Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9754 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9754 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19673/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME domiciliata digitalmente come in atti
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME domiciliata digitalmente come in atti
-c ontroricorrente –
avverso la sentenza del la Corte d’appello di Napoli n. 501/2021, pubblicata in data 10 febbraio 2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19
febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE chiedendone la condanna al pagamento dell’importo di euro 142.839,58 , a titolo di corrispettivo del noleggio dei casseri necessari per il completamento della tratta ferroviaria Spoleto – Campello della linea Orte – Falconara, e, in subordine, a titolo di risarcimento dei danni o di indebito arricchimento per la mancata disponibilità e riutilizzazione degli stessi casseri .
1.1. Esponeva, in fatto, che: aveva fornito le proprie prestazioni nel cantiere della tratta ferroviaria Spoleto – Campello, in forza di contratto di subappalto con l’A .T.RAGIONE_SOCIALECOGNOME per i lavori di posa in opera di conglomerato cementizio e fornitura e posa in opera di casseforme; a seguito di risoluzione del contratto di appalto con l’A .T.I., intervenuta in data 9 febbraio 2009, aveva chiesto la restituzione delle casseforme in uso nel cantiere, ma Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. aveva continuato ad utilizzarle non provvedendo alla restituzione; il rapporto di RAGIONE_SOCIALE con l’ATI era sorto in forza di contratto di appalto del 27 maggio 2005, ma, con la sua risoluzione, era poi proseguito (relativamente ai casseri posati in opera sul cantiere) con la stessa RAGIONE_SOCIALE; aveva poi addebitato alla RRAGIONE_SOCIALE il costo del noleggio dell’attrezzatura, essendo stata disattesa la richiesta di restituzione, emettendo undici fatture per un totale di euro 142.839,58.
1.2. A seguito della costituzione in giudizio della convenuta, intervenuta dopo la scadenza del termine ex art. 183, sesto comma, n. 1, cod. proc. civ., espletata la c.t.u., il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda subordinata di indebito arricchimento, condannando Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. al pagamento della somma di euro 120.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
1.3. La Corte d’appello di Napoli, investita del gravame principale proposto dalla soccombente e dell’appello incidentale spiegato dalla RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato inammissibile la domanda di indebito arricchimento ed assorbito l’appello incidentale .
Ha, in termini generali, richiamato i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di indebito arricchimento indiretto, secondo i quali l’azione è esperibile contro il terzo che abbia conseguito l’indebita locupletazione in danno dell’istante, quando l’arricchimento sia stato conseguito dal terzo in via meramente di fatto e gratuita nei rapporti con il soggetto obbligato per legge o per contratto nei confronti del ‘depauperato’ , e resosi insolvente nei confronti di quest’ultimo . Applicando detti principi al caso sottoposto al suo esame, la Corte d’appello ha ritenuto che, trattandosi di arricchimento riconosciuto in capo alla RAGIONE_SOCIALE, soggetto terzo rispetto al rapporto tra l’ATI e la RAGIONE_SOCIALE (soggetto depauperato), la domanda dovesse essere dichiarata inammissibile, poiché non risultava nemmeno dedotta l’insolvenza del soggetto (l’ATI) legato da vincolo contrattuale, tra l’altro oneroso, non solo con il depauperato, ma anche con l’appellante.
Ricorre per la cassazione della suddetta sentenza RAGIONE_SOCIALE con due motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in adunanza camerale.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione de ll’art. 2041 cod. civ., lamentando, per un verso, che le stesse pronunce di legittimità richiamate dalla Corte territoriale a sostegno della decisione affermerebbero, in realtà, la legittimità dell’azione da essa ricorrente instaurata e, per altro verso, che la fattispecie sarebbe stata erroneamente qualificata quale ipotesi di indebito arricchimento indiretto, sebbene, sin dal giudizio di primo grado, avesse dedotto di agire per un indebito arricchimento diretto, ottenuto da RAGIONE_SOCIALE solo successivamente alla risoluzione del contratto di appalto con l’ATI appaltatrice, prescinde ndo l’azione dall’esistenza di un sinallagma contrattuale.
Deduce, in particolare, che il giudice di primo grado, accogliendo la domanda, aveva riconosciuto l’indebito arricchimento per l’utilizzo delle casseforme da parte di RAGIONE_SOCIALE nel periodo successivo alla risoluzione del contratto con l’ATI, ovvero dal 9 febbraio 2009, e che il giudice d’appello a vrebbe dovuto considerare la domanda ammissibile, in quanto RAGIONE_SOCIALE, dopo la risoluzione del contratto, aveva utilizzato i beni strumentali, che essa ricorrente aveva acquisito in noleggio per impiegarli nel subappalto, in assenza di un rapporto contrattuale e sulla base di un rapporto di fatto; aveva rivolto le sue domande esclusivamente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, non perché l’A .T.I. fosse insolvente, ma perché aveva fatto valere un rapporto diretto con RAGIONE_SOCIALE che, di fatto, si era instaurato dopo la risoluzione dell’appalto e del subappalto. Sostiene, di conseguenza, che si verte in ipotesi di indebito arricchimento diretto, anche alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 24772/2008, e che, in ogni caso, anche se si volesse qualificare la fattispecie concreta come arricchimento indiretto, dovrebbe comunque trovare applicazione
l’art. 2041 cod. civ., in quanto il terzo R RAGIONE_SOCIALE aveva utilizzato i casseri, dopo la risoluzione del contratto d’appalto , senza sostenere alcun onere e, dunque, ‘di fatto’ ed in maniera completamente gratuita.
Con il secondo motivo la ricorrente censura la decisione gravata per ‹‹ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, n. 5, c.p.c. ›› , per avere omesso di considerare che l’azione di indebito arricchimento era stata proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per l’utilizzo gratuito e di fatto dei casseri in epoca successiva alla risoluzione del contratto di appalto e del correlato subappalto.
Rimarca, al riguardo , che sin dall’atto introduttivo del giudizio aveva evidenziato l’utilizzo dei casseri in cantiere, da parte di RAGIONE_SOCIALE, nel periodo successivo alla risoluzione del contratto di appalto con l’ A.T.I. e del subappalto tra questa e la stessa RAGIONE_SOCIALE; anche la consulenza tecnica disposta nel corso del giudizio di merito aveva accertato che a fronte degli oltre 500 mq di casseri forniti, in cantiere ne erano stati ritrovati poco più di 16 mq.; era stato pure acclarato che essa ricorrente, subito dopo la risoluzione del subappalto, aveva formalmente chiesto la risoluzione dei casseri senza ottenerla.
Il primo motivo è inammissibile.
3.1. Anzitutto esso risulta formulato in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ.. La ricorrente nell’esposizione della censura si riferisce ad atti del giudizio di merito, in particolare all’atto di citazione introduttivo del primo grado, al contratto di appalto, al contratto di subappalto, alla sentenza di primo grado, alla richiesta di restituzione delle casseforme, limitandosi meramente a richiamarli, senza invero debitamente -per la parte strettamente d’interesse in questa sede riprodurli nel ricorso ovvero, laddove
riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso questa Corte, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte e se siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità; la mancanza anche di una sola di tali indicazioni, rende il ricorso inammissibile (Cass., sez. U, 19/04/2016, n. 7701; Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34469).
È utile al riguardo ribadire che i requisiti di formazione del contenuto del ricorso per cassazione ex art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità dello stesso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane, invero, al giudice imprescindibilmente precluso (Cass., sez. L, 06/07/2015, n. 13827; Cass., sez. L, 12/11/2014, n. 24135). Come già chiarito, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (tra le tante, Cass., sez. 1, 19/04/2022, n. 12481; Cass., sez. 3, 04/03/2022, n. 7186).
3.2. In ogni caso, il motivo, anche ove si potesse prescindere da
tale rilievo, non potrebbe sottrarsi alla declaratoria d’inammissibilità.
V arrà premettere che l’azione generale di arricchimento ex art. 2041 cod. civ. (avanzata autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale), il cui requisito essenziale è costituito dall’arricchimento di un soggetto e dalla diminuzione patrimoniale di un altro collegati da un nesso di causalità, per la sua natura sussidiaria, è proponibile, come anche di recente chiarito dalle Sezioni Unite, ove la diversa azione -sia essa fondata sul contratto ovvero su una specifica disposizione di legge ovvero ancora su clausola generale -si riveli carente ab origine del titolo giustificativo, restando viceversa preclusa ove quest’ultima sia rigettata per prescrizione o decadenza del diritto azionato o per carenza di prova del pregiudizio subito o per nullità derivante dall’illiceità del titolo contrattuale per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico (Cass., sez. U, 05/12/2023, n. 33954).
Essa presuppone sia la mancanza di un titolo specifico, sia l’unicità del fatto causativo dell’impoverimento (da ultimo, Cass., sez. 3, 13/03/2024, n. 6735; Cass., sez. 3, 18/10/2024, n. 27008), sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia and ata a vantaggio dell’arricchito e lo spostamento patrimoniale non risulti determinato da fatti distinti incidenti su due situazioni diverse, come quando ad avvantaggiarsi dell’attribuzione patrimoniale sia un soggetto diverso dal destinatario di questa.
3.3. Per tale ragione si è a lungo discusso dei casi di cd. arricchimento ‹‹ indiretto ›› , ossia della possibilità di esperire il rimedio di cui all’art. 2041 cod. civ. nei confronti di un soggetto terzo diverso da colui cui era destinata la prestazione dell’impoverito (cd. intermediario).
Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite con la sentenza n. 24772 del 2008, la quale, sulla scia di Cass. n. 11656/2002, ha
sostanzialmente identificato in maniera esplicita nell’art. 2038 cod. civ. (norma che detta i principi relativi alla responsabilità del terzo acquirente in ipotesi di alienazione di cosa ricevuta indebitamente) il referente normativo capace di offrire una copertura giuridica alla soluzione proposta. Distinguendo tale ultima disposizione normativa l’alienazione a titolo gratuito da quella a titolo oneroso, le Sezioni Unite hanno ritenuto che la disciplina dettata dall’art. 2038 cod. civ. per l’ipotesi di alienazione della cosa indebitamente ricevuta sia applicabile anche alle ipotesi di arricchimento indiretto o ex alieno contractu ed hanno enunciato il seguente principio: ‹‹ L’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 cod. civ. può essere proposta solo quando ricorrano due presupposti: (a) la mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito; (b) la unicità del fatto causativo dell’impoverimento sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito, con conseguente esclusione dei casi di cosiddetto arricchimento indiretto, nei quali l’arricchimento è realizzato da persona diversa rispetto a quella cui era destinata la prestazione dell’impoverito. Tuttavia, avendo l’azione di ingiustificato arricchimento uno scopo di equità, il suo esercizio deve ammettersi anche nel caso di arricchimento indiretto nei soli casi in cui lo stesso sia stato realizzato dalla P.A., in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito ›› .
3.4. Come sintetizzato da Cass. n. 11656 del 2002, in tema di arricchimento indiretto, si è passati da una concezione liberale (cfr. Cass., 21/02/1955, n. 507) ad una nozione restrittiva del principio di sussidiarietà ex art. 2041 cod. civ., secondo cui non deve sussistere alcuna altra possibilità di azione rispetto a quella contrattuale (cfr. Cass., sez. 2, 10/02/1993, n. 1686; Cass., 16/12/1981, n. 6664;
Cass., 05/09/1970, n. 1217), sicché il contraente che abbia la possibilità di agire nei confronti dell’altro contraente non può esercitare l’azione di indebito arricchimento nei confronti del terzo che ha beneficiato della prestazione, in tal caso l’arricchimento costituendo solo un effetto indiretto o riflesso della prestazione eseguita nell’ambito del rapporto contrattuale, restando esperibile la relativa azione contro la persona destinataria per legge o per contratto della prestazione (Cass., sez. 3, 03/08/2002, n. 11656).
Se il contraente tenuto al pagamento sia insolvente, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la possibilità di esercitare l’azione di indebito arricchimento contro il terzo deve escludersi allorquando la prestazione venga conseguita in virtù di un atto a titolo oneroso in quanto il terzo paga per la prestazione, mentre l’esperibilità deve ammettersi quando la prestazione risulti conseguita a titolo gratuito ovvero di fatto (a prescindere, cioè, da un atto a titolo oneroso o gratuito), posto che -specie nel caso di prestazione conseguita a titolo gratuito -l’arricchimento ha la sua fonte nel collegamento tra lo spostamento patrimoniale senza causa per l’insolvenza della persona obbligata per legge o per contratto ed il correlativo acquisto gratuito del terzo che ne abbia goduto senza titolo (Cass., sez. 3, 03/08/2002, n. 11656; Cass., sez. 2, 18/08/1993, n. 8751, Cass., sez. 3, 22/10/2021, n. 29672; Cass., sez. 1, 27/02/2023, n. 5865, non massimata).
3.5. Ebbene, come emerge dalla stessa esposizione della vicenda fattuale contenuta in ricorso, nell’ambito di un contratto di appalto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE composta dalla RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto le opere relative al raddoppio della tratta Spoleto -Campello, della linea Orte -Falconara, la odierna ricorrente, in forza di contratto di subappalto con l’ATI, ha realizzato, tenendoli a
disposizione per la durata dell’opera, strutture mobili consistenti in casseri -tipologie specifiche di casseforme -che, tuttavia, non sono state restituite, nonostante la ricorrente avesse formulato espressa richiesta in tal senso.
In difetto di pagamento del corrispettivo per il noleggio dei casseri, la ricorrente ha domandato all’odierna controricorrente il pagamento di somma a titolo di indennizzo ex art. 2041 cod. civ.
Correttamente la Corte napoletana ha ritenuto che il caso de quo fosse inquadrabile nell’ipotesi di indebito arricchimento indiretto, considerato che il soggetto arricchito (RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) è soggetto terzo rispetto a quello cui era destinata la prestazione eseguita dalla RAGIONE_SOCIALE (ossia l’ATI aggiudicatrice dell’appalto) e che la ricorrente ha esclusivamente intrattenuto un rapporto contrattuale diretto con l’ATI, non emergendo dalla sentenza e dal ricorso né che fosse in essere un rapporto negoziale tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE né che i casseri fossero stati direttamente forniti dalla COGNOME all’odierna controricorrente.
Pur non richiamando specificamente il precedente di questa Corte costituito da Cass., sez. U, n. 24772 del 2008, nell’impugnata sentenza la Corte di merito ha motivato la ritenuta inammissibilità della domanda di indebito arricchimento argomentando dal rilievo che ‹‹non risultava nemmeno dedotta l’insolvenza del soggetto (ATI) legato da vincolo contrattuale (tra l’altro oneroso) non solo con il depauperato ma anche con l’odierna appellante›› ed ha, di conseguenza, reputat o non ricorrenti i presupposti per l’esercizio dell’azione, così ponendosi in linea con l’insegnamento delle Sezioni Unite sopra richiamato.
3.6. La ricorrente non si confronta con tale puntuale ratio della decisione, ma sostiene piuttosto che il vantaggio conseguito da RFI
s.p.a. deriverebbe da un rapporto diretto, di fatto e gratuito, instauratosi dopo la risoluzione del contratto di appalto direttamente con la odierna controricorrente.
L a circostanza che il contratto d’appalto intercorso tra l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE si sia risolto non giova alla ricorrente, atteso che la fornitura dei casseri trova fonte e causa giustificativa in un contratto oneroso, quello di subappalto, stipulato per l’esecuzione dell’appalto e, pertanto, ad esso funzionalmente collegato, la cui sussistenza preclude l’azione d’arricchimento, risultando evidente che, in assenza del contratto di subappalto, l’utilizzo dei casseri da parte di RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai potuto realizzarsi.
Non ricorrono, pertanto, i presupposti individuati dalla giurisprudenza di legittimità per poter utilmente esperire l’azione di cui all’art. 2041 cod. civ., dovendosi, da un lato, escludere che si verta in ipotesi di arricchimento ‘realizzato dalla P.A., in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico diverso da quello cui era destinato, ovvero conseguito a titolo gratuito’ (Cass., sez. 3, 22/10/2021, n. 29672; Cass., sez. 6 -3, 26/01/2021, n. 1708); non si è, infatti in presenza di enti pubblici, non essendo tali né l’odierna controricorrente né l’ATI, ed il terzo, per quanto sopra detto, non ha conseguito il vantaggio a titolo gratuito, atteso che esso è derivato dalla stipula di un precedente atto negoziale.
Non è, pertanto, a farsi luogo all’azione quando, come nella specie, è, invero, il contratto di appalto (e quello di subappalto ad esso collegato), anche nell’evolversi delle sue patologiche vicende, a costituire titolo giustificativo del pagamento.
A tanto deve aggiungersi che la ricorrente ben avrebbe potuto agire per la restituzione dei beni strumentali, in virtù del rapporto contrattuale che ad essa la legava, direttamente nei confronti della subappaltante, la cui insolvenza non solo non è stata provata, ma
nemmeno dedotta dalla RAGIONE_SOCIALE, come ben rilevato dai giudici d’appello .
La sentenza impugnata sfugge, dunque, alla violazione denunziata dall’odierna ricorrente, che , inammissibilmente, prospetta una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, riservata al giudice di merito.
4. Inammissibile è anche il secondo motivo.
L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, applicabile ratione temporis , prevede l’ ‹‹ omesso esame ›› come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità della censura irritualmente formulata (tra le tante, Cass., sez. 6 – 1, 26/01/2022, n. 2268).
In realtà, la ricorrente deduce una (presunta) distorta ed erronea valutazione delle risultanze di causa. E tuttavia la valutazione delle prove raccolte costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, primo e secondo comma, cod. proc. civ., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc.
civ. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (cfr. Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892; Cass., sez. 1, 26/09/2018, n. 23153; Cass., sez. 2, 19/07/2021, n. 20553).
5. Il ricorso è, dunque, inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, pari ad euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio del merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione