Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8848 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 8848 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
4294/2023 r.g., proposto da
COGNOME Veronica , elett. dom.ta in INDIRIZZO Roma, presso avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, presso avv NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME.
contro
ricorrente
nonché
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore intimata
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina n. 967/2022 pubblicata in data 20/12/2022, n.r.g. 298/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 18/02/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
OGGETTO:
cessione di ramo d’azienda eccezione di decadenza rigetto implicito – appello incidentale – necessità
1.- NOME COGNOME era stata dipendente di RAGIONE_SOCIALE e poi di RAGIONE_SOCIALE in virtù di cessione di ramo d’azienda. In data 07/10/2019 era stata licenziata da quest’ultima società per giustificato motivo oggettivo.
Adìva il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto sostenendo la nullità del licenziamento in quanto intimato a non domino , in conseguenza dell’inopponibilità della cessione di ramo d’azienda alla lavoratrice perché in frode alla legge, con la conseguente reintegrazione alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE. Prospettava poi ulteriori vizi di illegittimità del recesso datoriale e ne chiedeva l’annullamento, con la conseguente tutela.
2.Costituitosi il contraddittorio, all’esito della fase sommaria introdotta dalla legge n. 92/2012 il Tribunale accoglieva la domanda di nullità, ritenendo in frode alla legge l’intervenuta cessione di ramo d’azienda.
All’esito dell’opposizione della società, il Tribunale rigettava le domande, ritenendo nel merito che la cessione di ramo d’azienda fosse effettiva e non in frode alla legge. In particolare dichiarava che il settore bar e ristorazione era un preesistente segmento aziendale funzionalmente autonomo e non vi era contestazione circa la necessità della cessionaria di far fronte ad una congiuntura economica sfavorevole e circa il fatto che la figura professionale rivestita dalla lavoratrice e per la quale era sta ta assunta (‘responsabile bar’) fosse divenuta superflua, tanto è vero che già da tempo ella era stata addetta ad altre mansioni.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello, accolta l’eccezione di decadenza riproposta da RAGIONE_SOCIALE, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla lavoratrice dichiarava illegittimo il licenziamento e condannava RAGIONE_SOCIALE a riassumere la ex dipendente entro tre giorni o, in alternativa, a corrisponderle un’indennità commisurata a quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; compensava integralmente le spese dei due gradi di giudizio fra tutte le parti.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
il motivo di gravame sull’asserito carattere fraudolento della cessione di ramo d’azienda è assorbito dalla fondatezza dell’eccezione di decadenza dal diritto di impugnare la cessione del contratto di lavoro
ex art. 2112 c.c., riproposta in questo grado dalla cedente RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 32, n. 4), lett. c), L. n. 183/2010;
come insegna la Corte di Cassazione (Cass. n. 40652/2021), occorre un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto, ai fini della decorrenza del termine di decadenza;
nel caso in esame la cessione del contratto di lavoro è stata preannunciata con lettera dell’11/04/2019, recapitata in data 24/04/2019, giorno dal quale decorreva il termine di sessanta giorni per l’impugnazione da parte della lavoratrice, che invece non v i ha provveduto;
tale decadenza non pregiudica tuttavia l’impugnazione del licenziamento intimato da RAGIONE_SOCIALE in relazione al secondo motivo di reclamo, affetto da vizi suoi propri;
come lamentato dalla lavoratrice, non è stato adempiuto l’obbligo di repechage , che, come insegna la Corte di Cassazione, è elemento costitutivo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la cui prova incombe pertanto sul datore di lavoro (Cass. n. 4673/2021);
dalla documentazione prodotta (mod. UNILAV) si evince che due unità lavorative, NOME e COGNOME NOME, assunte in data 19/04/2019 con contratto di apprendistato professionalizzante a termine fino al 30/09/2019 in regime di part time al 60% e con inquadramento nel 5^ livello (un livello inferiore a quello della La Rocca) e mansioni di casiere, all’atto della scadenza del loro contratto si sono viste trasformare il rapporto in uno a tempo indeterminato;
tale conversione è avvenuta appena sette giorni prima del licenziamento della La Rocca, per un orario complessivamente superiore alle 40 settimanali e ciò sconfessa l’assunto circa l’incollocabilità della reclamante, che ben poteva essere adibita a quelle mansioni inferiori ma comunque compatibili con le sue competenze professionali, tanto che -come dà atto anche il Tribunale -da tempo non svolgeva più le mansioni di ‘referente bar’ per le quali era stata assunta, ma proprio quelle di addetta alla cassa con maneggio denaro;
il licenziamento va pertanto dichiarato illegittimo, ma in considerazione dell’insussistenza del requisito dimensionale in capo a RAGIONE_SOCIALE per la tutela reintegratoria, va applicata quella c.d. obbligatoria.
4.- Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
7.- Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.
8.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta violazione degli artt. 2909 c.c., 111 Cost., 324, 329, co. 2, 436 c.p.c. per avere la Corte territoriale accolto l’eccezione di decadenza riproposta da RAGIONE_SOCIALE, nonostante il Tribunale -sia nella fase sommaria, sia nella fase di opposizione -l’avesse implicitamente rigettata, sicché sarebbe stato onere della RAGIONE_SOCIALE farla valere mediante reclamo incidentale, invece non proposto.
Il motivo è fondato.
In via di principio questa Corte, in funzione nomofilattica, ha affermato che in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, co. 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, co. 2, c.p.c.), né sufficiente la mera riproposizione ex art. 346 c.p.c., utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure (Cass. sez. un. n. 11799/2017; Cass. n. 21264/2018; Cass. ord. n. 9844/2022).
Va altresì precisato che quella introdotta dall’art. 32 L. n. 183/2010 è una decadenza sostanziale (Cass. n. 24258/2016), quindi sottoposta al regime del divieto del rilievo officioso e della necessaria eccezione di parte (art. 2969
c.c.), che rappresenta un’eccezione di merito rectius preliminare di merito e non di rito.
Nel caso in esame, entrambi i giudici delle due fasi ( ex lege n. 92/2012) del giudizio di primo grado hanno esteso la loro cognizione all’accertamento della sussistenza di una frode alla legge della cessione di ramo d’azienda, affermandola il primo giudice, escludendola il secondo sulla base dell’esame di determinate circostanze, tutte relative al merito della vicenda. Dunque sul piano logico-giuridico il presupposto implicito, ma necessario e quindi univoco, di questi accertamenti e delle conseguenti statuizioni era il rigetto dell’eccezione di decadenza, che rappresentava una questione preliminare di merito. Dunque, al fine di sottoporre quella questione alla Corte territoriale, era onere della RAGIONE_SOCIALE dolersi di quel rigetto (sia pure implicito) mediante reclamo incidentale, se del caso condizionato. Tale onere non è stato adempiuto.
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio per l’esame del primo motivo di reclamo, ritenuto erroneamente assorbito dalla Corte d’Appello in conseguenza dell’errato accoglimento dell’eccezione di decadenza riproposta da RAGIONE_SOCIALE
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o errata applicazione’ degli artt. 32, n. 4, lett. c), L. n. 183/2010 e 2935 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile il regime decadenziale invece inapplicabile.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o mancata applicazione’ degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte territoriale compensato integralmente fra tutte le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Entrambi i motivi restano assorbiti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Messina, in diversa composizione, in relazione al motivo accolto, nonché per la regolazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 18/02/2025.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME