Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15763 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15763 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1820-2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME domiciliat a ‘ ex lege ‘ presso l ‘ indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME
– intimato –
Avverso la sentenza n. 839/23, della Corte d ‘ appello di Salerno, depositata in data 27/6/2023;
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza camerale del 15/1/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
INDEBITO
ARRICCHIMENTO
Azione ex art. 2041
c.c. – Condizioni di
esperibilità
R.G.N. 1820/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 15/1/2025
Adunanza camerale
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 839/23, del 27 giugno 2023, della Corte d ‘ appello di Salerno, che – accogliendo il gravame esperito da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 237/19, del 10 settembre 2019, del Tribunale della stessa città – ha condannato la COGNOME al pagamento, in favore del NOME COGNOME, della somma di € 5.578,71, dovuta a titolo di arricchimento senza causa.
Riferisce, in punto di fatto, l ‘ odierna ricorrente di aver proposto opposizione al decreto ingiuntivo concesso al Di COGNOME, per l ‘importo di € 5.578,71, più interessi e spese della procedura, quale preteso corrispettivo per prestazioni professionali, consistite nella progettazione di opere di ristrutturazione di un immobile di proprietà di essa COGNOME, come da parcella vidimata dal Consiglio dell ‘ Ordine degli architetti di Salerno.
L ‘ iniziativa ex art. 645 cod. proc. civ. venne assunta dalla COGNOME sul presupposto che l ‘ esecuzione di quella prestazione professionale fosse stata prevista all ‘ esito della sottoscrizione di una proposta di acquisto dell ‘ immobile suddetto da parte del Di COGNOME, proposta in forza della quale l ‘ odierna ricorrente si era impegnata – secondo quanto previsto dall ‘ art. 6 del documento sottoscritto il 2 agosto 2005 – alla remunerazione dell ‘ attività di progettazione espletata dal professionista solo nel caso in cui essa non avesse voluto più procedere alla stipula del definitivo. Si era, infatti, stabilito – per tale eventualità – che la parte venditrice fosse tenuta non solo alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria ricevuta, ma anche al pagamento della prestazione eseguita dall ‘ Architetto COGNOME. Non essendosi, tuttavia, il contratto di compravendita concluso per fatto dello stesso COGNOME, la COGNOME – così come aveva trattenuto la caparra
corrispostale – aveva ritenuto di nulla dovere per la progettazione delle opere di ristrutturazione, così come stabilito dal suddetto art. 6 della proposta di acquisto sottoscritta da ambo le parti.
Costituitosi in giudizio, il COGNOME, oltre a richiedere il rigetto dell ‘ opposizione (essenzialmente sul rilievo che la remunerazione delle prestazioni professionali da lui espletate fosse stata esclusa – a suo dire – solo per il caso di conclusione del contratto di compravendita), proponeva, in via subordinata, domanda di arricchimento ingiustificato.
Accolta l ‘ opposizione dall ‘ adito Tribunale, l ‘ esito del giudizio d ‘ appello consisteva – in accoglimento del gravame esperito dal Di COGNOME – nella condanna dell ‘ odierna ricorrente a pagare, al professionista, la somma di € 5.578,71, a titolo di arricchimento senza causa.
A tale esito il giudice di seconde cure perveniva, in particolare, confermando l ‘ appellata decisione, là dove essa aveva escluso che la COGNOME avesse conferito alcun incarico professionale al Di COGNOME, ritenendo, però, sussistenti i presupposti per l ‘ accoglimento della domanda ex art. 2041 cod. civ., proposta in via subordinata. In particolare, sul presupposto che la COGNOME non avesse contestato la circostanza di aver posto il progetto di ristrutturazione del Di COGNOME alla base della domanda in forza della quale aveva, poi, ottenuto i provvedimenti che l ‘ abilitarono a eseguire gli interventi di ristrutturazione sull ‘ immobile (peraltro, in seguito venduto a terzi), il giudice d ‘ appello ha ritenuto che ella, in questo modo, avesse conseguito quantomeno un risparmio di spesa.
Avverso la sentenza della Corte salernitana ha proposto ricorso per cassazione la COGNOME sulla base – come detto – di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 645, comma 2, e 183, comma 5, cod. proc. civ.
Si assume che la domanda di arricchimento senza causa sarebbe, nel caso di specie, ‘violativa degli artt. 645, secondo comma, 183 e 184 cod. proc. civ. ratione temporis applicabile nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, in virtù dei quali è ammissibile la domanda di arricchimento senza causa avanzata con la comparsa di costituzione e risposta dall ‘ opposto (che riveste la posizione sostanziale di attore) soltanto qualora l ‘ opponente abbia introdotto nel giudizio, con l ‘ atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l ‘ esame di una situazione di arricchimento senza causa’, evenienza non verificatasi nel caso di specie.
Per contro, in ogni altro caso, ‘all’ opposto non è consentito di proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di risposta o successivamente, un ‘ autonoma domanda di arricchimento senza causa, la cui inammissibilità è rilevabile d ‘ ufficio dal Giudice’.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 cod. civ.
Sostiene la ricorrente che la domanda di ingiustificato arricchimento era inammissibile anche per un ‘ altra ragione, ovvero per difetto dei presupposti, innanzitutto, di cui all ‘ art. 2041 cod. civ. (difetto rilevabile d ‘ ufficio, ciò che consentirebbe di superare il rilievo della Corte territoriale circa la violazione dell ‘ art. 345 cod. proc. civ.), da indentificarsi in un ‘arricchimento ingiustificato, ossia senza causa, di un soggetto ai danni di un altro soggetto che si impoverisce di conseguenza’. Nella s pecie, tuttavia, ‘il paventato arricchimento’ di cui si è doluto il COGNOME,
‘trova la sua precipua giustificazione’ – si sostiene ‘nella proposta di acquisto del 2 agosto 2005 e, precisamente negli artt. 3 e 6 della stessa proposta, sicché il lamentato arricchimento non può dirsi ingiustificato’.
D ‘ altra parte, quanto all ‘ assunto della Corte territoriale secondo cui l ‘ azione ex art. 2041 sarebbe ammissibile, in via subordinata rispetto ad un ‘ azione contrattuale che ha dato esito negativo per carenza originaria di titolo, essendo risultato inesistente alcun incarico contrattuale conferito dalla COGNOME all ‘ architetto, la ricorrente rileva come siffatta azione contrattuale abbia dato esito negativo ‘proprio in virtù di un titolo originario’, ovvero della proposta di acquisto del 2 agosto 2005, il cui art. 6 subordinava la remunerazione delle prestazioni professionali alla sola eventualità in cui la parte venditrice non avesse voluto più procedere alla stipula del contratto definitivo di compravendita.
Si sottolinea, in altri termini, che l ‘ ammissibilità sul piano processuale della domanda in via subordinata ‘sottende a monte l ‘ ammissibilità anche della medesima sul piano sostanziale, in quanto ove si presti adesione ad una nozione rigorosa della sussidiarietà in astratto (che prescinda in assoluto da ogni verifica sul merito della domanda avanzata in via principale), la stessa circostanza che sia stata proposta una domanda fondata su titolo contrattuale renderebbe improponibile ex art. 2042 cod. civ. la subordinata domanda di arricchimento’.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – nullità o illegittimità della sentenza gravata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Sostiene la ricorrente che avrebbe errato la sentenza impugnata nel ritenere ammissibile la domanda ex art. 2041 cod. civ. sulla premessa che il contratto di vendita a terzi, prodotto in
giudizio dal COGNOME con la terza memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dovesse ‘ritenersi documento ammissibile costituendo prova contraria alle allegazioni dell ‘opponente’.
Rileva, al riguardo, la COGNOME che i termini di cui all ‘ art. 183, comma 6, cod. proc. civ., ‘vecchio testo’ (applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio), ‘sono qualificati espressamente come «perentori» dal legislatore e che, ai sensi dell ‘ art. 153, comma 1, cod. proc. civ., i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati, nemmeno sull ‘accordo delle parti»’.
Di conseguenza, la produzione del suddetto contratto di compravendita solo con la memoria ex art. 183, sesto comma, n. 3), cod. proc. civ., ‘costituisce’ -secondo la ricorrente -‘produzione documentale tardiva poiché avvenuta oltre il termine previsto per il deposito della memoria istruttoria’.
È rimasto solo intimato il COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso va rigettato.
7.1. Il primo motivo non è fondato.
7.1.1. Esso, infatti, va scrutinato alla luce di quanto, recentissimamente, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno ritenuto che ‘nella comparsa di costituzione
l ‘ opposto è legittimato a proporre non solo domande «reattive» stricto sensu – cioè riconvenzionali , ma altresì domande che rientrano nell ‘ area sostanziale sottesa alla domanda originaria ‘ , ovvero, domande ‘ aggiuntive/alternative, sovente collocate in posizione di subordine, ammissibili perché rapportate al medesimo interesse’ . Su tali basi, dunque, si è ritenuto che ‘la proposizione nella comparsa di risposta’ di domande ‘ex articolo 2041 c.c. ed ex articolo 1337 c.c. è ammissibile, ben potendo a livello generale/astratto riconoscersi anche a loro fondamento l ‘interesse’ – che già faceva capo al ricorrente per ingiunzione ‘in relazione alla vicenda, originariamente tradotto in azione d ‘ adempimento contrattuale: invero, il petitum di tali domande alternative risulta almeno in parte corrispondente alla prima pretesa avanzata in via monitoria’ (così, in motivazione, in particolare ai §§ 13.2 e 13.3, Cass. Sez. Un., sent. 15 ottobre 2024, n. 26727, Rv. 672396-01).
7.2. Anche il secondo motivo non è fondato.
7.2.1. Pure in questo caso non si può prescindere da quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte.
Esse, infatti, hanno sottolineato – a proposito del requisito della ‘residualità’ di cui all’ art. 2042 cod. civ., e per l ‘ ipotesi in cui l ‘ azione di ingiustificato arricchimento venga esperita in via di subordine rispetto ad un ‘ azione contrattuale – la necessità di ‘distinguere tra le ipotesi in cui il rigetto derivi dal riconoscimento della carenza ab origine dei presupposti fondanti la domanda cd. principale’ (tal è stato, appunto, il caso di specie, essendosi riconosciuta l ‘ inesistenza di un titolo contrattuale, pur invocato dal professionista, in forza del quale il COGNOME sarebbe stato incaricato dell ‘espletamento della prestazione dalla COGNOME), ‘da quelli in cui derivi dall ‘ inerzia dell ‘ impoverito ovvero dal mancato
assolvimento di qualche onere cui la legge subordinava la difesa di un suo interesse’, quali tipicamente le ipotesi di prescrizione e decadenza (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. 5 dicembre 2023, n. 33954, Rv. 669447-01: con pronuncia, sul punto, pienamente e incondizionatamente condivisibile). Infatti, nella prima di tali ipotesi ‘il rigetto per accertamento della carenza ab origine del titolo fondante la domanda cd. principale comporta che quello che appariva un concorso da risolvere ex art. 2042 cod. civ. in favore della domanda principale si rivela essere in realtà un concorso solo apparente, in quanto deve escludersi la stessa ricorrenza di un diritto suscettibile di essere dedotto in giudizio’ e, con essa, ‘la conseguente improponibilità dell a domanda ex art. 2041 cod. civ.’ (così Cass. Sez. Un., sent. n. 33954 del 2023, cit .).
Orbene, l ‘ ipotesi che qui occupa ricade nel primo dei due casi, donde la proponibilità dell ‘ azione ex art. 2041 cod. civ.
7.3. Infine, il terzo motivo è inammissibile.
7.3.1. Esso, infatti, non coglie né contrasta la ‘ ratio decidendi ‘ della sentenza impugnata (donde la sua inammissibilità: cfr. Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01; Cass. Sez. 2, ord. 9 aprile 2024, n. 9450, Rv. 670733-01), giacché la Corte territoriale ha basato la prova dell ‘ arricchimento non sul contratto di compravendita dell ‘ immobile, concluso dalla COGNOME con terzi, bensì sul risparmio di spesa che ella si è assicurata per aver conseguito titoli abilitativi agli interventi di ristrutturazione sulla base dei progetti redatti dal professionista, circostanza che ha ritenuto provata in forza della condotta di non contestazione dell ‘ odierna ricorrente: affermazione, questa, non fatta oggetto di adeguata censura.
Nulla va disposto in relazione alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo rimasto solo intimato il Di COGNOME.
A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l ‘ obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all ‘ amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all ‘ esito dell ‘ adunanza camerale della