Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14533 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25792/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 962/2021 depositata il 01/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza n. 962/2021, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 531/2019 con cui il Tribunale di Catania aveva accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 1859/12, mediante il quale era stato ingiunto all’RAGIONE_SOCIALE il pagamento di €864.208,83 oltre interessi ex d.lgs. 231/2002 , a titolo di corrispettivo di prestazioni socio sanitarie erogate nel periodo 20102012 dalla RAGIONE_SOCIALE di Castrovillari (gestita dalla RAGIONE_SOCIALE).
La Corte di Appello, per quanto ancora rileva, ha accertato che:
-le prestazioni socio sanitarie oggetto della controversia erano state erogate dal 17.03.2009 fino a tutto il 2012 in favore di una parte degli ex ospiti dell’RAGIONE_SOCIALE di Serra d’Aiello, sgomberato nel mese di marzo 2009 in via d’urgenza per ordine del Tribunale di Paola, a causa delle gravi irregolarità riscontrate nella gestione degli ospiti;
-la RAGIONE_SOCIALE risultava accreditata con decreto regionale del 3.7.2008 per l’ospitalità e l’assistenza socio sanitaria di n. 32 disabili;
-non poteva riconoscersi un valido rapporto obbligatorio tra le parti legittimante la richiesta di pagamento formulata da RAGIONE_SOCIALE con riferimento alle prestazioni rese in esubero rispetto ai posti letto accreditati, atteso che nessun accordo scritto era stato stipulato tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni oggetto di causa e che, sulla scorta dell’orientamento di legittimità,
l’osservanza del tetto di spesa in materia sanitaria rappresentava un vincolo ineludibile alla misura delle prestazioni erogabili dal RAGIONE_SOCIALE, con la duplice conseguenza che non era configurabile né un obbligo in capo all’ASP di acquistare e pagare le prestazioni extra budget, né un obbligo in capo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di renderle;
-correttamente il primo giudice aveva rigettato anche l’azione di ingiustificato arricchimento, in quanto, essendo vietata dalla legge la remunerazione di prestazioni sanitarie diverse ed ulteriori rispetto a quelle contrattualizzate, era configurabile nel caso di specie un ‘arricchimento imposto’ all’Amministrazione, che precludeva l’esperibilità dell’azione ex art. 2041 c.c.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, affidandolo ad unico motivo.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
E’ stata dedotta la violazione degli artt. 2033 e 2041 cod. civ.
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l’azione di indebito arricchimento sul rilievo della ricorrenza del c.d. arricchimento ‘imposto’, fattispecie che è configurabile in presenza di prestazioni eccedenti il limite di spesa autorizzato ed assegnato alla singola struttura privata accreditata.
Nel caso di specie, invece, ad avviso della ricorrente, la fattispecie dell’arricchimento imposto non ricorre , atteso che le prestazioni erogate dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pur non essendo state regolamentate da un contratto scritto, non davano luogo ad un quid pluris rispetto
alla spesa programmata, trattandosi di prestazioni che già comportavano una spesa in corso, già facente carico all’RAGIONE_SOCIALE, in ordine alle quali, per fronteggiare la situazione sopravvenuta alla chiusura dell’istituto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE XRAGIONE_SOCIALE, vi era stata solo una redistribuzione degli ospiti presso altre strutture.
In sostanza, ad avviso della ricorrente, nel caso di specie, l’Amministrazione non aveva dovuto stanziare una nuova spesa, attingendo a risorse fuori bilancio, non dovendo altro che remunerare la ricorrente di una parte di ciò che avrebbe dovuto comunque pagare alla struttura, improvvisamente chiusa per provvedimento dell’autorità.
2. Il ricorso è infondato.
La Corte d’Appello ha evidenziato che la mancanza di un contratto sottoscritto dall’RAGIONE_SOCIALE e dalla struttura privata, ai sensi dell’art. 8 quinquies d.lgs. n. 502/1992, osta al riconoscimento di un valido rapporto obbligatorio tra le parti che legittimi la domanda di adempimento formulata dalla RAGIONE_SOCIALE con riferimento alle prestazioni in esubero rispetto ai posti letto accreditati. Né vi è spazio per il riconoscimento per tali prestazioni in esubero dell’indennizzo ex art. 2041 cod. civ. avendo il giudice d’appello richiamato il precedente di questa Corte vedi Cass. n. 13884/2020) secondo cui ‘ L’azienda sanitaria, comunicando alla struttura accreditata il limite di spesa stabilito per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, manifesta implicitamente la sua contrarietà ad una spesa superiore, ovvero a prestazioni ulteriori rispetto a quelle il cui corrispettivo sarebbe rientrato nel predetto limite. Pertanto, l’arricchimento che la RAGIONE_SOCIALE consegue dall’esecuzione delle prestazioni “extra budget” assume un carattere “imposto” che preclude l’esperibilità nei suoi confronti dell’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. ‘.
Questo Collegio condivide l’impostazione giuridica della Corte territoriale.
Essendo pacifico in causa che il rapporto giuridico instaurato dalla struttura sanitaria accreditata con l’RAGIONE_SOCIALE fosse regolamentato con l’assegnazione di un budget alla stessa struttura, costituente il limite di spesa invalicabile, non vi è dubbio, da un lato, che la ricorrente non avesse l’obbligo di rendere prestazioni agli assistiti, se non in conseguenza di una nuova e diversa regolamentazione, e, dall’altro, l’RAGIONE_SOCIALE non avesse l’obbligo di pagare le prestazioni in eccesso rispetto al predetto tetto di spesa, a nulla rilevando che per le prestazioni erogate ai disabili poi trasferiti dall’RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE vi fosse precedentemente una spesa ‘in corso’ in favore di altra struttura privata. Ciò che rileva è solo il rapporto già in essere tra l’RAGIONE_SOCIALE e la ricorrente, la quale ben sapeva che per le prestazioni in esubero rispetto ai posti letto accreditati in base all’accordo ex art. 8 quinques d.lgs n. 502/1992 non avrebbe potuto pretendere remunerazione alcuna, considerato anche il decreto regionale di accreditamento che, secondo la ricostruzione della Corte d’Appello (vedi pag. 9 sentenza impugnata), ha prodotto in giudizio la stessa RAGIONE_SOCIALE, che prevedeva che ‘l’ammissione al pagamento del contributo retta sarà subordinato alla stipula di un accordo contrattuale’.
Devono, infatti, richiamarsi alcuni principi che questa Corte ha enunciato in materia di attività sanitaria esercitata in regime di accreditamento.
Il primo è che, in tale materia, non può ritenersi fondata la domanda di pagamento delle prestazioni sanitarie eccedenti il limite di spesa formulata – a titolo di inadempimento contrattuale o di illecito extracontrattuale – formulata dalla società accreditata nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e della Regione, atteso che la mancata
previsione dei criteri di remunerazione delle prestazioni c.d. “extra budget” è giustificata dalla necessità di dover comunque rispettare i tetti di spesa ed il vincolo delle risorse pubbliche disponibili, anche perché la struttura privata accreditata non ha l’obbligo di rendere prestazioni eccedenti quelle concordate (anche se urgenti, come nel caso concreto) (Cass. 27608/2019; Cass. 26334/2021).
In ogni caso, in tema di pretese creditorie della struttura sanitaria accreditata per le prestazioni erogate nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE, fa capo alla struttura medesima l’onere della prova dell’esistenza di eventuali risorse disponibili per la remunerazione delle prestazioni eseguite “extra budget”, essendo per la P.A. l’osservanza del tetto di spesa in materia sanitaria un vincolo ineludibile (Cass. 13884/2020). Tale onere, nella specie, non risulta adempiuto nel giudizio di merito.
Ne deriva, pertanto, l’infondatezza della domanda svolta dalla ricorrente ex art 2041 c.c., avendo la Corte territoriale fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’azienda sanitaria, comunicando alla struttura accreditata il limite di spesa stabilito per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, manifesta implicitamente la sua contrarietà ad una spesa superiore, ovvero a prestazioni ulteriori rispetto a quelle il cui corrispettivo sarebbe rientrato nel predetto limite. Pertanto, l’arricchimento che la RAGIONE_SOCIALE consegue dall’esecuzione delle prestazioni “extra budget” assume un carattere “imposto” che preclude l’esperibilità nei suoi confronti dell’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. (Cass. 13884/2020; Cass. 36654/2021).
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 26.3.2024