Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6703 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6703 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 6606/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE), formata da: NOME COGNOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME NOME, COGNOME NOME NOME, RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e NOME COGNOME (già ‘RAGIONE_SOCIALE Ing. NOME, COGNOME NOME. NOME e COGNOME NOME. NOME‘), COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE (già ‘RAGIONE_SOCIALE‘), RAGIONE_SOCIALE (già ‘RAGIONE_SOCIALE‘), NOME RAGIONE_SOCIALE, Ai RAGIONE_SOCIALE, con capogruppo mandataria NOME COGNOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nonché nell’interesse dei singoli membri della predetta ATI, anche in proprio: COGNOME NOME e NOME COGNOME architetti associati associazione RAGIONE_SOCIALE, in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, COGNOME NOME, COGNOME NOME. NOME, RAGIONE_SOCIALE Ing. NOME, COGNOME NOME. NOME e COGNOME Ing. NOME, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi, con poteri sia congiunti che disgiunti, in forza di procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, relativamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, i quali diAVV_NOTAIOno di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative a questo procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato a Roma, INDIRIZZO, presso e nello studio del AVV_NOTAIO, giusta mandato in calce al controricorso, il quale diAVV_NOTAIO di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
– controricorrente –
E
COGNOME NOME, rappresentato e difeso come da procura in calce al controricorso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, i quali diAVV_NOTAIOno di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati
-controricorrente-ricorrente incidentale condizionato –
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, come da procura speciale apposta in calce al controricorso, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO, il quale diAVV_NOTAIO di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-controricorrente-
e
NOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, come da procura speciale apposta in calce al controricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO, il quale diAVV_NOTAIO di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-controricorrente-
E
NOME COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, nei gradi di merito, e dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, chiedo rappresentano e difendono, unitamente e disgiuntamente, per procura speciale notarile allegata al controricorso, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, i quali diAVV_NOTAIOno di voler ricevere le notificazioni e le comunicazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati
-controricorrente-
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende per procura speciale rilasciata l’11/2/2025 , elettivamente domiciliata in Roma, in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, la quale diAVV_NOTAIO di voler ricevere le notificazioni e le comunicazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato.
-controricorrente-
E
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, come da procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
E
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, il quale diAVV_NOTAIO di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo di posta elettronica certificato, con congiunta elezione di domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso e nello studio dell’AVV_NOTAIO
-controricorrente-
E
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME, il quale diAVV_NOTAIO di voler ricevere le comunicazioni all’indirizzo di posta elettronica certificato, con congiunta elezione di domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso e nello studio dell’AVV_NOTAIO
-controricorrente-
E
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta separata procura speciale, dall’AVV_NOTAIO, i quali diAVV_NOTAIOno di
voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati
-controricorrenti-
E
A ssicuratori dei RAGIONE_SOCIALE che hanno assunto il rischio dei certificati numeri NUMERO_DOCUMENTO,NUMERO_DOCUMENTO, NUMERO_DOCUMENTO, in persona del rappresentante generale per l’RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale rilasciata dalla procuratrice speciale del rappresentante generale per l’RAGIONE_SOCIALE, in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti-
E
RAGIONE_SOCIALE che hanno assunto il rischio derivante dal certificato numero NUMERO_DOCUMENTO e relative appendici di copertura annuale n. 56/419772 e n. 286/436783, in persona del rappresentante generale per l’RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, il quale diAVV_NOTAIO di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato
-controricorrente-
E
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME e COGNOME NOME
-intimati-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 2914/2018, depositata il 13/12/2018
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/3/2025 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
Con delibera di giunta comunale n. 455 del 17/9/2003 il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE indiceva un bando di gara ai sensi dell’art. 59, comma 6, del d.P.R. n. 554 del 1999, per la valutazione di proposte di idee relative alla realizzazione dello stadio comunale di RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di concorso di progetti.
Con la delibera di giunta comunale n. 13 del 12/1/2005 veniva individuata la proposta di idee (prima fase del concorso) in quella redatta dell’ATI formata da: NOME COGNOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME NOME, COGNOME NOME NOME, RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e NOME COGNOME (già ‘RAGIONE_SOCIALE Ing. NOME, COGNOME Ing. NOME e COGNOME Ing. NOME‘), COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE‘), RAGIONE_SOCIALE (già ‘RAGIONE_SOCIALE‘), NOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, con capogruppo mandataria NOME COGNOME e NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Con successiva delibera di giunta comunale n. 354 del 21/9/2005 veniva approvato il progetto preliminare redatto dall’ATI, con un valore delle opere per euro 28.664.000,00. Tuttavia, vi erano delle difformità rispetto allo strumento urbanistico, sicché doveva essere inserita nel progetto un’apposita variante al PRG.
Con la delibera di giunta comunale n. 443 del 16/11/2005 veniva emesso il bando per l’affidamento del «progetto definitivo ed esecutivo». Nel capitolo di bilancio comunale n. 44202/0 veniva previsto l’impegno di spesa di euro 2.162.808,00, ossia per la
somma relativa ai compensi spettanti ai professionisti dell’ATI pari ad euro 1.767.000,00 oltre accessori, per l’importo definitivo di euro 2.162.808,00.
2.1. Con la successiva delibera di giunta comunale n. 90 del 1/3/2006 si procedeva alla aggiudicazione all’ATI del progetto definitivo ed esecutivo, con opere pari ad euro 28.664.000,00, il compenso per i professionisti pari ad euro 1.643.200,50.
2.2. Con la determinazione del dirigente n. 1989 del 4/7/2006 veniva affidato all’RAGIONE_SOCIALE l’incarico di procedere alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo, sempre restando i compensi per la somma di euro 1.642.241,00, per un totale di euro 2.010.103,00, quale impegno di spesa, fino a tale cifra.
Fino a questo momento, dunque, non si sfiorava il tetto di spesa pari ad euro 2.162.808,00 in riferimento ai compensi professionali dell’RAGIONE_SOCIALE.
Con la delibera di consiglio comunale n. 76 del 9/3/2006 veniva approvata la variante urbanistica, con «pesanti modifiche e aumento della consistenza dei lavori».
Veniva quindi stipulato tra le parti il contratto del 30/10/2006, con cui veniva conferito incarico RAGIONE_SOCIALE per la progettazione definitiva ed esecutiva all’RAGIONE_SOCIALE, per lavori dell’importo complessivo di euro 28.644.000,00 e compensi professionali all’ATI per euro 1.642.241,00.
Le voci rilevanti, quanto ai compensi professionali, erano suddivisa in 4 tronconi: euro 733.497,18 per il progetto definitivo; euro 523.270,13 per il progetto esecutivo; euro 192.959,77 per il coordinamento sicurezza ed euro 121.172,80 per l’impatto ambientale. Tali somme dovevano subire la decurtazione pari al 20%, per il ribasso d’asta.
L’RAGIONE_SOCIALE con nota del 29/10/2007 chiedeva il documento preliminare unico.
5.1. Il RUP (responsabile unico del procedimento), AVV_NOTAIO, in data 8/11/2007 inviava il documento preliminare.
5.2. In data 11/2/2008 veniva depositato il progetto definitivo, ma non quello esecutivo. Il valore delle opere da realizzare saliva ad euro 78.424.399.
5.3. Con atto del dirigente n. 2528 del 25/9/2008 veniva iniziato il procedimento per l’elaborazione del piano economico finanziario, al fine di rinvenire il fabbisogno economico per la realizzazione dello stadio, attraverso un partenariato pubblico-privato, con il rilascio di una concessione per la realizzazione di opera pubblica.
La società RAGIONE_SOCIALE, individuata a seguito di gara pubblica, indicava la somma complessiva da rinvenire in euro 103.000.000,00, richiamando i dati contabili dalla delibera di giunta comunale n. 223 del 20/4/2009.
Con la successiva delibera n. 223 del 29/4/2009 il RAGIONE_SOCIALE approvava il progetto definitivo in conformità allo strumento urbanistico vigente, nel frattempo modificato con la delibera del consiglio comunale n. 76 del 2006, con lavori il cui costo però lievitava sino ad euro 78.424.399,44.
Mancava, però, l’attestazione di copertura finanziaria e l’impegno in bilancio ai sensi dell’art. 191 del TUEL (d.lgs. n. 267 del 2000.
Si prevede espressamente la «riserva di attestare la relativa copertura finanziaria nelle successive fasi del procedimento».
La copertura finanziaria doveva avvenire attraverso l’individuazione di finanziamenti privati, con l’elaborazione di un piano economico finanziario, in grado di garantire un flusso di cassa idoneo al rimborso del finanziamento eventualmente ottenuto.
La RAGIONE_SOCIALE presentava ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE chiedendo la somma di euro 431.862,87 oltre accessori, per la somma complessiva di euro 554.506,13, con riferimento ai maggiori compensi spettanti ai professionisti dell’ATI in relazione al maggiore importo dei lavori, passati da euro 28.644.000,00 ad euro 78.424.399,4, dovendosi tenere conto anche del progetto definitivo realizzato, e non solo dell’iniziale progetto preliminare.
Il decreto ingiuntivo veniva emesso il 21/2/2014.
Avverso tale decreto proponeva opposizione il RAGIONE_SOCIALE evidenziando che la delibera n. 223 del 29/4/2009 era invalida, in assenza della attestazione della copertura finanziaria e dell’impegno di spesa ex art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Inoltre, mancava una pattuizione contrattuale integrativa scritta per la pretesa di un compenso maggiore da parte dei professionisti dell’RAGIONE_SOCIALE.
Il RAGIONE_SOCIALE proponeva domanda riconvenzionale nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE per la restituzione della somma di euro 758.228,05, già pagata in precedenza, con riferimento all’originario importo dei compensi pari ad euro 1.642.247,01.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE chiedendo l’autorizzazione alla chiamata in causa del funzionario COGNOME, che aveva sottoscritto, unitamente al segretario comunale, il contratto del 30/10/2006, per l’affidamento all’RAGIONE_SOCIALE dell’incarico RAGIONE_SOCIALE in relazione al progetto definitivo ed esecutivo dello stadio comunale.
Chiedeva l’autorizzazione alla chiamata in causa anche degli amministratori NOME COGNOME e NOME COGNOME, oltre ai membri della giunta comunale ex art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME, evidenziando che il suo ruolo era quello di recepire sul piano tecnico le decisioni degli organi del RAGIONE_SOCIALE.
Il COGNOME proponeva domanda riconvenzionale «trasversale» nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, ex art. 2041 c.c., per ottenere le somme eventualmente pagate in favore dell’RAGIONE_SOCIALE.
Si costituivano in giudizio anche NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, assessori del RAGIONE_SOCIALE fino al 31/5/2006, quindi cessati dalla carica prima della conclusione del contratto.
Si costituivano in giudizio anche NOME COGNOME e NOME COGNOME, evidenziando che l’incarico era stato già assegnato e il progetto depositato, prima della loro partecipazione alla delibera di giunta comunale n. 223 del 2009.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME, deducendo che l’RAGIONE_SOCIALE aveva accettato consapevolmente di svolgere maggiori prestazioni in difetto di copertura finanziaria e di pattuizione scritta.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME, rilevando che era stato assessore fino al maggio 2006 ed era assente alla delibera di giunta comunale n. 13 del 12/1/2005, con la quale il RAGIONE_SOCIALE aveva individuato, quale migliore proposta progettuale, quella proposta dall’RAGIONE_SOCIALE.
Si costituivano in giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, osservando che mancava un valido rapporto obbligatorio per difetto di forma scritta e non vi era stata violazione dell’obbligo di copertura finanziaria, perché la delibera del 2009 «aveva previsto un procedimento amministrativo che non era arrivato a conclusione».
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME, evidenziando che la carica di assessore era stata da lui assunta nel giugno 2006, quindi successivamente agli impegni assunti dal RAGIONE_SOCIALE.
Si costituiva in giudizio NOME COGNOME, rilevando che i contatti intervenuti dopo la conclusione del contratto del 2006 erano stati intrattenuti solo da COGNOME, COGNOME ed altri assessori; il progetto per la realizzazione dello stadio non era stato concluso per mancanza di soggetti finanziatori.
Si costituiva NOME COGNOME.
Si costituivano gli assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE sottoscrittori delle polizze numeri 1290377,10154039O, 10178092G, oltre agli assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE‘s sottoscrittori della polizza n. 1590108 e relative appendici di copertura annuale numeri 56/419772 e 286/436783, eccependo che la richiesta di risarcimento era pervenuta dopo il periodo di efficacia delle polizze.
Il tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 479/2016, accoglieva l’opposizione del RAGIONE_SOCIALE e revocava il decreto ingiuntivo, condannando l’RAGIONE_SOCIALE restituire la somma di euro 725.169,68 oltre accessori.
In particolare, il primo giudice rilevava che, alla stregua della clausola n. 1 del contratto del 30/10/2006, il costo preventivato dell’opera era di euro 28.644.000,00, precisando che tale somma costituiva il limite di spesa entro il quale «dovrà essere redatto il progetto definitivo ed esecutivo e sul quale viene determinato l’onorario».
Precisava che, ai sensi della clausola n. 6, si determinava il compenso RAGIONE_SOCIALE per la somma complessiva di euro 733.497,18, da ridurre del 20% come da offerta, oltre che per spese determinata in euro 385.601,35, precisando che «i corrispettivi sono immodificabili».
Aggiungeva il tribunale che «eventuali maggiorazioni dell’onorario potranno essere concesse qualora si fosse verificata una delle seguenti circostanze: a) richiesta da parte del RAGIONE_SOCIALE di
modifiche o integrazioni al progetto ‘in contrasto’ alle istruzioni originariamente impartite o comportanti cambiamenti nella ‘originaria impostazione progettuale’; b) richiesta di progettare l’opera per un importo superiore; c) accertata variazione dei prezzi delle lavorazioni e materiali che importino un dimostrato aumento del medesimo importo».
Per il tribunale, dunque, «era chiaro che i patti negoziali ancoravano la determinazione del compenso a quanto originariamente stanziato; le modifiche avrebbero richiesto un nuovo incontro delle volontà per novare l’accordo: di tanto era a conoscenza l’ATI. La delibera 223/2009 si limitava ad approvare il progetto definitivo con lievitazione dei costi professionali, ma non rappresentava riconoscimento di un proprio debito, essendo la stessa atto interno, privo di rilevanza esterna che richiedeva l’incontro delle volontà nella forma scritta» (cfr. pagina 9 della motivazione della sentenza della Corte d’appello, che richiama la motivazione del tribunale).
Sempre ad avviso del tribunale, per come riportata la motivazione dal giudice d’appello, «mancava l’attestazione di copertura finanziaria in quanto la delibera si era limitata a rinviare l’approvazione del piano economico-finanziario che avrebbe dovuto essere successivamente realizzato da società esterna ‘riservandosi di attestare la relativa copertura finanziaria nelle successive fasi del procedimento’».
Ad avviso del tribunale, l’opera era stata svolta in virtù di contratto munito della copertura finanziaria, ma successivamente si era ritenuto necessario integrare il progetto e l’RAGIONE_SOCIALE «aveva accettato di proseguire nella prestazione contando sul futuro reperimento delle risorse necessarie».
La normativa poneva tutela dell’affidamento di chi contraeva con la PA l’obbligo per il responsabile del servizio, una volta conseguita l’esecutività del provvedimento di spesa, «di comunicare al terzo interessato l’impegno la copertura finanziaria, contestualmente all’ordinazione della prestazione, così da lasciare al terzo interessato, in mancanza della comunicazione, la facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando non venivano comunicati dati».
Nella specie, dunque, poiché erano noti i vincoli finanziari e negoziali, «la prestazione era stata portata a compimento dall’RAGIONE_SOCIALE nella piena consapevolezza che veniva svolta secondo il compenso originariamente pattuito e che un aggiornamento dei corrispettivi vi sarebbe stato solo al verificarsi della procedura di finanziamento dell’opera pubblica».
Per il tribunale, dunque, da un lato, non vi erano elementi di prova «in merito all’arricchimento del patrimonio comunale», dall’altro mancavano elementi «per poter addivenire ad una valutazione in termini oggettivi dell’arricchimento».
Era invece fondata la domanda di restituzione delle somme corrisposte in eccedenza da parte del RAGIONE_SOCIALE rispetto al compenso negoziale pattuito originariamente.
Avverso tale sentenza proponeva appello principale l’RAGIONE_SOCIALE in data 3/8/2016.
21.1. Con il primo motivo di impugnazione l’appellante principale deduceva «rigetto dell’azione contrattuale svolta dall’RAGIONE_SOCIALE e revoca del decreto ingiuntivo: erroneità della sentenza nella parte in cui ha negato che il contratto del 30/10/2006 costituisse valido ed efficace titolo fondante il credito azionato».
Vi era in realtà il contratto scritto «in ordine alla realizzazione delle integrazioni alla progettazione definitiva e alla rideterminazione del compenso».
Vi era copertura finanziaria della spesa e l’attestazione della copertura dell’impegno contabile «in ordine alle integrazioni alla progettazione definitiva».
Era stato previsto in contratto uno ius variandi «illimitato in capo all’amministrazione», essendo sufficiente una «richiesta in forma scritta del responsabile del procedimento, il quale potrà concordare con il raggruppamento incaricato una modifica dei tempi di consegna in relazione a quanto richiesto».
Sarebbe stato previsto dall’art. 6, comma 5, del contratto «un meccanismo di quantificazione del compenso RAGIONE_SOCIALE in relazione alla eventuale variazione del contenuto progettuale da parte dell’amministrazione».
21.2. Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante principale deduceva «rigetto della domanda subordinata ex art. 191, comma 4, TUEL nei confronti dei funzionari ed amministratori».
In assenza di contratto scritto sussisteva la responsabilità del funzionario ex art. 191, comma 4, TUEL.
Il tribunale, invece, aveva negato tale responsabilità di amministratori e funzionari «sostenendo l’esistenza di un accordo in base al quale l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe accettato di svolgere la progettazione integrativa senza pretendere alcun corrispettivo».
21.3. Con il terzo motivo di impugnazione l’appellante si sofferma «sulla domanda subordinata di arricchimento senza causa verso l’amministratore comunale».
Il primo giudice ha rigettato la domanda «in quanto la redazione e consegna della progettazione non aveva sortito alcun arricchimento del RAGIONE_SOCIALE, poiché allo stato l’ente non aveva possibilità di realizzare le opere progettate per impossibilità di procurarsi risorse finanziarie».
In realtà, per l’Ati vi era stato il riconoscimento in via esplicita e formale dell’arricchimento, da parte del responsabile del procedimento e della giunta comunale, con la delibera n. 223 del 2009 che aveva disposto «di procedere, sulla base del progetto definitivo approvato col presente atto, alla richiesta dei pareri e delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione delle opere previo sviluppo del progetto esecutivo».
Tant’è vero che il progetto era stato sottoposto all’RAGIONE_SOCIALE per ottenere il finanziamento per la costruzione dell’impianto.
Il progetto definitivo approvato con la delibera n. 223 del 2009 era stato utilizzato anche per la predisposizione del piano economico finanziario e delle delibere intesi a realizzare l’opera tramite una concessione di lavori pubblici.
21.4. Con il quarto motivo di impugnazione l’appellante deduce in ordine «all’accoglimento della domanda riconvenzionale restitutoria formulata dal RAGIONE_SOCIALE».
L’RAGIONE_SOCIALE aveva svolto unicamente la progettazione definitiva e lo studio di impatto ambientale, ma non la progettazione esecutiva, ed i pagamenti erano stati spontaneamente operati dall’amministrazione. Non vi era stata alcuna rinuncia dei professionisti ai pagamenti.
Una volta stabilita la sussistenza di un titolo contrattuale per il pagamento dei corrispettivi dei professionisti dell’RAGIONE_SOCIALE, automaticamente doveva essere riformata la condanna dell’ATI alla restituzione degli importi al RAGIONE_SOCIALE.
Si costituivano gli appellati, proponendo taluni appello incidentale condizionato.
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 2914/2018, depositata il 13/12/2018, rigettava l’appello principale, mentre stavano assorbiti gli appelli incidentali.
22.1. In particolare, per quel che ancora qui rileva, in relazione al primo motivo d’appello principale, reputava l’assenza di un contratto scritto per le successive modifiche contrattuali, dopo la stipulazione del contratto del 30/10/2006.
Evidenziava che «eventuali atti e/o accordi successivi non potevano fondare alcuna ulteriore pretesa economica in quanto il contratto intercorso facoltizzava l’ente a chiedere delle varianti, ma non aveva creato alcun automatismo per l’aumento del compenso, in ossequio alle norme di contabilità generale dello Stato (art. 11 R.D. 2440/1923 Legge sulla Contabilità RAGIONE_SOCIALE dello Stato)».
Pertanto proseguiva la Corte di merito – «la possibilità di eventuali maggiorazioni di cui all’art. 6, comma 5 del contratto doveva essere interpretata nel senso che le parti avevano previsto che il prezzo della prestazione potesse variare, ma nel rispetto della normativa sulla contabilità della pubblica amministrazione».
22.2. In relazione al secondo motivo d’appello principale, la Corte di merito rilevava l’assenza della responsabilità dei funzionari, dei consiglieri comunali e degli assessori, in quanto esisteva un contratto e la relativa copertura finanziaria.
Tuttavia, «l’attività successivamente svolta dall’RAGIONE_SOCIALE è stata svolta nella consapevolezza della mancanza sia di contratto scritto sia della mancanza di copertura finanziaria che era stata disposta, ma nei termini e nei limiti di cui alla delibera della giunta comunale n. 443/2005, alla quale aveva fatto seguito la determina dirigenziale n. 1989/2006».
Per tale ragione – prosegue la Corte d’appello – «era nella facoltà dell’attuale appellante di rifiutarsi di eseguire la progettazione delle
modifiche», proprio perché nell’art. 8 del verbale di deliberazione della giunta comunale n. 223 del 2009 «risultava che era stato deliberato ‘di rinviare a successivi atti l’approvazione del progetto esecutivo e l’appalto dei lavori».
L’RAGIONE_SOCIALE, dunque, aveva «deciso scientemente di svolgere comunque le ulteriori prestazioni», ma tale scelta «non poteva ricadere sugli amministratori e funzionari».
22.3. Venivano rigettati anche i motivi terzo e quarto, trattati congiuntamente.
Con riferimento all’arricchimento – ad avviso della Corte d’appello – «occorreva che la PA si fosse avvalsa del lavoro ulteriore svolto dall’RAGIONE_SOCIALE, circostanza, quest’ultima che era pacificamente mancata nella fattispecie: il progetto non era stato portato a compimento né utilizzato».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso principale per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE.
Hanno resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE che hanno assunto il rischio derivante dal certificato di assicurazione n. NUMERO_DOCUMENTO e relative appendici di copertura annuale n. 56/419772 e n. 286/436783, assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE che hanno assunto il rischio dei certificati numeri CODICE_FISCALE,10154039O e 10178092G,
NOME COGNOME nel controricorso riproponeva «la domanda riconvenzionale o c.d. trasversale nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, per quanto occorrer possa anche in via di ricorso incidentale condizionato».
NOME COGNOME ha depositato memoria scritta. Allo stesso modo hanno depositato memoria scritta: gli assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE che hanno assunto il rischio derivante dal certificato di assicurazione n. NUMERO_DOCUMENTO e relative appendici di copertura annuale n. 56/419772 e n. 286/436783; NOME COGNOME; il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME; RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso per cassazione principale l’ATI deduce la «violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c. (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 191 del d.lgs. 267/2000 (TUEL) (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.)».
Per l’ATI ricorrente sarebbe erronea la decisione della Corte d’appello che ha respinto il primo motivo di appello principale, rigettando l’azione contrattuale promossa nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed ha, conseguentemente, revocato il decreto ingiuntivo.
La motivazione della sentenza sarebbe «oltremodo insoddisfacente, contraddittoria ed illogica, frutto di una interpretazione errata del contratto inter partes , condotta in palese violazione – tra l’altro – del fondamentale canone ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c., nonché dell’omesso esame di diversi fatti ampiamente dedotti, illustrati e comprovati dai ricorrenti nel corso dei giudizi di merito».
La decisione della Corte d’appello sarebbe erronea in quanto ha illustrato solo parzialmente il contenuto dell’art. 6 del contratto del 30/10/2006, omettendo di esaminare in particolare i commi 5º e 6º dell’art. 6.
Ad avviso della ricorrente anche il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda, ma la decisione sarebbe stata fondata «su fatti ed articolata su una motivazione diversi».
Per la ricorrente, però, dal contratto discenderebbe «un illimitato ius variandi a favore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, cui corrisponde la piena soggezione da parte dell’ATI contraente, a pena di risoluzione in danno».
Dal tenore letterale del contratto e delle sue clausole contrattuali emergerebbe «agevolmente la volontà delle parti contraenti di adeguare il corrispettivo spettante professionisti al maggiore o minor valore dell’effettiva progettazione dell’opera rispetto all’importo originariamente previsto».
Sarebbe sufficiente, per le modifiche al progetto, la semplice richiesta scritta da parte del responsabile del procedimento, come era accaduto, con la nota del RUP dell’8/11/2007.
Il contratto avrebbe previsto, all’art. 6, comma 5, un semplice meccanismo di adeguamento dei compensi al nuovo valore che le opere avrebbero avuto, in conseguenza delle modifiche e delle integrazioni disposte dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE «nell’esercizio dell’illimitato ius variandi ».
La Corte d’appello avrebbe omesso di considerare il terzo atto pubblico relativo alla fattispecie in esame, ossia la deliberazione della giunta comunale n. 223 del 29/4/2009, ove si darebbe atto delle modifiche progettuali imposte dall’amministrazione per la redazione del progetto definitivo e dell’importo dei lavori, fortemente aumentato rispetto a quanto previsto dalla progettazione preliminare, «sia della compatibilità delle ulteriori spese per la progettazione definitiva con l’ammontare delle somme a disposizione dell’ente».
Si era verificata quindi l’ipotesi di cui all’art. 6, comma 5, del contratto del 30/10/2006.
Tant’è vero che l’importo dei lavori era aumentato da euro 28.664.000,00, ad euro 78.424.399,44.
Pertanto, sarebbe stato rispettato sia il requisito della forma scritta del contratto d’opera RAGIONE_SOCIALE, sia il principio di cui all’art. 191 del TUEL che esclude la sussistenza di un debito della PA in mancanza di copertura finanziaria.
Insomma, «l’esecuzione del contratto del 30 giugno 2006 da parte degli odierni ricorrenti, nel pieno rispetto delle richieste del RUP, anche integrative e modificative dell’originaria progettazione, non ha implicato alcun ampliamento dell’impegno di spesa originariamente assunto dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
2. Il motivo è inammissibile.
Va premesso, in linea generale, che l’art. 6, comma 5, non è trascritto per intero sicché non può essere apprezzata la violazione di regola ermeneutica (l’interpretazione della Corte è stata nel senso che la clausola escludeva automatismi ed ogni variazione sarebbe avvenuta nel rispetto della contabilità della PA); una volta che si è assunta l’inammissibilità della violazione della regola ermeneutica, perde decisività la circostanza della delibera del 2009.
2.1. Deve aggiungersi che la questione dirimente attiene alla validità delle modifiche contrattuali, in aggiunta a quanto previsto dal contratto originario del 30/10/2006, stipulato tra l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE.
Sia il giudice di prime cure che la Corte d’appello, però, con doppia decisione conforme di merito, ex art. 348ter c.p.c., hanno affermato che il contratto originario del 30/10/2006, prevedeva, oltre all’incarico RAGIONE_SOCIALE per la progettazione definitiva ed esecutiva affidato all’RAGIONE_SOCIALE, un importo dei lavori di euro
28.644.000,00, con un compenso calcolato in favore dei professionisti dell’ATI pari ad euro 1.642.249,00.
Non v’è dubbio che, come accertato dal tribunale e dalla Corte d’appello, successivamente i lavori siano arrivati, a titolo di progetto, alla somma di euro 78.424.399,44, ed il costo dei compensi sia aumentato sino ad euro 2.050.107,67.
Già con la delibera di giunta comunale n. 354 del 21/9/2005 è stato approvato il progetto preliminare dell’opera per euro 28.664.000,00.
Successivamente con la delibera di giunta comunale n. 443 del 16/11/2005 è stato indetto il bando per l’affidamento del progetto definitivo ed esecutivo, con approvazione dello schema di convenzione, con la previsione di un compenso RAGIONE_SOCIALE pari ad euro 1.767.000,00, oltre accessori, per un totale di euro 2.162.808,00.
L’impegno di spesa è stato espressamente previsto in euro 2.162.808,00.
Non v’è dubbio, dunque, che all’epoca della delibera di giunta comunale n. 443 del 16/11/2005, l’importo dei lavori era immutato ed i compensi professionali erano stati computati in una misura uguale all’impegno di spesa (euro 1.767.000,00 oltre accessori, pari ad euro 2.162.808,00, ossia proprio alla somma indicata quale impegno di spesa).
3.1. Con la successiva delibera di giunta comunale n. 90 del 1/3/1996 è stato aggiudicato il progetto definitivo ed esecutivo all’ATI, sempre per opere nella misura di euro 28.664.000,00, con un compenso pari ad euro 1.143.200,50, oltre accessori, sempre dunque all’interno dell’impegno di spesa.
3.2. Con la determinazione n. 1989 del 4/7/2006, prima della stipulazione del contratto del 30/10/2006, i compensi per l’attività
RAGIONE_SOCIALE dell’ATI erano stabiliti in euro 1.642.241,00, per un impegno di spesa di euro 2.010.103,00, comprensivo degli accessori, quindi sempre all’interno dell’impegno di spesa.
3.3. Con la delibera di consiglio comunale n. 76 del 9/3/2006 è stata approvata la variante urbanistica con «pesanti modifiche e aumento della consistenza dei lavori».
È stato dunque stipulato il contratto del 30/10/2006 tra l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con l’affidamento dell’incarico RAGIONE_SOCIALE per la progettazione definitiva ed esecutiva all’RAGIONE_SOCIALE, per lavori di euro 28.644.000,00 e compensi per euro 1.642.241,00.
Nel contratto del 30/10/2006 i compensi venivano determinati in questo modo: euro 733.497,18 per il progetto definitivo; euro 523.270,13 per il progetto esecutivo; euro 192.859,77 per il coordinamento della sicurezza; euro 121.172,80 per impatto ambientale.
Le somme venivano decurtate del 20% in relazione al ribasso d’asta.
4.1. L’ATI con nota del 29/10/2007 ha chiesto il documento preliminare unico alla progettazione.
Il RUP con nota dell’8/11/2007 ha inviato il documento preliminare unico alla progettazione.
Il valore definitivo delle opere è salito ad euro 78.424.399, con compensi a loro volta lievitati ad euro 2.050.107,67, oltre accessori.
Di qui la delibera della giunta comunale n. 223 del 29/4/2009 con approvazione del progetto definitivo, mentre il progetto esecutivo non era stato redatto.
In tale delibera, n. 223 del 2009, manca l’attestazione di copertura finanziaria come pure l’impegno di spesa, in violazione dell’art. 191 del d.lgs. n. 267 2000.
I lavori salgono da euro 28.664.000,00 ad euro 78.424.399,44.
I compensi professionali salgono da euro 1.642.241,00 ad euro 2.050.107,67, in entrambi i casi oltre accessori.
Tuttavia, il limite di spesa, come stabilito nella determinazione n. 1989 del 4/7/2006 era di euro 2.010.103, compresi gli accessori.
Nella delibera n. 223 del 29/4/2009 si dà atto dell’assenza dell’impegno di spesa, con la locuzione «riservandosi di attestare la relativa copertura finanziaria nelle successive fasi del procedimento».
Ed infatti, con atto del dirigente del 25/9/2008 si procede all’elaborazione di un piano economico finanziario, in modo tale da coprire tutti gli impegni di spesa, con capitali privati, attraverso una partenariato pubblico privato, ed utilizzando lo strumento della concessione di realizzazione di opere pubbliche, con copertura del finanziamento privato attraverso i flussi di cassa realizzati dall’esercizio dell’opera pubblica.
Veniva indetta una gara per l’individuazione della società in grado di elaborare il piano economico finanziario.
Veniva scelta la RAGIONE_SOCIALE, che quantificava l’importo dei lavori definitivi in euro 103.000.000,00.
Sia il giudice di prime cure che la Corte d’appello, esaminando espressamente tutte le clausole del contratto del 30/10/2006, hanno ritenuto che le modifiche successive all’importo dei lavori originariamente individuati dovevano essere stabilite per iscritto, trattandosi di contratti con la pubblica amministrazione. Ma ciò non era avvenuto.
L’art. 6, comma 2, del contratto stipulato il 30/10/2006, prevede espressamente che «il corrispettivo spettante al raggruppamento incaricato per le spese da sostenere per l’espletamento dell’incarico, gli onorari e i compensi accessori è calcolato, con riferimento all’importo preventivato delle opere, in
complessivi euro 1.642.242,01, oltre al contributo integrativo la casa previdenza del 2% nonché all’Iva di legge».
Si stabilisce al comma 2 dell’art. 6 del contratto che «i corrispettivi convenuti sono immodificabili ai sensi dell’art. 2233 del codice civile, non è prevista alcuna revisione dei prezzi, non trova applicazione l’art. 1664 primo comma del codice civile per quanto applicabile e non hanno alcuna efficacia gli eventuali aumenti delle tariffe professionali che intervenissero dopo l’affidamento dei servizi di cui al presente contratto».
Al comma 5 dell’art. 6 si stabilisce poi che «eventuali maggiorazioni dell’onorario calcolate sulla base delle tariffe professionali potranno essere concesse qualora si verifichi una delle seguenti circostanze: richiesta da parte dell’amministrazione di modifiche o integrazioni al progetto in contrasto con le istruzioni originariamente impartite o comportanti cambiamenti nell’originaria impostazione progettuale; richiesta da parte dell’amministrazione di progettare l’opera oggetto del presente incarico per un importo superiore a quello indicato all’art. 1 del presente contratto; accertata variazione dei prezzi delle lavorazioni, materiali e/o altro che comporta un dimostrato aumento dell’importo preventivato dell’opera di cui all’art. 1».
8. Il tribunale di Firenze, con la sentenza n. 479 del 2016, ha interpretato proprio la clausola 6 del contratto del 30/10/2006, affermando con decisione che «i patti negoziali sono chiari nell’ancorare la determinazione del compenso a quanto originariamente stanziato; ogni possibile modifica sul punto avrebbe richiesto un nuovo incontro delle volontà per rinnovare l’accordo».
Ha anche aggiunto il tribunale che l’RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza di tale circostanza «perché in sede di successivi contatti con l’amministrazione pubblica, pur avendo sottolineato l’esigenza, al di
evitare dei previsti costi di costruzione, di aggiornare corrispettivi professionali […] aveva ricevuto risposte evasive […] e allorquando l’RAGIONE_SOCIALE ha depositato il progetto definitivo l’11/2/2008 e secondo ‘le modalità definite dal relativo contratto di incarico RAGIONE_SOCIALE‘ non era intervenuto alcun accordo sul punto».
A tal fine, e quindi ad ingenerare un’obbligazione contrattuale, in mancanza di patto negoziale di modifica redatto in forma scritta, non poteva bastare «il contenuto della delibera n. 223/2009 della giunta comunale ove ci si limita ad approvare […] il progetto definitivo nel cui ambito sono enumerati anche lievitati costi professionali (ad euro 2.050.107,67 per la progettazione definitiva nonché per lo studio di impatto ambientale, ed euro 1.778.814,90 per quella esecutiva, comprensiva del coordinamento sicurezza in fase di progettazione)».
A nulla rileva, come affermato dal tribunale, la circostanza che successivamente all’attuato incarico, il RAGIONE_SOCIALE abbia approvato il progetto definitivo, trattandosi di delibera costituente un atto interno, privo di rilevanza esterna.
Per il tribunale mancava «l’attestazione di copertura finanziaria in quanto la delibera in oggetto si limita a rinviare alla approvazione del piano economico-finanziario che avrebbe dovuto essere successivamente realizzato da società esterna, ‘riservandosi di attestare la relativa copertura finanziaria nelle successive fasi del procedimento’».
La Corte d’appello di Firenze adotta una decisione conforme a quella di prime cure, sulla base dei medesimi elementi di fatto.
Seppure con stringata motivazione la Corte d’appello afferma che «eventuali atti e/o accordi successivi non potevano fondare alcuna ulteriore pretesa economica in quanto il contratto intercorso facoltizzava l’ente a richiedere delle varianti, ma non aveva creato alcun automatismo per l’aumento del compenso, in ossequio alle
norme di contabilità generale dello Stato (art. 11 R.D. 2440/1923 Legge sulla Contabilità RAGIONE_SOCIALE dello Stato)».
Ha chiarito la Corte d’appello che, quindi,«la possibilità di eventuali maggiorazioni di cui all’art. 6 comma 5 del contratto doveva essere interpretata nel senso che le parti avevano previsto che il prezzo della prestazione potesse variare, ma nel rispetto della normativa sulla contabilità della pubblica amministrazione».
A prescindere dalle espressioni formalmente utilizzate, è evidente che il giudice di prime cure e la Corte d’appello, sulla base degli stessi elementi di fatto, siano giunte alla identica conclusione, reputando infondata la domanda dell’ATI di pagamento dei maggiori compensi, in assenza di contratto scritto, trattandosi di negozi stipulati con la pubblica amministrazione.
10. Per questa Corte, infatti, ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348ter , commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass., sez. 6-2, 9/3/2022, n. 7724; Cass., sez. 3, 19/9/2019, n. 23334; Cass., sez. 1, 22/5/2019, n. 13835).
11. Inoltre, deve osservarsi che, poiché la ricorrente principale propone una diversa interpretazione degli atti negoziali, avrebbe dovuto indicare con precisione i criteri di ermeneutica contrattuale che sarebbero stati violati, proponendo una diversa interpretazione sulla base di diversi presupposti di maieutica negoziale.
Ed infatti, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli articoli 1362 e seguenti c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass., 1/3/2019, n. 6156; Cass., n. 5647 del 2019; Cass. n. 6125 del 2014; Cass. n. 16254 del 2012; Cass. n. 24539 del 2009; Cass., sez. 3, 17/7/2003, n. 11193).
11.1. Inoltre, deve osservarsi che, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. Ne consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Cass., 15/11/2017, n. 27136; Cass., sez. 1, 20/1/2021, n 995).
Tale onere di allegazione dei corretti criteri legali di maieutica contrattuale non è stato in alcun modo ottemperato da parte della ricorrente, benché la Corte d’appello abbia compiuto una adeguata interpretazione dell’art. 6 del contratto stipulato il 30/10/2006.
Anzi, il criterio letterale invocato dall’RAGIONE_SOCIALE nel ricorso e poi ribadito nella memoria scritta, va proprio nel senso affermato dai giudici di merito, in quanto l’art. 6 del contratto fa riferimento, come evidenziato dai giudici di merito, ad «eventuali maggiorazioni», che «potranno essere concesse», delineando quindi solo la possibilità di un successivo accordo in tal senso, che non si è mai concretizzato in un patto scritto.
12. Con il secondo motivo di impugnazione principale la ricorrente deduce la «violazione dell’art. 111 Costituzione e dell’art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c. per motivazione illogica e obiettivamente incomprensibile, e per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.). Violazione e/o falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 191 d.lgs. 267/2000 (TUEL) e degli articoli 1321 e 1372 c.c. (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.)».
La ricorrente impugna la sentenza della Corte d’appello, che ha rigettato il secondo motivo di appello principale dell’ATI, ossia l’azione di risarcimento proposta in via subordinata nei confronti dei funzionari e degli amministratori del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Ad avviso della corte d’appello, dunque l’art. 191 TUEL prevede che il rapporto obbligatorio si instauri nei confronti del funzionario, amministratore, dipendente pubblico, solo se l’acquisizione della prestazione avvenga senza che sia stato deliberato o disposto in ordine all’impegno contabile e alla relativa copertura finanziaria.
Tuttavia, ad avviso della Corte territoriale, nella fattispecie in esame «esisteva un contratto e la relativa copertura finanziaria».
Inoltre, sempre a giudizio della Corte di merito, «l’attività successivamente svolta dall’RAGIONE_SOCIALE è stata svolta nella consapevolezza della mancanza sia di contratto scritto sia nella mancanza di copertura finanziaria».
Di qui, la conclusione per cui «era nella facoltà dell’attuale appellante di rifiutarsi di eseguire la prestazione».
Per il giudice di secondo grado, allora, «l’RAGIONE_SOCIALE era a conoscenza che le maggiori prestazioni avrebbero potuto essere oggetto di maggiore remunerazione nell’ipotesi in cui il RAGIONE_SOCIALE avesse rinvenuto ulteriori risorse finanziarie; pertanto l’aver deciso scientemente di svolgere comunque le ulteriori prestazioni era una decisione che non poteva ricadere sugli amministratori e funzionari».
Per la ricorrente, invece, il progetto definitivo era stato ormai approvato ed «era perfettamente dotato della necessaria copertura finanziaria».
Pure incomprensibile sarebbe stata l’ulteriore porzione di motivazione della Corte d’appello che ha, dapprima, accertato che esisteva un contratto e la relativa copertura finanziaria e, immediatamente dopo, ha invece affermato che l’attività «è stata svolta nella consapevolezza della mancanza sia di contratto scritto sia della mancanza di copertura finanziaria».
Oltre a ciò, vi sarebbe un errore di diritto nell’applicazione dell’art. 191 del TUEL.
È vero, infatti, che tale articolo prevede la facoltà di non eseguire la prestazione da parte del professionista, fino a quando non riceve la comunicazione dei dati relativa all’impegno di spesa ed alla copertura finanziaria, ma tale facoltà è attribuita al terzo «fermo restando quanto disposto al comma 4».
Insomma, pur concedendo al professionista la facoltà di astenersi dal compiere le attività richieste irregolarmente alla PA, il legislatore fa espressamente salva «l’obbligazione che grava sul pubblico funzionario, e gli effetti che ne derivano qualora il privato fornitore, anziché astenersi, porti a compimento l’attività richiesta, così determinando ‘l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1,2 e 3».
L’obbligazione in capo al funzionario pubblico sorge quindi «in modo del tutto indipendente dalla consapevolezza o meno, da parte del terzo, delle irregolarità formali e/o finanziarie».
La ratio della disposizione, per la ricorrente, è proprio quella di sanzionare le condotte irregolari di pubblici funzionari, salvaguardando contestualmente i diritti dei terzi interessati a non veder sacrificati i loro diritti di natura economica allorché, su richiesta della PA, eseguono prestazioni che la stessa non poteva richiedere.
Se dunque, la consapevolezza da parte del terzo circa l’irregolarità della richiesta fosse sufficiente ad escludere la responsabilità dei funzionari pubblici, «la norma sarebbe del tutto svuotata di contenuti».
Il motivo è infondato.
13.1. Si precisa che la motivazione della sentenza della Corte d’appello è presente, non solo in senso grafico, ma anche nell’indicazione delle argomentazioni logico-giuridiche sottese alla decisione.
Non si riscontra alcuna contraddittorietà nella sentenza della Corte di merito che, da un lato, ha rilevato che esisteva un contratto come pure la relativa copertura finanziaria, in ordine ovviamente al contratto stipulato il 30/10/2006, per l’importo complessivo dei lavori pari ad euro 28.644.000,00 e compensi professionali pari ad
euro 1.142.241,00, ma dall’altro ha evidenziato che non sussisteva un nuovo contratto o una nuova pattuizione in relazione a quanto stabilito dalla delibera n. 223 del 29/4/2009 del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con cui era stato approvato il progetto definitivo. In tal caso i lavori erano aumentati sino ad euro 78.424.399,44 ed i compensi sino ad euro 2.050.107,67.
14. La ratio decidendi della sentenza della Corte territoriale è percepibile perché l’instaurazione del rapporto obbligatorio con il funzionario è stata esclusa sul presupposto che il rapporto per il quale risulta pretesa la maggiorazione comportava un contratto scritto, condizionato al reperimento di ulteriori risorse finanziare (da mettere in relazione all’ ‘eventualità’ di cui sopra), e il rapporto obbligatorio con il funzionario presuppone che comunque vi sia stata acquisizione di servizi in carenza di impegno di spesa, acquisizione che la Corte ha escluso affermando che avrebbe richiesto il contratto scritto; quest’ultimo rilievo, dato il presupposto di fatto della carenza dell’acquisizione del servizio per iscritto, esclude pure la violazione dell’art. 191 TUEL.
15. L’azione diretta del fornitore nei confronti dell’amministratore o funzionario che, ai sensi dell’art.191, c.4, T.U.E.L. abbia consentito l’acquisizione di beni o servizi può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell’impegno contabile e della sua registrazione sul competente capitolo di bilancio e non anche nell’ipotesi in cui tali requisiti siano stati rispettati, ancorché sussista l’invalidità del contratto concluso dall’ente locale per assenza di forma scritta, non potendo operare, in tali ipotesi, in caso di invalidità del titolo negoziale, il meccanismo di sostituzione nel rapporto obbligatorio previsto dalla legge. Ne consegue che il fornitore può in tali circostanze promuovere l’azione di ingiustificato arricchimento
nei confronti dell’ente comunale, nella ricorrenza dei presupposti di legge (Cass., n. 5480 del 2024).
Pertanto, poiché la Corte territoriale ha accertato che l’acquisizione del servizio non è avvenuta in forma scritta e, dunque, il contratto valido non c’è, la conseguenza è che non è possibile esperire l’azione diretta nei confronti del funzionario.
Diventa, allora, del tutto irrilevante la questione in ordine alla consapevolezza da parte del professionista della carenza dell’impegno di spesa.
La ratio decidendi è che mancava un titolo valido per la carenza della forma scritta, e dunque, sotto questo profilo, l’acquisizione del servizio.
Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione dell’art. 111 Costituzione e dell’art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c. per motivazione meramente apparente (ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.). Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio (ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.)».
La ricorrente riporta la sintetica motivazione della Corte d’appello in base alla quale «per quanto concerne l’arricchimento senza causa occorreva che la PA si fosse avvalsa del lavoro ulteriore svolto dall’ATI, circostanza quest’ultima che era pacificamente mancata nella fattispecie: il progetto non era stato portato a compimento né utilizzato».
Ad avviso della ricorrente le ragioni per cui il tribunale ha rigettato la domanda di arricchimento senza causa nei confronti del RAGIONE_SOCIALE differirebbero da quelle utilizzate dalla Corte territoriale.
Per tale ragione, non sussiste una doppia decisione conforme di merito ex art. 348ter c.p.c., ostativa ad articolazione di un motivo
di ricorso per cassazione per censura della motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Inoltre, sarebbe incontestabile «il carattere meramente apparente della motivazione sopra trascritta, ove non risulta neppure comprensibile cosa si voglia affermare con l’espressione «il progetto non è stato portato a compimento né utilizzato».
Tra l’altro, la Corte d’appello non solo ha utilizzato un precedente della Corte di cassazione, risalente al 1996, espressione di orientamento ormai del tutto superato, ma addirittura ritenuto pacifiche alcune circostanze di fatto che, invece, erano «state oggetto di ampio dibattito nel corso di entrambi i gradi di giudizio».
Tant’è vero che il terzo motivo d’appello principale dell’ATI era stato proprio dedicato alla prova «del fatto oggettivo dell’arricchimento», non soltanto «comprovando che il progetto definitivo è stato realizzato e completato secondo le indicazioni ricevute dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e da esso approvato e formalmente acquisito, ma altresì dimostrando che detto progetto è stato anche ‘utilizzato’ dal RAGIONE_SOCIALE».
Tra l’altro, il progetto era stato utilizzato dal RAGIONE_SOCIALE in occasione della delibera n. 233 del 2009, con cui, su conforme proposta del dirigente e del responsabile del procedimento, vi era stata l’approvazione all’unanimità del progetto, con acquisizione dello stesso in capo all’amministrazione, oltre che del corrispettivo spettante all’ATI, pur prevedendosi di «procedere sulla base del progetto definitivo approvato con il presente atto alla richiesta dei pareri e delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione delle opere previo sviluppo del progetto esecutivo».
Il progetto è stato poi sottoposto alla RAGIONE_SOCIALE, al fine di ottenere il finanziamento per la costruzione dell’impianto, che però non era stato deliberato.
Il progetto definitivo approvato è stato utilizzato ed allegato anche per la predisposizione del piano economico finanziario e della delibera della giunta comunale n. 77 del 23/2/2011 e n. 261 del 3/5/2011, intese realizzare l’opera tramite una concessione di lavori pubblici.
Il progetto definitivo e approvato è stato anche inserito nel programma triennale dei lavori pubblici 2011/2013 allegato alla delibera di consiglio comunale n. 36 del 10/3/2011.
Da tali circostanze di fatto emerge che il progetto è stato anche utilizzato dal RAGIONE_SOCIALE, mentre la Corte d’appello ha completamente omesso di esaminare tali circostanze di fatto.
18. Il motivo è fondato.
18.1. Si premette preliminarmente che non si è dinanzi a una doppia decisione conforme di merito, in quanto il tribunale ha rigettato la domanda ex art. 2041 c.c. proposta dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, reputando che la documentazione prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE non fosse sufficiente per dimostrare l’intero ammontare dell’importo richiesto con il decreto ingiuntivo.
Per il tribunale, quindi, non vi era prova effettiva dell’arricchimento. Il giudice di prime cure ha affermato che «per diretta ammissione degli stessi opposti che hanno prodotto un articolo di stampa sull’argomento (si tratta di notizia del resto notoria livello locale sulla mancanza di soggetti privati disposti a finanziare un’opera siffatta, anche alla luce della pesante retrocessione della squadra calcistica), l’ente locale non ha alcuna concreta possibilità di realizzare il nuovo stadio, così come progettato dagli interessati (dunque, tale progettazione rimarrà inutilizzata negli archivi comunali); ma, soprattutto, difettano adeguati elementi in causa per poter addivenire ad una valutazione in termini oggettivi di tale arricchimento. Invero, parte opposta non ha prodotto la
documentazione relativa al lavoro tecnico effettivamente svolto, così da rendere, del pari, impercorribile l’espletamento di una CTU (in se non in termini esplorativi giacché il consulente dovrebbe essere autorizzato ad acquisire la necessaria documentazione pur dopo la scadenza dei termini preclusivi di cui all’art. 183 c.p.c.); e sono del pari elusivi del rispettivo onere probatorio le plurime richieste di esibizione di documenti che in quanto pubblici ben avrebbero potuto essere reperiti tempestivamente dai diretti interessati».
La Corte d’appello, invece, con lapidaria motivazione, del tutto apparente, ha ritenuto che «per quanto concerne l’arricchimento occorreva che la PA si fosse avvalsa del lavoro ulteriore svolto dall’ATI, circostanza, quest’ultima che era pacificamente mancata nella fattispecie: il progetto non era stato portato a compimento né utilizzato. In questo senso la RAGIONE_SOCIALE (1025/1996) secondo cui ‘in tema di azione di indebito arricchimento nei confronti della PA, il riconoscimento, da parte di enti pubblici, dell’utilità di una prestazione RAGIONE_SOCIALE (nella specie, redazione di un progetto di massima, da parte di un ingegnere e di un architetto per la realizzazione di una strada), si realizza con la mera utilizzazione della stessa…’».
È evidente che trattasi di una motivazione del tutto inesistente e solo meramente apparente, non essendo in alcun modo esplicativa l’espressione «il progetto non era stato portato a compimento né utilizzato».
Deve, infatti, evidenziarsi che non si capisce se la Corte d’appello faccia riferimento al progetto preliminare di cui alla delibera della giunta comunale n. 354 del 21/9/2005, oppure al progetto esecutivo, per il quale era stato emesso il bando per l’affidamento dello stesso con delibera di giunta comunale n. 443 del 16/11/2005 e che era
stato successivamente aggiudicato all’RAGIONE_SOCIALE con delibera di giunta comunale n. 90 del 1/3/2006.
Non si coglie neppure se con l’espressione utilizzata «il progetto non era stato portato a compimento», si intenda affermare che era stato realizzato solo il progetto definitivo, senza però la redazione del progetto esecutivo, stimato in euro 523.270,13 nel contratto del 30/10/2006, e senza il coordinamento della sicurezza, stimato in euro 192.859,77 e senza l’impatto ambientale indicato nel valore di euro 121.172,80 nel medesimo contratto del 30/10/2006.
Risulta, peraltro, pacificamente in atti che l’ATI ha posto in essere esclusivamente la progettazione definitiva, ma non la progettazione esecutiva, come risulta anche dal ricorso per decreto ingiuntivo presentato dall’ATI delle professionisti, riportato per stralci a pagina 26 del controricorso del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Quanto, poi, alla mancanza di «utilizzazione», non si fa riferimento ad alcun elemento istruttorio, sicché il termine rimane scevro di qualsiasi significato univoco, sì da colorare la motivazione come meramente apparente.
21. Ciò, senza considerare che la sentenza di questa Corte richiamata n. 1025 del 1996, fa riferimento ad un orientamento giurisprudenziale di legittimità del tutto superato.
Ed infatti, per questa Corte, il riconoscimento dell’utilità da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 cod. civ. nei confronti della RAGIONE_SOCIALE. ha solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò, quindi, di “arricchimento imposto” (Cass., Sez.U., 26/5/2015, n. 10798).
Si è quindi privilegiata l’interpretazione giurisprudenziale volta a predicare una valutazione oggettiva dell’arricchimento che prescinde dal riconoscimento esplicito o implicito dell’ente beneficiario.
Il diritto fondamentale di azione del depauperato può adeguatamente coniugarsi con l’esigenza, altrettanto fondamentale, del buon andamento dell’attività amministrativa, affidando alla stessa pubblica amministrazione l’onere di eccepire e provare il rifiuto dell’arricchimento o l’impossibilità del rifiuto per la sua inconsapevolezza (arricchimento imposto).
L’impostazione contraria, fondata sulla necessità di un riconoscimento esplicito o implicito degli organi rappresentativi, risulta ancorata ad una lettura dell’istituto in chiave contrattuale è stata già stigmatizzata dalla Corte di cassazione (Cas. n. 23385 del 2008).
L’arricchimento va ricondotto ad una dimensione fattuale di evento oggettivo, escludendo che la qualificazione pubblicistica del soggetto arricchito possa essere vocata a fondamento di una riserva di discrezionalità in punto di riconoscimento dell’arricchimento e/o del suo ammontare.
Nella specie, però, non risultano né il rifiuto da parte della PA dell’arricchimento nè l’impossibilità di rifiutarlo perché inconsapevole dell’ eventum utilitatis .
22. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione dell’art. 111 Costituzione e dell’art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c., per motivazione meramente apparente (ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.). Violazione e/o falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 191 del TUEL e degli articoli 2033 e 2036 c.c. (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio (ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.)».
Si censura il capo della sentenza della Corte d’appello che ha accolto la domanda riconvenzionale di restituzione proposta dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE.
Chiarisce la ricorrente che «ovviamente, l’accoglimento dei precedenti – o di uno dei precedenti – motivi di ricorso implicherebbe di per sé l’accoglimento anche del quarto e dunque la riforma sul punto dalla sentenza di secondo grado».
Anche in questo caso la sentenza della Corte d’appello può essere integralmente trascritta, stante la sua stringatezza, nel senso che «a giudizio di questa Corte legittima era la domanda di restituzione formulata dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’ATI di rimborso delle somme versate in eccesso rispetto a quanto previsto nel contratto del 30/10/2006 in quanto somme aventi ad oggetto l’esecuzione di attività e prestazioni aggiuntive svolte in violazione di uno specifico precetto normativo».
Si tratterebbe anche in questo caso di una motivazione meramente apparente e, comunque, incomprensibile.
Non si riesce neppure a comprendere quali siano le somme che il RAGIONE_SOCIALE avrebbe addirittura versate in eccesso rispetto alle previsioni contrattuali.
23. Il motivo è fondato.
Oltre all’apparenza della motivazione, non essendo indicato nemmeno l’importo delle somme da restituire al RAGIONE_SOCIALE e neppure le modalità di calcolo delle stesse, l’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso comporta inevitabilmente anche l’accoglimento del quarto motivo, strettamente dipendente dei precedenti motivi di ricorso.
Deve del resto evidenziarsi che il compenso RAGIONE_SOCIALE era stato quantificato in un euro 1.642.241,01, di cui euro 1.570.799,108 in relazione ai compensi (euro 733.497,18 per
progettazione definitiva; euro 523.270,13 per progettazione esecutiva; euro 192.859,77 per coordinamento sicurezza; euro 121.172,50 per studio di impatto ambientale), con detrazione del 20% come da offerta, quindi per la somma di euro 1.256.639,66, oltre spese nella misura di euro 385.601,35.
Tuttavia, i professionisti si erano limitati ad eseguire soltanto la progettazione definitiva e non quella esecutiva, sicché dovevano sottrarsi parte del compenso relativo alla progettazione esecutiva, al coordinamento sicurezza in fase di progettazione ed allo studio di impatto ambientale, che prevedevano un importo massimo di euro 884.012,96.
Di tutto ciò, non vi è alcuna traccia nella motivazione della sentenza la Corte d’appello.
24. Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «violazione dell’art. 111 Costituzione e dell’art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c. per motivazione meramente apparente (ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.). Violazione e/o falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 191 del TUEL e degli articoli 2033 e 2036 c.c. (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio (ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.)».
Sempre in relazione alla domanda riconvenzionale accolta dal tribunale, per la restituzione da parte dell’ATI delle somme in favore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nell’atto d’appello principale l’ATI aveva domandato, in subordine alla richiesta di rigetto, ed in riforma della sentenza di primo grado, che la Corte d’appello, nel caso di accoglimento della riconvenzionale: «a) condannasse gli amministratori e funzionari a manlevare e tenere indenne l’ATI per tali somme, ex art. 191 d.lgs. 267/00; b) ed in ulteriore ipotesi,
condannasse il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a indennizzare l’RAGIONE_SOCIALE, per tali somme, a titolo di arricchimento senza causa».
Su tali domande non si era pronunciato né il giudice di prime cure né la Corte d’appello.
Per la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, dunque, la Corte d’appello sarebbe incorsa nel vizio di omessa pronuncia.
Pertanto, in ipotesi di conferma dell’accoglimento della riconvenzionale proposta dal RAGIONE_SOCIALE, funzionari ed amministratori chiamati in causa dovevano essere condannati a tenere indenne l’ATI per le somme medesime, ai sensi dell’art. 191, comma 4, del TUEL.
Allo stesso modo, in caso di conferma dell’accoglimento della domanda riconvenzionale, il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE deve essere condannato a tenere indenne l’ATI per le somme medesime, ai sensi dell’art. 2041 c.c.
A seguito dell’accoglimento dei motivi terzo e quarto di ricorso principale per cassazione, il quinto motivo resta assorbito, dovendo il giudice del rinvio provvedere a riesaminare tutto il materiale istruttorio alla stregua dei principi di diritto enunciati da questa Corte.
26. Il controricorrente NOME COGNOME ha articolato un ricorso incidentale condizionato, deducendo «riproposizione della domanda riconvenzionale o c.d. trasversale nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, per quanto occorrer possa anche in via di ricorso incidentale condizionato» (cfr. pagina 33 del controricorso).
In particolare, deduce la «violazione dell’art. 111 Costituzione e dell’art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c., per motivazione meramente apparente (ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.). Violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su motivo di appello incidentale condizionato (ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.). Violazione dell’art. 2041 c.c. (ex art. 360, primo comma, n. 3,
c.p.c.). Omesso esame di fatti e documenti decisivi per il giudizio (ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.).
In sostanza, il ricorrente incidentale deduce che sussistono in favore del funzionario o dell’amministratore le condizioni affinché egli possa esercitare l’azione ex art. 2041 c.c. verso l’ente nei limiti dell’arricchimento da questo conseguito.
Allo stesso modo, il contraente privato e legittimato, ‘ utendo iuribus ‘ del funzionario (o amministratore) suo debitore, ad agire contro la pubblica amministrazione in via surrogatoria ex art. 2900 c.c. per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni, quando il patrimonio del funzionario o dell’amministratore non fra adeguata garanzia.
In realtà, l’azione di indebito arricchimento è l’unica che il funzionario/amministratore può far valere per evitare che l’amministrazione goda di un vantaggio senza averne mai pagato il corrispettivo.
27. Il ricorso incidentale condizionato è assorbito.
Invero, per questa Corte il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza, cosicché è inammissibile il ricorso proposto dalla parte che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, proposto al solo scopo di risollevare questioni che non sono state decise dal giudice di merito perché assorbite dall’accoglimento di altra tesi, avente carattere preliminare, salva la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza (Cass., sez. 5, 25/10/2023, n. 29662).
28. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso; diAVV_NOTAIO assorbito il quinto motivo; rigetta per il resto; diAVV_NOTAIO assorbito il ricorso incidentale condizionato;
cassa la sentenza impugnata in ordine ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo 2025