonico dei fabbricati nel loro insieme, secondo lo stile impresso dal progettista.
L’errore di fondo del ragionamento della Corte d’appello ha, quindi, investito l’ulteriore aspetto della visibilità della sopraelevazione, essendo stato escluso il pregiudizio all’aspetto architettonico perché il manufatto non era visibile da INDIRIZZO
Si tratta di affermazione che consegue alla erronea scissione dell’unità del complesso in parti frazionate ed autonome, portando la Corte di merito a sostenere che se il manufatto in sopraelevazione lede l’aspetto architettonico di una parte dello stabile – nella specie la facciata prospiciente su INDIRIZZO – non può essere
considerato lesivo dell’art. 1127 c.c. se non sia visibile dagli altri lati dello stabile.
6.4. L’aspetto architettonico non va considerato solo con riferimento alla facciata principale del fabbricato; nella sagoma esterna e visibile dell’edificio rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile (Cass., sez. VI, 28/06/2017 n.16258 non massimata).
6.5. L’intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato nel suo complesso e la lesione dell’aspetto architettonico va ravvisata ove sussista una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne la originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore ed in relazione a qualsiasi angolo visuale.
6.6. Nonostante la peculiarità dell’edificio condominiale, composto da tre corpi di fabbrica aventi diverse altezze e volumi, il pregiudizio dell’aspetto architettonico doveva essere valutato indipendentemente dalla maggiore o minore visibilità della sopraelevazione dai diversi punti di osservazione (Cass., Sez. II, 12.6.2023 n.16518; Cass., Sez. II, 16.1.2007 n.851).
6.7. Sotto tale profilo, sebbene sia i periti nominati in primo grado e nel giudizio d’appello abbiano concluso nel senso che la costruzione effettuata della convenuta alterasse le linee impresse dal progettista e fosse avulso dall’originario contesto, la Corte d’appello, con motivazione apodittica, ha escluso la sussistenza del pregiudizio all’aspetto architettonico.
Il CTU nominato nel giudizio di primo grado aveva, infatti, ritenuto che la sopraelevazione costituisse ‘un manufatto del tutto autonomo ed avulso dalle linee originarie del fabbricato di INDIRIZZO
che ha modificato le linee di forma e simmetria complessiva dello stabile condominiale alterandone lo stato originario della copertura ‘. Ugualmente, il CTU nominato in grado d’appello aveva ritenuto che il nuovo volume realizzato da NOME COGNOME pregiudicasse l’aspetto architettonico dell’edificio in quanto, quale corpo autonomo, non trovava alcun rapporto di dialogo con le parti esistente dell’edificio condominiale; la sopraelevazione risultava spezzata ed asimmetrica rispetto alla facciata prospiciente INDIRIZZO e slegata dal contesto architettonico originario.
6.8. La Corte d’appello ha disatteso le conclusioni cui erano giunti entrambi i periti e, con riferimento alla consulenza svolta in grado d’appello, ha ritenuto che il consulente avesse espresso ‘un personale giudizio squisitamente architettonico’, senza tener conto della tipologia e del contesto cui detto edificio apparteneva.
6.9. Osserva il Collegio che al consulente era stato richiesto proprio l’accertamento della violazione dell’aspetto architettonico sotto il profilo della disomogeneità della sopraelevazione rispetto allo stile architettonico dell’edificio condominiale, sicchè la Corte d’appello era tenuta a motivare le ragioni per le quali si discostava dalle conclusioni del CTU, non essendo sufficiente, a tal fine che il manufatto non fosse visibile da tutte le possibili prospettive dell’osservatore.
Poiché i consulenti avevano accertato che l’intervento edificatorio in sopraelevazione non rispettava lo stile del fabbricato, arrecava una rilevante disarmonia al complesso preesistente, pregiudicava l’originaria fisionomia ed alterava le linee impresse dal progettista, la Corte d’appello poteva disattenderne le risultanze solo motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati e a quelli probatori
utilizzati per addivenire a diverse conclusioni (Cass., sez. III, 25/11/2021 n.36638; Cass., sez. VI-2, 23/07/2020 n.15675).
6.10. La Corte d’appello, oltre ad affermare erroneamente che il manufatto realizzato dalla convenuta poteva considerarsi come un corpo autonomo solo avendo riguardo alla facciata centrale prospiciente INDIRIZZO, ha ritenuto che esso non costituisse un elemento di disturbo nemmeno considerando come punti di osservazione INDIRIZZO o INDIRIZZO in considerazione delle modifiche peggiorative apportate dai condomini prima delle opere effettuate dalla convenuta, che costituivano delle stonature rispetto all’originario aspetto dell’edificio.
Si tratta di un ulteriore errore cui è incorsa la Corte d’appello, che si pone in contrasto con il principio affermato da questa Corte, secondo cui, ai fini della lesione dell’aspetto architettonico, non occorre che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale fisionomia sia stata già compromessa da precedenti interventi sull’immobile (Cass., Sez. II, 26.5.2021 n.14598; Cass., Sez. II, 13.11.2020 n. 25790; Cass., Sez. II, 19.6.2009 n. 14455).
Nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sul decoro architettonico, deve essere adottato un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all’unitarietà di linee e di stile originari, le menomazioni apportate da precedenti modifiche e l’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni.
Nel caso di specie, il CTU aveva ravvisato un intervento peggiorativo negli interventi realizzati da altri condomini, consistenti nella
chiusura di alcune logge, nell’applicazione di vetroresina ondulata su un terrazzo e nella chiusura di una griglia verde scuro, ma aveva ritenuto che si trattava di interventi peggiorativi di minor impatto sulla facciata rispetto alla sopraelevazione realizzato da NOME COGNOME che aveva inciso sul volume e sul carattere architettonico, sicchè, anche in relazione a tale aspetto la Corte d’appello avrebbe dovuto svolgere un giudizio volto ad adottare un criterio di reciproco temperamento le precedenti modifiche e l’alterazione prodotta dalla sopraelevazione oggetto di causa.
I restanti motivi, che denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1127 dell’art. 1120 e dell’art. 1362 c.c. (il terzo mezzo), degli artt. 1362 e ss c.c., degli artt. 1102, 1138 e 1106 c.c., oltre ad omessa motivazione (il quarto mezzo), degli artt. 1027 e ss, 1332, 1372, 2643, 2644, 2645, 2659, 2910, 2915 e 2919 c.c., oltre a vizio di motivazione (il quinto mezzo), degli artt. 832, 1027 e ss, 1058, 1332, 1372, 2643, 2644, 2645, 2659 c.c. (il sesto mezzo), rimangono assorbiti dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, in quanto con gli stessi i ricorrenti censurano la sentenza impugnata con riferimento all’applicabilità ed all’opponibilità alla controricorrente delle limitazioni contenute nell’art. 5, lettera c) del regolamento condominiale, che vietava di fare varianti all’immobile che potessero pregiudicare la simmetria, l’estetica, la solidità e la sicurezza, senza l’autorizzazione dell’assemblea.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
8.1. La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che si atterrà ai seguenti principi di diritto: ‘Qualora un edificio condominiale sia articolato in più corpi di fabbrica, con diversità di volumi e facciate, ma sia espressione di un’unica idea progettuale, la sopraelevazione
deve rispettare lo stile del fabbricato nel suo complesso e non deve alterare le linee impresse dal progettista, indipendentemente dalla maggiore o minore visibilità del manufatto o dalla assenza di visibilità in relazione ai possibili punti di osservazione rispetto all’edificio condominiale unitariamente considerato’.
‘Nel valutare l’impatto di un’opera modificativa sull’aspetto architettonico, deve essere adottato un criterio di reciproco temperamento tra le menomazioni allo stile del fabbricato apportate da precedenti modifiche e l’alterazione prodotta dall’opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un’attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni’.
Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione