Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13884 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 16978/2023 r.g. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procure speciali notarili conferite a mezzo i seguenti atti: i) quanto al sig. NOME COGNOME, a mezzo scrittura privata autenticata dal AVV_NOTAIO di Roma del 25 luglio 2023 (rep. n. 27.175); ii) quanto al sig. NOME COGNOME, a mezzo scrittura privata autenticata dal AVV_NOTAIO di Roma del 25 luglio 2023 (rep. n. 27.177), dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente
domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO.
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, in qualità di coeredi comproprietari della partecipazione pari ad euro 4000,00 del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, originariamente detenuta dal sig. COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, deceduto in data 15 dicembre 2020, in persona del rappresentante comune ex art. 2468, comma 5, c.c., AVV_NOTAIO, e per il sig. COGNOME NOME, autonomamente titolare di una quota del capitale del valore nominale di euro 1000,00, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, con studio in Roma, INDIRIZZO, presso il cui studio tutti sono elettivamente domiciliati in virtù di procura speciale la cui copia informatica è autenticata mediante firma digitale, ai sensi dell’ art. 83, comma 3º, ultima parte, c.p.c., come modificato dall’ art. 45, legge 18/6/09 n. 69, da considerarsi in calce al presente atto, ai sensi dell’ art. 18 comma 5º D.M. 21/2/11 n. 44, come modificato dall’ art. 1 D.M. 3/4/13 n. 48, che si deposita unitamente al presente atto.
– controricorrenti –
E
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del liquidatore, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al presente atto, ed elettivamente
domiciliata ai fini del presente giudizio presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 844/2023, depositata in data 12 luglio 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/3 /2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
Le quote della società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, con capitale sociale di euro 10.000,00, appartenevano per la quota di euro 3000,00 a NOME COGNOME, per la quota di euro 4000,00 a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per la trasmissione mortis causa da parte di NOME COGNOME, quali moglie e figli del de cuius , la quota di euro 2000,00 a NOME COGNOME e la quota di euro 1000,00 a NOME COGNOME in proprio.
In data 14 aprile 2022 gli eredi COGNOME depositavano domanda di nomina di arbitro unico, con contestuale istanza di nomina di un curatore speciale ai sensi dell’art. 78 c.p.c. per la rappresentanza e la difesa della società nel procedimento arbitrale, chiedendo accertarsi alcune responsabilità in capo ai COGNOME nella gestione della compagine sociale, ove si erano avvicendati quali amministratori.
Veniva, dunque, nominato l’arbitro da parte del presidente del tribunale di Roma e, alla prima udienza del procedimento arbitrale, in data 26 luglio 2022, su concorde richiesta delle parti, l’arbitro unico riteneva applicabile al procedimento l’istituto della sospensione feriale dei termini processuali.
In data 16 dicembre 2022 l’arbitro pronunciava il lodo, accogliendo parzialmente le domande degli attori e condannando i convenuti al risarcimento del danno.
I COGNOME presentavano gravame dinanzi alla Corte d’appello di Roma che, con sentenza del 12 luglio 2023, dichiarava inammissibile l’impugnazione, ritenendo che la stessa non avesse ad oggetto un lodo rituale, con riferimento al contenuto della clausola compromissoria di cui all’art. 28 dello statuto della società, secondo cui l’arbitro unico nominato dal presidente del tribunale competente procede «in via irrituale» e «con dispensa da ogni formalità di procedura».
Pertanto, per la Corte d’appello era «irrilevante il modus procedendi seguito dall’arbitro, non essendovi alcun dubbio sulla qualificazione del lodo come irrituale, essendo la clausola statutaria inequivocabile» (citava in proposito l’ordinanza di questa Corte n. 11313 del 2018).
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i COGNOME, depositando anche memoria scritta.
Hanno resistito con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, depositando anche memoria scritta.
CONSIDERATO CHE:
Con un unico motivo di impugnazione i ricorrenti COGNOME deducono la «violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e dell’art. 808ter c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.». La Corte d’appello di Roma avrebbe erroneamente ritenuto che l’arbitrato svoltosi tra le parti avesse natura irrituale, con
conseguente inammissibilità dell’impugnazione proposta dai COGNOME ai sensi dell’art. 828 c.p.c.
La decisione si sarebbe soffermata esclusivamente sul dato testuale contenuto nell’art. 28 dello statuto della società, ove si evidenziava che l’arbitro unico procedeva «in via irrituale» e «con dispensa da ogni formalità di procedura».
Tale argomentazione, però, si porrebbe in assoluto contrasto con le norme di ermeneutica contrattuale e, segnatamente, con l’art. 1362 c.c., a mente del quale, nell’interpretare il contratto si deve indagare la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole, valutando anche il comportamento successivo delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto.
Tra l’altro, anche l’ordinanza della Corte di cassazione (Cass., n. 11313 del 2018) richiamata dalla sentenza impugnata, chiariva che occorreva fare riferimento, ai fini della corretta interpretazione della clausola statutaria, non solo al dato letterale, ma anche alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse, dovendosi considerare anche le maggiori garanzie offerte dall’arbitrato rituale quanto all’efficacia esecutiva del lodo, al regime delle impugnazioni, alla possibilità per il giudice di concedere la sospensiva. Dovrebbero, anzi, essere valutate espressioni quali «giudicheranno secondo norme di diritto» e «spese del giudizio», coerenti con una qualificazione del lodo come arbitrato rituale.
Al contrario, la Corte d’appello avrebbe considerato solo alcune espressioni, peraltro di mero stile, contenute nella clausola compromissoria.
Tuttavia, costituirebbe principio consolidato di legittimità quello per cui non possono essere ritenuti elementi decisivi per configurare l’arbitrato irrituale né il conferimento agli arbitri della potestà di decidere secondo equità, ovvero nella veste di amichevoli
compositori, né la preventiva attribuzione alla pronuncia arbitrale del carattere della inappellabilità.
Dovrebbe porsi attenzione anche alla circostanza che, ove si tratti di arbitrato rituale, si conferisce all’arbitro la facoltà di «definire» la controversia, mentre ove si tratti di arbitrato rituale, l’arbitro ha la funzione di «decidere» la controversia.
Non potrebbe poi non darsi rilievo alla procedura seguita effettivamente dagli arbitri, in quanto, se risulta chiaro dalla procedura seguita e dalla qualificazione espressamente data dagli stessi arbitri, che è stato emesso un lodo rituale o irrituale, ciò è decisivo ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile, senza che si debba o si possa risalire all’interpretazione della volontà espressa dalle parti nella convenzione. In materia, questa Corte opera come giudice del fatto, incidendo la qualificazione dell’arbitrato sul regime delle impugnazioni (Cass. 7198/2019; Cass. 23629/2015).
La Corte d’appello di Roma, discostandosi da tali principi di legittimità, ha addirittura ritenuto superfluo esaminare le modalità di svolgimento dell’arbitrato, ritenendo di fare affidamento unicamente sul dato letterale, peraltro non univoco, della clausola compromissoria di cui all’art. 28 dello statuto.
Non si è tenuto conto, dunque, che alla prima udienza del 26 luglio 2022, l’arbitro unico, su concorde richiesta delle parti, aveva ritenuto applicabile al procedimento l’istituto della sospensione feriale dei termini e che, la stessa difesa degli eredi COGNOME, nel verbale d’udienza del 28 settembre 2022, aveva affermato espressamente che «essendo il lodo arbitrale atto sostitutivo della sentenza, esso deve seguire i principi del processo civile».
Lo stesso AVV_NOTAIO, quale curatore e difensore della società, nel medesimo verbale, aveva qualificato le memorie depositate nel procedimento arbitrale quali «memorie 183 c.p.c.».
Inoltre, l’art. 808ter c.p.c. prevede ora espressamente che le parti possono, «con la disposizione espressa per iscritto» stabilire che la controversia sia definita con arbitrato irrituale. Nella specie, mancherebbe una espressa disposizione negoziale sul punto.
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, articolata dai COGNOME–COGNOME, nel senso che in tema di interpretazione di una clausola arbitrale, l’accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, tranne l’ipotesi in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto.
Infatti, è costante insegnamento di questa Corte quello per cui è ben possibile dedurre, da parte del ricorrente in cassazione, l’erronea interpretazione della clausola compromissoria da parte del giudice dell’impugnazione, alla stregua dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall’art. 1362 e ss. c.c. (Cass., sez. 2, 10 maggio 2018, n. 11313).
Nel merito, va premesso che, al fine di qualificare l’arbitrato come rituale o irrituale questa Corte opera come giudice del fatto e ha, dunque, il potere di accertare direttamente, attraverso l’esame degli atti e degli elementi acquisiti al processo, la volontà delle parti espressa nella clausola compromissoria, in quanto la relativa qualificazione incide sull’ammissibilità dell’impugnazione (Cass., sez. 1, 5 luglio 2023, n. 18973; Cass., sez. 1, 13 marzo 2019, n. 7198; Cass., sez. 1, 18 novembre 2015, n. 23629).
Per costante giurisprudenza il criterio differenziale tra le due figure consiste nel fatto che nell’arbitrato rituale le parti vogliono la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 325 c.p.c. con le regole del procedimento arbitrale; mentre nell’arbitrato irrituale esse intendono affidare all’arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà (Cass., sez. 1, 7 agosto 2019, n. 21059; Cass., sez. 1, n. 7198 del 2019).
4.Orbene, nel caso di specie, si evidenzia che i ricorrenti, in ossequio al principio dell’autosufficienza, hanno riportato integralmente il contenuto dell’art. 28 dello statuto della società, in base al quale «tutte le controversie sorte tra i soci e la società, gli amministratori, i liquidatori o i sindaci, aventi per oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, sono risolte da un arbitro unico nominato dal presidente del tribunale competente in relazione all’ubicazione della sede sociale, entro 30 giorni dalla richiesta avanzata in forma scritta dalla parte più diligente. La sede dell’arbitrato è stabilita, nell’ambito della provincia in cui ha sede la società, dall’arbitro nominato. L’arbitro procede in via irrituale, con dispensa da ogni formalità di procedura, e decide secondo diritto entro 90 giorni dalla nomina, pronunciandosi anche sulle spese dell’arbitrato».
4.1. La Corte d’appello di Roma, erroneamente, si è soffermata esclusivamente su due espressioni utilizzate nell’art. 28 dello statuto societario del tutto generiche («L’arbitro procede in via irrituale» e «con dispensa da ogni formalità di procedura»), che non le consentivano di individuare con certezza l’ambito del giudizio arbitrale, poi ritenuto come irrituale.
La Corte territoriale ha persino ritenuto irrilevante la procedura seguita nel corso del giudizio arbitrale, scontrandosi anche in tal caso con una consolidata giurisprudenza di legittimità.
5. Quanto alla interpretazione della terminologia utilizzata nella stesura della clausola n. 28 dello statuto della società, questa Corte ha ritenuto infatti che, al fine di determinare se si verta in tema di arbitrato rituale o irrituale, occorre interpretare la clausola compromissoria alla stregua dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall’art. 1362 c.c. e, dunque, fare riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse, anche successivo alla conclusione del contratto; il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell’arbitrato rituale non depone univocamente nel senso dell’irritualità dell’arbitrato, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte da tale forma di arbitrato quanto all’efficacia esecutiva del lodo, al regime delle impugnazioni, alle possibilità per il giudice di concedere la sospensiva (in applicazione di tale principio, la S.C ha cassato la sentenza impugnata, che aveva desunto la natura irrituale del lodo dal tenore di parte della clausola arbitrale, a mente della quale la decisione del collegio arbitrale sarebbe stata «inappellabile e vincolante per la parti», senza valutare altre espressioni – quali «giudicheranno secondo norme di diritto» e «spese del giudizio» – coerenti con una qualificazione del lodo come arbitrato rituale, né la circostanza che, nel corso del procedimento, il collegio arbitrale aveva precisato trattarsi di arbitrato rituale e le parti avevano aderito a tale determinazione) (Cass., sez. 2, 10 maggio 2018, n. 11313).
Pertanto, da un lato, è evidente che le espressioni, contenute nella clausola compromissoria -utilizzate dal giudice dell’impugnazione per reputare l’arbitrato come irrituale -rappresentano clausole di mero stile, del tutto ininfluenti per
l’individuazione della natura rituale o irrituale dell’arbitrato, mentre, dall’altro la Corte territoriale non ha considerato la rilevanza di ulteriori espressioni contenute nell’art. 28 dello statuto, come, per esempio quella per cui l’arbitro unico ‘ anche sulle spese dell’arbitrato’.
Si è, infatti, ritenuto che «l’uso di espressioni quali ‘giudicheranno secondo norme di diritto’ e ‘spese del giudizio’ vanno ritenute coerenti rispetto alla qualificazione come arbitrato rituale di quello per cui è controversia» (Cass. n. 11313 del 2018; Cass., sez. 6-1, 10 settembre 2021, n. 24462; Cass. n. 24059 del 2006).
Altro elemento sintomatico della possibile natura rituale dell’arbitrato va anche individuato nell’espressione che consente all’arbitro di «decidere» o « risolvere» le controversie (in tale ultimo senso è la clausola compromissoria in oggetto), mentre in caso di arbitrato irrituale l’arbitro «definisce» le controversie, come ora espressamente dispone l’art. 808ter c.p.c. (Cass., 5 luglio 2023, n. 18973, in motivazione, ove si è precisato che la natura di arbitrato irrituale non emerge dall’uso puro e semplice della formula dell’arbitro ‘amichevole compositore’, soprattutto ove seguente alla evocata funzione arbitrale di ‘decidere’ la controversia, e non semplicemente di ‘definirla’ come dice l’art. 808ter c.p.c. ‘mediante determinazione contrattuale’).
Nella specie, la Corte non ha considerato che, in caso di incertezza nell’interpretazione, doveva essere applicato il criterio residuale, che dà prevalenza all’arbitrato rituale, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte dall’arbitrato rituale quanto alla sua efficacia esecutiva, al regime delle impugnazioni ed alla possibilità per il giudice di concedere la sospensiva (Cass., 28
settembre 2020, n. 20461; Cass. 10 maggio 2018, n. 11313, cit.; Cass., sez. 1, 7 aprile 2015, n. 6909).
6. Quanto, poi, al concreto dispiegarsi della procedura utilizzata dall’arbitro per giungere alla sua decisione, costituisce orientamento consolidato di legittimità quello per cui risulta dirimente il concreto atteggiarsi della procedura utilizzata nel corso dell’arbitrato, che supera anche l’interpretazione della clausola compromissoria stipulata tra le parti (Cass., sez. 2, 8 novembre 2013, n. 25258).
Ed infatti, agli effetti dell’individuazione del mezzo con cui il lodo va impugnato, ciò che conta è la natura dell’atto in concreto posto in essere dagli arbitri, più che la natura dell’arbitrato come previsto dalle parti (Cass., n. 25258 del 2013, cit.). Pertanto, se sia stato pronunciato uno lodo rituale, nonostante le parti avessero previsto un arbitrato irrituale, ne consegue che quel lodo è impugnabile esclusivamente ai sensi degli articoli 827 e seguenti c.p.c. (Cass., sez. 1, 24 marzo 2011, n. 6842).
Se, dunque, nell’accertamento della natura del lodo in concreto emesso, un ruolo fondamentale svolge, di solito, l’interpretazione della convenzione di arbitrato, dovendosi presumere, in difetto di elementi contrari, che gli arbitri si siano adeguati a quanto previsto dalle parti, tuttavia, se risulta altrimenti chiaro, dalla procedura seguita e dalla qualificazione espressamente data dagli stessi arbitri, che è stato emesso un lodo rituale o irrituale, ciò é decisivo ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile, senza che si debba o si possa risalire all’interpretazione della volontà espressa dalle parti della convenzione (Cass., n. 6842 del 2011, cit.).
Nella specie, il giudice, con il consenso delle parti, ha ritenuto applicabile l’istituto della sospensione processuale dei termini, all’udienza del 26 luglio 2022, ove si legge che «le parti concordano anzitutto di ritenere applicabile al procedimento la sospensione
feriale di agosto, ritenendo in ogni caso quale termine ultimo per la conclusione dell’arbitrato il 19 ottobre 2022».
La Corte d’appello, che ha ritenuto del tutto irrilevante la procedura utilizzata per la decisione dell’arbitrato, ha poi completamente omesso di considerare anche il contenuto del verbale dell’udienza del 28 settembre 2022 ove il legale dei COGNOME ha specificato che «l’arbitro deve decidere e procedere secondo diritto; ciò significa che, essendo il lodo arbitrale atto sostitutivo della sentenza, esso deve eseguire principi del processo civile».
Inoltre, l’AVV_NOTAIO, curatore speciale della società, ha fatto espresso riferimento alle «memorie ex art. 183 c.pc.».
Pertanto, alla stregua degli elementi sopraindicati, sia con riferimento al testo della clausola n. 28 dello statuto della società, sia in relazione al comportamento successivo delle parti e, in particolare, alla scelta di utilizzare le forme e i tempi del processo ordinario di cognizione, l’arbitrato era di carattere rituale, essendo dunque ammissibile l’appello proposto dai COGNOME.
8. La sentenza cognata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che