Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30730 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30730 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8558/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
FINO 1 RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CRDMCL63R18D708M), COGNOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di TRIBUNALE MILANO n. 2331/2023 depositata il 21/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Unicredit s.p.a. e la RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per regolamento competenza contro la RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del 21 marzo 2023, con la quale il Tribunale di Milano – da esse adìto con citazione notificata nel settembre del 2022 con la proposizione di una domanda di accertamento negativo della insussistenza della loro responsabilità a titolo extracontrattuale, in relazione a pretese che la RAGIONE_SOCIALE aveva avanzato in forza di un rapporto inter partes concretatosi con un Transfer Agreement stipulato nel luglio del 2017 -ha dichiarato la propria incompetenza <>.
Il tribunale meneghino, con la sentenza impugnata, procedendo all’esegesi della clausola di cui al detto art. 21 ha ritenuto che la clausola arbitrale -prevedente prima un procedimento mediatorio secondo il Regolamento di Mediazione ICC e poi, in caso negativo, la competenza di un arbitro ai sensi del Regolamento Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale ICC favore -fosse comprensiva anche della detta controversia.
2. Il Tribunale, come emerge dalla motivazione, è pervenuto alla sua decisione dopo avere proceduto all’interpretazione della clausola arbitrale e lo ha fatto sulla base della seguente motivazione:
<<Le attrici deducono in primo luogo l'inapplicabilità della clausola compromissoria del Transfer Agreement -stipulato in data 14.7.2017, con il quale hanno venduto alla convenuta oltre ventimila crediti non performing – alla domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. svolta da FINO 1 -nell'ambito del giudizio arbitrale instaurato – in relazione alle asserite condotte illecite negoziazioni successive alle predette richieste di indennizzo. Ritengono che la clausola in questione attenga esclusivamente a ciò che riguarda il contratto, la sua formazione e la sua esecuzione, ma non anche alle questioni attinenti ad una nuova negoziazione per la sua eventuale modifica. Deducono, inoltre, l'insussistenza di qualsivoglia responsabilità extracontrattuale delle società attrici nei confronti di Fino 1 con riguardo alle predette discussioni e negoziazioni. Allegano, infatti, che quello che la convenuta definisce in sede arbitrale alla stregua di un malizioso tentativo di modificare il contratto, in realtà non è altro che una richiesta degli Originators del tutto ragionevole, tenuto conto del contesto negoziale. Si è costituita in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE la quale, in via preliminare, eccepisce il difetto di competenza del Tribunale adito in ragione potestas iudicandi dell'Arbitro Unico e contesta quanto ex adverso dedotto; in via principale, chiede il rigetto di tutte le domande attoree in quanto manifestamente infondate e la condanna delle attrici ex art. 96 c.p.c.; in via riconvenzionale subordinata, chiede accertare e dichiarare la responsabilità delle società attrici ai sensi dell'art. 2043 c.c. e la condanna delle stesse al risarcimento dei danni pari all'importo di euro 401.866,00. In particolare la convenuta deduce che vi è prova del fatto che le attrici l'hanno coinvolta in lunghe ed impegnative trattative finalizzate solo in apparenza a risolvere in buona fede le discussioni sorte a seguito delle richieste di indennizzo formulate dalla convenuta, ma nei fatti condotte dalle stesse al solo fine di modificare in senso a sé più favorevole il
contenuto del Transfer Agreement, facendo leva sull'ingente esposizione delle convenute. Orbene, ritiene il Tribunale che l'eccezione pregiudiziale di incompetenza sia fondata. Ed invero, dalla lettura del Transfer Agreement (v. doc. n. 3 attrici) emerge che la clausola compromissoria di cui all'art, 21 attribuisce, previa effettuazione della mediazione obbligatoria, all'Arbitro Unico qualsiasi controversia, reclamo o disaccordo derivante da – o in connessione con la validità, l'interpretazione, l'esecuzione, la risoluzione e/o l'esecuzione coattiva dell'Accordo di trasferimento, inclusa la responsabilità ai sensi dell'art. 1337 c.c. Peraltro, proprio l'avere indicato espressamente nella clausola compromissoria che è ricompresa anche la responsabilità ex art. 1337 c.c. -che, difatti, secondo taluni rappresenta ancora oggi un ipotesi di responsabilità extracontrattuale – dimostra la volontà delle parti, al fine di evitare contestazioni, di includere anche le controversie relative a tale tipo di responsabilità nella clausola compromissoria. Ne consegue che, tenuto conto di tale formula ampia, ritiene il Tribunale che la volontà delle parti sia stata quella di farvi rientrare anche le controversie aventi ad oggetto un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale comunque collegata proprio a condotte direttamente incidenti sul rapporto sorto tra le parti. Tale conclusione, del resto, è ulteriormente suffragata dal dato codicistico. Dirimente è innanzitutto l'art. 808 -quater c.p.c. il quale prevede che, nel dubbio, la convenzione di arbitrato <>. In secondo luogo, viene in rilievo l’art. 808bis c.p.c. nella misura in cui prevede che <>. La disposizione
de qua , sebbene invocata dalle attrici per argomentare la sussistenza della competenza del Tribunale adito, ove correttamente interpretata, finisce per confermare nel caso di spcie la competenza dell’Arbitro Unico>>. Sul punto si condivide, infatti, l’interpretazione secondo cui la portata precettiva dell’art. m8908 -bis c.p.c. 808bis c.p.c. <> (v.Tribunale di Milano sentenza 8/1/2020 n. 58). Né può giungersi ad esiti diversi sulla base della considerazione secondo cui, così operando, si svuoterebbe di significato la previsione contenura nell’art. 21.7 del Transfer Agrement nella parte in cui dispone che <>. Tale periodo, infatti, deve essere letto unitamente a quello immediatamente precedente, collocato all’ incipit del medesimo comma 7 dell’art. 21, il quale prevede che, fermo restando quanto sopra, il collegio arbitrale non sarà competente per misure interinali o cautelari e non si applicheranno le disposizioni arbitrali di emergenza del regolamento ICC: ne consegue che le controversie spettanti al Tribunale di Milano, in quanto non attribuire all’Arbitro Unico, sono quelle in materia cautelare. L’eccezione di incompetenza va, dunque, accolta e va dichiarata l’incompetenza del Tribunale di Milano, essendo competente a conoscere la domanda l’Arbitro Unico come da art. 21 del Transfer Agreement.>>.
Nel ricorso per regolamento dopo un’ampia esposizione della vicenda in fatto, dalla quale si apprende che RAGIONE_SOCIALE ha introdotto contro le ricorrenti domande intese ad ottenere il pagamento di indennizzi in forza del rapporto di cui al Transfer Agreement e la loro condanna al risarcimento del danno per responsabilità extracontrattuale, cui le stesse ricorrenti hanno replicato eccependo l’estraneità della controversia all’ambito delle controversie oggetto della clausola compromissoria e pertanto <>, eccezione che, nel contraddittorio della parti l’Arbitro ha reputato che si debba decidere unitamente ad altre questioni parziali con un lodo parziale (c.d. ‘ bifurcation ‘) – si assume che in conseguenza le ricorrenti si sono viste costrette ad agire dinanzi al Tribunale milanese proponendo azione di accertamento negativo delle pretese azionate in sede arbitrale.
Dopo di che si sostiene che in base al c.d. principio dell’apparenza il mezzo di impugnazione esperibile contro la sentenza sarebbe l’azionato regolamento di competenza ed all’uopo si invocano i principi di diritto di cui a Cass. n. 18182 del 2021 e 3587 del 2021. Quindi si passa ad argomentare perché la proposta controversia di accertamento negativo sarebbe estranea alla clausola arbitrale.
Al ricorso ha resistito con memoria la RAGIONE_SOCIALE, che, senza contestare l’esperibilità del regolamento di competenza, ha sostenuto che correttamente il Tribunale avrebbe ritenuto soggetta la domanda alla clausola arbitrale.
All’esito della fissazione della trattazione nell’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -ter c.p.c., il Pubblico Ministero presso la Corte ha depositato conclusioni nelle quali, previa affermazione che sarebbe <>, ha chiesto il rigetto del regolamento.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
La trattazione è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -ter c.p.c. ed il Pubblico Ministero ha concluso nei termini su indicati.
Nell’imminenza dell’odierna adunanza è sopravvenuto impedimento del Relatore designato, che è stato sostituito dal Presidente Titolare con il Presidente del Collegio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Collegio rileva che il ricorso per regolamento di competenza deve dichiararsi inammissibile, in quanto la sentenza impugnata non può essere considerata come una decisione sulla competenza e nella specie affermativa di una competenza arbitrale, ma deve intendersi come decisione che, in presenza della clausola di arbitrato internazionale stipulata inter partes , assumendo che la controversia, all’esito dell’interpretazione del suo contenuto si debba intendere ricompresa nel suo ambito, ha sostanzialmente accertato l’inesistenza della giurisdizione del giudice italiano, perché le parti hanno convenuto di sottrarre la risoluzione della controversia ad essa, affidandola ad un arbitro internazionale, che, come tale, è il soggetto davanti al quale hanno convenuto di far valere la tutela giurisdizionale.
La sentenza ha, dunque, declinato la giurisdizione del giudice italiano e non ha risolto una questione di competenza fra il giudice italiano ed un arbitro di diritto interno al nostro ordinamento. Come tale essa avrebbe dovuto impugnarsi con l’appello, atteso che la sentenza declinatoria di giurisdizione da parte del giudice di primo grado è soggetta all’appello come mezzo di impugnazione.
Quanto affermato implica lo svolgimento di due gradate considerazioni esplicative.
La prima concerne la configurazione della questione relativa alla sussistenza o meno della soggezione di una controversia che in mancanza sarebbe azionabile davanti alla giurisdizione nazionale, ad una clausola convenzionale di previsione dell’affidamento della sua soluzione ad un arbitro, la cui funzione e natura non sia configurata né come quella di un arbitro operante nell’àmbito del nostro ordinamento nazionale né come quella di un arbitro operante in un altro ordinamento nazionale, diverso da quello italiano, bensì, come nella specie, senza alcun riferimento all’inserirsi della funzione arbitrale in un distinto ordinamento nazionale e, dunque, con la natura di arbitrato c.d. internazionale, il cui operato, le cui decisioni, non sono decisioni che, pur essendo espressione di tutela giurisdizionale, pur sempre pongono capo ad una decisione che, secondo le regole dell’ordinamento nazionale entro il quale le parti hanno convenuto debba operare l’arbitro, sia o possa essere soggetta al controllo, secondo la disciplina di quell’ordinamento, da parte di una autorità giurisdizionale di quell’ordinamento.
Emerge in tal modo la distinzione fra il c.d. arbitrato estero – che ricorre quanto l’arbitro ha sede in uno Stato estero e deve rendere la sua decisione con una soggezione più o meno ampia al controllo dell’autorità giurisdizionale di quello Stato -e l’arbitrato internazionale in cui questo controllo non è previsto, collocandosi l’affidamento all’arbitro della decisione del tutto al di fuori di un ordinamento nazionale.
Il Codice di Procedura civile, anteriormente al d.lgs. n. 40 del 2006, che ne dispose l’abrogazione, conteneva una norma, l’art. 832 c.p.c. che era espressamente rubricata ‘arbitrato internazionale’ ed individuava delle condizioni che la clausola convenzionale doveva rispettare perché ricorresse quella qualificazione.
A seguito dell’abrogazione e nel quadro della nuova normativa introdotta dal cennato d.lgs., che ha dettato una norma, rubricata ‘rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria’, cioè l’art. 819 -ter , si è posto il problema del se la qualificazione di tale rapporto, chiaramente espressa nel senso della competenza (per la previsione dell’istituto del regolamento di competenza), si estendesse all’ipotesi di arbitrato estero e di arbitrato internazionale.
La risposta al quesito, attraverso un superamento della giurisprudenza precedente che costruiva la questione della sussistenza della ‘competenza’ dell’arbitro estero e di quello internazionale nel senso di questione inerente al ‘merito’, con le relative conseguenze ai fini del mezzo di impugnazione esperibile ed anche circa la coerente esclusione della possibilità di esperimento del regolamento di giurisdizione, è stata data dalle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 24153 del 2013. Tale decisione, pur essendo massimata nel senso che <>, ha affermato, come si legge nella motivazione, principi che si sono risolti nel superamento della qualificazione nel senso di questione di merito della previsione di un arbitrato estero o internazionale ed ha incasellato la problematica dell’accertamento della sussistenza della sussistenza o meno della ‘competenza’ ai sensi della clausola di arbitrato sia estero che internazionale nell’àmbito della questione di
giurisdizione, espungendola dunque dal microsistema dell’art. 819 -ter , applicabile all’arbitrato di diritto interno.
Ne segue che la questione che davanti al giudice nazionale insorga circa l’inerenza della controversia ad una clausola di c.d. arbitrato internazionale si deve considerare come questione di giurisdizione, con la conseguenza che non solo può essere oggetto regolamento preventivo di giurisdizione, ma, ove decisa dal giudice di merito, deve considerarsi come decisione affermativa o negativa della giurisdizione.
Ciò è tanto vero che vi sono state successive decisioni delle Sezioni Unite che, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, hanno trattato questioni di sussistenza o meno della ‘competenza’ di arbitri internazionali. Con specifico riferimento ad una clausola arbitrale ICC con collegio arbitrale da costituirsi in Londra, si veda di recente Cass., Sez. Un., n. 26600 del 2024. Per una clausola arbitrale davanti la Swiss Chambers’ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Ginevra (già Camera Arbitrale di Ginevra), si veda Cass., Sez. Un., n. 15713 del 2022. Per altra decisione di devoluzione alle Arbitration Rules of the RAGIONE_SOCIALE, si veda Cass., Sez. Un., n. 14649 del 2017.
Non è dubbio, dunque, che la questione della devoluzione della controversia all’Arbitro Unico secondo il Regolamento Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale ICC (con sede in Parigi, ancorché le parti non lo dicano), sollevata dalla qui resistente davanti al Tribunale di Milano abbia avuto la natura di questione di giurisdizione.
Può passarsi allo svolgimento della seconda considerazione, che è sollecitata dalla riferita espressa invocazione da parte delle ricorrenti del c.d. principio dell’apparenza come giustificativo della proposizione del presente regolamento di competenza.
In base a tale principio il regolamento di competenza si dovrebbe considerare ammissibile se ed in quanto nella sentenza impugnata
si potesse cogliere una qualche affermazione del tribunale milanese nel senso della qualificazione della sua decisione -evidentemente a torto – come risolutiva di una questione di competenza alla stregua dell’art. 819 -ter c.p.c.
Le ricorrenti si sono limitate a sorreggere la loro prospettazione invocando due precedenti di questa Corte, ma essi non sono in alcun modo idonei allo scopo ed anzi giustificano la soluzione opposta, come si dirà. Ancor meno lo è, questa volta per mancanza di pertinenza con la questione sub iudice , non riguardando la decisione evocata un arbitrato internazionale (o estero), il precedente evocato dal P.G.
Venendo ai precedenti invocati dalle ricorrenti, si rileva che Cass. n. 18182 del 2021 ha statuito che <>; a sua volta, Cass. n. 38587 del 2021 ha stabilito che <>.
Ebbene, proprio la corretta lettura di tali precedenti ed in particolare della prima, che venne pronunciata dalla soppressa Sesta Sezione nella speciale composizione che tabellarmente, nella sua vigenza, prevedeva la possibilità di comporre il Collegio con il Presidente della stessa Sezione ed i coordinatori delle varie sottosezioni (c.d. Sezioni Unite di Sesta), palesa che nella fattispecie del tutto erroneamente si invoca da parte delle ricorrenti il principio di apparenza.
4. Queste le ragioni.
Il presupposto per l’operare del principio ai fini della individuazione del mezzo di impugnazione esperibile è rappresentato -come suggeriscono gli stessi precedenti invocati – dalla circostanza che il
giudice abbia qualificato, espressamente o comunque in modo inequivoco, come questione di competenza, la questione decisa, solo così creandosi le condizioni per una tutela dell’affidamento della parte in ordine al regime di impugnazione, in quanto detta qualificazione assegna alla decisione il valore da essa discendente.
Ove, invece, essa manchi, si deve escludere la determinazione di un’apparenza ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione.
Ora, nel caso in esame risulta evidente dalla lettura della motivazione sopra riportata che il Tribunale non ha svolto alcuna affermazione espressa nel senso che la questione che ha risolto fosse da qualificare come questione di competenza.
Pertanto, non ricorre l’ipotesi di qualificazione espressa della questione come di competenza.
Si tratta di valutare se vi sia stata una qualificazione inequivoca, cioè desumibile non da affermazioni espresse evidenziatrici in via diretta di tale qualificazione, bensì in via indiretta, cioè attraverso evidenze linguistiche o di ragionamento del tessuto motivazionale implicanti ex necesse il convincimento del Tribunale che la questione risolvenda era di competenza e non di giurisdizione.
La risposta dev’essere senza dubbio negativa.
4.1. Gli elementi da considerare sono i seguenti:
a pagina 4 il Tribunale riferisce la difesa della qui resistente come eccipiente <>;
sempre nella stessa pagina dice fondata <>;
a pag. 5 evoca le norme degli artt. 808quater che usa l’espressione ‘competenza arbitrale’, e 808 -bis , cioè due norme che appartengono al regime dell’arbitrato di diritto interno, riguardo al quale si configura una questione di competenza;
a pag. 6 evoca la previsione di cui all’art. 21.7 del Transfer Agreement, la quale nell’attribuire al Tribunale di Milano e, dunque,
al giudice nazionale, le <>, indica tale attribuzione con la parola ‘giurisdizione’;
a pag. 7 il Tribunale ha dichiarato, come si è detto, la propria ‘incompetenza’, essendo <>, anche qui parlando di incompetenza e di competenza;
in fine, il Tribunale ha adottato la sua decisione con sentenza.
4.2. Ebbene nessuno degli elementi indicati ed anche il loro apprezzamento cumulativo palesa che il Tribunale abbia inteso qualificare la questione risolta, sebbene in modo indiretto, ma tale da sottendere impegno decisionale qualificatorio, nel senso di questione di competenza stricto sensu .
In particolare:
1a) l’affermazione sub a) riferisce il modo in cui la qui resistente aveva formulato la sua eccezione e dunque non sottende alcuna manifestazione di convincimento del Tribunale;
1b) la stessa considerazione merita l’elemento sub b , non solo perché riprende il modo in cui la resistente-convenuta aveva formulato l’eccezione, ma anche perché lo fa senza soffermarsi in alcun modo, nemmeno indiretto, sulla sua esattezza e, soprattutto, senza dire alcunché che evidenzi la ritenuta consapevole necessità di interloquire sull’esattezza della qualificazione, piuttosto che solo sul suo generico finalismo, quello di indurre a spogliarsi del giudizio;
1c) del tutto inidonea sempre a rivelare, sebbene indirettamente, un impegno motivazionale qualificatorio appare quanto indicato sub c) e ciò per l’assoluta mancanza di indici rivelatori specifici, essendosi trattato solo dell’adozione di un criterio di lettura della clausola del Transfer Agreement, non senza doversi rilevare che -per la verità distaccandosi da quanto implicava la logica della citata S.U. n. 24153 del 2013, chiaramente sottraente l’arbitrato estero e
l’arbitrato internazionale al disposto normativo dell’art. 819 -ter c.p.c. – la pure citata S.U. n. 26600 del 2024 ha, invece, postulato, sebbene sempre, come s’è detto, nella logica della questione di giurisdizione, un’applicabilità dell’ultimo comma dell’art. 819 -ter c.p.c., il che palesa che il riferimento alle norme del sistema in cui si inserisce quella disposizione, quando parlano di competenza, com’è per l’art. 808 -quater possono essere eventualmente invocate, ma senza alcuna incidenza sulla qualificazione della questione come di giurisdizione e, quindi, intendendosi il riferimento alla competenza in senso atecnico;
1c) quanto osservato in chiusura sub 1b) vale a rendere irrilevante l’evocazione delle norme che appartengono al regime dell’arbitrato di diritto interno;
1d) l’assoluta mancanza di qualsiasi presa di posizione da parte del Tribunale sulla evocata previsione di cui all’art. 21.7 del Transfer Agreement, là dove, parlando di ‘giurisdizione’ del Tribunale di Milano, evidentemente prevede ex necesse che le controversie che possono essere decise dall’Arbitro Unico siano decidibili perché attribuite alla sua giurisdizione, palesa che implicitamente il Tribunale di tanto ha avuto consapevolezza e non l’ha messo in alcun modo in discussione;
1e) tutti i rilievi svolti rendono assolutamente privi di valore indiretto quanto indicato sopra sub e) .
Assume, invece, valore, stavolta espressamente significativo del fatto che l’uso della terminologia relativa alla competenza da parte del Tribunale parametrata alle norme sull’arbitrato nel c.p.c. non sottende affatto una indiretta e meno che mai inequivoca qualificazione della questione come di competenza in senso tecnico, la circostanza evidenziata sopra sub f) .
Invero, poiché l’art. 279, primo comma, primo inciso del c.p.c. espressamente prevede che la questione ‘soltanto sulla competenza’ sia decisa con ordinanza, assume valore confermativo
che nell’adozione della forma della sentenza, ancorché abbia dichiarato l’incompetenza e la competenza dell’Arbitrato Unico, il Tribunale ha avuto piena consapevolezza di non stare decidendo una effettiva questione di competenza, ma una questione in effetti di giurisdizione. Tanto giustifica ulteriormente la conclusione che abbia adoperato la terminologia sulla competenza con un significato assolutamente atecnico, giustificato anche dall’uso frequente della stessa nella prassi per indicare l’attribuzione ad un arbitro internazionale o estero della decisione di una controversia.
D’altro canto, e ciò non esorbita dal tema dell’apparenza, ma ha a che fare con essa, atteso che la valutazione della stessa deve farsi anche dal punto di vista di chi deve esercitare il diritto di impugnazione, si deve rilevare che le stesse ricorrenti, come riferiscono a pag. 8 del ricorso, nel giudizio davanti all’Arbitro Unico eccepirono il suo difetto di giurisdizione sulle domande introdotta alla qui resistente.
4. Il ricorso è dichiarato conclusivamente inammissibile perché la sentenza era appellabile, in quanto anche alla luce del principio dell’apparenza è una sentenza declinatoria di giurisdizione.
Le spese possono essere compensate, atteso che l’esercizio del diritto di impugnazione è avvenuto invocando un’apparenza del tenore della decisione ed essa si è dovuta comunque esaminare, senza, peraltro, che la parte resistente sollevasse contestazioni sulla sua invocazione.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese del giudizio di regolamento.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione