Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23505 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23505 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
Oggetto
Sanzione disciplinare conservativa
R.G.N.18610/2024
COGNOME
Rep.
Ud13/05/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 18610-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1065/2024 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/03/2024 R.G.N. 689/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto da COGNOME NOME contro la sentenza del Tribunale di Frosinone n. 936/2022 e in parziale riforma di detta sentenza, annullava la sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per giorni 5 irrogata da Autostrade per l’Italia s.p.a. all’Aucello con provvedimento del 4 maggio 2018 ed applicava la sanzione della multa di ore 4.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva in sintesi che il primo giudice, ritenendo dimostrati i fatti dell’11 aprile 2018 ascritti dal lavoratore e proporzionata la sanzione comminata, ricondotta alla violazione dell’art. 36, punto 6, del Codice disciplinare applicativo del CCNL, vale a dire, all’ipotesi del diverbio litigioso sul luogo di lavoro, aveva respinto il ricorso del lavoratore.
Tanto premesso, la Corte: I) riepilogava anzitutto in rigoroso ordine cronologico gli atti acquisiti al giudizio; II) riteneva non meritevole di accoglimento il primo motivo di gravame, con il quale il lavoratore aveva dedotto l’erroneità della valutazi one dell’istruttoria; III) considerava che il secondo motivo, il quale verteva intorno a diverse censure, meritava solo parziale accoglimento; IV) in particolare, concludeva che i fatti, per come accertati all’esito del giudizio, dovevano essere più corret tamente sussunti nell’ipotesi di contegno inurbano nei confronti dei superiori, colleghi e terzi sul luogo di lavoro , di cui al punto 4 del Codice disciplinare, punibile con la sola sanzione disciplinare della multa e non già della sospensione.
Avverso tale decisione COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi e successiva memoria.
Ha resistito l’intimata con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ex art. 360 n. 3 c.p.c. la ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., 2697 c.c. e dell’art. 5 della Legge n. 604 del 1966’. Premette che la Corte di appello di Roma da pag. 8 a pag. 13, pur ritenend o ‘ fermo il rilievo che oltre all’Aucello e alla Qua trini nessuno era presente al momento del loro accadimento, di guisa che per natura stessa del presente giudizio nessuno degli ulteriori testi avrebbe potuto riferire per conoscenza diretta su quanto avve nuto all’interno dell’ufficio ‘, ritiene sussistente il fatto storico oggetto di contestazione in quanto ‘ non si comprende per quali ragioni la COGNOME avrebbe dovuto inventarsi di sana pianta i fatti, riferiti nell’immediatezza dei fatti sia al COGNOME che al COGNOME; per altro verso, non risultano convincenti le difese, prive queste sì di qualsiasi riscontro, dell’COGNOME che, se veramente non avesse mantenuto il contegno aggressivo riferito dalla collega, ben avrebbe potuto -forse dovuto -contestare immediatamente di fronte al COGNOME ed al COGNOME la versione dei fatti resa dalla COGNOME. Invece, preferì rimanere all’interno dell’ufficio, avendo sostanzialmente ottenuto il risultato che si era prefisso, vale a dire l’immediato allontanamento della COGNOME dal luogo di lavoro ‘. Deduce, allora, che dall’istruttoria espletata in primo grado non è, invero, affatto emersa la sussistenza dell’addebito in capo all’COGNOME ed oggetto della lettera di contestazione e ciò è confermato dalla
stessa conclusione a cui era giunta la Corte d’appello, perché, ‘stante l’assenza di testimoni è meramente ipotetica e non supportata da alcun elemento probatorio certo la tesi sostenuta dal Giudice di Seconde Cure con conseguente violazione da parte del m edesimo delle norme di cui all’art. 2697 c.c. e dell’art. 5 della Legge 604 del 1966’.
Con un secondo motivo ex art. 360 n. 5 c.p.c. deduce ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (con riferimento ai fatti accaduti in data 18 aprile 2018 in ordine alla contestazione disciplinar e)’.
3. Entrambi i motivi sono inammissibili.
In ordine al primo è sufficiente considerare che il ricorrente, sotto l’apparente deduzione della violazione ex art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c. degli artt. 116 c.p.c., 2697 c.c. e 5 l. 604/1966, in realtà si duole, in termini per giunta assertivi, dell’apprezzamento probatorio operato dalla Corte di merito alla stessa riservato.
4.1. La censura, peraltro, neppure è aderente all’ampia motivazione in parte qua della Corte territoriale, la quale, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non ha affermato l’assenza di testimoni all’episodio oggetto di contestazione, bensì ha svolto, tra l’altro, la differente osservazione che: ‘oltre all’Aucello e alla Qua trini nessuno era presente al momento’ dell’accadimento dell’episodio stesso. Inoltre, la Corte di merito ha formato il proprio convincimento sulle deposizioni dei testimoni, tra i quali la citata COGNOME
escussa in prime cure appunto quale teste (cfr. in extenso pagg. 812 dell’impugnata sentenza).
Con precipuo riferimento al secondo motivo occorre ricordare che, per un consolidato orientamento di questa Corte, più volte espresso anche a Sezioni Unite, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ammette la denuncia innanzi alla S.C. di un vizio attinente all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza provenga dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, con la necessaria conseguenza che è onere del ricorrente, ai sensi degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., indicare il ‘fatto storico’, il ‘dato’, testuale o extratestuale, da c ui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, e la sua ‘decisività’ (in tal senso, ex multis , più di recente Cass., sez. un., 30.7.2021, n. 21973).
Orbene, in tale censura, in realtà, il ricorrente non denuncia l’omesso esame circa un fatto storico, decisivo per il giudizio, che ha formato oggetto di discussione tra le parti, nei sensi ora specificati, bensì sostiene che la Corte ‘abbia commesso un erroneo apprezzamento sull’esito della prova’, ed in tal senso contrappone una propria valutazione delle risultanze processuali a quella operata dalla stessa Corte (v. pagg. 7-11 del ricorso); il che non può ovviamente trovare ingresso in questa sede di legittimità.
Il ricorrente, in quanto soccombente dev’essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle
spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 13.5.2025.
La Presidente
NOME COGNOME