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Arricchimento indiretto: no a P.A. se c’è contratto

Un subappaltatore, non pagato da un appaltatore fallito, ha citato in giudizio la stazione appaltante pubblica per arricchimento senza causa. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’azione per arricchimento indiretto è inammissibile quando l’ente pubblico ha acquisito la prestazione in virtù di un valido contratto a titolo oneroso con l’appaltatore. La tutela del subappaltatore risiede nell’azione contrattuale verso l’appaltatore.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Arricchimento Indiretto e Appalti Pubblici: Quando la P.A. Non Deve Pagare il Subappaltatore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel mondo degli appalti pubblici: la tutela del subappaltatore in caso di inadempimento dell’appaltatore principale. La pronuncia chiarisce i limiti dell’azione di arricchimento indiretto nei confronti della stazione appaltante, specificando che la presenza di un valido contratto oneroso tra l’ente pubblico e l’appaltatore esclude questa forma di tutela per il subappaltatore non pagato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Un Subappaltatore Non Pagato

Una società di costruzioni, in qualità di subappaltatrice in un progetto di ristrutturazione edilizia per un’università pubblica, non veniva pagata dall’appaltatore principale. Successivamente, l’appaltatore veniva dichiarato fallito. La società subappaltatrice, per recuperare il proprio credito, agiva direttamente contro l’università, ottenendo un decreto ingiuntivo. L’ente pubblico si opponeva, sostenendo di non avere alcun obbligo di pagamento diretto verso il subappaltatore. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello davano ragione all’università, negando la sussistenza di un obbligo di pagamento diretto e rigettando le domande subordinate del subappaltatore, tra cui quella per ingiustificato arricchimento.

La Questione Legale: i Limiti dell’Arricchimento Indiretto

Il caso è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, incentrandosi sulla possibilità per il subappaltatore di utilizzare l’azione di ingiustificato arricchimento (ex art. 2041 c.c.) contro la stazione appaltante. Il subappaltatore sosteneva che, non essendo stato pagato, si era impoverito, mentre l’università si era arricchita ricevendo i lavori eseguiti. Si configurava, quindi, un’ipotesi di arricchimento indiretto, in cui il depauperamento di un soggetto e l’arricchimento di un altro avvengono tramite un soggetto intermedio (l’appaltatore).

Il punto focale era stabilire se tale azione, di natura sussidiaria (cioè esperibile solo quando non esistono altri rimedi), potesse essere ammessa in un contesto di appalto pubblico dove l’ente ha ricevuto la prestazione in base a un contratto valido e oneroso stipulato con l’appaltatore principale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del subappaltatore, fornendo una motivazione chiara e precisa sui limiti dell’azione di arricchimento. I giudici hanno corretto la motivazione della Corte d’Appello ma ne hanno confermato l’esito finale.

Il principio cardine ribadito è la natura sussidiaria dell’azione ex art. 2041 c.c. Nelle ipotesi di arricchimento indiretto, la regola generale è l’esclusione dell’azione, poiché l’impoverito (il subappaltatore) ha già un’azione contrattuale diretta nei confronti del suo debitore (l’appaltatore). L’arricchimento della stazione appaltante è solo un effetto riflesso del rapporto contrattuale principale.

La Corte ha precisato che esistono eccezioni a questa regola, ma solo in casi specifici, ad esempio:

1. Quando l’arricchimento della Pubblica Amministrazione avviene a titolo gratuito.
2. Quando il trasferimento della prestazione dall’intermediario all’arricchito avviene senza un valido titolo giuridico.

Nel caso di specie, nessuna di queste eccezioni era applicabile. L’università aveva acquisito la prestazione del subappaltatore in forza di un contratto di appalto a titolo oneroso stipulato con l’appaltatore principale. La presenza di questo valido titolo contrattuale tra l’arricchito (l’università) e l’intermediario (l’appaltatore) impedisce al subappaltatore di agire direttamente contro la stazione appaltante per ingiustificato arricchimento. Il suo unico rimedio legale rimane l’azione verso l’appaltatore inadempiente, da esercitare nelle sedi appropriate, come l’insinuazione al passivo fallimentare.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale per gli operatori del settore degli appalti pubblici. Per i subappaltatori, emerge la chiara indicazione che il rischio di insolvenza dell’appaltatore non può essere trasferito sulla stazione appaltante attraverso l’azione di arricchimento, se quest’ultima ha agito nel rispetto del contratto d’appalto principale. Per le stazioni appaltanti, la decisione conferma che, in presenza di un valido contratto oneroso, non sono tenute a rispondere delle inadempienze dell’appaltatore nei confronti dei suoi subappaltatori, se non nei casi espressamente previsti dalla legge sul pagamento diretto, che in questa fattispecie non erano applicabili.

Un subappaltatore può agire per arricchimento indiretto contro la stazione appaltante se l’appaltatore non paga?
Di norma no. Secondo la Corte di Cassazione, l’azione per arricchimento indiretto è esclusa quando la stazione appaltante ha ricevuto la prestazione in virtù di un valido contratto a titolo oneroso stipulato con l’appaltatore principale. Il rimedio del subappaltatore è l’azione contrattuale contro l’appaltatore.

Perché l’azione per arricchimento indiretto è stata considerata inammissibile in questo caso?
È stata ritenuta inammissibile perché l’arricchimento dell’università non era avvenuto senza causa. Esisteva un contratto di appalto oneroso tra l’università e l’appaltatore principale, che costituiva il titolo giuridico dell’acquisizione dei lavori. La presenza di questo titolo esclude la possibilità di esperire l’azione sussidiaria di arricchimento.

La stazione appaltante ha l’obbligo di pagare direttamente il subappaltatore in caso di difficoltà dell’appaltatore?
Non automaticamente. La normativa citata nel caso (d.lgs. 163/2006) prevedeva il pagamento diretto come una facoltà, spesso discrezionale per la stazione appaltante o subordinata a condizioni specifiche (es. previsione nel bando di gara, crisi di liquidità accertata, etc.), non come un obbligo generalizzato. In questo caso, i giudici hanno ritenuto che non sussistesse tale obbligo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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