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Arricchimento senza causa: il rimborso tra Comuni

Un Comune si fa carico delle spese di ricovero in una struttura assistenziale per tre cittadini residenti in un altro Comune, chiedendone poi il rimborso. La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione d’appello, chiarisce che in questi casi è esperibile l’azione di arricchimento senza causa, poiché mancano altri rimedi legali specifici ed efficaci. La pronuncia sottolinea l’inapplicabilità dell’azione per pagamento di debito altrui (indebito soggettivo) e apre la strada al recupero delle somme.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Arricchimento senza causa: la Cassazione fa chiarezza sul rimborso spese tra Comuni

Quando un Comune sostiene costi per servizi assistenziali a favore di cittadini residenti in un altro territorio, ha diritto a essere rimborsato? La questione, tutt’altro che scontata, è stata al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che ha analizzato i confini dell’azione di arricchimento senza causa. Questa pronuncia stabilisce un importante principio sulla rimborsabilità delle spese tra enti pubblici, chiarendo quando l’azione generale di arricchimento può essere utilizzata in assenza di altri rimedi specifici.

I Fatti di Causa

La vicenda vede contrapposti due Comuni. Un primo Comune (che chiameremo Comune A) aveva sostenuto le spese per il ricovero di tre persone presso una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) situata nel proprio territorio. Tuttavia, i tre pazienti erano ufficialmente residenti in un secondo Comune (Comune B). Di conseguenza, il Comune A ha richiesto al Comune B il rimborso delle somme anticipate per l’assistenza. Di fronte al rifiuto, la questione è approdata in tribunale.

La Decisione della Corte d’Appello e il Principio di Sussidiarietà

In un primo momento, la Corte d’Appello aveva respinto la richiesta di rimborso del Comune A. I giudici di secondo grado avevano motivato la loro decisione su due punti principali:

1. Mancata informazione preventiva: Secondo la legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (L. 328/2000), il Comune di residenza assume gli oneri economici, ma deve essere “previamente informato”. Nel caso specifico, questa comunicazione era avvenuta con notevole ritardo.
2. Difetto di sussidiarietà: La Corte d’Appello aveva ritenuto inammissibile l’azione di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.) perché, a suo avviso, il Comune A avrebbe avuto a disposizione un altro strumento legale specifico: l’azione per pagamento di debito altrui (cosiddetto indebito soggettivo, art. 2036 c.c.). L’azione di arricchimento, infatti, ha carattere sussidiario, cioè può essere esercitata solo quando non esistono altre vie legali per ottenere tutela.

L’analisi sull’arricchimento senza causa in Cassazione

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva, accogliendo il ricorso del Comune A. Il punto cruciale della decisione riguarda proprio l’errata valutazione della Corte d’Appello sul requisito della sussidiarietà. Secondo la Suprema Corte, il rimedio dell’indebito soggettivo (art. 2036 c.c.) non era concretamente applicabile al caso di specie, lasciando quindi aperta la strada all’azione di arricchimento senza causa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha smontato la tesi dei giudici d’appello con un’analisi dettagliata.

Innanzitutto, ha chiarito che l’obbligo di informazione preventiva previsto dalla L. 328/2000 regola il rapporto tra il Comune di residenza e il proprio cittadino bisognoso, non i rapporti tra due diverse amministrazioni comunali.

Successivamente, ha dimostrato perché l’art. 2036 c.c. non fosse una valida alternativa. Questa norma prevede due scenari:

1. La ripetizione del pagamento: Chi ha pagato un debito altrui per un errore scusabile può chiedere la restituzione di quanto versato al creditore (in questo caso, la RSA). La Cassazione ha ritenuto improbabile che l’errore del Comune A fosse “scusabile”, dato che la competenza territoriale è definita dalla legge. Pertanto, questa via era preclusa.
2. La surrogazione nei diritti del creditore: Se la ripetizione non è ammessa, chi ha pagato subentra nei diritti del creditore verso il vero debitore. Tuttavia, il diritto di credito della RSA è verso i propri pazienti (in base al contratto di assistenza), non verso il Comune di residenza (Comune B). L’obbligo del Comune B sorge per legge verso i propri residenti, non verso la struttura sanitaria. Di conseguenza, il Comune A non poteva surrogarsi in un diritto che la RSA non aveva nei confronti del Comune B.

Poiché nessuna delle due ipotesi previste dall’art. 2036 c.c. era percorribile, la Corte di Cassazione ha concluso che non esisteva un rimedio alternativo all’azione di arricchimento senza causa.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale: quando un Comune paga spese assistenziali di competenza di un altro ente, e non dispone di azioni specifiche come quella per l’indebito soggettivo, può legittimamente agire con l’azione generale di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.). Questa azione mira a ripristinare l’equilibrio patrimoniale alterato, obbligando il Comune che ha beneficiato di un risparmio di spesa (la locupletazione) a indennizzare quello che ha subito la corrispondente diminuzione patrimoniale. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione alla luce di questo principio.

Un Comune che paga le spese sanitarie per residenti di un altro Comune ha diritto al rimborso?
Sì, secondo la Corte di Cassazione può avere diritto al rimborso attraverso l’azione di arricchimento senza causa, a condizione che non esistano altri rimedi legali specifici ed efficaci per recuperare le somme.

Perché l’azione di arricchimento senza causa è stata ritenuta ammissibile in questo caso?
Perché l’alternativa proposta dalla Corte d’Appello, ovvero l’azione per pagamento di debito altrui (art. 2036 c.c.), è stata giudicata inapplicabile. Non sussisteva né un errore scusabile per la ripetizione del pagamento, né un diritto di credito della struttura sanitaria verso il Comune di residenza in cui subentrare (surrogazione).

La mancata informazione preventiva al Comune di residenza impedisce sempre il rimborso delle spese?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di informazione preventiva previsto dalla L. 328/2000 riguarda il rapporto tra il Comune e il proprio cittadino assistito, non necessariamente i rapporti economici tra due Comuni. Pertanto, la sua assenza non blocca di per sé l’azione di arricchimento senza causa tra gli enti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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