Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11222 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11222 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8777/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2515/2021 depositata il 01/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.la RAGIONE_SOCIALE ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe confermativa della decisione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con cui era stata respinta l’opposizione di essa ricorrente al decreto ingiuntivo ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE per il pagamento del prezzo di un appalto per opere di ‘allacciamento del gas, del gpl, del gas metano e dell’acqua e relativi impianti accessori e contatori’, eseguito in INDIRIZZO a Cesena, concluso tra le parti nel luglio del 2008.
In particolare, a fronte delle eccezioni già poste dalla RAGIONE_SOCIALE a base della opposizione e dalla stessa riproposte come motivi di appello per cui non vi era prova dell’avvenuta stipula del contratto di appalto né dell’esecuzione delle opere e per cui le opere delle quali la RAGIONE_SOCIALE chiedeva il prezzo erano state invece appaltate da essa RAGIONE_SOCIALE ad altra società –RAGIONE_SOCIALE -ed erano state eseguite da quest’ultima, la Corte di Appello di Bologna ha ribadito la decisione del Tribunale per cui la spa RAGIONE_SOCIALE aveva provato l’avvenuta conclusione del contratto e la esecuzione delle opere e per cui le opere appaltate dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE erano altre.
Quanto alla prova della conclusione del contrato, la Corte di Appello ha ritenuto, come già il Tribunale, che la stessa era stata data dalla RAGIONE_SOCIALE mediante i documenti n.2 e n.3 del relativo fascicolo ossia i ‘preventivi inviati alla RAGIONE_SOCIALE in relazione alle richieste di preventivo specificamente indicate con i relativi numeri di protocollo avanzate dalla RAGIONE_SOCIALE‘ per i lavori in questione e l’autorizzazione all’esecuzione dei lavori, inviata il 15 luglio 2008
dal legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, alla RAGIONE_SOCIALE con espresso riferimento alle precedenti richieste di preventivo.
Quanto alla prova della esecuzione delle opere la Corte di Appello ha ritenuto, come già il Tribunale, che la stessa era stata data mediante il documento NUMERO_DOCUMENTO recante l’esito del collaudo effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE e mai contestato.
Quanto, infine, alla alterità tra i lavori appaltati alla RAGIONE_SOCIALE e i lavori appaltati alla RAGIONE_SOCIALE la Corte di Appello ha condiviso l’osservazione del Tribunale per cui i primi risultavano essere stati commissionati nel luglio del 2008 mentre i secondi risultavano essere stati commissionati con contratto dell’aprile del 2008 e per cui una delle fatture della RAGIONE_SOCIALE per il pagamento del corrispettivo dei lavori era stata emessa nel maggio del 2008;
la spa RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
la causa perviene al RAGIONE_SOCIALE a seguito di richiesta di decisione formulata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per inammissibilità del ricorso;
la ricorrente ha presentato memoria;
considerato che:
il primo motivo di ricorso è rubricato ‘violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 2729 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma,n.3 c.p.c.’.
La ricorrente sostiene che i documenti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE e ritenuti dalla Corte di Appello idonei a dimostrare l’avvenuta conclusione del contratto e l’avvenuta esecuzione dei lavori in realtà non lo erano perché i moduli delle richieste di preventivo non erano sottoscritti né compilati dalla RAGIONE_SOCIALE, perché non risultava che
fossero stati spediti dalla RAGIONE_SOCIALE, perché non erano stati restituiti dalla RAGIONE_SOCIALE con la compilazione della parte di riferimento dell’appaltatrice, perché, al contrario di quanto affermato dalla Corte di Appello, i numeri di protocollo riportati nella autorizzazione di cui al documento 3 della RAGIONE_SOCIALE non corrispondevano ai numeri delle richieste di preventivo e il documento n.4 era stato redatto non dalla RAGIONE_SOCIALE ma dalla ‘RAGIONE_SOCIALE e, infine, perché questo documento era di data anteriore al luglio del 2008. La ricorrente deduce inoltre che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che dai documenti relativi al rapporto contrattuale con la RAGIONE_SOCIALE emergesse che tale rapporto di era svolto in epoca antecedente a quella del contestato rapporto con la spa RAGIONE_SOCIALE;
2.con il secondo motivo di ricorso, sotto la rubrica di ‘nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c.’, la ricorrente torna a sostenere quanto già sostenuto con il primo motivo;
3. con il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica di ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c.’, la ricorrente torna ancora a sostenere quanto sostenuto con il primo motivo e prospetta che, essendo le proprie tesi corrette e le affermazioni della Corte di Appello sulle risultanze istruttorie errate, la motivazione della sentenza sia inesistente.
i tre motivi sono inammissibili.
4.1. Vanno richiamati alcuni principi.
Innanzi tutto, il vizio di violazione di legge, evocato col primo motivo, ‘consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità’ (Cass. n.3340 del 05/02/2019).
In secondo luogo, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., parimenti evocata nel primo motivo, ‘si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.’ (Cass. 17313/2020)
In terzo luogo, ‘in tema di prova per presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c.’ -norma evocata nel primo motivo di ricorso’ e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell'”id quod plerumque accidit”, i fatti ignoti da provare, costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass. n. 27262 del 25/09/2023).
In quarto luogo, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., norma evocata nel secondo motivo’occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale
attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.’ (Cass. Sez. U n. 20867 del 30/09/2020)-
In quinto luogo la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. norma evocata con il secondo motivo’è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione’ (Cass. Sez. U n. 20867 del 30/09/2020)-
Infine, in riferimento al difetto di motivazione, evocato con il terzo motivo, ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione
apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione’ (Cass. Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).
4.2. Con i tre motivi di ricorso, innanzi tutto, al di là delle rubriche, non vengono effettivamente proposte doglianze sussumibili sotto gli artt. 2697 c.c., 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c.
Il ricorrente tenta, per un verso, di rimettere in discussione l’apprezzamento delle prove documentali del giudice di merito e, per altro verso, di affermare che quanto la Corte di Appello ha scritto risultare dai documenti, in realtà, dai documenti non risulta affatto (così, segnatamente i numeri di protocollo delle richieste di preventivo; la provenienza del documento n. 4 dalla RAGIONE_SOCIALE invece che dalla RAGIONE_SOCIALE).
Premesso che la sentenza lungi dall’essere affetta da anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 8053/2014) è motivata in modo chiaro e lineare sulla diretta attestazione che i fatti rilevanti per la decisione sono attestati nei documenti prodotti dalla spa RAGIONE_SOCIALE, il suddetto tentativo, sul primo versante, si scontra con il principio costantemente affermato dalla Corte per cui ‘ Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n.32505 del 22/11/2023).
Sempre con riguardo al medesimo versante, il tentativo appare contrario anche al principio già enunciato per cui ‘In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione’ (Cass. n. 6774 del 01/03/2022).
Sul secondo versante il tentativo si scontra con il principio per cui la viziata percezione espressa delle risultanze di un certo documento non è denunciabile ai sensi di alcuno dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c.;
all’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese;
poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatto applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma.
6.1. Quanto alla disciplina intertemporale, per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis cit. nel testo riformato, va richiamato l’indirizzo adottato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 27433/2023, secondo la quale detta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 d.lgs. n. 149 del 2022 -è immediatamente applicabile a seguito
dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023; ciò in quanto l’art. 380 -bis cit. (che nella parte finale richiama l’art. 96, terzo e quarto comma, cit.) è destinato a trovare applicazione, come espressamente previsto dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 149 del 2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come quello in esame.
6.2. Sulla scorta di quanto esposto, la parte ricorrente va condannata al pagamento di una somma, equitativamente determinata in € 3 .000,00, in favore della controparte e di una ulteriore somma, pari ad € 3000,00, in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 3.000,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.