LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Apprendistato professionalizzante: limiti della domanda

Un lavoratore ottiene in Appello la trasformazione del suo contratto di apprendistato professionalizzante in contratto a tempo indeterminato, con reintegro e indennità risarcitoria. La Corte di Cassazione, tuttavia, annulla la condanna al reintegro e al risarcimento, accogliendo il ricorso dell’azienda. La motivazione risiede nel fatto che il lavoratore, nel suo ricorso iniziale, aveva chiesto solo la conversione del rapporto e le differenze retributive maturate durante il contratto, senza mai formulare una specifica domanda di impugnazione del licenziamento o di reintegrazione. La sentenza sottolinea il principio fondamentale per cui il giudice non può pronunciarsi oltre i limiti di quanto richiesto dalle parti (ultra petita).

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Apprendistato Professionalizzante: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Domanda Giudiziale

Un contratto di apprendistato professionalizzante che non fornisce la formazione promessa può essere trasformato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ma cosa succede se il lavoratore, nel fare causa, omette di chiedere specifiche tutele contro il licenziamento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sull’importanza cruciale di formulare con precisione le proprie domande in giudizio, pena la perdita di importanti tutele.

I Fatti di Causa: Dall’Apprendistato alla Corte Suprema

La vicenda ha origine dalla richiesta di un lavoratore di accertare l’inadempimento degli obblighi formativi da parte del datore di lavoro nell’ambito di un contratto di apprendistato. La Corte d’Appello, in riforma parziale della decisione di primo grado, aveva dato ragione al dipendente, dichiarando la trasformazione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato sin dall’origine. Di conseguenza, aveva condannato l’azienda alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a cinque mensilità, applicando l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Tuttavia, la stessa Corte aveva ritenuto inammissibile la richiesta del lavoratore (formulata solo in appello) di ottenere tutte le retribuzioni non percepite fino all’effettiva reintegra. Insoddisfatte, entrambe le parti hanno proposto ricorso in Cassazione: il lavoratore per ottenere il pagamento integrale delle retribuzioni, l’azienda per contestare la condanna alla reintegra e al risarcimento.

Apprendistato Professionalizzante e Obblighi di Formazione

La Corte ribadisce un principio consolidato: l’inadempimento degli obblighi di formazione nel contratto di apprendistato professionalizzante ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Questo avviene quando la mancanza di formazione, sia teorica che pratica, è totale o comunque di non scarsa importanza. L’obiettivo della norma è garantire che l’apprendistato sia un reale percorso di crescita professionale e non un mero pretesto per beneficiare di agevolazioni contributive.

Il Principio di Corrispondenza tra Chiesto e Pronunciato

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’applicazione di un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il divieto di “ultra petita” (art. 112 c.p.c.). Questo principio impone al giudice di pronunciarsi esclusivamente su quanto è stato oggetto della domanda delle parti, senza potersi spingere oltre. In questo caso, il destino della controversia è stato segnato dal contenuto del ricorso introduttivo del lavoratore.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso incidentale dell’azienda e rigettato quello del lavoratore, cassando la sentenza d’appello nella parte in cui disponeva la reintegra e il risarcimento.

L’analisi del Ricorso Introduttivo

Esaminando direttamente gli atti del giudizio di primo grado, i giudici di legittimità hanno accertato che il lavoratore aveva limitato le sue richieste a due punti specifici:

1. La declaratoria di nullità del contratto di apprendistato per grave inadempimento formativo e la sua conversione in rapporto a tempo indeterminato.
2. La condanna al pagamento delle “differenze retributive” tra quanto percepito come apprendista e quanto gli sarebbe spettato come lavoratore qualificato, ma solo per il periodo di durata del rapporto di lavoro (fino ad aprile 2009).

Nel ricorso iniziale non vi era alcuna domanda volta a far dichiarare l’illegittimità del recesso datoriale, né una richiesta esplicita di reintegrazione o di risarcimento del danno per licenziamento illegittimo ai sensi dell’art. 18 L. 300/1970.

L’accoglimento del Ricorso Incidentale dell’Azienda

Poiché il lavoratore non aveva mai chiesto di essere reintegrato né un risarcimento per il licenziamento, la Corte d’Appello, nel condannare l’azienda a tali misure, è andata “ultra petita”, ovvero oltre i limiti delle domande formulate. La Cassazione ha quindi ritenuto fondato il motivo di ricorso dell’azienda, dichiarando nulla la sentenza d’appello su quel punto. Di conseguenza, è stato rigettato anche il ricorso del lavoratore, in quanto la sua pretesa di ottenere le retribuzioni successive al licenziamento era logicamente subordinata a una pronuncia sulla sua illegittimità, che però non era mai stata chiesta.

Le Conclusioni: Implicazioni per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza offre una lezione fondamentale sull’importanza della precisione nella redazione degli atti giudiziari. Per il lavoratore, significa che per ottenere tutela completa contro un apprendistato professionalizzante fittizio e un successivo licenziamento, è indispensabile formulare sin dall’inizio due domande distinte e chiare: una per la conversione del rapporto e una per l’impugnazione del licenziamento con le relative richieste di reintegra e/o risarcimento. Per le aziende, la sentenza riafferma che la loro condanna deve essere strettamente legata alle specifiche richieste avanzate dalla controparte. Un errore nella formulazione della domanda può costare caro, precludendo l’accesso a tutele altrimenti spettanti.

Quando un contratto di apprendistato professionalizzante può essere trasformato in un contratto a tempo indeterminato?
Secondo la Corte, la trasformazione avviene quando l’inadempimento degli obblighi di formazione da parte del datore di lavoro ha un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi in una totale mancanza di formazione, teorica e pratica, o in una formazione carente di non scarsa importanza.

Se un lavoratore non chiede esplicitamente la reintegrazione nel suo ricorso iniziale, può un giudice concederla successivamente?
No. La sentenza chiarisce che il giudice non può pronunciarsi oltre i limiti delle domande formulate dalle parti. Se la reintegrazione e il risarcimento per licenziamento illegittimo non vengono chiesti esplicitamente nel ricorso di primo grado, il giudice non può concederli.

Qual è la differenza tra chiedere le ‘differenze retributive’ e il risarcimento per licenziamento illegittimo?
Le ‘differenze retributive’ riguardano il pagamento di somme dovute per il lavoro svolto durante il rapporto (ad esempio, la differenza tra la paga da apprendista e quella da lavoratore qualificato). Il risarcimento per licenziamento illegittimo, invece, riguarda il danno subito a causa della perdita del posto di lavoro, ed è una pretesa che sorge solo dopo la cessazione del rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati