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Arricchimento senza causa PA: basta l’utilità

Un gruppo di professionisti ha eseguito lavori extra per un comune per la progettazione di uno stadio, con un conseguente aumento dei costi. Il comune ha approvato il nuovo progetto ma non ha mai formalizzato l’aumento dei compensi in un contratto scritto. La Corte di Cassazione, riformando le decisioni precedenti, ha stabilito che la richiesta di indennizzo per arricchimento senza causa è fondata. Non è più necessario che la Pubblica Amministrazione riconosca formalmente l’utilità dell’opera; è sufficiente dimostrare l’oggettivo arricchimento e l’utilizzo del lavoro da parte dell’ente. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Arricchimento Senza Causa della PA: l’Utilizzo dell’Opera Supera la Forma

Quando un’impresa o un professionista svolge lavori extra per la Pubblica Amministrazione, non previsti dal contratto originario, ha diritto a un compenso? La questione è complessa, specialmente quando le modifiche non vengono formalizzate per iscritto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sul principio dell’arricchimento senza causa, stabilendo che l’effettivo utilizzo di un’opera da parte dell’ente pubblico può essere sufficiente a fondare il diritto a un indennizzo, anche in assenza di un riconoscimento formale della sua utilità.

I Fatti: La Progettazione dello Stadio e l’Aumento dei Costi

La vicenda nasce da un contratto tra un’associazione temporanea di professionisti (ATI) e un Comune per la progettazione definitiva ed esecutiva di un nuovo stadio. L’accordo iniziale prevedeva un importo per le opere di circa 28,6 milioni di euro e un compenso professionale commisurato.

Successivamente, su richiesta dell’amministrazione, il progetto veniva modificato in modo sostanziale, portando il valore delle opere a oltre 78 milioni di euro. L’ATI realizzava e consegnava il progetto definitivo aggiornato, che il Comune approvava con una delibera di giunta. Tuttavia, questa delibera specificava che la copertura finanziaria sarebbe stata definita in fasi successive, senza un impegno di spesa immediato e, soprattutto, senza stipulare un nuovo accordo scritto per i maggiori compensi professionali.

Le Decisioni di Merito: La Negazione del Compenso Extra

Di fronte al mancato pagamento dei compensi aggiuntivi, l’ATI otteneva un decreto ingiuntivo. Il Comune si opponeva, sostenendo la nullità di qualsiasi pretesa economica extra-contratto, data l’assenza di un accordo scritto e della necessaria copertura finanziaria, come richiesto dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL).

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione al Comune. Entrambi i giudici ritenevano che il contratto originario fosse l’unica fonte di obbligazione e che qualsiasi modifica avrebbe richiesto la forma scritta. La delibera di approvazione del nuovo progetto veniva considerata un mero atto interno, inidoneo a creare un nuovo obbligo di pagamento. Veniva inoltre respinta la domanda subordinata per arricchimento senza causa, poiché l’opera non era stata né completata né concretamente ‘utilizzata’ dall’ente.

L’Arricchimento Senza Causa e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito proprio sul punto dell’arricchimento senza causa. I giudici supremi hanno definito la motivazione della Corte d’Appello come ‘meramente apparente’, ovvero talmente generica e superficiale da equivalere a un’assenza di motivazione.

La Corte ha criticato l’adesione dei giudici d’appello a un orientamento giurisprudenziale superato, che richiedeva un riconoscimento formale dell’utilità dell’opera da parte dell’ente pubblico. Secondo la Cassazione, l’analisi deve concentrarsi su un dato oggettivo: l’ente si è effettivamente arricchito a spese del professionista?

Il Principio di Diritto sull’Arricchimento della PA

Il fulcro della decisione risiede nell’affermazione di un principio di diritto moderno e consolidato: per l’azione di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.) nei confronti della Pubblica Amministrazione, il depauperato deve solo provare il fatto oggettivo dell’arricchimento. Non è necessario dimostrare che l’ente abbia ‘riconosciuto’ l’utilità della prestazione.

L’amministrazione, per difendersi, deve provare che l’arricchimento non era voluto o che le è stato ‘imposto’. Nel caso di specie, era stato proprio il Comune a chiedere le modifiche, ad approvare il progetto e a utilizzarlo in varie sedi (come la ricerca di finanziamenti e l’inserimento nei programmi di opere pubbliche). La Corte d’Appello aveva completamente omesso di valutare queste prove.

Le Motivazioni

La Cassazione ha cassato la sentenza d’appello perché la sua motivazione sull’arricchimento senza causa era inesistente. Affermare che il progetto ‘non era stato portato a compimento né utilizzato’ senza analizzare le prove documentali che dimostravano il contrario (delibere, richieste di finanziamento, programmi triennali) costituisce un vizio grave. La Corte Suprema ha sottolineato che, secondo l’orientamento consolidato (a partire dalla sentenza a Sezioni Unite n. 10798/2015), il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non è un requisito dell’azione. L’onere della prova grava sul depauperato solo per quanto riguarda il fatto oggettivo dell’arricchimento. Spetta poi all’ente pubblico dimostrare che tale arricchimento non fu voluto o consapevole, configurandosi come ‘imposto’. In questo caso, l’ente aveva non solo richiesto ma anche approvato formalmente il progetto, rendendo la tesi della Corte d’Appello insostenibile e la sua motivazione meramente apparente.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per i professionisti e le imprese che lavorano con la Pubblica Amministrazione. Anche se la forma scritta rimane un requisito fondamentale per la validità dei contratti pubblici, la sua assenza per le varianti in corso d’opera non lascia il professionista privo di tutela. Se la PA richiede, riceve e utilizza una prestazione aggiuntiva, non può poi negare un indennizzo trincerandosi dietro la mancanza di un riconoscimento formale. L’arricchimento senza causa si fonda su un presupposto di equità: nessuno può beneficiare del lavoro altrui senza un giusto corrispettivo. La Corte ha quindi rinviato il caso a una nuova sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la domanda di indennizzo alla luce di questo principio, valutando l’effettivo arricchimento ottenuto dal Comune grazie al lavoro dei professionisti.

Un professionista può chiedere un compenso extra alla Pubblica Amministrazione per lavori non previsti dal contratto originario?
Sulla base di un rapporto contrattuale, no, se le modifiche non sono state formalizzate con un accordo scritto. Tuttavia, la sentenza chiarisce che è possibile agire per ottenere un indennizzo attraverso l’azione di arricchimento senza causa se la PA ha comunque utilizzato la prestazione aggiuntiva.

Per agire per arricchimento senza causa contro la PA, è necessario che l’ente riconosca formalmente l’utilità dell’opera?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questo è un orientamento superato. Ciò che conta è il fatto oggettivo che l’ente si sia arricchito e abbia tratto un’utilità dalla prestazione, indipendentemente da un suo riconoscimento formale.

Cosa significa che la motivazione di una sentenza è ‘meramente apparente’?
Significa che il ragionamento esposto dal giudice è così generico, illogico, contraddittorio o superficiale da non spiegare in modo comprensibile il percorso logico-giuridico che ha portato alla decisione. Equivale, in sostanza, a un’assenza di motivazione e costituisce un vizio che può portare all’annullamento della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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