Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9212 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9212 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24908/2023 R.G. proposto da :
ASSOCIAZIONE NAZIONAL EUROPEA AMMINISTRATORI di RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
PARZIALE NOMECOGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 14373/2023 depositata il 10/10/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/2/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Giudice di pace di Roma ingiungeva a NOME COGNOME di pagare all’A.N.Amm.I . (RAGIONE_SOCIALE) la somma di € 280 a titolo di quota associativa per il periodo corrente fra il 14 aprile 2018 e il 13 aprile
2019 e penale da ritardo; l’associazione ricorrente, nel richiedere il provvedimento monitorio, aveva spiegato di non considerare legittimo ed efficace il recesso comunicato dall’associata perché la stessa, pur se sollecitata, non aveva restituito nel termine di dieci giorni dal recesso il certificato di iscrizione all’albo nazionale RAGIONE_SOCIALE, il timbro e il tesserino né aveva trasmesso l’autocertificazione attestante l’eventuale smarrimento di questi oggetti.
Il Giudice di pace di Roma, con sentenza n. 24573 del 22 dicembre 2020, accoglieva l’opposizione presentata dalla Parziale e revocava il decreto ingiuntivo emesso, ritenendo che la validità e l’efficacia del recesso non potessero essere subordinate alla restituzione di un titolo abilitativo, ovvero dell’attestato di partecipazione a un corso di formazione.
Il Tribunale di Roma, a seguito dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, rilevava che il giudizio di primo grado si era svolto secondo equità e nel pieno rispetto delle norme generali sul procedimento, delle norme costituzionali o europee, dei principi regolatori della materia e che, comunque, non risultavano specifiche censure a questo proposito.
Giudicava il gravame infondato nel merito, in quanto non era lecito che il recesso dall’associazione fosse condizionato alla restituzione dell’attestato di partecipazione al corso di formazione, giacchè l’associato aveva pieno diritto di conservare memoria e prova documentale della propria attività formativa e di trattenere l’attestato di partecipazione al corso effettivamente frequentato.
A.N.RAGIONE_SOCIALE.I. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 10 ottobre 2023, prospettando un unico motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso NOME COGNOME
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
5. ll motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 111 Cost., in quanto il tribunale, pur dando atto che il motivo di appello dell’A.RAGIONE_SOCIALE aveva denunciato la confusione fatta dal giudice di pace tra il certificato di iscrizione all’associazione, alla cui restituzione era condizionato il recesso, e l’attestato di partecipazione al corso, mai richiesto all’associata, h a affermato nuovamente e contraddittoriamente che l’associazione non aveva il diritto di condizionare il recesso alla restituzione dell’attestato di partecipazione al corso.
6. Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata spiega (a pag. 1) che il decreto opposto ingiungeva il pagamento della somma di € 280 e registra (a pag. 3) che ‘ il giudizio di primo grado si svolto secondo equità e nel pieno rispetto delle norme generali sul procedimento, delle norme costituzionali o europee, dei principi regolatori della materia e in ogni caso in tema non risultano specifiche censure ‘.
Questa constatazione – che del resto corrisponde alla descrizione del contenuto dell’ impugnazione compiuta dallo stesso odierno ricorrente, che ha sostenuto (a pag. 8 del ricorso) di aver lamentato che il giudice di prime cure avesse ‘ commesso un macroscopico errore ‘, perché aveva ‘ ritenuto valido il recesso dall’associazione opposto dalla signora COGNOME, comunicato con lettera del 17/05/2017 ,’ confondendo praticamente ‘ l’attestato di partecipazione al corso di formazione indetto da RAGIONE_SOCIALE con l’attes tato relativo all’iscrizione all’associazione ‘ -avrebbe dovuto portare alla declaratoria di inammissibilità dell’appello, tenuto conto che secondo il combinato disposto degli artt. 113, comma 2, e 339, comma 3, cod. proc. civ. il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non ecced e il valore di € 1.100 e tali decisioni sono
appellabili esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o europee ovvero dei principi regolatori della materia.
La pronuncia nel merito resa dal tribunale non impedisce di rilevare in questa sede l’inammissibilità dell’appello proposto.
La Suprema Corte, infatti, può rilevare d’ufficio una causa di inammissibilità dell’appello che il giudice di merito non abbia riscontrato, con conseguente cassazione senza rinvio della sentenza di secondo grado, non potendosi riconoscere, al gravame inammissibilmente spiegato, alcuna efficacia conservativa del processo di impugnazione (cfr. Cass. 26525/2018, Cass. 16863/2017).
Ne discende, posto che le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità sono appellabili, ai sensi dell’art. 339, comma 3, cod. proc. civ., esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o europee ovvero dei principi regolatori della materia e che, in difetto di simili vizi (come nel caso di specie), possono formare oggetto soltanto di ricorso per cassazione, che l’inammissibilità dell’appello, attenendo ai presupposti dell’impugnazione, è rilevabile anche d’ufficio in sede di legittimità (Cass. 22256/2017).
Giova sottolineare, da ultimo (e a fronte dei rilievi sollevati nella memoria conclusiva), che l’associazione ricorrente non solo non ha in alcun modo impugnato la constatazione fatta dal giudice di appello in ordine alla natura di sentenza pronunciata secondo equità della decisione di prime cure impugnata, ma non ha neppure mai fatto valere nel corso del giudizio di appello -alla luce del contenuto della statuizione impugnata e del ricorso in esame -che la domanda di iscrizione all’associazione fosse un contratto per adesione concluso secondo le modalità di cui all’art. 13 42 cod. civ..
La deduzione, dunque, è tardiva, contrasta con il giudicato oramai formatosi sul punto e per di più attiene ad una questione –
comportante accertamenti in fatto, in ordine alle modalità di conclusione del contratto – che non è stata affrontata nella sentenza impugnata, cosicché la ricorrente avrebbe dovuto preliminarmente chiarire se la stessa fosse stata effettivamente e tempestivamente devoluta alla cognizione del giudice del gravame (si veda in questo senso, per tutte, Cass. 23675/2013).
In conclusione, dovendo la Corte esaminare d’ufficio la correttezza dell’impugnazione tramite appello della statuizione del giudice di pace pronunciata secondo equità, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio ex art. 382, ultimo comma, cod. proc. civ..
Le spese del giudizio di appello e di quelle di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché il giudizio di appello non poteva essere proseguito e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di appello e del presente giudizio in favore della controricorrente, che liquida per il giudizio di appello in complessivi € 700 , oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%, e per il giudizio di legittimità in complessivi € 1.700, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 11 febbraio 2025.