Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20482 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20482 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31009/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO, domiciliato presso il suo recapito digitale con indirizzo pec: EMAIL;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO, domiciliata presso il suo recapito digitale con indirizzo pec: EMAIL;
-controricorrente-
nonchè contro
COMUNE DI CARMIGNANO;
-intimato- per la cassazione della sentenza del Tribunale di Prato n. 664/2021, depositata il 27 settembre 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso avverso l’ ingiunzione di pagamento ex art. 3 r.d. n. 639 del 1910, NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE per sentir dichiarare la nullità dell’ingiunzione n. 239747/2017 ai sensi dell’art. 2, r.d. n. 639/1910 notificata in data 5 dicembre 2017 dalla società in qualità di gestore del servizio di riscossione coattiva per conto del Comune di Carmignano, con conseguente estinzione dell’obbligo di pagare le sanzioni amministrative pecuniarie asseritamente dovute per le violazioni ivi descritte, nonché annullare ogni e qualsivoglia sanzione amministrativa accessoria comminata ai danni del COGNOME e, conseguentemente, dichiarare che nulla era dovuto dallo stesso all’amministrazion e suddetta per tale titolo. A fondamento dell’opposizione deduceva: 1) il mancato invio della preventiva comunicazione, ex art. 1, comma 544 della l. 228/2012 (Legge di stabilità 2013), degli importi iscritti a ruolo; 2) l’illegittimità della maggiorazione di cui all’art. 27 l. 689/1981; 3) insufficiente motivazione dell’ingiunzione.
Costituitasi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE contestava l’avversa domanda chiedendo, pregiudizialmente, che fosse disposta l’integrazione del contraddittorio in favore del Comune di Carmignano; nel merito, che fosse respinta l’opposizione in quanto inammissibile e infondata, con conseguente conferma dell’atto impugnato.
Autorizzata l’integrazione del contraddittorio, il Comune di Carmignano restava contumace.
La causa veniva istruita documentalmente.
Con sentenza n. 101/2020, depositata il 21 febbraio 2020, il Giudice di Pace di Prato accoglieva il ricorso proposto e, per l’effetto annullava il provvedimento impugnato emesso dalla società di
riscossione, condannandola al rimborso in favore del ricorrente della somma di euro 125,00 per il contributo unificato e la marca di iscrizione, compensando le altre spese.
-Avverso il capo della sentenza relativo alla compensazione delle spese, NOME COGNOME interponeva appello, lamentando la violazione degli artt. 92 co. 2 e 132 co. 4 c.p.c. perché, a fronte di un ricorso ritenuto completamente fondato, il Giudice di Pace aveva compensato le spese, adducendo una motivazione apparente ed erronea.
Si costituiva l’appellata la quale svolgeva, altresì, appello incidentale.
Il Tribunale di Prato, con sentenza n. 664/2020, depositata in data 27 settembre 2021, ha rigettato l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale, riformando integralmente la sentenza del Giudice di Pace di Prato, ha rigettato l’opposizione proposta avverso l’ingiunzione di pagamento, con condanna del COGNOME alla rifusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione artt. 334 c.p.c. e del combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c. (art. 360 co. 1 n°3) c.p.c.). Parte ricorrente aveva eccepito, e oggi ribadisce, che l’appello incidentale tardivo fosse inammissibile in quanto processualmente consentito esclusivamente nei limiti in cui l’interesse a impugnare sorge dall’appello proposto dall’altra parte .
Nella fattispecie in esame l’appello incidentale non appare conseguente a quello principale ma, piuttosto, autonomo, con motivi indipendenti che, quindi, avrebbero dovuto essere presentati tempestivamente. Lo stesso, pertanto, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile. Viceversa, il Tribunale di Prato l’ ha ritenuto ammissibile. L’interpretazione offerta dal Tribunale di Prato all’art.334 c.p.c. e al combinato disposto di cui agli artt. 370 e 371 c.p.c. non sarebbe corretta in quanto le sentenze richiamate dal giudice del gravame non sono in contrasto con le pronunce richiamate dal COGNOME, né appartengono ad un diverso e più vecchio indirizzo giurisprudenziale interno alla S.C. È pacifico, infatti, che sia possibile proporre appello incidentale tardivo anche su un capo diverso e autonomo di sentenza purché l’appello incidentale sia conseguenza di quella principale. L’appello incidentale è stato invece svolto solo e unicamente per motivi diversi e ultronei rispetto a quelli del ricorso principale, che nessun legame presentano con esso.
1.1. -Il motivo è infondato.
Secondo il prevalente e più recente orientamento della S.C., l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, dovendosi consentire alla parte che avrebbe di per sé accettato la decisione di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata, in coerenza con il principio della cd. parità delle armi tra le parti ed al fine di evitare una proliferazione dei processi di impugnazione (Cass., Sez. Un., 28 Marzo 2024, n. 8486; Cass., Sez. III, 5 settembre 2022, n. 26139 che, in applicazione del principio, ha respinto la censura relativa all’inammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva proposta dal creditore -destinatario di un appello principale relativo al solo capo delle spese – con riguardo al capo della decisione che aveva escluso il suo diritto
di procedere a esecuzione forzata nei confronti della controparte; Cass., Sez. III, 11 novembre 2020, n. 25285; Cass., Sez. VI-3, 7 luglio 2020, n. 14094).
L’impugnazione incidentale tardiva – da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione – può essere sollevata anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, indipendentemente dal fatto che investa un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta negli artt. 334, 343 e 371 c.p.c. e che occorre consentire alla parte, che avrebbe di per sé accettato la decisione, di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere comunque in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata (Cass., Sez. III, 29 maggio 2024, n. 15100).
Nel caso di specie, pertanto, l’appello incidentale tardivo proposto dalla società appellata risultava pienamente ammissibile, vertendo sulla legittimità dell’ingiunzione fiscale nei confronti della controparte, oggetto del giudizio di primo grado.
2. -Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 36 co.2 d.l. 248/2007 (convertito in legge 31/2008), art. 1 comma 544 L. 228/2012 (Legge di stabilità 2013) e art. 3 r.d. 639/2010 (art. 360 co. 1 n°3) c.p.c.). In primo grado il ricorrente deduceva che gli enti locali possono recuperare gli importi loro dovuti, come nel caso delle multe non pagate bonariamente, utilizzando l’ingiunzione fiscale anche attraverso Agenti di riscossione. Per le riscossioni successive al 1 gennaio 2013 di debiti non superiori a 1.000 euro, la notifica dell’ingiunzione, così come l’avvio di pignoramenti o fermi auto deve essere necessariamente preceduta -almeno 120 giorni prima -dall’invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo. L’ingiunzione
impugnata nell’odierna causa, decurtate le (illegittime) maggiorazioni ex art. 27 della Legge 689/1981, ammonta ad euro n933,50 (euro 581,50 + euro 352,00). L’art. 1 co. 544 L. 228/2012, riferibile anche alle ingiunzioni di pagamento, dispone che ‘in tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, intrapresa successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo il caso in cui l’ente c reditore abbia notificato al debitore la comunicazione di inidoneità della documentazione ai sensi del comma 539, non si procede alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di centoventi giorni dall’invio, mediante posta ordinaria, di una comunica zione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo’. Peraltro, anche, oramai consolidata Giurisprudenza (cfr. ex plurimis Sent. Giudice di Pace di Taranto n°1078/2016 e Sent. Trib. Livorno n°1878/17) conferma che se l’esecuzione viene avviata prima del la notifica dell’avviso preventivo essa è illegittima. La suindicata norma, infatti, ha una valenza di portata generale, in quanto parla di ‘riscossione coattiva di debiti fino a mille euro’ e si riferisce sia ad enti pubblici sia a concessionari (come nel caso si specie). La sua funzione è, infatti, quella di portare a conoscenza del debitore il dettaglio della pretesa di pagamento sia da parte dell’esattore, sia da parte dell’Ente Pubblico, consentendo allo stesso debitore di avanzare eventuali osservazioni sulla legittimità e giustezza dei calcoli, come -per esempio -di sorte capitale, di calcolo di interessi, di sanzioni, di spese di procedimenti, e via dicendo. Atteso quanto sopra, il ricorrente rilevava la nullità dell’ingiunzione di cui è causa per mancata notifica del dettaglio degli importi iscritti a ruolo. Come descritto nella parte in fatto del presente atto il Giudice di Pace di Prato riteneva fondata tale doglianza. Il giudice del gravame, invece, ha accolto il secondo motivo di appello incidentale e ha ritenuto ‘errato il presupposto sul quale si fonda la pronuncia del Giudice di
Pace, dell’equiparazione tra ingiunzione fiscale e atto dell’esecuzione’. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto il sistema di riscossione a seguito d’ingiunzione fiscale alternativo e non equiparabile al sistema di riscossione mediante ruoli e conseguentement e ha ritenuto ‘inconferente’ all’ingiunzione fiscale ‘il richiamo alla comunicazione’. Il Tribunale, infatti, ha precisato che ‘Il giudice di primo grado, pur richiamando la giurisprudenza di legittimità a cui si è appena fatto cenno, ha erroneamente attribuito all’ingiunzione fiscale la natura di atto esecutivo, da ciò traendo la conseguenza che la sua notificazione debba essere preceduta, almeno centoventi giorni prima, da una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo, ai sensi dell’a rt. 1, comma 544, legge n. 228/2012, in mancanza della quale non sono possibili azioni cautelari ed esecutive. Tuttavia, come si è visto, non solo il sistema di riscossione a seguito d’ingiunzione fiscale è alternativo al sistema di riscossione mediante ruoli ai sensi del d.P.R. n. 602/1973 -modalità entrambe consentite ai Comuni e ai concessionari della riscossione ai sensi dell’art. 4, comma 2 – sexies, decreto-legge n. 209/2002, conv., con mod.ni, dalla legge n. 265/2002, e dell’art. 7, comma 2-gg-quater, decreto-legge n. 70/2011, conv., con mod.ni dalla legge n. 106/2011 -, talché il richiamo alla comunicazione menzionata nella sentenza impugnata appare inconferente; ma se anche fosse applicabile l’art. 1, comma 544, legge n. 228/2012, non essendo l’ingiunzione fiscale un atto dell’espropriazione forzata, non sarebbe comunque necessaria l’informazione preventiva prevista da tale disposizione’. Orbene, il giudice del gravame ha omesso di considerare che l’art. 36, comma 2 del d.l. 248/2007, convertito in legge 31/2008 esplicitamente parifica l’ingiunzione fiscale al ruolo per la parte inerente la riscossione coattiva. Infatti, l’equivalenza funzionale tra ingiunzione e cartella di pagamento in materia di riscossione delle sanzioni amministrative inerenti violazioni del Codice della Strada consente di ritenere che l’obbligo delle previsioni
normative che devono rispettarsi per l’attuazione delle procedure cautelari ed esecutive a norma del dpr 602/1973 devono rispettarsi anche nel caso in cui tali istituti siano attuati a seguito della notifica dell’ingiunzione fiscale, con la necessaria osse rvanza dei principi di cui all’art. 1, comma 544 della L . 228/2012′. Stante l’equiparazione dell’ingiunzione ex r.d. 639/1910 alla cartella esattoriale, si ritiene potersi affermare la compatibilità delle norme del titolo secondo del d.P.R. 602/1973 relativamente alla riscossione dei tributi e delle entrate degli enti locali. Ciò consente, secondo la giurisprudenza prevalente, di ritenere che l’obbligo delle previsioni normative che devono rispettarsi per l’attuazione delle procedure cautelari ed esecutive a norma del d.P.R. 602/1973 debbano rispettarsi anche nel caso in cui tali istituti siano attuati a seguito della notifica dell’ingiunzione fiscale, con necessaria osservanza dei principi di cui all’art 1 comma 544 della L. 22/2012. Quindi, avrebbe errato il Tribunale di Prato allorquando ha ritenuto che ‘il sistema di riscossione a seguito d’ingiunzione fiscale è alternativo al sistema di riscossione mediante i ruoli ….., di talché il richiamo alla comunicazione menzionata nella sentenza impugnata appare inconferente ‘ .
2.1. -Il motivo è infondato.
L’ingiunzione fiscale, anche dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 43 del 1988, ha conservato funzione accertativa in quanto atto complesso volto a portare a conoscenza del debitore la pretesa fiscale ed a formare il titolo, autonomamente impugnabile, per la successiva esecuzione forzata, sicché non deve essere preceduta dalla previa formazione del ruolo perché non è atto della riscossione (Cass., Sez. V, 21 settembre 2016, n. 18490).
In ogni caso deve rilevarsi che l ‘art. 1, comma 544 , della l. 228/2012 -relativo ai casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 -non avrebbe comunque rilievo, essendo il
valore dell’ingiunzione fiscale superiore a mille euro come evidenziato nel controricorso, dovendosi sommare alle somme dovute le maggiorazioni per ritardato pagamento.
3. -Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., all’art. 21septies della L. n. 241/1990 introdotto dalla Legge 11 febbraio 2005, n. 15 e l’art. 1 co. 544 L. 228/2012. (art. 360 co. 1 n°3) c.p.c.). Ritiene il giudice del gravame che ‘anche ammettendo che la notificazione dell’ingiunzione fiscale fosse avvenuta in violazione dell’obbligo della preventiva comunicazione sul dettaglio delle iscrizioni al ruolo, verrebbe in rilievo un mero vizio procedimentale a fronte del qua le il giudice dell’opposizione avrebbe dovuto comunque verificare la fondatezza della pretesa creditoria contenuta nel provvedimento e non avrebbe potuto, accertata l’omissione annullare per ciò solo l’ingiunzione fiscale’. Invero, come sopra esposto, l’ar t. 1 co. 544 l. 228/2012 dispone che in tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a mille euro non si possa procede alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di centoventi giorni dall’invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo. Tale comunicazione e la decorrenza del termine di 120 giorni vanno posti a garanzia della regolarità dei ruoli (e dell’ingiunzione) nei confronti del contribuente e diviene pertanto elemento essenziale per la validità dello stesso atto. L’art. 21 septies della L.241/1990 stabilisce, tra l’altro, che ‘è nullo il provvedimento che manca degli elementi essenziali’. È errato, quindi, non ritenere nullo l’atto amministrativo privo della comunicazione che costituisce atto prodromico e indefettibile rispetto all’ingiunzione impugnata, perché in violazione delle predette norme. Peraltro, la motivazione offerta dal Giudice di Prato sul punto è meramente apparente perché non spiega per quale ragione la notificazione dell’ingiunzione fiscale, avvenuta in violazione dell’obbligo della preventiva comunicazione sul dettaglio
delle iscrizioni al ruolo, costituirebbe un mero vizio procedimentale anziché una nullità. La motivazione offerta, pertanto, non esplicita in alcun modo le ragioni della decisione in favore del vizio procedimentale anziché della nullità, con conseguente violazione anche dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.
3.1. -Il motivo è infondato.
L’opposizione all’ingiunzione ex art. 3 r.d. n. 639 del 1910 non ha ad oggetto soltanto l’atto amministrativo, ma anche il rapporto giuridico obbligatorio sottostante; pertanto, la cognizione del giudice non è circoscritta alla disamina dei vizi di legittimità formale dell’ingiunzione dedotti, ma involge comunque, pur in difetto di espressa richiesta in tal senso, l’accertamento sull’esistenza e sull’entità del credito recato dal provvedimento, con conseguente inammissibilità, per difetto di interesse, dell’opposizione che si limiti ad addurre -come nel caso di specie -il difetto dei presupposti per l’adozione dell’ingiunzione oppure vizi di contenuto-forma della stessa (Cass., Sez. III, 8 febbraio 2023, n. 3843).
4. -Con il quarto motivo di ricorso si prospetta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 346 e 334 c.p.c. (art. 360 co. 1 n°3) c.p.c.). Conclude il Giudice del gravame che ‘NOME COGNOME, tuttavia, non ha riproposto in appello, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., i motivi di opposizione dichiarati assorbiti dal Giudice di Pace: non li ha richiamati nella citazione (con un richiamo che avrebbe dovuto essere specifico, non essendo neppure sufficiente un generico rinvio alle difese svolte e alle conclusioni prese davanti al primo giudice, che comunque è stato pagina 9 di 10 omesso dall’appellante: cfr. Cass., n. 25840 del 13/11/2020) e, soprattutto, non ne ha fatto menzione neppure all’udienza ex art. 350 c.p.c., benché fosse sorto un effettivo interesse a riproporre i motivi di opposizione non esaminati dal giudice di primo grado, in replica all’appello incidentale di So.Ri.’. Parte ricorrente ritiene che il giudice abbia male interpretato il combinato disposto degli artt.
346 e 334 c.p.c., con conseguente violazione di legge. Invero, gli odierni ricorrenti hanno svolto appello principale esclusivamente sul capo relativo alle spese di lite, mentre So.Ri. (totalmente soccombente in primo grado) ha proposto appello incidentale con due motivi immediatamente e specificatamente contestati dagli appellanti principali in prima udienza, con anche riserva di meglio controdedurre alle argomentazioni poste a fondamento dei singoli motivi di appello incidentale nelle memorie conclusionali, per la cui concessione si insisteva, attesa complessità e lunghezza dell’appello incidentale (Cfr. ud. 24/05/2021). In ogni caso, è l’appellante incidentale soccombente in primo grado, a non avere riproposto nel proprio appello, ex art. 346 c.p.c., i motivi ritenuti assorbiti dalla decisione del Giudice di Pace e su cui quest’ultimo ha statuito; pertanto, ai sensi dell’art.346 c.p.c., saranno le eccezioni di So.ri. non accolte nella sentenza di primo grado e non espressamente riproposte in appello, da intendersi rinunciate; con conseguente definitività della statuizione sul punto. Il Giudice di Pace, infatti, ha accolto il ricorso introduttivo per mancato invio della comunicazione preventiva ed ha applicato l’art. 1 co. 544 L. 228/2012 che, come sopra cit ato, dispone: ‘in tutti i casi di sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, intrapresa successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo il caso in cui l’ente creditore abbia notificato al debitore la comunicazione di inidoneità della documentazione ai sensi del comma 539, non si procede alle azioni cautelari ed esecutive prima del decorso di centoventi giorni dall’invio, mediante posta ordinaria, di una comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo’. L’accoglimento della domanda, quindi, è avvenuta in quanto il giudice di prime cure: 1. ha ritenuto applicabile la fattispecie astratta alle ingiunzioni di pagamento; 2. ha ritenuto il debito portato inferiore a euro 1.000,00 3. ha accertato come non contestato il mancato invio della comunicazione preventiva. So.ri.,
soccombente sul punto, nell’appello incidentale ha dedotto ed articolato solo il motivo relativo al primo assunto (mancata comunicazione). Concludendo sul punto, quindi, rileva che nei confronti dell’appello incidentale il COGNOME è convenuto. Ne consegue che è So.ri. a non avere riproposto in appello le eccezioni ritenute assorbite dal Giudice di Prime cure e su cui quest’ultima era scritto dal Tribunale nel passaggio in esame e sopra trascritto, sarebbero casomai quelle eccezioni, da intendersi rinunciate.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 346 e 334 c.p.c. (art. 360 co. 1 n°3) c.p.c.). Il giudice dell’appello, nell’accogliere l’appello incidentale, ha considerato -forse- assorbita la questione di cui all’appello principale omettendo ogni statuizione sul punto. Invero, l’appello principale, in cui si lamenta la violazione degli artt. 92 co. 2 e 132 co.4 c.p.c. da parte del Giudice di Prime cure, appariva fondato e/o, comunque, meritevole di una qualche considerazione e/o motivazione. Viceversa, benché detto appello principale sia stato integralmente rigettato nel capo 2) della sentenza che oggi si impugna, ad esso e alle argomentazioni che lo sorreggono, nessun cenno è fatto nella parte motiva.
4.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
Nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d’appello non ha ad oggetto un riesame pieno nel merito della decisione impugnata ( novum judicium ), ma assume le caratteristiche di una revisio prioris instantia , cosicché l’appellante ha sempre la veste di attore rispetto al giudizio instaurato e con essa l’onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale assunta nel giudizio di primo grado, e ove si dolga dell’erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documenti prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l’onere di estrarne copia ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c. e di produrli in sede di gravame (Cass., Sez. VI-3, 17 dicembre 2021, n.
40606; Cass., Sez. III, 9 giugno 2016, n. 11797; Cass., Sez. Un., 8 febbraio 2013, n. 3033).
Nel caso di specie, come evidenziato nella pronuncia impugnata, a fronte dell’appello incidentale, il COGNOME non ha riproposto in appello , neanche nell’udienza ex art. 350 cod. proc. civ., i motivi dichiarati assorbiti dal Giudice di Pace.
Riguardo alla questione delle spese, oggetto dell’appello principale, avendo il Tribunale, in sede di gravame, accolto l’appello incidentale sulla legittimità dell’opposizione formulata avverso l’ingiunzione di pagamento, risulta corretta la pronuncia sulle spese secondo il criterio della soccombenza, per cui non vi è stata nessuna omessa pronuncia.
-Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte de i ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della controricorrente, in euro 1500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione