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Arricchimento imposto: no a pagamenti extra budget

Una struttura sanitaria privata ha richiesto il pagamento per prestazioni fornite oltre il budget concordato con l’Ente Sanitario Pubblico, a seguito del trasferimento urgente di pazienti da un’altra struttura. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, qualificando la situazione come ‘arricchimento imposto’. Poiché l’ente pubblico aveva manifestato la sua contrarietà a spese superiori al limite pattuito, non è tenuto a corrispondere alcun indennizzo per le prestazioni extra budget, anche se effettivamente ricevute.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Arricchimento Imposto: La Cassazione Nega il Pagamento per Prestazioni Sanitarie Extra Budget

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale nei rapporti tra strutture sanitarie private accreditate e il Servizio Sanitario Nazionale: non è dovuto alcun compenso per le prestazioni erogate oltre i limiti di spesa concordati. Anche in situazioni di emergenza, il superamento del budget configura un arricchimento imposto all’amministrazione pubblica, che preclude l’azione di ingiustificato arricchimento. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una casa di cura privata si è trovata a gestire un numero di pazienti superiore ai posti letto accreditati e coperti dal budget annuale. Questo esubero era dovuto al trasferimento d’urgenza di ospiti provenienti da un’altra struttura, chiusa per gravi irregolarità su ordine del Tribunale. La casa di cura ha quindi erogato prestazioni socio-sanitarie a questi pazienti per un periodo di circa tre anni.

Successivamente, la struttura ha chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per il pagamento di oltre 800.000 euro, a titolo di corrispettivo per tali prestazioni. L’ASL si è opposta, e sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’ente pubblico, rigettando la richiesta della casa di cura. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Questione dell’Arricchimento Imposto nella Sanità

Il punto centrale della controversia riguarda l’applicabilità dell’azione di ingiustificato arricchimento, prevista dall’art. 2041 del codice civile. La casa di cura sosteneva che, non essendoci un contratto scritto per le prestazioni in esubero, le spettasse comunque un indennizzo, dato che l’ASL si era di fatto ‘arricchita’ ricevendo servizi senza pagarli. Inoltre, la ricorrente evidenziava come la spesa non fosse ‘nuova’, ma derivasse semplicemente da una redistribuzione di pazienti già a carico del sistema sanitario.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha sposato la tesi dei giudici di merito, basata su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il rapporto tra ASL e struttura accreditata è regolato da accordi che fissano un tetto di spesa invalicabile (budget). Comunicando questo limite, l’ente pubblico manifesta implicitamente, ma chiaramente, la propria contrarietà a sostenere costi superiori.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che, quando la Pubblica Amministrazione ha espresso la sua volontà di non superare un determinato limite di spesa, le prestazioni erogate oltre tale soglia non possono essere remunerate. L’arricchimento che ne deriva per l’ente pubblico non è ‘ingiustificato’, bensì ‘imposto’. In altre parole, la struttura sanitaria ha agito pur sapendo di non avere un obbligo di erogare quelle prestazioni e che l’ASL non aveva l’obbligo di pagarle. La mancanza di un accordo scritto per le prestazioni extra budget è un ostacolo insormontabile al riconoscimento di un valido rapporto obbligatorio.

La Corte ha inoltre sottolineato che spetta alla struttura sanitaria che agisce in giudizio provare l’esistenza di eventuali risorse pubbliche disponibili per la remunerazione delle prestazioni ‘extra budget’, prova che in questo caso non è stata fornita. Il rispetto dei tetti di spesa è un vincolo ineludibile per la finanza pubblica, e la struttura privata accreditata non ha l’obbligo di rendere prestazioni eccedenti quelle concordate, anche se urgenti.

Conclusioni

La decisione riafferma la rigidità delle regole che governano la spesa sanitaria pubblica. Le strutture private accreditate devono operare entro i confini dei budget assegnati e non possono fare affidamento sull’azione per ingiustificato arricchimento per ottenere il pagamento di prestazioni eccedenti. La nozione di arricchimento imposto funge da scudo per la Pubblica Amministrazione, proteggendola da richieste di pagamento per servizi che, pur essendo stati resi, non erano stati autorizzati contrattualmente. Questa pronuncia serve da monito per gli operatori del settore: la programmazione e il rispetto degli accordi contrattuali sono essenziali, e le situazioni di emergenza non possono, di per sé, creare nuovi obblighi di spesa a carico dell’ente pubblico.

Una struttura sanitaria accreditata può chiedere un pagamento per prestazioni fornite ‘extra budget’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se l’ente pubblico ha stabilito un limite di spesa, le prestazioni che superano tale budget non possono essere remunerate, in quanto l’ente ha già manifestato la sua contrarietà a una spesa superiore.

Cos’è l’arricchimento imposto e perché preclude il risarcimento?
L’arricchimento imposto si verifica quando un soggetto riceve un vantaggio economico contro la sua volontà. Nel caso specifico, l’ASL, fissando un budget, ha espresso la sua volontà di non pagare per prestazioni eccedenti. Pertanto, l’arricchimento derivante da tali prestazioni è ‘imposto’ e non ‘ingiustificato’, escludendo così il diritto a un indennizzo secondo l’art. 2041 c.c.

L’urgenza di ricoverare pazienti giustifica il superamento del budget di spesa?
No. La Corte ha specificato che la struttura privata accreditata non ha l’obbligo di rendere prestazioni eccedenti quelle concordate, nemmeno se urgenti. La necessità di rispettare i tetti di spesa e il vincolo delle risorse pubbliche prevale, e l’urgenza non crea automaticamente un obbligo di pagamento per l’ente pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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