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Arricchimento ingiustificato: limiti all’azione

Un Comune chiede la restituzione di somme pagate a un legale per la difesa di ex amministratori, agendo contro questi ultimi per arricchimento ingiustificato. La Cassazione rigetta la domanda, affermando che l’azione corretta era quella di ripetizione dell’indebito contro il legale che ha materialmente ricevuto le somme. La sentenza sottolinea il carattere sussidiario dell’azione di arricchimento ingiustificato.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Arricchimento ingiustificato: quando l’azione non è ammissibile

L’istituto dell’arricchimento ingiustificato, previsto dall’articolo 2041 del Codice Civile, rappresenta un rimedio di carattere generale per ripristinare un equilibrio patrimoniale alterato senza una giusta causa. Tuttavia, la sua applicazione non è incondizionata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i limiti di questa azione, sottolineando il suo carattere rigorosamente sussidiario. Analizziamo la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La controversia nasce quando un Comune decide di agire in giudizio contro alcuni suoi ex amministratori, un sindaco e due consiglieri, per ottenere la restituzione di somme di denaro. Tali importi erano stati versati direttamente dall’ente a un avvocato che aveva difeso gli amministratori in due procedimenti penali, conclusisi con la loro completa assoluzione.
Inizialmente, il Comune aveva riconosciuto tali spese legali come “debiti fuori bilancio”, ma in un secondo momento aveva annullato in autotutela le delibere, ritenendo che mancassero i presupposti di legge per il rimborso. Di conseguenza, l’ente pubblico ha chiesto agli ex amministratori la restituzione delle somme, ritenendo che fossero loro i reali beneficiari del pagamento.

Il Percorso Giudiziario

In primo grado, il Tribunale ha respinto la domanda del Comune. Il giudice ha accolto l’eccezione degli ex amministratori, rilevando un difetto di legittimazione passiva. In parole semplici, il Tribunale ha stabilito che i convenuti non erano i soggetti corretti da citare in giudizio, poiché le somme non erano state versate a loro, ma direttamente all’avvocato. L’azione del Comune, qualificata come ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.), andava quindi diretta contro chi aveva materialmente ricevuto il denaro, ovvero il legale.

La Corte d’Appello, invece, ha ribaltato la decisione. Riformando la sentenza di primo grado, ha condannato gli ex amministratori a pagare le somme richieste, ma sulla base di un titolo giuridico diverso: l’arricchimento ingiustificato. Secondo i giudici d’appello, anche se il denaro era stato pagato al legale, gli amministratori si erano arricchiti ingiustamente perché il pagamento da parte del Comune li aveva liberati dal loro obbligo personale di pagare l’onorario al proprio difensore.

L’Azione di Arricchimento Ingiustificato e il Principio di Sussidiarietà

Gli ex amministratori hanno proposto ricorso in Cassazione, e la Suprema Corte ha dato loro ragione, accogliendo il motivo di ricorso cruciale. Il punto centrale della decisione riguarda la natura dell’azione di arricchimento ingiustificato. L’articolo 2042 del Codice Civile stabilisce chiaramente che questa azione non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito. Questo è il cosiddetto “principio di sussidiarietà”.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha spiegato che il Comune, per recuperare le somme, aveva a disposizione un’azione specifica e diretta: quella di ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.) nei confronti dell’avvocato che aveva materialmente ricevuto il pagamento. Poiché esisteva questo rimedio tipico, l’azione sussidiaria di arricchimento ingiustificato contro gli amministratori era preclusa.

Il giudice di primo grado aveva correttamente individuato che l’azione di restituzione doveva essere rivolta all’accipiens (il ricevente), cioè il legale. La Corte d’Appello ha errato nel consentire al Comune di “aggirare” questo ostacolo utilizzando l’azione di arricchimento come una sorta di scorciatoia per colpire un soggetto diverso da quello che la legge individua come il corretto destinatario della pretesa restitutoria.
La Cassazione, richiamando un recente e autorevole intervento delle Sezioni Unite (sentenza n. 33954/2023), ha ribadito che la sussidiarietà va intesa in senso rigoroso. Se un’azione specifica esiste ed è esperibile (anche se contro un soggetto diverso), quella generale di arricchimento non può essere utilizzata.

Le Conclusioni

La decisione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che non è possibile utilizzare l’azione di arricchimento ingiustificato come un rimedio “di riserva” per correggere un errore nell’individuazione del soggetto da convenire in giudizio. La scelta dell’azione legale e del corretto legittimato passivo deve essere effettuata con attenzione fin dall’inizio, poiché la mancanza di un rimedio specifico è un presupposto essenziale per poter agire ai sensi dell’art. 2041 c.c. In questo caso, il Comune avrebbe dovuto agire contro l’avvocato. Non avendolo fatto, e avendo perso la causa in primo grado proprio per questo motivo, non poteva tentare di recuperare le somme dagli amministratori attraverso un’azione non consentita dalla legge. La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha rigettato definitivamente la domanda del Comune.

Quando è inammissibile un’azione per arricchimento ingiustificato?
L’azione per arricchimento ingiustificato è inammissibile quando la parte che ha subito il danno ha a disposizione un’altra azione specifica per tutelare il proprio diritto, secondo il principio di sussidiarietà (art. 2042 c.c.).

Chi deve essere citato in giudizio per la restituzione di un pagamento non dovuto?
Per la restituzione di un pagamento non dovuto (ripetizione dell’indebito, art. 2033 c.c.), deve essere citato in giudizio il soggetto che ha materialmente ricevuto la somma (l’accipiens). Nel caso di specie, l’avvocato e non i suoi clienti.

È possibile utilizzare l’azione di arricchimento ingiustificato per rimediare a un errore nella scelta del convenuto in un’altra azione?
No. La sentenza chiarisce che l’azione di arricchimento ingiustificato non può essere usata come un escamotage per correggere un precedente errore processuale, come aver citato in giudizio un soggetto privo di legittimazione passiva in un’azione di ripetizione dell’indebito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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