Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34832 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34832 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4688/2022 R.G. proposto da
SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME (Pec: EMAIL, avvEMAIL, EMAIL), come da procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME ;
– ricorrente –
Oggetto: Contratto di somministrazione -Ente locale -Uso servizio idrico privato.
CC 21.10.2024
Ric. n. 4688/2022
Pres L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
contro
COMUNE di COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (Pec: EMAIL, come da procura in calce al controricorso, ex lege domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO
-Controricorrente ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1625/2021 pubblicata il 12 ottobre 2021 dalla Corte d’appello di PALERMO; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2024
dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
1. il Tribunale di Palermo con sentenza non definitiva in data 28/02-04/04/2000 accoglieva sia la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune di Carini sia quella riconvenzionale proposta dal Comune nei confronti della RAGIONE_SOCIALE ed in particolare: – dichiarava il diritto della Società RAGIONE_SOCIALE di percepire dal Comune «una somma di denaro corrispondente al valore d’uso e reddituale degli impianti acquedottistici di proprietà della stessa per il periodo 19.10.1984- 03.10.1990»; – riconosceva il diritto del Comune di Carini di compensare il debito verso la SO.R.I. con il proprio credito al rimborso delle spese sostenute per la gestione dell’acquedotto; dichiarava inammissibili le domande della SO.R.I. nei confronti degli ex Sindaci del Comune di Carini, NOME COGNOME, NOME COGNOME Giuseppe e NOME COGNOME per carenza di legittimazione passiva, e rimetteva la causa in istruttoria disponendo, con separata ordinanza, procedersi a C.T.U. per la quantificazione delle somme dovute dal Comune di Carini; avverso la sentenza non definitiva formulavano riserva di appello entrambe le parti;
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l o stesso Tribunale, all’esito dell’istruttoria, pronunciava sentenza definitiva n. 11090/05 con cui condannava il Comune a pagare alla RAGIONE_SOCIALE. la somma di Lire 2.427.000.000 e le spese di lite;
il Comune di Carini appellava entrambe le sentenze; la SO.RRAGIONE_SOCIALE resisteva all’appello e proponeva appello incidentale; i Sindaci NOME COGNOME NOME COGNOME Giuseppe e NOME COGNOME non si costituivano nel giudizio di appello;
l a Corte d’ Appello di Palermo con sentenza n. 57/2012, valutate «le censure mosse, da entrambe le parti, alla c.t.u. espletata in prime cure» ne disponeva la rinnovazione e, sulla base della rinnovata c.t.u., decideva la causa elevando la misura dell’indennità per l’utilizzo dell’acquedotto a Lire 5.431.836,48, respingeva sia la domanda del Comune di rimborso delle spese di gestione che quella incidentale spiegata dalla SO.R.I. riguardo i danni subiti dagli impianti;
la Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 654/2018 in accoglimento del ricorso principale proposto dal Comune di Carini ‘nei limiti di cui in motivazione’ cassava le sentenze impugnate con rinvio e rilevava d’ufficio il difetto di legittimazione passiva dello stesso Comune tenuto conto del fatto che lo stesso Ente locale era stato designato, a seguito di sequestro, «custode giudiziario degli impianti di eduzione e distribuzione dell’acqua di proprietà della Sori», avendo gestito gli impianti nella veste di ausiliario del giudice, del fatto che la società RAGIONE_SOCIALE disponesse degli strumenti appropriati di tutela ande far valere le proprie pretese, una volta cessati gli effetti del sequestro e che l’azione ex art. 2041 c.c. mancasse del necessario carattere sussidiario;
la Corte d’ Appello di Palermo, a seguito della riassunzione proposta dal Comune di Carini, e sulla rinnovata richiesta della SO.R.I. di accogliere il gravame incidentale, dichiarata la contumacia degli ex Sindaci, in parziale riforma delle sentenze non definitiva e definitiva del Tribunale di Palermo, ha rigettato la domanda di
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Ric. n. 4688/2022
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indebito arricchimento proposta dalla SO.RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune di Carini, ha dichiarato inammissibili le altre domande avanzate dalla medesima società nonché quella proposta dal Comune e volta ad ottenere la restituzione delle somme pagate alla SO.R.RAGIONE_SOCIALE. in esecuzione della sentenza 57/2012 della Corte di Appello di Palermo, ha condannato la SO.RAGIONE_SOCIALE. a rimborsare al Comune di Carini un quarto delle spese dei tre gradi del giudizio e del giudizio di rinvio, e nella stessa percentuale, quelle delle consulenze espletate in primo e secondo grado, compensando i restanti tre quarti;
avverso la sentenza della Corte d’appello in sede di rinvio, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi; ha resistito con controricorso il Comune di Carini, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale sorretto da un unico motivo d’impugnazione;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
parte ricorrente principale ha depositato memoria.
Considerato che
con il primo motivo di ricorso la società ricorrente principale denuncia la ‘ nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) ‘ ; in particolare, assume che la propria domanda ha avuto costantemente ad oggetto la condanna del Comune di Carini al pagamento di una somma, in dipendenza dei fatti diffusamente descritti; di aver sempre insistito per l’accoglimento di quella domanda e di non avervi mai rinunciato, né espressamente né implicitamente; ritiene pertanto evidente che la Corte territoriale abbia erroneamente fatto leva sulla circostanza che la SORAGIONE_SOCIALE, nel suo appello incidentale, aveva «concentrato le sue difese sull’azione ex art. 2041 c.c. » ed aveva «censurato la quantificazione dell’indennizzo e le modalità di calcolo della rivalutazione», e che poi, nel suo controricorso per cassazione aveva
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«resistito alle doglianze del Comune … senza insistere su altre domande»; a parere della ricorrente, si tratta di circostanze che non potevano impedire al giudice d’appello di valutare la fondatezza della domanda alla stregua di una diversa qualificazione giuridica, senza qualificarla come ‘nuova’ ;
1.1. Il motivo è infondato;
questa Corte ha già affermato il principio, che il Collegio richiama e condivide, secondo cui soltanto la parte pienamente vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte, e per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione di cui intende ottenere l’accoglimento ha l’onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa ( Cass. Sez. 1, 06/04/2021 n. 9265; in tema di eccezione di merito rigettata o disattesa in primo grado, v. da ultimo, Cass. Sez. 3, 27/09/2024, n. 25876);
alla luce del ricordato principio, corretta è la statuizione della Corte d’appello la quale ha affermato come inammissibile la domanda risarcitoria proposta dalla odierna ricorrente soltanto con il giudizio di rinvio; nel caso in esame, sebbene la odierna ricorrente avesse chiesto in prime cure condannarsi il Comune odierno controricorrente al ristoro dei danni e al pagamento di una somma corrispondente al valore d’uso degli impianti ‘a titolo risarcitorio e/o di indebito arricchimento e/o qualsivogl ia altro titolo o causale’ (v. pag. 12 del ricorso), tuttavia non ripropose , com’era suo onere, nella comparsa di risposta all’appello l’intera domanda risarcitoria ovvero non insistette nel richiedere la corresponsione ad altro titolo di dette somme, avendo concentrato le sue difese esclusivamente ai sensi dell’art. 2041 c.c. e avendo riproposto col gravame incidentale la sola censura riguardante le modalità di calcolo della rivalutazione
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sull’indennizzo liquidato dalla Corte d’appello (pag. 7 della sentenza qui impugnata);
neppure giova alla parte ricorrente il richiamo fatto alle pronunce di questa Corte, secondo cui le ipotesi di prospettazione o specificazione della domanda in appello non costituiscono domanda nuova ai sensi dell’art. 345 c.p.c., trattandosi piuttosto di una diversa qualificazione giuridica dell’ oggetto di causa, ove basata sui medesimi fatti (Cass. n.15470/2024, Cass., n. 9397/2024, Cass., n. 6292/2023, Cass. n. 24055/2008) (cfr. pagg. 6 e 7 in memoria), per il semplice fatto che nel caso in esame sono mancate in sede di impugnazione le stesse prospettazione e specificazione, formulate soltanto in sede di riassunzione da rinvio;
pertanto, la sentenza oggetto di ricorso non è affetta dal vizio di nullità denunciato;
1.2 . Con il secondo motivo denunzia la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) ‘ in particolare, ribadisce come non vera la circostanza di aver proposto nel giudizio di rinvio domande nuove rispetto a quelle spiegate nelle altre fasi e gradi del giudizio; si è invece limitata a sollecitare il potere della Corte di merito di dare una qualificazione giuridica della fattispecie diversa da quella dei primi giudici;
1.2.1. il motivo è inammissibile;
la ricorrente tende, nella sostanza, a denunciare profili di fatto e a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014,
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11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
la stessa prospettazione della censura, conferma che le domande risarcitorie proposte in prime cure furono ‘riproposte’ soltanto col giudizio di rinvio, in tal guisa confermando la esattezza del rilievo della Corte di merito (pag. 18 del ricorso);
con l’unico motivo il ricorrente incidentale denuncia la ‘ violazione e falsa applicazione dell’art.91 c.p.c.(art. 360 n. 3 c.p.c.) ‘ e contesta la statuizione inerente la compensazione nella misura dei ¾ delle spese di tutti i gradi di giudizio operata dalla Corte territoriale;
il motivo è infondato;
3.1. la c orte territoriale, nel liquidare le spese dell’intero giudizio e delle sue fasi, comprensive di quella relativa al giudizio di legittimità, definito con la sentenza n.654/2018, che rinviò alla stessa corte per l’ulteriore corso, si è correttamente uniformata ai principi espressi da questa Corte, a tenore dei quali in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione – e, tuttavia, complessivamente soccombente – al rimborso delle stesse in favore della controparte (cfr. Cass. n.15506/2018, Cass. n. 20289/2015, Cass. n. 2634/2007, Cass. Sez. U, 08/11/2022 n. 32906);
Stante la reciproca soccombenza, va disposta la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità;
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La Corte rigetta i ricorsi, principale e incidentale. Compensa tra i ricorrenti le spese del giudizio di legittimità.
A carico della ricorrente principale e di quello incidentale, stante il rigetto di entrambi i ricorsi , sussiste l’obbligo di versare rispettivamente un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto (Cass. Sez. U, 20 febbraio 2020, n. 4315), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della