Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26699 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26699 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28519/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di RAVENNA n. 726/2019 depositata il 15/07/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in sette motivi avverso la sentenza n. 726/2019 del Tribunale di Ravenna.
L’intimata RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Il Tribunale di Ravenna, accogliendo l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, ha riformato la sentenza n. 736/2017 del Giudice di pace di Ravenna, che aveva accolto l’opposizione spiegata da NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo n. 951/2012 del 2 ottobre 2012, intimato dalla RAGIONE_SOCIALE per la somma di € 960,00 oltre interessi dal 6 agosto 2012, dovuta in ragione dei dedotti servizi alberghieri forniti. Il Giudice di pace aveva accolto l’opposizione per la carenza probatoria della pretesa creditoria azionata in sede monitoria.
Il Tribunale di Ravenna ha ritenuto ammissibile l’appello della RAGIONE_SOCIALE ‘ non trovando applicazione il combinato disposto degli artt. 113 e 339 c.p.c. per la causa presente, di valore superiore ai 1.100 euro ‘. Il giudice del gravame ha quindi ravvisato sussistente il credito della RAGIONE_SOCIALE, quale gestrice della residenza turistica alberghiera Villa Marina sita a Marina di Ravenna ed in relazione ai servizi comuni forniti, previsti dal regolamento integrante il contratto di vendita dell’appartamento di proprietà COGNOME, ed ha così accolto il motivo di appello inerente alla violazione dell’art. 115 c.p.c., circa il quantum della somma ingiunta.
Il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha depositato memoria, chiedendo l’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
Anche il ricorrente ha depositato breve memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME deduce l’inammissibilità dell’appello e la violazione degli artt. 113, comma 2, e 339, comma 3, c.p.c., nonché la nullità della sentenza per omissione o apparenza
della motivazione, ai sensi degli artt. 111, comma 6, Cost, 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., essendo il valore della causa inferiore ad € 1.100,00.
Il secondo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza per omissione o apparenza della motivazione, ai sensi degli artt. 111, comma 6, Cost, 132 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., per la ritenuta individuazione della fonte dell’obbligazione in un non meglio precisato ‘regolamento’.
Il terzo motivo di ricorso deduce l’errore di fatto per essere il ‘Regolamento’ redatto dalla RAGIONE_SOCIALE quanto inesistente al momento dell’acquisto dell’immobile in data 12 aprile 2000.
Il quarto motivo di ricorso lamenta l’omessa motivazione e la violazione di plurime norme di diritto quanto all’opponibilità del citato Regolamento.
Il quinto motivo allega vizi della motivazione e la violazione degli artt. 1104 e 1173 c.c. e degli artt. 35 e 41 Cost. quanto all’ oggetto dell’appello incidentale che il Tribunale ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse ad agire.
Il sesto motivo di ricorso lamenta la omissione o apparenza della motivazione circa la determinazione del contenuto dell’obbligazione; Il settimo motivo deduce infine la omissione o apparenza della motivazione e la violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., per avere il Tribunale erroneamente ritenuto provata l’entità del credito.
-È fondato il primo motivo di ricorso, restando assorbite le restanti censure, le quali recano questioni che dovranno essere riesaminate conseguenzialmente in sede di rinvio.
2.1. -Il primo motivo di ricorso deduce un error in iudicando de iure procedendo , ovvero il vizio della statuizione decisoria di rito resa dal Tribunale di Ravenna circa l’ammissibilità dell’appello della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ‘ non trovando applicazione il combinato disposto degli artt. 113 e 339 c.p.c. per la causa presente, di valore superiore ai 1.100 euro’ .
2.2. -Tale statuizione è effettivamente erronea in diritto ed impone un riesame della causa per porre rimedio a tale errore.
2.3. – Il giudizio in esame concerne una opposizione dinanzi al giudice di pace ad un decreto ingiuntivo di valore non eccedente millecento euro.
A norma dell’art 10 c.p.c., il valore della causa si determina dalla domanda, facendo riferimento esclusivamente alla stessa nei termini indicati dall’attore, nella citazione o nella richiesta di decreto ingiuntivo, che, nella specie, era pari alla somma di € 960,00, oltre interessi scaduti dal 6 agosto al 2 ottobre 2012.
2.4. – Si trattava, pertanto, di causa da decidere sempre secondo equità, ai sensi dell’art. 113, comma 2, c.p.c. (nella formulazione ratione temporis vigente).
In tema di sentenze dei giudici di pace in controversie di valore non superiore ai millecento euro, la decisione della causa è solo secondo equità, essendo questo l’unico metro di giudizio adottabile dal giudice; ne consegue che le regole di equità devono ritenersi utilizzate indipendentemente dal fatto che il giudice di pace abbia invocato l’equità per la soluzione del caso singolo, oppure abbia risolto la controversia con richiamo a principi di diritto, atteso che anche in questo caso la lettura delle norme data dal giudice è compiuta in chiave equitativa e non può essere denunciata in cassazione ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. per violazione di legge (Cass. n. 14609 del 2020; n. 1297 del 2023).
2.5. – Le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità sono appellabili, in base all’art. 339, comma 3, c.p.c., esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, di norme costituzionali e comunitarie e dei principi regolatori della materia.
I principi regolatori della materia, la cui violazione consente l’appellabilità della sentenza del giudice di pace pronunciata secondo equità alla stregua dell’art. 339, comma 3 c.p.c., e che l’appellante deve indicare nell’atto di gravame, consistono nelle regole fondamentali del rapporto dedotto in causa desumibili dal complesso della disciplina giuridica dello stesso (Cass. n. 382 del 2005; Cass. Sez. Unite, n. 6794 del 1991; Corte cost. 6 luglio 2004, n. 206).
2.6. Per quanto si evince dalla sentenza impugnata, l’appello è stato invece accolto in punto di valutazione della fondatezza della pretesa creditoria e violazione dell’art. 115 c.p.c., circa il quantum della somma ingiunta.
Il motivo di appello con cui si censuri la sentenza del giudice di pace, adito per una controversia il cui valore non ecceda millecento euro, relativamente alla valutazione di attendibilità e sufficienza probatoria, è ammissibile soltanto ove si deduca il superamento dei limiti costituiti dalle norme costituzionali e dai principi informatori della materia, tra i quali si colloca il principio che affida al giudice il potere di valutare la rilevanza della prova (Cass. n. 31152 del 2017: n. 17437 del 2011; n. 11892 del 2016).
3. – Non essendo consentito alla Corte, in ipotesi di acclarato error in iudicando de iure procedendo (a differenza delle ipotesi in cui col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, che si sostanzi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore: Cass. Sez. Unite n. 8077 del 2012), di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, non può procedersi in questa sede ad accertare i presupposti di ammissibilità dell’appello, sicché si impone la cassazione con rinvio.
Il Tribunale di Ravenna dovrà pertanto verificare, in sede di rinvio, se i motivi di appello proposti dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del giudice di pace rientrassero, o meno, in alcuno dei limiti fissati dall’art. 339, comma 3, c.p.c.
4. – Il primo motivo di ricorso va perciò accolto, con assorbimento dei restanti motivi. Consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Ravenna, in persona di diverso magistrato, il quale procederà a nuovo esame della causa, uniformandosi ai principi enunciati, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Ravenna, in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 5 giugno 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore
NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME