Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4405 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4405 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9789/2024 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL ‘ INTERNO
– intimato – avverso la sentenza n. 673/2024 della Corte d’Appello di Milano, depositata il 5.3.2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, cittadino del Marocco, ha presentato ricorso per cassazione contro la sentenza indicata in epigrafe, dolendosi, con un unico motivo, che la Corte territoriale abbia dichiarato inammissibile, perché tardivo, l’appello proposto contro la sentenza con cui il Tribunale di Milano aveva rigettato la domanda volta ad ottenere il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi familiari che era stato negato dal Questore di Milano.
L’Amministrazione è rimasta intimata.
È stata disposta la trattazione camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si denunciano « violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli articoli 325, 347 e 165 c.p.c., per avere ritenuto la Corte di merito inammissibile l’appello per avere E NOME COGNOME solo notificato l’atto introduttivo dell’impugnazione ma non anche iscritto a ruolo nel termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza del Giudice di primo grado ».
2. Il ricorso è fondato.
Occorre premettere, in fatto, che la Corte territoriale, a fronte di un termine di impugnazione in scadenza al 30.9.2023 (essendo stata pronunciata la sentenza impugnata il 10/8/2023), ha ritenuto tardivo un appello proposto con atto di citazione notificato il 29.9.2029 e depositato in cancelleria il 6.10.2023.
Per quanto la questione della forma dell’appello nei processi aventi ad oggetto la disciplina dell’immigrazione sia stata resa di difficile interpretazione dal succedersi di una legislazione non sempre limpida e coerente, la giurisprudenza di legittimità ha fornito i necessari chiarimenti e la stessa Corte d’Appello di Milano ha correttamente descritto la norma da applicare, salvo poi trarne una decisione del tutto contraddittoria.
2.1. Nel caso di specie, la domanda del ricorrente ha ad oggetto un « Permesso di soggiorno per motivi familiari » e al relativo processo si applica l’art. 20 del d.lgs. n. 150 del 2011 (art. 30, comma 6, d.lgs. n. 286/1998).
Il richiamato art. 20 del d.lgs. n. 150 del 2011 stabilisce, al comma 1, che « Le controversie previste dall’articolo 30, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono regolate dal rito semplificato di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo ». I commi successivi non contengono alcuna disposizione sull’appello, sicché deve trovare applicazione l’art. 28 1 -terdecies , comma 2, c.p.c., secondo cui « La sentenza è impugnabile
nei modi ordinari ».
Tale è la normativa vigente in seguito alla riforma introdotta dal d.lgs. n. 149 del 2022. Il presente processo era già pendente in primo grado al momento dell’entrata in vigore della riforma (per la disciplina transitoria, si veda l’art. 35 di quel d.lgs.) , ma ciò non cambia i termini della questione, perché il previgente art. 702 -quater c.p.c., con riguardo all’ordinanza che chiudeva il primo grado del l’allora denominato « rito sommario di cognizione », conteneva un fugace e generico riferimento all’appello , che era stato interpretato come implicito rinvio alle forme ordinarie e che in tal senso è stato poi solo esplicitato nell’art. 281 -terdecies , comma 2, del codice di procedura riformato ( v., per l’interpretazione de l previgente art. 702 -quater c.p.c., qui applicabile ratione temporis , Cass. nn. 14502/2014; 26326/2014). Quindi poiché il 702 quater c.p.c. non conteneva alcuna previsione relativa al rito ed al modello del giudizio d’impugnazione e, dovendo di conseguenza essere applicato il c.d. rito ordinario in appello, la forma da seguire era l’ atto di citazione, da notificarsi a cura dell’appellante, entro trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza impugnata.
Invero, per forme ordinarie dell’appello si intende, senza alcun possibile dubbio, l’atto di citazione (art. 342 c.p.c.).
Un’eccezione venne introdotta dal d.lgs. n. 142 del 2015, con riguardo alle « controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale » , con l’introduzione, nell’art. 19 del d.lgs. n. 150 del 2011, del comma 9, ove si leggeva (la disposizione è stata integralmente abrogata dal d.l. n. 13 del 2017) che, in caso di rigetto della domanda da parte del Tribunale, « la Corte d’Appello decide sulla impugnazione entro sei mesi dal deposito del ricorso ».
Ciò ha indotto la Cassazione, a sezioni unite, a statuire che, in quel caso , l’appello andava proposto con ricorso e non con atto di citazione (Cass. S.U. n. 28575/2018, « in aderenza alla volontà del legislatore desumibile dal nuovo tenore letterale della norma », con
capovolgimento dell’orientamento prima seguito dalla sezione semplice). Quindi, nella materia della protezione internazionale, poiché la forma dell’appello, dopo la modifica del 2015, è il ricorso (non la citazione), da depositarsi entro 30gg, si deve guardare, ai fini della tempestività dell’impugnazione, in caso di errore nella forma dell ‘atto, dopo il periodo di applicazione dell’ overruling (perché in quel periodo si sanavano), al momento in cui la citazione, erroneamente scelta, venga non solo notificata ma depositata.
Ma si trattava, appunto, di un’eccezione , non estensibile ai ricorsi nelle controversie relative al « Permesso di soggiorno per motivi familiari », la cui disciplina processuale è contenuta nell’art. 20 del d.lgs. n. 150 del 2011 e non fa alcun riferimento al « ricorso » quale strumento per pr oporre l’appello (Cass. n. 39665/2021).
2.2. Del resto, la stessa Corte d’Appello di Milano ha preso atto della corretta interpretazione della disposizione di legge, laddove a rilevato che: « La Corte di Cassazione a SS UU con la pronuncia n. 28575-2018, ha specificato che solo i gravami in materia di protezione internazionale (e ferme le modifiche normative successive che ne hanno escluso l’impugnabilità in sede di appello) devono essere introdotti con ricorso, mentre per tutte le altre cause in materia di immigrazione dovrà trovare applicazione l’art. 702 -quater, quindi la forma della citazione ».
E nella specie, si ricorda, l’appello era stato correttamente introdotto con atto di citazione, notificata il 29/9/2023 e depositata il 6/10/2023.
Sennonché, poi, del tutto incoerentemente, il giudice d’appello ne ha tratto la conseguenza che « la tempestività del gravame va verificata con riferimento non solo alla data di notifica dello stesso alla controparte ma anche alla data di deposito dell’atto introduttivo, che deve avvenire nel rispetto del termine di trenta giorni previsto dall ‘ art. 702-quater c.p.c. a pena di inammissibilità, senza che possa essere effettuata alcuna
conversione del rito in appello, riguardando l ‘ art. 4 del d.lgs. n. 150 del 2011 solo il primo grado ».
È evidente che, se la forma per introdurre il giudizio d’appello è quella del l’atto di citazione, la tempestività dell’impugnazione va valutata con riferimento al momento della notificazione dell’atto e non a quello, successivo, del deposito in cancelleria dell’atto notificato (v. art. 39, comma 3, c.p.c.: « La prevenzione è determinata dalla notificazione della citazione ovvero dal deposito del ricorso »). Sicché del tutto contraddittoria risulta la decisione assunta, non solo rispetto alla corretta interpretazione delle disposizioni applicabili, ma anche rispetto al principio di diritto affermato dalla stessa Corte territoriale.
In definitiva, accolto il ricorso, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano , perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Milano , per decidere, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma, il 30/1/2025.