Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34987 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
sul ricorso 16967/2023 proposto da:
COMUNE DI GENZANO DI ROMA rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI MARINO rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO di ROMA n. 4743/2023 depositata il 03/07/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/12/2024 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 4743/2023 depositata il 3.7.2023 la Corte di appello di Roma, definendo il contenzioso insorto tra il Comune di Genzano ed il Comune di Marino in ordine alle spese sostenute dal primo per il ricovero presso una RSA ubicata nel proprio territorio di tre pazienti residenti nel territorio del secondo, ha accolto il gravame del Comune di Marino ed in riforma dell’impugnata decisione di primo grado, che aveva ritenuto quest’ultimo a mente dell’art. 2041 cod. civ. gravato del relativo onere, ha respinto la domanda di rimborso proposta nei suoi confronti dal Comune di Genzano.
La Corte territoriale ha sul punto richiamato il dettato dell’art. 4, comma 6, l. 8 novembre 2000, n. 328, alla stregua del quale l’onere in questione deve far capo al comune di residenza, ma ha però fatto notare che rispetto al predicato normativo, che prevede che il comune di residenza sia “previamente informato”, l’obbligo di informazione in tal modo previsto -peraltro volto a far sì che il comune interessato possa vagliare i presupposti per l’erogazione dei contributi e così coordinare l’intervento con la necessità di rispettare i vincoli del proprio bilancio -era rimasto nella specie inevaso dato che il Comune di Genzano solo nel 2015 aveva comunicato alla controparte di avere in carico i tre pazienti residenti al momento del ricovero nel Comune di Marino, con l’effetto, dunque, che l’azionata domanda di rimborso -per vero non scrutinabile neppure a mente dell’art. 2041 cod. civ., non configurandosi, in difetto del preavviso, un arricchimento del comune di residenza non tenuto ad assolvere alcun obbligo assistenziale e facendo altresì difetto il requisito della sussidiarietà potendo applicarsi la disciplina dell’indebito soggettivo -non risultava di conseguenza accoglibile.
Per la cassazione di detta sentenza il Comune di Genzano si affida a tre motivi di ricorso, ai quali resiste con controricorso e memoria il Comune di Marino.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo motivo di ricorso -con cui si deduce la nullità dell’impugnata sentenza e la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 4, l. 328/2000, nonché degli artt. 32 e 38 Cost. in uno con l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte di appello, determinandosi nei riferiti termini, aveva ritenuto che la preventiva informazione fosse elemento costitutivo e imprescindibile della fattispecie, con ciò ponendosi tuttavia in contrapposizione con l’art. 12 delle preleggi, i principi e la ratio dell’impianto normativo di riferimento ed i richiamati principi costituzionali, e non aveva tenuto conto che a decorrere dall’anno 2016 il Comune di Marino aveva preso in carico i pazienti interessati pur in difetto di una previa informazione -ed il secondo motivo di ricorso -con cui si deduce la nullità dell’impugnata sentenza e la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 4, l. 328/2000 e degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. perché la Corte di appello, determinandosi nei riferiti termini, era incorsa nell’errata interpretazione della normativa di riferimento, in contraddittorietà della motivazione e nell’omesso esame di circostanze, domande ed eccezione ritualmente avanzate decisive ai fini del giudizio -scrutinabili congiuntamente in quanto strettamente avvinti, non meritano seguito in quanto le censure in essi contenute, quantunque si svolgano in modo coerente rispetto all’ iter motivazionale seguito dal decidente, si rivelano, all’atto di un inquadramento più puntuale dello scenario giuridico attinto dalla vicenda, prive di obiettiva decisività.
3. Ma valga il vero.
Va detto, allora, che la norma che il decidente ha inteso richiamare per regolare il caso in giudizio, anche nel profilo che attiene alla divisata inesperibilità dell’azione di arricchimento senza causa, è stata impropriamente richiamata.
L’art. 6, comma 4, l. 328/2000 di cui si tratta stabilisce che “per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all’eventuale integrazione economica”. E’ di palmare evidenza, per gli argomenti già sviluppati dalla giurisprudenza di questa Corte nei propri precedenti e, segnatamente, in Cass. 3791/2019 ed, ancora, più di recente, in Cass. 5869/2022, che la norma, nel quadro delle misure dirette a ridisegnare l’assetto del sistema integrato di interventi e servizi sociali nel segno di una piena attuazione del decalogo costituzionale nascente dagli art. 2, 3 e 38 Cost., intende assicurare ai soggetti meno abbienti che, in ragione delle loro condizioni di salute e, più in generale, della loro condizione di minorità, evidenzino la necessità di prestazioni assistenziali erogabili solo in regime di collocazione presso strutture residenziali idonee, il diritto al mantenimento e all’assistenza sociale necessari, nel caso specifico prevedendo che i Comuni di residenza si facciano carico di provvedere alle integrazioni economiche necessarie. Trova in tal modo codificazione un’obbligazione ex lege che il Comune di residenza assume direttamente nei confronti dei propri residenti in ragione della condizione di bisogno in cui essi versino e delle necessità di assicurare agli stessi le forme di assistenza idonee mediante la loro collocazione in strutture abilitate. Il correlativo diritto, a cui la norma mette capo, è in questa cornice solo quello del soggetto che, necessitando del ricovero presso siffatte strutture, non dispone dei mezzi patrimoniali atti sostenerne i costi ed ha perciò titolo per reclamare dal proprio comune di residenza l’integrazione economica occorrente. E’ solo in questa logica, sottesa al rapporto che per effetto della norma si instaura tra il Comune di residenza, da un lato, ed il proprio residente che versa in condizione di bisogno e che necessita di essere ospitato presso
una struttura abilitata, dall’altro, che si giustifica la condizione della previa informativa, in quanto è solo in funzione delle esigenze di programmazione finanziaria del Comune che questo deve essere messo in grado di conoscere quanti siano i suoi residenti bisognevoli di essere assistiti in forma residenziale e di poter provvedere, nel rispetto degli equilibri di spesa, ai necessari stanziamenti di bilancio. Fuori, perciò, da questo ambito, che si identifica nel rapporto tra il soggetto obbligato (il Comune di residenza) ed il soggetto creditore (il residente bisognevole di assistenza residenziale e privo di mezzi patrimoniali sufficienti), la norma non trova applicazione, sicché quando il giudice di appello intenda invocarne l’efficacia con riferimento al caso che ne occupa, motivando il rigetto della domanda attrice con l’argomento che il Comune attore non avrebbe preavvisato il Comune convenuto, incorre in un manifesto errore di sussunzione, con la duplice conseguenza non solo di applicare alla specie una norma che non le si addice, ma di rendere pure incongrue le doglianze ricorrenti che sull’applicazione di quella norma, segnatamente, trovano proprio ragione di declinazione.
Il che, come detto, priva la rappresentazione ricorrente in parte qua di ogni concludenza decisoria.
Ciò detto, si è però visto che la Corte di appello, nel respingere la domanda attrice, oltre all’argomento cui si è fatto dianzi cenno, ha pure fatto leva sulla considerazione che la pretesa del Comune di Genzano non avrebbe potuto trovare favorevole riscontro neppure se si fosse potuta seguire la via dell’arricchimento senza causa, stante il difetto del requisito della sussidiarietà, dato che, di contro all’allegato pagamento di un debito non suo, il Comune di Genzano avrebbe potuto azionare il rimedio dell’indebito soggettivo di cui all’art. 2036 cod. civ.
Questo argomento è fatto oggetto di censura con il terzo motivo di ricorso con cui, appunto, si deduce la nullità dell’impugnata
sentenza e la violazione e mancata applicazione dell’art. 2041 cod. civ., nonché la falsa applicazione dell’art. 2036 cod. civ. perché la Corte di appello aveva ritenuto che la pretesa attorea non potesse trovare accoglimento in difetto della previa informazione di cui all’art. 6, comma 4, l. 328/2000 neppure ai sensi dell’art. 2041 cod. civ., sebbene nella specie fosse incontestabile la locupletazione indebita conseguita dal Comune di Marino ed il contestuale impoverimento del Comune di Genzano, l’uno per essersi giovato di un risparmio di spesa, l’altro per essersi accollato un onere non suo e non fosse neppure invocabile, a conforto del pure rilevato difetto di sussidiarietà, il rimedio dell’indebito soggettivo poiché il pagamento in favore del terzo era frutto di un errore di diritto.
Il motivo è fondato e queste ne sono le ragioni.
6.1. L’art. 2036 cod. civ., per quel che qui rileva, recita al comma 1 che “chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base ad un errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo e delle garanzie del credito”; e al comma 3 che “quando la ripetizione non è ammessa, colui che ha pagato è surrogato nei diritti del creditore”.
La Corte di appello, allorché ha negato la sussistenza del requisito della sussidiarietà onde escludere che la domanda attrice potesse trovare usbergo sotto l’art. 2041 cod. civ., ha, si è detto, fatto richiamo all’art. 2036 cod. civ., ritenendo che questa norma si rendesse applicabile nel caso in esame sull’incontestato presupposto di fatto che la RSA, ospitante i residenti del Comune di Marino, avesse ricevuto il pagamento delle rette chieste a rimborso dal Comune di Genzano.
6.2. Non è però chiaro, perché la sentenza impugnata è sul punto silente, a quali delle due ipotesi sopra compendiate il giudice distrettuale abbia inteso riferirsi, se a quella del primo comma in guisa della quale si dovrebbe supporre che la RSA, che abbia
ricevuto il pagamento, sia anche il creditore ed il Comune di Genzano, sia colui che abbia pagato, o a quella del terzo comma in guisa del quale il Comune di Genzano, eseguendo il pagamento non ripetibile nei confronti della RSA, si surroga nei diritti della stessa e divenga perciò creditore della prestazione da lui eseguita nei confronti dell’effettivo debitore.
Ora, né l’una né l’altra ipotesi sono utilmente coltivabili nella specie per poter ritenere che il Comune di Genzano, disponendo di un rimedio tipico nella forma della ripetizione dell’indebito o della surrogazione legale, non potesse agire ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.
Non la prima, infatti, poiché per poter ripetere il pagamento effettuato in favore della RSA era necessario che il pagamento del Comune di Genzano fosse avvenuto in base ad un errore scusabile; il che è, però, sommamente dubitabile, atteso che il pagamento in questione era regolato dall’art. 6, comma 4, l. 328/2000 e che il Comune di Genzano, come esplicitamente lo stesso riconosce motivando la propria istanza di rimborso proprio in adesione alla norma testè richiamata, non poteva non sapere che quel pagamento non era di sua competenza non essendo lui il Comune di residenza degli ospiti della RSA per cui avveniva e, dunque, non poteva credersi debitore in base ad un errore scusabile.
Ma neppure la seconda, perché anche ammettendo che il Comune di Genzano, non potendo agire in ripetizione nei confronti della RSA in quanto non poteva credersi debitore in base ad un errore scusabile, si fosse surrogato nei diritti della RSA, i diritti di credito di questa non vedevano quale soggetto obbligato il Comune di Marino, sì da poter sostenere che il postulante avrebbe potuto agire nei confronti di quest’ultimo ai sensi dell’art. 2036, comma 3, cod. civ. per effetto della surrogazione legale ex art. 1203, n. 5, cod. civ. E questo perché il diritto di credito della RSA è solo quello che la RSA ha
verso i propri ospiti in base al contratto di assistenza socio-sanitaria che ne regola l’ingresso nella residenza. La RSA non è titolare, per quanto detto sopra, di alcun credito nei confronti del Comune di residenza, in quanto l’art. 6, comma 4, l. 328/2000 configura l’obbligo del Comune di residenza di provvedere all’integrazione economica solo nei confronti dei propri residenti che necessitano di assistenza domiciliare e non dispongano dei mezzi patrimoniali per sostenerne i costi. Quando, perciò, la RSA riceve un pagamento non dovuto, perché ad effettuarlo non è ad esempio il Comune di residenza, ma piuttosto quello in cui ha sede la struttura ospitante, non è attivabile, in presenza di una condizione ostativa all’esercizio dell’azione di indebito, il meccanismo alternativo della surrogazione legale di cui agli artt. 2036 e 1203 cod. civ., in quanto questo può operare solo nei confronti del soggetto obbligato, che non è il comune di residenza dell’ospitato, ma solo quest’ultimo .
6.3. Queste brevi considerazioni portano a dire in conclusione che, scrutinata la posizione del Comune di Genzano a mente dell’art. 2036 cod. civ., questo né in un caso né nell’altro avrebbe potuto attivarsi a mente della norma richiamata per conseguire quanto richiesto. Il che, è come dire, in dissenso dalla sentenza impugnata, che, in difetto di altre condizioni preclusive, non è certo il difetto del requisito di sussidiarietà ad impedire che le ragioni di credito del Comune di Genzano non possano essere fatte valere nelle forme dell’ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 cc.
Questo terzo motivo di ricorso va dunque accolto.
Debitamente cassata perciò la sentenza impugnata, la causa va rimessa al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti di cui in motivazione e rinvia la causa avanti alla Corte di appello di Roma
che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il