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Arbitrato irrituale pubblica amministrazione: è nullo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcune strutture sanitarie private contro un’Azienda Sanitaria Provinciale. La Corte ha confermato la nullità di un lodo arbitrale emesso tramite arbitrato irrituale. Il principio chiave ribadito è che l’arbitrato irrituale pubblica amministrazione è inammissibile, poiché l’azione amministrativa deve sempre seguire principi di trasparenza e pubblicità, incompatibili con la natura puramente negoziale e privata dell’arbitrato irrituale.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Arbitrato Irrituale e Pubblica Amministrazione: la Cassazione Conferma la Nullità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale nei rapporti tra privati e settore pubblico: l’arbitrato irrituale pubblica amministrazione è una strada non percorribile. La Suprema Corte ha chiarito che la natura puramente negoziale di questo strumento di risoluzione delle controversie è incompatibile con i principi di trasparenza e pubblicità che devono guidare l’azione amministrativa. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da una controversia tra un gruppo di strutture sanitarie private accreditate e un’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP). Le cliniche lamentavano il mancato pagamento di prestazioni sanitarie fornite oltre il budget assegnato. In forza di una clausola compromissoria presente nei contratti stipulati tra le parti, la questione era stata deferita a un collegio arbitrale.

Gli arbitri, attraverso un procedimento di arbitrato irrituale, avevano emesso un lodo che condannava l’ASP al pagamento delle somme richieste dalle cliniche. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, aveva impugnato tale lodo davanti al Tribunale, che ne aveva dichiarato la nullità. La decisione era stata poi confermata dalla Corte d’Appello, spingendo le strutture sanitarie a proporre ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso delle case di cura, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. La sentenza impugnata è stata ritenuta corretta nel dichiarare la nullità del lodo arbitrale, in quanto derivante da una clausola compromissoria per arbitrato irrituale che una Pubblica Amministrazione non può validamente stipulare.

Le Motivazioni: Il Divieto di Arbitrato Irrituale per la Pubblica Amministrazione

Il cuore della motivazione risiede nella netta distinzione tra l’agire di un soggetto privato e quello di un ente pubblico. Sebbene la Pubblica Amministrazione possa operare attraverso strumenti di diritto privato, il suo agire non è mai completamente equiparabile a quello di un privato. La P.A. è sempre portatrice di un interesse pubblico che deve ispirare ogni sua azione.

L’arbitrato irrituale (o libero) si configura come un mandato conferito dalle parti a terzi per comporre una lite tramite un accordo negoziale. La scelta degli arbitri e la gestione della procedura avvengono in un ambito puramente privato e fiduciario. Questo, secondo la Cassazione, si scontra frontalmente con i principi che regolano l’azione amministrativa. La scelta di un soggetto terzo per dirimere una controversia in cui è parte l’ente pubblico deve avvenire attraverso procedimenti legalmente determinati, che garantiscano trasparenza e pubblicità, non tramite una logica puramente negoziale.

La Corte distingue nettamente questa forma di arbitrato da quello rituale. L’arbitrato rituale è una vera e propria funzione giurisdizionale delegata ai privati, che si conclude con un lodo avente efficacia di sentenza. L’arbitrato irrituale, invece, è un’attività negoziale che porta a un atto con valore contrattuale. Proprio questa natura contrattuale e priva di garanzie procedurali pubbliche lo rende inaccessibile per la P.A.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. Le imprese e i professionisti che stipulano contratti con la Pubblica Amministrazione devono essere consapevoli che eventuali clausole che prevedano il ricorso all’arbitrato irrituale sono da considerarsi nulle. Per la risoluzione delle controversie, le uniche strade percorribili restano la giurisdizione ordinaria o, se previsto, l’arbitrato rituale, che offre garanzie procedurali assimilabili a quelle di un processo.

La decisione, inoltre, ha comportato la condanna delle ricorrenti non solo al pagamento delle spese legali, ma anche di un’ulteriore somma a titolo di responsabilità aggravata per abuso del processo, a sottolineare la manifesta infondatezza del ricorso di fronte a principi così consolidati.

Perché un arbitrato irrituale non è consentito alla Pubblica Amministrazione?
La Pubblica Amministrazione non può avvalersi dell’arbitrato irrituale perché questo strumento ha natura puramente negoziale e privata, priva di quelle garanzie di trasparenza e pubblicità che devono sempre caratterizzare l’azione amministrativa. La scelta degli arbitri e la gestione della controversia devono seguire procedimenti legalmente determinati, non logiche private.

Qual è la differenza fondamentale tra arbitrato rituale e irrituale evidenziata dalla Corte?
Secondo la Corte, nell’arbitrato rituale le parti delegano agli arbitri l’esercizio di una funzione giurisdizionale, e il lodo finale ha l’efficacia di una sentenza. Nell’arbitrato irrituale, invece, le parti conferiscono agli arbitri un mandato per svolgere un’attività negoziale in loro sostituzione, e il lodo ha valore di un contratto tra le parti.

Quali sono state le conseguenze economiche per le parti ricorrenti che hanno perso l’appello?
Le parti ricorrenti sono state condannate a pagare le spese processuali, liquidate in € 12.400,00 oltre accessori. Inoltre, sono state condannate, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento di un’ulteriore somma di € 12.000,00 a favore della controparte e di € 2.500,00 a favore della cassa delle ammende per abuso del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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