Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7261 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7261 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31764 -2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, giusta procura allegata a margine del ricorso con indicazione dell’indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno n. 927/2017 emessa in data 04/09/2017, pubblicata in data 27/09/2017 e non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
9/11/2023 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 13/04/2000, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vallo della Lucania, la RAGIONE_SOCIALE, proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 54/2000, pronunciato nei suoi confronti per £. 7.250.000, chiesto dalla società convenuta a titolo di saldo del prezzo di lavori di riparazione e manutenzione di un camion di sua proprietà e chiedendo il risarcimento del danno per il mancato utilizzo del camion nel tempo -di durata eccessiva -della riparazione.
Con sentenza n. 629/2009, il Tribunale di Vallo della Lucania accolse parzialmente l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo, condannò COGNOME al pagamento in favore della società della somma di lire 4.500.000 (pari a Euro 2.324,06) oltre interessi e rigettò la domanda riconvenzionale di COGNOME, compensando le spese.
In particolare, risultando comunque certa l’esecuzione di lavori da parte dell’impresa opposta sull’autocarro dell’opponente COGNOME (sostituzione del tachimetro e riparazione della trasmissione), il Tribunale operò una liquidazione del dovuto in via equitativa, in mancanza di preventivo accordo sul
prezzo e di prova sulla corrispondenza tra i lavori indicati nelle fatture e quelli effettivamente eseguiti e nell’impossibilità di determinare il costo dei pezzi di ricambio per la vetustà dell’automezzo .
Avverso questo provvedimento COGNOME propose appello, insistendo nel rigetto integrale dell’avversa pretesa , nel l’accoglimento della riconvenzionale di risarcimento dei danni e impugnando la statuizione di compensazione delle spese; notificò l’impugnazione presso la Cancelleria del Tribunale di Vallo della Lucania, domicilio dell’appellata pure riportato in sentenza, perché ex art. 82 r.d. n.37 del 1934, la società aveva eletto domicilio soltanto presso il procuratore che esercitava fuori della circoscrizione del Tribunale adito.
RAGIONE_SOCIALE non si costituì e, con ordinanza depositata il 14/03/2011, la Corte di Appello di Salerno ordinò a COGNOME la rinnovazione della notifica dell’atto di appello presso il domicilio eletto in Salerno (INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO) nella notifica della sentenza in forma esecutiva, unitamente al precetto.
COGNOME chiese la revoca dell’ordinanza, rappresentando che l’elezione di domicilio successiva era finalizzata alla notifica del precetto, con conseguente inapplicabilità dell’art. 330 cod. proc. civ., ma rinnovò comunque la notifica con le modalità richieste dalla Corte.
A seguito di tale nuova notifica, la società si costituì proponendo, per quel che qui ancora rileva, appello incidentale, chiedendo il rigetto dell’avversa opposizione.
COGNOME eccepì l’inammissibilità per tardività di questa impugnazione incidentale rispetto alla prima notifica dell’appello, già in sé valida.
Con sentenza n. 927/2017, la Corte di appello di Salerno, pur premettendo che l’elezione di domicilio successiva, effettuata al solo fine dell’esecuzione, non incideva sulla regolarità della notifica dell’atto di appello, affermò che l’adempimento dell’ ordine di rinnovo della notifica aveva reso tempestiva la costituzione della società, avvenuta in forza di un’ordinanza al tempo valida e produttiva di effetti.
Rigettò, quindi, l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale, pur confermando la legittimità della liquidazione equitativa in considerazione della vetustà del mezzo e della difficoltà di reperire i costi dei pezzi di ricambio, confermò il rigetto della domanda di risarcimento del danno per difetto di prova del non uso del bene, ma, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettò l’opposizione , compensando le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso questa sentenza COGNOME ha proposto ricorso in Cassazione, affidato a cinque motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento ai n. 3 e 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., COGNOME ha prospettato la violazione degli artt. 153, 156, 170, 330, 332, 343 cod. proc. civ. per avere la Corte di Appello ritenuto ammissibile l’appell o
incidentale seppure proposto tardivamente rispetto alla prima notifica ritualmente effettuata presso la Cancelleria del Tribunale di Vallo della Lucania, ex art. 82 r.d. n.37 del 1934, perché la società, come riportato pure in sentenza, aveva eletto domicilio soltanto presso il procuratore che esercitava fuori della circoscrizione del Tribunale adito; l’ordinanza con cui è stata disposta la rinnovazione della notifica sarebbe perciò nulla ex art. 156 cod. proc. civ. perché difforme dal modello processuale e inidonea, in conseguenza, a riaprire i termini per la proposizione dell’appello incidentale.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 345 e 112 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello ritenuto che la riparazione del tachimetro e della trasmissione fossero state commissionate alla società e regolarmente eseguite laddove, in mancanza di un tempestivo appello incidentale, non avrebbe potuto pervenire ad un accertamento fattuale diverso ed opposto da quello cui era pervenuto il primo giudice.
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 2225 e 2697 cod. civ. per avere la Corte liquidato l’intero compenso alla società in via equitativa, nonostante il primo Giudice avesse ritenuto che non vi era prova in ordine alla reale entità della prestazione cui tale liquidazione doveva accedere e nonostante non potesse mutare (senza violare gli artt. 345 e 112 cod. proc. civ.) tale
accertamento in assenza di un appello incidentale, dovendosi considerare inammissibile quello proposto. In accoglimento del solo appello principale, la Corte di Appello avrebbe dovuto invece rigettare integralmente la domanda di liquidazione equitativa in quanto non era certo il dato fattuale costituito dal tipo e dalla quantità delle opere in concreto eseguite e mancavano anche i parametri di cui all’art. 2225 cod. civ. dell’individuazione del risultato ottenuto e d ella individuazione del lavoro necessario per ottenerlo.
1.4. Con il quarto motivo, articolato in riferimento ai n. 3 e 4 del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ., COGNOME ha lamentato la violazione degli artt. 1460 e 2697 cod. civ. e artt. 345 e 112 cod. proc. civ. per avere la Corte – pur senza la proposizione di un tempestivo appello incidentale – liquidato un compenso alla società nonostante fosse stato dedotto il non corretto adempimento dell’obbligazione di riparazione dell’automezzo e l’inadempimento della società fosse stato già accertato dal primo Giudice e non reso oggetto di efficace e tempestiva impugnazione.
1.5. Con il quinto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha lamentato, con una prima censura, la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. per avere la Corte respinto il motivo di appello concernente la mancata condanna della società al pagamento delle spese processuali di primo grado e, con una seconda censura, la mancata condanna della stessa società al rimborso delle spese di appello.
2.1. Il primo motivo è fondato.
Per principio consolidato, s e l’elezione di domicilio è stata inserita nell’epigrafe dell’atto di precetto ed è fatta in riferimento al procedimento esecutivo di cui il precetto è atto prodromico, dev’essere intesa come effettuata ai sensi e per gli effetti dell’art. 480 cod. proc. civ., comma 3 e, pertanto, non come equipollente dell’elezione di domicilio ex art. 330 cod. proc. civ., comma 1; come tale, questa elezione di domicilio non valeva a rendere irregolare la notificazione dell’impugnazione nel luogo eletto nel giudizio di merito e, perciò, presso la cancelleria (Cass. civ., sez. 3 n. 27527 del 30/12/2014; Sez. 1, n. 3269 del 14/02/2007; Sez. L, n. 15378 del 09/08/2004; Sez. L, n. 11088 del 13/08/2001).
Ciò posto, poiché la rinnovazione della notificazione può e deve essere ordinata dal giudice, in primo grado, quando «rileva un vizio che importi nullità» (art. 291, comma 1, c.p.c.) e in appello «quando occorre» (art. 350, comma 2, c.p.c.), è nullo l’ordine di rinnovazione della notificazione emesso sull’erroneo presupposto della sua nullità, come accaduto nella fattispecie e la sua esecuzione non può avere l’effetto di far decorrere ex novo i termini che le parti a pena di decadenza devono osservare per le attività processuali che si ha onere di compiere dal perfezionamento di una valida notifica.
L’illegittimità dell’ordine di rinnovazione può essere fatta valere nel successivo giudizio di impugnazione, come proprio accaduto nella fattispecie (Cass. civ., sez. III, n. 20104 del
18/09/2009; Sez. L, n. 22032 del 28/10/2010; Sez. 6 – L, n. 35741 del 06/12/2022).
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata sul punto e l’appello incidentale deve essere dichiarato inammissibile perché tardivamente proposto in riferimento alla prima notifica dell’appello principale, ritualmente effettuato presso la cancelleria.
2.1. Dalla fondatezza del primo motivo deriva in logica conseguenza l’assorbimento del secondo e quarto motivo, in quanto concernenti il riesame di questioni devolute con un appello incidentale non ammissibile e la seconda censura del quinto motivo relativa alle spese del giudizio di appello che devono essere rideterminate.
2.2. È, invece, infondato il profilo di censura del terzo motivo, concernente la non utilizzabilità della liquidazione equitativa e la violazione del giudicato sugli accertamenti fattuali conseguito all’inammissibilità dell’appello incidentale.
Come riportato dallo stesso ricorrente, al giudice d’appello era stata da lui stesso devoluta, con l’ appello principale, la questione dell’inutilizzabilità della liquidazione equitativa in carenza di prova dell’ an debeatur della prestazione.
La Corte d’appello, riesaminando le prove raccolte in primo grado, ha confermato -come già ritenuto dal primo Giudice -la sussistenza di sufficienti elementi di prova dell’avvenuta esecuzione di alc uni lavori, della mancanza di un prezzo concordato e della necessità di ricorrere in conseguenza
al criterio equitativo fondato «sul dato di esperienza per riparazione di analoga natura».
La decisione è conforme a principio consolidato di questa Corte, secondo cui in tema di contratto d’opera, la mancata determinazione del corrispettivo non è causa di nullità del contratto, poiché lo stesso può essere stabilito, ai sensi dell’art. 2225 c.c., in base alle tariffe vigenti od agli usi. Il ricorso a tale norma è possibile anche quando le parti, pur avendo pattuito detto corrispettivo, non abbiano fornito la relativa prova ( ex plurimis , Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 18286 del 11/07/2018).
Infondata è pure il primo profilo di doglianza del quinto motivo.
L a condanna in primo grado dell’attuale ricorrente COGNOME al pagamento di un corrispettivo dei lavori in favore della società opposta, sia pure per una somma inferiore a quella pretesa in decreto ingiuntivo, escludeva il suo diritto al rimborso delle spese di giudizio, in applicazione del principio di soccombenza: ai fini della condanna alle spese di giudizio la valutazione di soccombenza dev’essere, infatti, sempre rapportata all’esito finale della lite, anche nell’ipotesi di giudizio seguito ad opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., sicché non può considerarsi soccombente il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, anche in parte minima, il proprio credito rispetto alla domanda monitoria, legittimamente subendo la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della provvisoria esecutività ( ex multis ,
Cass. Sez. 6 – 2, n. 17854 del 27/08/2020); la domanda riconvenzionale di COGNOME al risarcimento del danno, peraltro, era stata pure rigettata.
4. Conclusivamente, accolto il primo motivo, assorbiti i restanti, previo rigetto del terzo e del primo profilo del quinto mezzo, la sentenza impugnata dev’essere cassata senza rinvio a norma dell’art. 382, ultimo comma, cod. proc. civ., non potendo il giudice che l’ha emessa pronunciare sul merito di un’impugnazione inammissibile (Cass., Sez. L, Sentenza n. 12141 del 24/11/1995; Sez. 5, Sentenza n. 11111 del 16/07/2003), con conseguente elisione del capo contenente l’accoglimento dell’appello incidentale che deve essere dichiarato inammissibile. Quanto alle spese di appello, l ‘elisione della statuizione di riforma della sentenza n. 629/2009 del Tribunale di Vallo della Lucania e la conferma del rigetto dell’appello principale e della fondat ezza della pretesa dell’opposta RAGIONE_SOCIALE implicano reciproca soccombenza, fondando perciò l ‘ integrale compensazione delle spese di secondo grado.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo in riferimento al valore del credito preteso, sono invece poste a carico dell’intimato, per la soccombenza nel la fase, con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il terzo e la prima doglianza del quinto motivo, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, per l’effetto, elide la statu izione di accoglimento dell’appello incidentale e di riforma della sentenza n. 629/2009 del Tribunale di Vallo della Lucania, dichiarando inammissibile l’appello incidentale; conferma la statuizione di integrale compensazione delle spese del doppio grado;
condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore del ricorrente NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’AVV_NOTAIO, antistatario .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della