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Arricchimento senza causa: la prova dell’impoverimento

Un fornitore ha citato in giudizio un circolo sportivo per il mancato pagamento di utenze. In assenza di un contratto scritto, la richiesta è stata inizialmente respinta. In appello, la domanda è stata riqualificata come azione di arricchimento senza causa. La Corte d’Appello ha rigettato l’appello, sottolineando che il fornitore non ha provato il proprio impoverimento. La sola presentazione delle fatture, senza la prova del relativo pagamento, non è stata ritenuta sufficiente a dimostrare un danno patrimoniale effettivo.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Arricchimento senza causa: perché non basta mostrare le fatture?

L’azione di arricchimento senza causa è uno strumento cruciale nel nostro ordinamento, pensato per ripristinare l’equilibrio patrimoniale quando una parte si arricchisce a danno di un’altra senza un valido motivo giuridico. Una recente sentenza della Corte di Appello di Roma ci offre un’importante lezione pratica su questo tema, chiarendo che per ottenere un indennizzo non è sufficiente lamentare un mancato pagamento, ma è indispensabile provare concretamente il proprio impoverimento. Analizziamo insieme questo caso.

I Fatti del Caso: Una Fornitura di Servizi Senza Contratto

Tutto ha origine da una controversia tra un soggetto fornitore di servizi e un circolo tennistico. Il fornitore citava in giudizio il circolo chiedendo il pagamento di quasi 50.000 euro per la fornitura di utenze idriche ed elettriche. Il problema principale? Tra le parti non era mai intervenuto un contratto scritto che regolamentasse tale fornitura.

Il Tribunale di primo grado, proprio a causa dell’assenza di un accordo formale, aveva respinto la domanda. La motivazione si basava sul principio che i rapporti contrattuali, specialmente quelli che coinvolgono forniture di questo tipo, necessitano di una forma scritta almeno ai fini della prova (ad probationem).

L’Appello e il Tentativo di Riqualificare la Domanda

Di fronte alla sconfitta in primo grado, il fornitore ha proposto appello, tentando una nuova strada: ha chiesto alla Corte di considerare la sua richiesta non più come l’adempimento di un contratto, ma come un’azione di arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 del Codice Civile. L’idea di fondo era: anche se non c’è un contratto, il circolo si è comunque arricchito utilizzando le utenze senza pagarle, mentre io mi sono impoverito sostenendone i costi.

Le Motivazioni della Corte d’Appello: La Prova dell’Impoverimento

La Corte di Appello, pur prendendo atto della nuova impostazione giuridica, ha rigettato l’appello per una ragione tanto semplice quanto fondamentale: la mancanza di prova.

L’Onere della Prova nell’Azione di Arricchimento Senza Causa

I giudici hanno applicato il cosiddetto “principio della ragione più liquida”, decidendo il caso sull’elemento più evidente e risolutivo. Per avere successo in un’azione di arricchimento senza causa, non basta dimostrare che la controparte ha ottenuto un vantaggio. L’attore ha l’onere di provare due elementi collegati tra loro:
1. L’arricchimento altrui.
2. Il proprio conseguente impoverimento (depauperamento).

È proprio su questo secondo punto che la domanda del fornitore è naufragata. Egli si è limitato a depositare in giudizio le fatture delle utenze, intestate a sé stesso, sostenendo che i consumi fossero attribuibili al circolo tennistico. Tuttavia, non ha mai fornito la prova di aver effettivamente pagato quelle fatture.

L’Insufficienza delle Fatture Non Pagate

La Corte ha chiarito un punto decisivo: una fattura rappresenta un documento fiscale che attesta un credito del somministratore (es. la compagnia elettrica), ma non dimostra di per sé che il soggetto intestatario l’abbia pagata. Senza la prova dell’avvenuto pagamento (ad esempio, una ricevuta bancaria), non si può affermare che il patrimonio del fornitore abbia subito una diminuzione effettiva. Di conseguenza, mancando la prova del depauperamento, viene meno uno dei pilastri su cui si fonda l’azione di arricchimento senza causa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce un principio cardine del diritto processuale: chi agisce in giudizio ha l’onere di provare i fatti che costituiscono il fondamento della propria pretesa. Nel contesto dell’azione di arricchimento senza causa, ciò significa fornire una prova rigorosa non solo del vantaggio ottenuto dalla controparte, ma anche e soprattutto del danno economico concretamente subito. Depositare fatture non è sufficiente; è necessario dimostrare di averle saldate, trasformando un semplice debito su carta in una perdita patrimoniale reale e dimostrabile. La sentenza serve da monito per chiunque intenda intraprendere azioni legali di questo tipo: la preparazione della prova è tanto importante quanto la fondatezza del diritto che si intende far valere.

È sufficiente presentare le fatture delle utenze per dimostrare un credito verso chi le ha utilizzate?
No, secondo la decisione in esame, non è sufficiente. L’attore deve anche fornire la prova di aver effettivamente pagato tali fatture, dimostrando così il proprio impoverimento (depauperamento).

Si può agire per arricchimento senza causa se manca un contratto scritto?
Sì, l’azione per arricchimento senza causa può essere intrapresa proprio quando manca un titolo giuridico (come un contratto) che giustifichi lo spostamento patrimoniale. Tuttavia, chi agisce deve provare tutti gli elementi costitutivi dell’azione.

Cosa deve provare chi agisce in giudizio per arricchimento senza causa?
La sentenza chiarisce che chi agisce deve allegare e provare non solo l’arricchimento della controparte, ma anche e soprattutto il proprio depauperamento, ovvero la diminuzione patrimoniale subita. Senza la prova di questo elemento, la domanda non può essere accolta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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