Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21980 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21980 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16166-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
nonchè contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
R.G.N. 16166/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 29/05/2025
CC
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 2957/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/12/2020 R.G.N. 1483/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con sentenza del 21.12.2020 n. 2957, la Corte d’appello di Roma dichiarava inammissibile l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del tribunale di Roma che rigettava il ricorso proposto dalla società volto ad opporsi a n. 21 avvisi di addebito e n. 6 cartelle esattoriali, recanti crediti contributivi Inps ed Inail per complessivi € 377.719,26.
Il tribunale rigettava il ricorso, ritenendo validamente notificati i titoli impugnati ed interrotti i termini di prescrizione.
La Corte d’appello accoglieva l’eccezione preliminare dell’Inps di tardività dell’appello, ex art. 327 c.p.c., trattandosi di controversia che era stata trattata e decisa, in primo grado, con le forme del rito del lavoro, per cui l’appello doveva introdurs i con ricorso da depositare nel termine di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 13.11.18, mentre l’appello risultava depositato il 17.5.2019; né la soluzione poteva mutare solo perché l’appellante aveva impugnato la sentenza di prime cure, erroneamente, avvalendosi delle forme della citazione ad udienza fissa e procedendo alla notifica
dell’appello entro i sei mesi, in quanto tale atto ben può essere suscettibile di convalida, ex art. 156 u.c. c.p.c., ma solo purché venga depositato in cancelleria entro il termine di impugnazione, il che nel caso di specie non era avvenuto.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di sei motivi, illustrati da memoria, mentre l’Agenzia delle Entrate riscossione , l’Inps e l’Inail hanno resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni .
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, la società denuncia la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., e la violazione, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., dell’art. 327 c.p.c. . Ad avviso della ricorrente erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto l’appello tardivo . Il giudice di primo grado infatti aveva qualificato l’azione come opposizione, ex artt. 615 e 617 c.p.c. e dunque la sentenza era impugnabile, esclusivamente, con l’appello nel termine di 6 mesi dalla sua pubblicazione (del 13.11.18). Tempestivamente perciò la RAGIONE_SOCIALE aveva notificato l’atto di citazione il 10.5.2019, entro il termine di 6 mesi previsto dall’art. 327 c.p.c. , e quindi lo aveva depositato il 17.5.2019.
Con il secondo motivo (rubricato sub 1, p. 18 del ricorso), la società ricorrente deduce la nullità del procedimento, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c. e il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 139, 140, 149 e 145 c.p.c., in combinato disposto con la legge n. 890/82, perché il tribunale avrebbe dovuto dichiarare la nullità di tutte le notifiche eseguite dagli enti emittenti per il mancato rispetto delle procedure e garanzie di legge, non risultando gli atti
impugnati ritualmente notificati. Deduce inoltre che la notifica effettuata a mezzo posta era avvenuta irritualmente per il tramite di soggetti privati; ancora, la notifica alla persona giuridica, ex art. 145 c.p.c., non era valida, come risultava dalle relate di notifica a mezzo posta, non essendo stato indicato il nominativo della persona addetto al ricevimento.
Con il terzo motivo (rubricato sub 1.1., p. 28 del ricorso), la società ricorrente deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo, perché il primo giudice aveva omesso di dichiarare l’intervenuta prescrizione quinquennale dei crediti.
Con il quarto motivo (rubricato sub 2, p. 29 del ricorso), la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare degli artt. 615 e 617 c.p.c. e dell’art. 29 del d.lgs. n. 46/99, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perc hé erroneamente la sentenza di prime cure, in relazione alla tempestività del ricorso, aveva statuito che il tipo di azione intrapresa era soggetta al termine perentorio previsto per l’opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., termine che però, nel caso di specie, non risultava essere stato rispettato.
Con il quinto motivo (rubricato sub 3, p. 34 del ricorso), la società ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 615 e 617 c.p.c. e della legge n. 890/82, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché dalla documentazione relativa alle notifiche delle intimazioni di pagamento e del fermo prodotte dall’AdER risultava che queste ultime erano illegittime per vizi propri e delle cartelle ed avvisi sottese.
Con il sesto motivo (rubricato sub 4, p. 36 del ricorso), la società ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 212/00, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. . Sostiene che sul l’erroneo presupposto della tardività del ricorso – perché
secondo il tribunale le notifiche erano regolari – il primo giudice non si era pronunciato sulle ulteriori eccezioni di nullità delle cartelle esattoriali, avvisi di addebito e relativo ruolo, formulate davanti allo stesso.
Il primo motivo – in disparte i profili di autosufficienza, in quanto la data della pubblicazione della sentenza di primo grado e del giorno di notifica dell’appello appaiono pacifiche e, comunque, sono state accertate dalla Corte d’appello – è inammissibile, con assorbimento dei restanti.
Nei procedimenti regolati, come quello in esame, dal rito del lavoro l’appello che venga introdotto con atto di citazione ad udienza fissa, ai fini del rispetto del termine lungo di impugnazione di sei mesi, deve essere depositato in cancelleria nel detto termine di decadenza. Come è noto infatti nel rito del lavoro l’appello va proposto con ricorso che va depositato in cancelleria nel termine di sei mesi dal giorno della pubblicazione della sentenza di primo grado, mentre l’udienza di discussione è fissata dal giudice con decreto ex art. 435 c.p.c. successivamente al suo deposito. E’ solo con il deposito del ricorso che si determina l’interruzione del termine di decadenza. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in favore delle controricorrenti nella misura indicata in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente a pagare le spese di lite, che liquida nell’importo di € 7 .000,00, in favore di ciascuna delle
parti costituite. Oltre a spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia delle Entrate riscossione, ed € 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre accessori di legge, in favore dell’Inps e dell’Inail.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.5.25.