Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15426 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15426 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13668-2020 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, nello studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapprsentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapprsentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti COGNOME e COGNOME e domiciliata presso la cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1361/2020 RAGIONE_SOCIALE CORTE DI APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/04/2020;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, invocandone la condanna a rilasciare le porzioni dalle stesse convenute rispettivamente occupate del terreno sito in Marcianise (CE), acquistato dalla società attrice giusta atto del 23.12.1997 per AVV_NOTAIO COGNOME.
Si costituivano in giudizio RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, resistendo alla domanda. A seguito di chiamata in causa, si costituivano COGNOME NOME e il RAGIONE_SOCIALE, resistendo essi pure. Si costituivano infine volontariamente COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, odierni ricorrenti, nella stessa posizione RAGIONE_SOCIALE società originaria attrice, nei cui confronti avevano conseguito sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.
Con sentenza n. 3025/2015 il Tribunale accoglieva in parte la domanda, condannando RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (oggi, SRAGIONE_SOCIALE) a restituire le porzioni da esse occupate ed a risarcire il danno correlato, e condannava altresì il COGNOME a tenere indenne RAGIONE_SOCIALE in relazione agli esborsi conseguenti all’esecuzione RAGIONE_SOCIALE sentenza.
Interponeva appello avverso detta decisione COGNOME NOME, dolendosi dell’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda di manleva nei suoi
confronti. Interponeva separato appello anche RAGIONE_SOCIALE. Spiegava appello incidentale RAGIONE_SOCIALE, in relazione all’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda nei suoi confronti.
Con la sentenza impugnata, n. 1361/2020, la Corte di Appello di Napoli riformava la decisione di prime cure, rigettando la domanda originariamente proposta da RAGIONE_SOCIALE e coltivata poi dagli odierni ricorrenti.
Questi ultimi propongono ricorso per la cassazione di detta decisione, affidandosi a quattro motivi.
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Le altre parti intimane non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte ricorrente ed il controricorrente RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dato atto dell’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE costituzione del nuovo difensore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE memoria dal medesimo depositata in prossimità dell’adunanza camerale, posto che il giudizio è iniziato prima del 2009 e la nuova costituzione non è avvenuta, come richiesto dalla norma applicabile ratione temporis , in forza di procura speciale conferita in forma AVV_NOTAIOile.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza e la violazione degli artt. 138, 325, 326, 334 e 324 c.p.c. e 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto rilevare la tardività dell’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE
La censura è fondata.
La Corte di Appello ha ritenuto non idonea, ai fini del decorso del termine breve di impugnazione previsto dall’art. 325 c.p.c., la notificazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado, pacificamente eseguita in data 2.10.2015 presso l’AVV_NOTAIO, ritenendo che lo stesso non fosse domiciliatario RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE
I ricorrenti attingono tale statuizione richiamando, ai fini RAGIONE_SOCIALE specificità RAGIONE_SOCIALE censura, il contenuto RAGIONE_SOCIALE procura ad litem conferita a margine RAGIONE_SOCIALE comparsa di costituzione e risposta in primo grado, depositata il 31.10.2011, dalla quale risulta che la società aveva incaricato RAGIONE_SOCIALE sua difesa proprio l’AVV_NOTAIO, ed eletto domicilio presso il suo studio.
Poiché l’appello incidentale è stato proposto da RAGIONE_SOCIALE con atto depositato il 27.1.2016 (cfr. pag. 15 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata), oltre tre mesi dopo la notificazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, l’impugnazione avrebbe dovuto essere considerata tardiva e inammissibile.
Va peraltro ribadito che ‘La nomina di una pluralità di procuratori, ancorché non espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non ostandovi alcuna disposizione di legge e fermo restando il carattere unitario RAGIONE_SOCIALE difesa; tuttavia, detta rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l’eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell’obbligo di informare l’altro o gli altri procuratori. Ne consegue la sufficienza RAGIONE_SOCIALE comunicazione ex art. 377 c.p.c. ad uno solo dei procuratori costituiti’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12924 del 09/06/2014, Rv. 631184). Analogo principio è stato affermato in tema
di notificazione dell’atto di appello: ‘In materia di impugnazione (nella specie: appello) la nomina di una pluralità di procuratori, ancorché non espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non ostandovi alcuna disposizione di legge e fermo restando il carattere unitario RAGIONE_SOCIALE difesa; tuttavia, detta rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l’eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell’obbligo di informare l’altro o gli altri procuratori. Ne consegue la sufficienza RAGIONE_SOCIALE notificazione dell’atto di impugnazione ad uno solo dei procuratori costituiti sul quale ricade l’onere di informazione del codifensore’ (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20626 del 31/08/2017, Rv. 645842; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4933 del 03/03/2014, Rv. 630362).
Pertanto, anche a prescindere dall’elezione di domicilio presso l’AVV_NOTAIO -comunque adeguatamente dedotta e documentata dalla parte ricorrente- la notificazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata ad uno solo dei procuratori, congiuntivamente incaricati RAGIONE_SOCIALE difesa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, è idonea ai fini RAGIONE_SOCIALE decorrenza del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.
Né vale, ai fini RAGIONE_SOCIALE tempestività del gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE, il rilievo che lo stesso era stato proposto in via incidentale, poiché la società si era costituita nel gravame proposto dal COGNOME, il quale si era lamentato dell’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda di manleva spiegata da RAGIONE_SOCIALE nei suoi riguardi. Di conseguenza, l’appello incidentale avrebbe dovuto essere considerato tempestivo soltanto per la parte concernente i capi RAGIONE_SOCIALE decisione di prime cure oggetto dell’impugnazione proposta dal COGNOME (ovverosia, quanto alla
domanda di manleva spiegata da RAGIONE_SOCIALE nei riguardi del predetto), mentre per tutti gli altri profili il gravame avrebbe dovuto essere considerato ammissibile soltanto a condizione che fosse dimostrato il rispetto del termine previsto dall’art. 325 c.p.c. Sul punto, va data continuità al principio secondo cui ‘Nel vigente sistema processuale l’impugnazione proposta per prima determina la costituzione del processo, nel quale debbono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti, in modo che sia mantenuta l’unità del procedimento e sia resa possibile la decisione simultanea; ne consegue che, nel caso di appello, le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale, siano esse impugnazioni incidentali tipiche (ovvero proposte contro l’appellante principale), siano esse, invece, impugnazioni incidentali autonome, dirette a tutelare un interesse del proponente non nascente dall’impugnazione principale, e da far valere nei confronti di questi, ma per un capo diverso ed autonomo RAGIONE_SOCIALE pronuncia impugnata. Tuttavia, tali ultime impugnazioni (autonome) possono essere proposte, in sede di appello, con la comparsa di risposta purché risulti rispettato il termine ordinario di trenta giorni dalla notificazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado e ciò senza che occorra l’uso di formule sacramentali, risultando sufficiente in proposito che la volontà di gravame emerga in modo non equivoco dal complesso delle deduzioni formulate in detta comparsa (di risposta) -ancorché contenute solo nella parte motiva di essa e non oggetto di corrispondente richiesta nella parte conclusiva RAGIONE_SOCIALE stessa comparsasì da potersi stabilire, con chiarezza, il tema ed i motivi dell’impugnazione’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21745 del 11/10/2006, Rv. 592772; conf. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20963 del 22/08/2018, Rv. 650024; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2433 del 14/03/1988, Rv. 458200).
Poiché RAGIONE_SOCIALE, con la sua impugnazione incidentale, aveva contestato non soltanto il punto RAGIONE_SOCIALE decisione concernente l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda di manleva proposta contro il COGNOME, oggetto del gravame principale interposto da quest’ultimo, ma anche gli altri capi RAGIONE_SOCIALE decisione, aventi ad oggetto l’accoglimento RAGIONE_SOCIALE domanda di occupazione ab origine proposta da RAGIONE_SOCIALE, e poi coltivata dagli odierni ricorrenti, la stessa avrebbe dovuto essere considerata tempestiva soltanto per la prima parte, ma non anche in relazione ai capi RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado non oggetto del gravame principale spiegato dal COGNOME.
Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe violato il giudicato interno, costituitosi sull’affermazione del Tribunale, non specificamente impugnata, secondo la quale gli odierni ricorrenti avrebbero acquistato la piena proprietà del bene oggetto di causa, individuato al foglio 24, particella 5051, giusta la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ex Sezione distaccata di Marcianise, n. 528/2007.
La censura è assorbita dall’accoglimento del primo motivo.
Una volta ravvisata la tardività del gravame incidentale spiegato da RAGIONE_SOCIALE, nella parte in cui esso si rivolge avverso statuizioni diverse da quelle oggetto RAGIONE_SOCIALE impugnazione principale del COGNOME, va affermato l’intervenuto passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE statuizione del giudice di prime cure, limitatamente alla posizione RAGIONE_SOCIALE predetta appellante incidentale.
Con il terzo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione o falsa applicazione degli artt. 1537, 1538 e 1362 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente interpretato il contenuto dell’atto di acquisto di SA.GI.
SRAGIONE_SOCIALE, rappresentato dall’atto di compravendita a rogito AVV_NOTAIO del 23.12.1997, rep. 40748, trascritto il 14.1.1998 al n. 538/463 (cfr. pag. 15 del ricorso).
Con il quarto ed ultimo motivo, invece, si dolgono RAGIONE_SOCIALE violazione degli artt. 948, 2697 c.c., 99 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto ravvisare l’intervenuta attenuazione del rigore probatorio previsto dall’art. 948 c.c. in presenza RAGIONE_SOCIALE derivazione dallo stesso dante causa dei titoli allegati, rispettivamente, dall’attore e dal convenuto.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono infondate.
La Corte di Appello, scrutinando l’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE (oggi, RAGIONE_SOCIALE) ha qualificato la domanda come rivendicazione, richiamando l’insegnamento di questa Corte in tema di differenza tra azione reale e personale ed evidenziando l’assenza RAGIONE_SOCIALE deduzione di alcun titolo legittimante la contestata occupazione da parte degli originari convenuti (cfr. pag. 21 e s. RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata). Ha poi dato atto che dall’esame dell’atto per AVV_NOTAIO COGNOME dal quale RAGIONE_SOCIALE traeva il proprio titolo di proprietà non risultava specificamente indicata l’effettiva estensione del terreno trasferito alla società originaria attrice, né chiarito il motivo per cui sussisteva, tra la superficie catastale e quella reale trasferita, una differenza considerevole, pari a 631 mq (cfr. pag. 23 RAGIONE_SOCIALE sentenza). Infine, la Corte distrettuale ha valorizzato le risultanze RAGIONE_SOCIALE C.T.U. esperita nel corso del giudizio, la quale aveva indicato diversi elementi a conferma del fatto che, con il rogito COGNOME, fosse stata in effetti trasferita la proprietà RAGIONE_SOCIALE sola particella 465, nella consistenza derivante dal frazionamento eseguito dai venditori, riducendone la superficie dagli
originari 2.231 mq. agli effettivi 1.772 mq. (cfr. ancora pag. 23 RAGIONE_SOCIALE sentenza).
Il giudice di appello ha poi ritenuto erronea la decisione del Tribunale, nella parte in cui essa aveva affermato che, a fronte di una vendita eseguita ‘a corpo’ , la quantificazione dei metri quadrati riportata in contratto non fosse idonea ad indicare la volontà delle parti. Anche tale statuizione è corretta e coerente con l’insegnamento di questa Corte, dovendosi ribadire, sul punto, che ‘Qualora le parti concludano un contratto di compravendita a corpo indicando, nell’ambito di esso, la misura del bene compravenduto, si applica il rimedio di cui all’art. 1538, comma 1, c.c., in presenza di una divergenza quantitativa RAGIONE_SOCIALE misura del bene maggiore di un ventesimo di quella indicata nel contratto. Resta salva la facoltà delle parti di escludere l’efficacia RAGIONE_SOCIALE norma dianzi richiamata, mediante specifica clausola negoziale, pur in presenza dei requisiti previsti per la sua applicabilità’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29363 del 10/10/2022, Rv. 666137, anche in motivazione, pagg. 8 e ss.; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11793 del 19/05/2006, Rv. 592538 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20393 del 05/09/2013, Rv. 627616). E’ dunque erronea l’affermazione dell’assoluta irrilevanza, nel caso di vendita a corpo, RAGIONE_SOCIALE indicazione RAGIONE_SOCIALE consistenza del bene venduto, dovendosi invece verificare, caso per caso, quale fosse la volontà effettiva delle parti, tenendo conto del principio generale secondo cui l’indicazione, in atto di vendita, dell’esatta misura del bene compravenduto esprime l’intenzione dei paciscenti di negoziare proprio un bene dotato delle caratteristiche indicate in contratto (cfr. ancora Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29363 del 10/10/2022, Rv. 666137, in motivazione, pagg. 10 e s.).
In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso, dichiarato assorbito il secondo e rigettati il terzo ed il quarto. La sentenza
impugnata va conseguentemente cassata, in relazione alla censura accolta. Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di merito, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi di quanto previsto dall’art. 384, secondo comma, c.p.c., dovendosi dichiarare inammissibile, per tardività, l’impugnazione incidentale svolta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti degli odierni ricorrenti e conseguentemente passata in giudicato, nei confronti RAGIONE_SOCIALE predetta società, le statuizioni contenute nella sentenza di prime cure, incluse quelle in punto di governo delle spese di quel grado. Va invece espunta, dalla sentenza cassata, la statuizione concernente il governo delle spese di secondo grado, limitatamente alla posizione di RAGIONE_SOCIALE, la quale va condannata, in quanto soccombente nei confronti degli odierni ricorrenti, alla refusione delle spese, tanto del grado di appello che del presente giudizio di legittimità, quantificate come da dispositivo.
Al contempo, poiché i ricorrenti risultano soccombenti nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, vanno condannati al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE predetta società, delle spese del presente giudizio di legittimità, egualmente quantificate come da dispositivo. Nella liquidazione di dette spese non si tiene conto, per le ragioni esposte in apertura RAGIONE_SOCIALE motivazione, RAGIONE_SOCIALE memoria depositata dal nuovo difensore RAGIONE_SOCIALE società in prossimità dell’adunanza camerale.
PQM
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo e rigetta il terzo ed il quarto motivo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo la causa nel merito ai sensi di quanto previsto dall’art. 384, secondo comma, c.p.c., dichiara inammissibile l’appello incidentale a suo tempo interposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di prime cure, RAGIONE_SOCIALE quale dichiara l’intervenuto passaggio in giudicato, limitatamente al rapporto
processuale intercorso tra gli odierni ricorrenti e RAGIONE_SOCIALE ed alle relative statuizioni.
Condanna la controricorrente RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, delle spese del giudizio di appello, che liquida in € 6.650 per compensi, e di quelle del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 4.700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Condanna invece la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 4.700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda