Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19899 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19899 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10085/2019 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE HAID UTE GERTRAUD, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di BOLZANO n. 1019/2018, depositata il 25/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Nel marzo 2014 NOME COGNOME, condomina del Condominio Laugen di Lana, convenne in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Merano Ute Gertraud Holsten in Haid, già amministratrice dello stesso Condominio dal 2003 al 2008, chiedendone la condanna alla restituzione pro quota del denaro che aveva indebitamente prelevato in banca e da libretti a risparmio riferibili al Condominio. L’attrice dedusse che, fatta esaminare da un esperto la documentazione relativa alla gestione del Condominio ottenuta in via giudiziale, era emerso che una serie di operazioni risultava priva di giustificazione.
Si è costituita la convenuta eccependo , tra l’altro , l’inammissibilità della pretesa in considerazione dell’intervenuta approvazione dei bilanci di esercizio condominiale relativi alle spese effettuate. Il Giudice di Pace accolse la domanda e condannaò l’ex amministratrice al pagamento di euro 2.107,07.
La soccombente COGNOME propose appello dinanzi al Tribunale di Bolzano che, con sentenza n. 1019/2018, in riforma della pronuncia di primo grado, respinse la domanda di COGNOME.
Avverso la sentenza d’appello ricorre per cassazione NOME COGNOME con tre motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 1137 c.c., in relazione agli artt. 1130, n. 3, e 1135 c.c. (nel testo vigente ratione temporis ) e agli artt. 1713 e 1229 c.c., nonché dell’art. 1130 -bis c.c., in relazione all’art. 11 delle preleggi: il Tribunale avrebbe, secondo la ricorrente, erroneamente basato la propria decisione sulla considerazione che i consuntivi presentati dall’amministratrice
Holsten dal 2003 al 2008 erano stati approvati dalle assemblee e che le relative delibere non erano state impugnate, così diventando vincolanti ex art. 1137 c.c.; anzitutto -assume la ricorrente – il Tribunale ha fatto riferimento per due volte all’art. 1130 -bis c.c., norma che è stata introdotta solo nel 2012 ed è in vigore dal 18 giugno 2013 e quindi non può trovare applicazione al presente caso, relativo a fatti avvenuti tra il 2003 e il 2009, il che inficia ab origine il ragionamento del Tribunale; in ogni caso tale norma non pone un obbligo di verifica dei dati esposti nel consuntivo per mezzo di revisore, ma unicamente detta in modo più analitico gli obblighi dell’amministratore; il punto è che il Tribunale ha male interpretato l’art. 1137 c.c., che non preclude l’accertamento della personale responsabilità dell’amministratore mandatario per violazione dolosa dei suoi obblighi e per la commissione di atti illeciti (addirittura di rilevanza penale), né tantomeno preclude di rilevare le ipotesi di radicale nullità delle delibere assembleari; i prelevamenti che l’amministratore non dimostri inerenti al mandato, infatti, costituiscono un illecito sia contrattuale che extracontrattuale che l’assemblea non ha il potere di approvare e che, pertanto, non soggiace ai limiti di impugnazione dell’art. 1137 c.c.
Il motivo è infondato.
Quanto al riferimento all’art. 1130 -bis c.c., in effetti non applicabile ratione temporis alla fattispecie, si tratta di un rilievo dal carattere non decisivo, essendosi limitato il Tribunale a sottolineare come l’operato dell’amministratrice non avesse incontrato, durante il suo mandato, la censura della maggioranza condominiale e come vi fosse stata la possibilità, certamente non preclusa prima della previsione da parte del legislatore, della nomina di un revisore per verificare la contabilità del Condominio. Il Tribunale ha fondato la decisione di rigetto della domanda della ricorrente -domanda volta a ottenere la restituzione di somme di denaro rispetto alle quali
non sono stati rinvenuti, tra la documentazione fornita alla ricorrente, i documenti giustificativi -sulla mancata impugnazione da parte della ricorrente delle deliberazioni assembleari di approvazione dei rendiconti, rendiconti con i quali veniva approvato il complessivo operato economico dell’amministratore. La ratio decidendi della decisione è coerente con il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui l’approvazione assembleare dell’operato dell’amministratore e la mancata impugnativa delle delibere relative alle attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali preclude l’azione di responsabilità al singolo condomino leso dall’attività e dalle iniziative arbitrarie dello stesso (in questi termini Cass. n. 10838 del 1992). La contestazione alla base della pretesa della ricorrente è d’altro canto, secondo la ricostruzione in fatto posta in essere dal giudice di merito, la mancata documentazione di alcune spese rispetto a rendiconti approvati; la ricorrente nel motivo fa riferimento alla commissione da parte della amministratrice di un illecito di rilevanza penale (appropriazione indebita aggravata), ma non risulta neppure -come peraltro sottolineato dallo stesso Tribunale -che la ricorrente abbia sporto denuncia per tale reato a carico di controparte.
2. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e 2697 c.c. ex art. 360, n. 4 c.p.c., nonché violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione agli art. 1130bis c.c. e 1218 c.c., ex art. 360, n. 3 c.p.c.: il giudice d’appello non ha ammesso le prove testimoniali dedotte da controparte, ma preso atto della opposizione della ricorrente ha inferito che, ove fossero stati sentiti nel processo, tali testimoni avrebbero deposto in senso favorevole all’ex amministratrice; tale ragionamento è contrario ai ‘più elementari principi processuali e sostanziali in ordine all’onere e alla valutazione della prova’; se una prova non viene ammessa, il giudice ‘non può fondare la sentenza su quello che a suo parere ne sarebbe stato l’esito’.
Anche questo motivo è privo di fondatezza.
Il Tribunale non ha affatto basato la propria decisione sui risultati di una prova non assunta, ma si è limitato a osservare, solo ad abundantiam (come si evince indubbiamente dalla locuzione ‘ a sostegno della attendibilità di tale ricostruzione della volontà assembleare …’: v. pag. 11 sentenza) che la ricorrente si era opposta all’audizione degli altri condomini richiesta dalla amministratrice, che evidentemente riteneva che i condomini avrebbero sostenuto la natura giustificata delle spese e dei prelievi contestati.
Il rigetto dei primi due motivi comporta logicamente l’assorbimento del terzo motivo, che ai soli fini di un eventuale giudizio di rinvio, ‘coglie l’occasione per ribadire l’infondatezza dell’avversa eccezione di prescrizione dei crediti, ribadendone l’infondatezza, in quanto, trattandosi di illeciti contrattuali suscettibili di integrare la fattispecie criminosa dell’appropriazione indebita -soggiacciono al più lungo termine di prescrizione di dieci anni -o di sei anni, laddove venisse qualificato come illecito penale’.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in euro 2.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda