Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21449 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21449 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13141/2022 R.G.
proposto da
COGNOME, rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME
– intimato – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Brescia n. 2898 dell ‘ 11/3/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/7/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME conveniva in giudizio NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Brescia, chiedendo la restituzione della somma di 45.000 Euro, da lui versata tramite tre assegni da 15.000 Euro ciascuno, oltre alla corresponsione di 7.000 Euro per danni subiti; sosteneva che gli
importi erano stati versati senza giusta causa e svolgeva, dunque, azione di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.;
–NOME COGNOME si costituiva in giudizio dichiarando di aver convissuto con l ‘ attore tra il 2011 e il 2013 e affermava che le somme ricevute costituivano una donazione di modico valore, una liberalità o, comunque, una donazione indiretta destinata all ‘ acquisto di un ‘ attività commerciale; in subordine, sosteneva che il versamento era stato eseguito in adempimento di un ‘ obbligazione naturale, in ragione della relazione sentimentale intercorsa;
-il Tribunale di Brescia, con la sentenza n. 2898 del 25 ottobre 2018, accoglieva parzialmente la domanda di COGNOME, condannando COGNOME alla restituzione della somma di 45.000 euro, oltre a interessi, e rigettando la domanda risarcitoria: il giudice di primo grado escludeva la riconducibilità dei versamenti a una donazione obnuziale (peraltro priva della forma prescritta) e riteneva insussistenti anche i presupposti per qualificare la dazione come donazione di modico valore, donazione indiretta o adempimento di obbligazione naturale;
–NOME COGNOME proponeva impugnazione e la Corte d ‘ appello di Brescia, con la sentenza n. 329 dell ‘ 11 marzo 2022, accoglieva solo in minima parte l ‘ appello; in particolare, compensava per un quinto le spese del primo grado e poneva la residua parte a carico di COGNOME, confermando nel resto la sentenza impugnata; regolava le spese del secondo grado compensandole parzialmente;
-avverso tale decisione, NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, basato su cinque motivi;
–NOME COGNOME non svolgeva difese nel giudizio di legittimità;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 10/7/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo si deduce «Errore in procedendo per violazione o falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 c.c. e degli oneri probatori correlati – motivi previsti dall ‘ art. 360 I comma n. 3 c.p.c.»;
-il motivo è infondato;
-la ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver adeguatamente considerato che l ‘ azione di arricchimento senza causa è residuale e che, al contrario, in sede stragiudiziale NOME COGNOME aveva preteso la restituzione della somma a titolo di mutuo; sostiene, poi, che sia stato invertito l ‘ onere della prova, poiché non spettava alla convenuta-appellante, bensì all ‘ attore-appellato il compito di provare che le somme versate durante avevano erano state date in base a un titolo che giustificava la loro restituzione;
-contrariamente a quanto sostenuto, la Corte territoriale ha fornito plurime argomentazioni a supporto della propria decisione;
-in primis , per escludere la rilevanza, ai fini dell ‘ ammissibilità dell ‘ azione ex art. 2041 c.c., della circostanza secondo cui in sede stragiudiziale RAGIONE_SOCIALE aveva individuato la fonte della sua pretesa in un ‘ obbligazione derivante da un contratto di mutuo, la Corte rileva che:
«tale prospettazione risulta solo indirettamente (e, in particolare, in una nota di riscontro a firma del difensore dell ‘ odierna appellante)»,
«nella corrispondenza allegata agli atti sono rinvenibili richieste di restituzione non riferite ad alcun titolo contrattuale»,
«assume rilievo la sua prospettazione e rappresentazione in sede processuale, così che l ‘ eventuale diversa qualificazione individuata in sede stragiudiziale è rilevante solo nella misura in cui si fondi su riscontri ed evidenze emersi (o desumibili) in corso di causa»,
«nella controversia in esame, né dalla ricostruzione dei fatti suggerita dalle parti, né dai documenti da esse prodotti, emerge alcun elemento che faccia riferimento ad un contratto di mutuo»,
«peraltro, è la stessa appellante ad escluderne l ‘ esistenza, di modo che non si comprende come possa, poi, eccepire che COGNOME avrebbe dovuto proporre una domanda basata su un presupposto da essa contestato e, anzi, ritenuto inesistente.»;
-con le molteplici rationes decidendi addotte dalla Corte territoriale non si confronta la ricorrente, che apoditticamente reitera le medesime argomentazioni già svolte in precedenza (e, come rilevato dal giudice d ‘ appello, persino contrastanti con le sue stesse tesi sulla natura e la finalità della dazione);
-non coglie la ratio decidendi il secondo profilo della censura, dato che la Corte d ‘ appello ha escluso espressamente la riconducibilità della dazione degli assegni a ciascuno dei vari titoli (indicati, peraltro, dall ‘ odierna ricorrente) che avrebbero potuto escludere la causa debendi , sicché non è vero che è stato invertito l ‘ onere probatorio, ma, anzi, dal complesso della decisione si evince che è stata ritenuta accertata l ‘ assenza di una causa del trasferimento di denaro;
-col secondo motivo si deduce «Nullità della sentenza o del procedimento e per omissione di pronuncia sulla eccezione di violazione degli artt. 112 e/o 113 c.p.c. per il motivo previsto dall ‘ art. 360 I comma n. 4 c.p.c.»;
-si afferma che «La configurazione della donazione obnuziale, così come riconosciuta dai giudici di merito, comporta un errore di ultrapetizione ex art. 112 c.p.c. e/o una violazione del principio di legalità ex art. 113 c.p.c.»;
-il motivo è infondato;
-premesso che «Il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda o delle eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili, anche in
difformità rispetto alle indicazioni delle parti, incorrendo nella violazione del divieto di ultrapetizione soltanto ove sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio dalle parti» (Cass. Sez. 2, 21/02/2019, n. 5153, Rv. 652704-01), è la stessa ricorrente a riconoscere che «l ‘ appellante, durante la ricostruzione dei fatti esposta nella comparsa di costituzione del primo grado ha richiamato quale causa della donazione l ‘ imminente matrimonio. All ‘ uopo la Corte richiama dei passaggi di pagg. 4-5 della comparsa di costituzione di I grado»;
-perciò, proprio in base alle circostanze dedotte dalla Pervunina è stata ipotizzata una qualificazione che, tuttavia, non poteva avallare la tesi dell ‘ appellante, attesa la mancanza della forma prescritta per una donazione;
-col terzo motivo si deduce «Errore in procedendo per violazione e/o falsa applicazione dell ‘ istituto giuridico della donazione obnuziale ex art. 785 c.c. per il motivo previsto dall ‘ art. 360 I co n. 3 c.p.c.»;
-si censura la decisione impugnata per aver ritenuto indispensabile la forma solenne anche per la donazione obnuziale, da qualificarsi come donazione indiretta;
-il motivo è inammissibile, se non perché è la stessa COGNOME ad escludere la riconducibilità della dazione ad una donazione obnuziale, comunque perché il motivo non rispetta i requisiti di contenuto-forma dell ‘ art. 366 c.p.c., dato che non è in alcun modo illustrato se, quando e come la predetta questione sia stata sottoposta nei gradi di merito e, in particolare, con l ‘ atto d ‘ appello;
-col quarto motivo si deduce «Errore in procedendo per violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto con cui si esclude la regolamentazione dei rapporti tra le parti nell ‘ ambito dell ‘ istituto giuridico della donazione indiretta e sull ‘ assolvimento della prova in
merito al riconoscimento di tale istituto per il motivo previsto dall ‘ art. 360 I co n. 4 c.p.c.»;
-oltre che per quanto già esposto in relazione al terzo motivo (anche con riguardo alla violazione dell ‘ art. 366 c.p.c.), la censura è inammissibile sia perché non formula una specifica critica alla sentenza d ‘ appello (la ricorrente non individua nemmeno le norme che la Corte di merito avrebbe violato, né sviluppa argomentazioni volte a confutare la decisione, ma si limita a riproporre la tesi, respinta, della configurabilità di una donazione indiretta), sia perché non si confronta con l ‘ accertata mancanza di prova dello spirito di liberalità in capo al Cadei;
-col quinto motivo si deduce «Nullità della sentenza o del procedimento per omissione di pronuncia sull ‘ onere della prova in materia di spirito di liberalità ( animus donandi ) per il motivo previsto dall ‘ art. 360 I co n. 4 c.p.c.»;
-palesemente inammissibile è il tentativo di sottoporre a questa Corte di legittimità la valutazione delle risultanze probatorie compiuta dai giudici di merito sulla (in)sussistenza di una donazione indiretta («La Corte osserva che, affinché possa parlarsi di donazione indiretta è necessario accertare che il proprietario del denaro non avesse, al momento della dazione, altro scopo che quello della liberalità e che non avesse intenti restitutori. Nel caso in questione tale prova manca, né potrebbe derivare dall ‘ eventuale assunzione della prova testimoniale, dal momento che nelle circostanze capitolate dall ‘ odierna appellante (cfr., in particolare, i capi 12, 14 e 17 della comparsa di costituzione di primo grado, peraltro sopra riportati integralmente) trova ingresso una diversa prospettazione dei fatti, e, cioè, che la dazione sia stata effettuata in vista delle nozze e che, quindi, si sia -in realtà -tradotta in una donazione obnuziale, che, come più volte precisato, è fattispecie incompatibile con quella della donazione indiretta»);
-il motivo, poi, è affetto da inammissibilità per violazione dell ‘ art. 366 c.p.c. e perché non contrasta l ‘ affermata incompatibilità tra la donazione obnuziale e la donazione indiretta, ma si limita apoditticamente a sostenere che «Deve, dunque concludersi che l ‘ operazione negoziale è stata concepita come donazione indiretta, in quanto in casi analoghi la corresponsione di denaro finalizzata all ‘ acquisto di una bene deve presumersi fino a prova contraria sempre compiuta a spirito di liberalità e costituisce una donazione indiretta»;
-in conclusione, il ricorso va respinto;
-non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, attesa la indefensio dell ‘ intimato;
-va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, qualora dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione