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Apprendistato: la prova del periodo precedente vale?

La Corte di Cassazione conferma la trasformazione di un contratto di apprendistato in contratto a tempo indeterminato. Un lavoratore ha dimostrato di aver superato la durata massima di 36 mesi sommando un periodo di apprendistato precedente svolto presso un’altra azienda. La Corte ha chiarito che la prova di tale periodo può essere fornita con vari documenti, non solo con un certificato di servizio, e che in appello possono essere ammesse nuove prove documentali se ritenute indispensabili.

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Pubblicato il 28 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Apprendistato: come la prova del periodo precedente trasforma il contratto

Un’importante ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i criteri per il computo dei periodi di apprendistato svolti presso datori di lavoro diversi e le modalità con cui tale esperienza può essere provata in giudizio. La decisione sottolinea come la corretta documentazione di un’esperienza pregressa possa portare alla trasformazione automatica del contratto in un rapporto a tempo indeterminato, invalidando il licenziamento intimato alla scadenza del termine.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un lavoratore che, dopo un primo periodo di apprendistato presso un’azienda, ne ha iniziato un secondo presso una società di trasporti. Al momento dell’assunzione, il lavoratore ha comunicato al nuovo datore di lavoro il periodo di apprendistato già svolto. Vicino alla scadenza dei 36 mesi previsti dal nuovo contratto, l’azienda ha comunicato il recesso per fine periodo formativo.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo che, sommando il periodo di apprendistato precedente, la durata massima di 36 mesi era già stata superata. Di conseguenza, il suo contratto si era già trasformato a tempo indeterminato e il recesso datoriale, privo di giusta causa o giustificato motivo, era illegittimo.

Mentre il Tribunale di primo grado ha respinto la domanda del lavoratore per carenza di prova, la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno ammesso nuovi documenti prodotti dal lavoratore, ritenendoli indispensabili, e hanno accertato che il periodo precedente era stato effettivamente svolto. Hanno quindi dichiarato l’illegittimità del licenziamento, ordinando la reintegrazione del dipendente.

La Decisione della Corte di Cassazione

L’azienda di trasporti ha presentato ricorso in Cassazione, contestando principalmente due aspetti: l’ammissibilità dei nuovi documenti in appello e la presunta mancata produzione di un “certificato di effettivo servizio” per provare il primo apprendistato.

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la sentenza della Corte d’Appello e fornendo chiarimenti fondamentali su entrambi i punti.

L’ammissibilità di nuove prove nel rito del lavoro e la prova sull’apprendistato

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato nel rito del lavoro: in appello è possibile ammettere nuove prove documentali se queste sono “indispensabili”. Una prova è considerata tale quando è idonea a eliminare ogni incertezza sulla ricostruzione dei fatti, a prescindere dal fatto che la parte avrebbe potuto produrla già in primo grado. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto i documenti (contratto, lettera di dimissioni, prova dei versamenti contributivi) decisivi per accertare l’effettività del primo rapporto di apprendistato.

La prova del precedente periodo di apprendistato

Il secondo motivo di ricorso si basava sull’interpretazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di settore, che richiede che il periodo di apprendistato precedente sia “debitamente documentato”. L’azienda sosteneva che ciò implicasse la necessità di un formale “certificato di effettivo servizio”.

La Cassazione ha respinto questa interpretazione restrittiva. Ha chiarito che l’espressione “debitamente documentato” non impone una prova specifica. Spetta al giudice di merito valutare l’insieme del materiale probatorio fornito dal lavoratore per determinare se il precedente periodo di apprendistato sia stato dimostrato in modo sufficiente. Nel caso in esame, i documenti prodotti erano stati correttamente ritenuti adeguati a questo scopo dalla Corte territoriale.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla tutela sostanziale del lavoratore e sulla valorizzazione del percorso formativo dell’apprendista. La normativa mira a garantire che la durata complessiva dell’apprendistato non superi i limiti di legge, anche se svolto presso datori di lavoro diversi. Impedire al lavoratore di provare tale periodo con i documenti in suo possesso (come il contratto o l’estratto conto contributivo) vanificherebbe questa tutela. Inoltre, la Corte ha sottolineato che nel rito del lavoro i poteri istruttori del giudice sono ampi, specialmente in appello, per garantire l’accertamento della verità materiale. La decisione di ammettere nuovi documenti, se motivata sulla base della loro indispensabilità, è un’attività propria del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente argomentata.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la posizione del lavoratore nel dimostrare la continuità dei periodi di apprendistato. Stabilisce che non è necessario un certificato specifico, ma è sufficiente fornire una documentazione idonea a provare l’effettivo svolgimento del rapporto precedente. La decisione conferma inoltre che, una volta superato il limite massimo di durata complessiva, il rapporto si converte automaticamente a tempo indeterminato, con tutte le tutele previste contro i licenziamenti illegittimi, inclusa la reintegrazione nel posto di lavoro.

Come può un lavoratore provare un periodo di apprendistato svolto in precedenza?
Non è necessario un “certificato di effettivo servizio”. Il lavoratore può dimostrare il periodo precedente fornendo la documentazione che ne attesti l’esistenza e la durata, come il contratto di lavoro, le buste paga, la comunicazione di assunzione, la lettera di dimissioni e la prova del versamento dei contributi previdenziali.

È possibile presentare nuovi documenti per la prima volta in appello in una causa di lavoro?
Sì, nel rito del lavoro è possibile. L’art. 437, co. 2, c.p.c. consente la produzione di nuovi documenti in appello se il giudice li ritiene “indispensabili” per la decisione della causa, cioè se sono decisivi per risolvere le incertezze sui fatti, anche se la parte non li ha prodotti in primo grado.

Cosa accade se la somma dei periodi di apprendistato supera la durata massima prevista dalla legge?
Se la durata complessiva dell’apprendistato, calcolata sommando i periodi svolti presso diversi datori di lavoro, supera il limite massimo (generalmente 36 mesi), il rapporto di lavoro si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato. Di conseguenza, il datore di lavoro non può più recedere liberamente alla fine del periodo formativo, ma può licenziare il lavoratore solo per giusta causa o giustificato motivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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