Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30627 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
Oggetto: arricchimento senza giusta causa inesistenza unità organizzativa
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27056/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Suprema Corte di Cassazione;
-ricorrente principale –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Suprema Corte di Cassazione;
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE n. 24/2019 pubblicata il 30 maggio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha adito il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE e ha esposto che:
era dirigente medico, con specializzazione in geriatria nell’RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, una RAGIONE_SOCIALEe sette unità organizzative alle quali era stato affidato dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il progetto strategico di ricerca RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa durata di 24 mesi dal 16 agosto 2001;
nell’ambito di tale progetto erano stati realizzati il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, da lui diretti e coordinati, che avevano continuato a operare anche dopo la scadenza del progetto ex successive delibere del DG RAGIONE_SOCIALE;
la struttura aveva assunto le caratteristiche di una UOS a valenza dipartimentale;
aveva diritto al pagamento RAGIONE_SOCIALEa retribuzione di posizione.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 231/2016, ha rigettato il ricorso.
NOME COGNOME ha proposto appello che la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALEe parti, con sentenza n. 24/2019, ha accolto, limitatamente alla domanda subordinata di ingiustificato arricchimento relativamente agli anni dal 2010 al 2014, con condanna RAGIONE_SOCIALE‘azienda a pagare la somma di € 20.000,00.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso e ha presentato ricorso incidentale sulla base di un motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo parte ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 2041 e 2042 c.c. per contrasto con il principio
di sussidiarietà RAGIONE_SOCIALE‘azione di arricchimento senza giusta causa in quanto detta azione non avrebbe potuto essere esercitata perché il lavoratore ben avrebbe potuto chiedere la remunerazione RAGIONE_SOCIALEa sua attività lavorativa tramite un’azione ordinaria basata sulla contrattazione collettiva di settore. Peraltro, la domanda ex art. 2041 c.c. non avrebbe potuto essere accolta proprio perché la domanda principale sarebbe risultata infondata nel merito.
Con il secondo motivo l’RAGIONE_SOCIALE contesta la violazione degli artt. 2041 c.c., 24, comma 3, e 27 d.lgs. n. 165 del 2001 per contrasto con il principio di onnicomprensività RAGIONE_SOCIALEa retribuzione dirigenziale.
Con il terzo motivo parte ricorrente principale denuncia la violazione degli artt. 2041 e 2697 c.c. atteso che non sarebbero stati presenti i presupposti RAGIONE_SOCIALE‘arricchimento e del depauperamento e che, comunque, questi non sarebbero stati dimostrati.
Con il quarto motivo l’RAGIONE_SOCIALE evidenzia la mancanza di motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza in ordine alla ricorrenza dei presupposti e degli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALE‘azione di arricchimento senza giusta causa.
Le doglianze, che, stante la stretta connessione, possono essere decise congiuntamente, sono fondate.
Infatti, la S.C. ha chiarito che, ai fini del rispetto RAGIONE_SOCIALEa regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di ingiustificato arricchimento (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) è proponibile ove la diversa azione – sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale – si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico (Cass., SU, n. 33954 del 5 dicembre 2023).
Nella specie, la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE ha respinto, come pure il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, la domanda principale volta a ottenere, a titolo contrattuale, il pagamento RAGIONE_SOCIALEa retribuzione di posizione connessa allo svolgimento di funzioni dirigenziali di direzione dei Centri sopra citati e la prima richiesta subordinata finalizzata a conseguire il risarcimento del danno per responsabilità aquiliana per assenza dei relativi presupposti, soprattutto per mancanza di prova RAGIONE_SOCIALE‘istituzione di ‘UOC, UOS o UOS a valenza dipartimentale con riferimento al centro RAGIONE_SOCIALE‘.
Non è possibile, allora, per il dipendente agire per conseguire, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2041 c.c., un bene RAGIONE_SOCIALEa vita che già gli è stato negato con il rigetto, nel merito, RAGIONE_SOCIALEe azioni tipiche da lui esercitate in via preliminare in quanto non è riuscito a dimostrare la ricorrenza dei relativi presupposti.
Inoltre, occorre evidenziare che, non esistendo l’unità organizzativa con riferimento alla quale il lavoratore ha agito e non essendovi un diritto economico previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva nazionale sul quale fondare la pretesa de qua , trova applicazione, nel caso in esame, il principio di onnicomprensività RAGIONE_SOCIALEa retribuzione dei dirigenti medici.
RAGIONE_SOCIALE, al riguardo, ha affermato che, nel pubblico impiego privatizzato, in forza del principio di onnicomprensività del trattamento economico dirigenziale, sancito dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, al dirigente cui siano attribuiti incarichi che possano impegnarlo anche oltre l’orario normale stabilito dalla contrattazione collettiva non spetta alcuna ulteriore remunerazione a titolo di compenso per lavoro straordinario, salva la diversa previsione espressa RAGIONE_SOCIALEa stessa contrattazione collettiva (Cass., Sez. L, n. 32617 del 4 novembre 2022).
Ciò perché, nel pubblico impiego privatizzato, vige il principio di onnicomprensività RAGIONE_SOCIALEa retribuzione dirigenziale, in virtù del quale il trattamento economico remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo nonché qualsiasi
incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o su designazione RAGIONE_SOCIALEa stessa o che sia riconducibile a funzioni e poteri connessi all’ufficio ricoperto; ne consegue che per il lavoro straordinario – inteso quale prestazione eccedente gli orari stabiliti dalla contrattazione collettiva – non compete alcun compenso ulteriore, che è dovuto, invece, solo per particolari prestazioni aggiuntive specificamente previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva e come tali remunerate sulla base di appositi presupposti, tra cui rientrano, per la dirigenza RAGIONE_SOCIALE, gli incarichi liberoprofessionali ‘intramoenia’ ex art. 15 quinquies, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992 (Cass., Sez. L, n. 32264 del 10 dicembre 2019).
Infine, si osserva che, in effetti, dalla lettura RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata non emerge alcun riferimento alla dimostrazione, ad opera del dipendente, sul quale grava il relativo onere, del suo depauperamento e del correlato arricchimento RAGIONE_SOCIALE‘ente (Cass., Sez. 3, n. 11209 del 24 aprile 2019; Cass., Sez. 1, n. 20933 del 27 ottobre 2005), difettando ogni motivazione sul punto.
Il ricorso incidentale, con il quale è contestato l’omesso esame di un fatto storico che avrebbe inciso sulla corretta determinazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo spettante al lavoratore, è respinto, alla luce RAGIONE_SOCIALE‘accoglimento del ricorso principale e per le ragioni indicate nell’esame dei relativi motivi.
Il ricorso principale è accolto e quello incidentale è rigettato.
La sentenza impugnata è cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito ex art. 384, comma 2, c.p.c., con il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di arricchimento senza giusta causa del lavoratore.
Le spese dei gradi di merito sono compensate, in ragione degli esiti alterni degli stessi.
Le spese del giudizio di legittimità sono poste a carico del ricorrente incidentale ex art. 91 c.p.c. e liquidate come in dispositivo.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale;
cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di arricchimento senza giusta causa del dipendente;
compensa le spese dei gradi di merito e condanna il ricorrente incidentale a rifondere le spese di lite di legittimità, che liquida in complessivi € 4.000,00 per compensi professionali ed in € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
-attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa IV Sezione