Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31307 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 31307 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/12/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
26198/2024
r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
COGNOME NOME , elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE n. 710/2024 pubblicata in data 14/10/2024, n.r.g. 66/2024, notificata in data 14/10/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 22/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME aveva lavorato presso RAGIONE_SOCIALE dal 17/02/2020 con contratto di apprendistato professionalizzante fino al 07/08/2020, quando si era dimesso.
OGGETTO:
apprendistato professionalizzante
–
prova del
precedente apprendistato – ammissibilità in
appello – limiti
In data 24/08/2020 aveva concluso un contratto di apprendistato professionalizzante con RAGIONE_SOCIALE di trentasei mesi ed aveva comunicato all’azienda il pregresso periodo di apprendistato. Con lettera del 23/08/2023 l’azienda gli aveva comunicato il recesso datoriale per scadenza del termine.
Impugnava il licenziamento perché tardivo, tenuto conto del precedente periodo di apprendistato già svolto presso altra azienda.
Adi va il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per ottenere l’accertamento della trasformazione del contratto di apprendistato in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato da febbraio 2023, con conseguente illegittimità del recesso, comunque inefficace perché privo di giusta causa o di giustificato motivo e comunque in violazione del preavviso; l’ordine alla società di reintegrarlo nel posto di lavoro con tutte le conseguenze di legge; in alternativa l’ordine alla società di ripristinare il rapporto di lavoro ormai trasformato in uno a tempo indeterminato.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale dichiarava che il contratto di apprendistato stipulato dalle parti si era risolto alla scadenza del termine di preavviso previsto dal CCNL autoferrotranvieri e pertanto condannava la società a pagare al ricorrente il trattamento economico per il profilo professionale di operatore di esercizio, parametro 140 per tutto il periodo di preavviso. Quel Giudice dichiarava inapplicabile l’art. 22, co. 7, CCNL, che ai fini del computo per intero del periodo di apprendistato svolto presso altra azienda richiedeva tre elementi, ossia la prova del suo effettivo svolgimento, l’identità di mansioni e un intervallo temporale non superiore a dodici mesi; riteneva che il lavoratore non avesse dimostrato il primo elemento, essendosi limitato a depositare una scheda attestazione dell’attività formativa non compilata né sottoscritta dal tutor e a chiedere una prova testimoniale su una circostanza generica, né aveva depositato la lettera di dimissioni pure dedotte in ricorso. Il Tribunale infine aggiungeva che privo di rilievo era il fatto che il recesso fosse stato intimato un giorno prima della scadenza del 36 mesi (il 23 piuttosto che il 24 agosto), posto che in quella lettera RAGIONE_SOCIALE aveva chiaramente manifestato l’intenzione di avvalersi della facoltà di cui all’art. 42, co. 4, d.lgs. n. 81/2015 ossia di non proseguire il rapporto oltre la scadenza pattuita e non già di recedere
ante tempus , sicché l’unica conseguenza era la prosecuzione del rapporto per il periodo di preavviso e il diritto alla relativa retribuzione.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame interposto dal lavoratore, annullava il licenziamento, ordinava alla società la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e la condannava a pagargli l’indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del t.f.r., nonché al versamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
la documentazione prodotta dall’appellante in questo grado dimostra in modo univoco che il contratto di apprendistato da lui stipulato con RAGIONE_SOCIALE ha avuto effettiva attuazione e si è protratto per la durata indicata in ricorso dal lavoratore;
questi ha provato l’inizio del rapporto mediante la produzione del contratto e la data di cessazione attraverso la trasmissione delle dimissioni volontarie di cui dava atto la società nella sua lettera del 07/08/2020; il versamento dei contributi RAGIONE_SOCIALE da parte dell’azienda dal 17 febbraio al 16 agosto comprova l’effettività del rapporto;
la valenza decisiva di tale documentazione elide ogni dubbio in ordine alla loro utilizzabilità pur se depositata in questo grado; in ogni caso il lavoratore già in primo grado aveva depositato il contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE, sicché sussisteva una precisa pista probatoria che necessitava di approfondimento ex art. 437, co. 2, c.p.c., anche d’ufficio;
l’eccezione dell’azienda di mancata prova dell’avvenuta formazione è infondata e speciosa, posto che la predetta documentazione dimostra la veridicità della pregressa esperienza lavorativa;
ne consegue che quel precedente periodo è computabile in aggiunta a quello svolto presso RAGIONE_SOCIALE, sicché alla data del 23/08/2020 il rapporto, essendo stati ormai superati i 36 mesi, si era stabilizzato come a tempo indeterminato, con conseguente assoggettamento alla disciplina generale sui licenziamenti, sicché il recesso ad nutum invece intimato è invalido;
circa le conseguenze giuridiche occorre applicare lo stesso regime di un patto di prova nullo, trattandosi di ipotesi similare, in cui viene meno il regime di libera recedibilità, come insegna Cass. n. 20239/2023;
quindi il licenziamento non è nullo, ma solo annullabile;
trattasi di un’ipotesi di insussistenza del fatto (scadenza del termine dell’apprendistato), che pur nel regime di cui al d.lgs. n. 23/2015, a seguito di C. Cost. n. 128/2024 sull’art. 3, co. 2, d.lgs. cit., comporta la rintegrazione;
restano assorbite le ulteriori questioni circa l’avvenuta intimazione del licenziamento un giorno prima della scadenza del rapporto di apprendistato.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 4), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 345, co. 3, 437, co. 2, e 116, co. 1, c.p.c. per avere la Corte territoriale fondato la sua decisione su documentazione prodotta dal lavoratore soltanto nel grado di appello.
Il motivo è infondato alla luce di quel che questa Corte ha più volte affermato e cioè che nel rito del lavoro in appello costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 437, co. 2, c.p.c., quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (Cass. ord. n. 16646/2025; Cass. ord. n. 16358/2024; Cass. S.U. n. 10790/17).
Al riguardo, va aggiunto che la valutazione di indispensabilità dei documenti è attività propria del (e quindi riservata al) giudice di merito, che giustifica l’ammissibilità della nuova produzione documentale in appello, a condizione -nel caso in esame ritenuta sussistente dai Giudici d’appello della ravvisabilità di una ‘pista probatoria’ come esistente già in primo grado e, come tale, meritevole di approfondimento in appello (Cass. ord. n. 11845/2018).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3), 4) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 22, co. 7, CCNL, e 116, co. 1, c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di rilevare la mancata produzione del certificato di effettivo servizio.
Il motivo -a prescindere dall’insanabile promiscuità dei vizi prospettati, ai limiti dell’inammissibilità è infondato.
L’art. 22, co. 7, CCNL autoferrotranvieri -internavigatori, riportato pure dalla ricorrente (v. ricorso per cassazione, p. 20), prevede soltanto che il periodo di apprendistato svolto in precedenza presso altri datori di lavoro sia ‘debitamente documentato’. Dunque non è affatto richiesto un ‘certificato di effettivo servizio’, sicché il Giudice torna titolare del potere di valutare il materiale probatorio per verificare se il lavoratore, che ne ha l’onere ex art. 2697 c.c., abbia dimostrato in modo documentale il precedente periodo di apprendistato. La Corte territoriale si è dunque limitata ad esercitare tale potere ed ha reputato sufficienti i documenti prodotti -sia pure per la prima volta in appello -dal lavoratore, dandone adeguata motivazione.
Per il resto le censure sono inammissibili, perché sollecitano a questa Corte una nuova valutazione di quei documenti, interdetta in sede di legittimità, in quanto riservata al giudice di merito.
3.- Con il terzo motivo, senza indicarne la sussunzione in uno di quelli a critica vincolata imposti dall’art. 360, co. 1, c.p.c. , la ricorrente lamenta l’ingiusta condanna alle spese dei due gradi di giudizio.
Il motivo è inammissibile sia perché privo di qualunque argomentazione, limitata all’avverbio ‘ingiustamente’, senza che la ricorrente si premuri di spiegare la ragione per la quale quella condanna -conforme al principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. -sia ‘ingiusta’, sia perché privo di qualunque riferimento normativo che dovrebbe sorreggerlo in termini di ‘violazione o
falsa applicazione di norme di diritto’ .
4.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 22/10/2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO COGNOME