Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25503 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25503 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
INGIUNTIVO.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO – rel.
Ud. 11/09/2024 CC Cron.
R.G.N. 10225/2023
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 10225/2023 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Altamura (BA), alla INDIRIZZO, in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ed NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO (RAGIONE_SOCIALE).
-ricorrente e controricorrente in via incidentale -contro
COGNOME NOME ed COGNOME NOME , rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, d all’AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO.
-controricorrenti e ricorrenti incidentali –
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, d all’AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Bari, alla INDIRIZZO.
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza, n. cron. 318/2023, della CORTE DI APPELLO DI BARI, pubblicata il giorno 28/02/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 11/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, anche, breviter , BPPB) ottenne dal Tribunale di Bari, in data 4 aprile 1997, il decreto ingiuntivo n. 384/1997, nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali garanti della debitrice principale NOME COGNOME (come da fideiussione del 12 aprile 1995), per la complessiva somma di Lire 1.895.641.206 (oggi € 979.016,98) per le seguenti causali: Lire 42.782.670, oltre interessi convenzionali, quale saldo debitore del conto corrente n. 114445820 intestato alla RAGIONE_SOCIALE; Lire 1.852.858.536, oltre interessi legali, quale saldo a debito dovuto a fronte di due finanziamenti, rispettivamente di Lire 203.417.788 e di Lire 1.609.041.802.
1.1. Con atto ritualmente e tempestivamente notificato il 14 maggio 1997, introduttivo del giudizio n.r.g. 422/1997 del già menzionato tribunale, NOME, NOME e NOME COGNOME, proposero opposizione, ex art. 645 cod. proc. civ., avverso quel decreto, contestando i crediti azionati in sede monitoria. Dedussero , in estrema sintesi, l’invalidità, sotto differenti profili, dei rapporti contrattuali azionati e contestarono, quindi, la correttezza dei calcoli. Chiesero, inoltre, la restituzione di crediti maturati in loro favore, pari: a Lire 1.179.464.262, in favore di NOME COGNOME, per somme a suo dire prelevate dal suo conto corrente n. 11/0521220, ed a Lire 780.000.000, oltre interessi e rivalutazione, in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, quale ricavato delle vendite effettuate da BPPB di 60.000 azioni di loro proprietà.
1.1.1. In questo procedimento si costituì la banca opposta, resistendo al le avverse argomentazioni e chiedendo il rigetto dell’opposizione e, comunque, la condanna degli opponenti al pagamento delle somme dovute.
1.2. Successivamente, con atto ritualmente notificato, NOME COGNOME, debitrice principale, intraprese il giudizio n.r.g. 357/2001, innanzi al Tribunale di Bari, sez. distaccata di Altamura, volto ad ottenere l’accertamento negativo del credito vantato dalla BPPB nei confronti suoi e dei fideiussori e la condanna della stessa banca al pagamento, in suo favore, del credito restitutorio di Lire 490.791.237, asseritamente maturato per effetto di prelevamenti non autorizzati da parte di quest’ultima nel periodo dal 6 febbraio al 31 maggio 1993.
1.2.1. Anche in questo secondo procedimento si costituì BPPB, impugnando e contestando le avverse pretese e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna della COGNOME al pagamento delle stesse somme portate dal già indicato decreto ingiuntivo del Tribunale di Bari n. 384/97, pari a complessive Lire 1.895.641.206, come già precedentemente specificate.
1.3. Disposta la riunione di entrambi i giudizi e dichiarata l’interruzione del processo per l’intervenuto decesso di NOME COGNOME, esso venne ritualmente riassunto e, all’esito della complessiva istruttoria svolta, l’adito tribunale, con sentenza dell’1 agosto 2018, n. 3410: a ) revocò il decreto ingiuntivo n. 384/1997; b ) condannò NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, questi ultimi due in proprio e nella qualità di eredi legittimi di NOME COGNOME, al pagamento, in solido tra loro, della complessiva somma di € 913.621,83, oltre gli interessi legali dal 14 marzo 2016 fino al soddisfo; c ) rigettò la domanda di condanna di BPPB alla restituzione, in favore della COGNOME, dell’importo di Lire 490.791.237, perché non provata; d ) respinse la domanda di restituzione, in favore di NOME COGNOME (dell’importo di Lire 1.179.464.262, a suo dire prelevate dal suo conto corrente n. 11/0521220) ed in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME (dell’importo di Lire 780.000.000, quale ricavato delle vendite a loro dire illegittime effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE di 60.000 azioni della RAGIONE_SOCIALE stessa e di proprietà dei suddetti
fideiussori) in quanto non afferenti alla causa petendi controversa, riguardando altri conti correnti; e ) rigettò le domande risarcitorie proposte nei confronti della BPPB; f ) dichiarò inammissibile la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno proposta dalla BPPB.
Avverso la descritta sentenza proposero gravame NOME COGNOME e NOME COGNOME, con atto notificato il 28 febbraio 2019 per l’udienza del 28 giugno 2019.
2.1.1. Con atto del 4 giugno 2019 si costituì BPPB, impugnando e contestando l’impugnazione di controparte
2.1.2. Con atto del 27 giugno 2019 si costituì pure NOME COGNOME, proponendo appello incidentale adesivo.
2.2. Disposta la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza, l’adita Corte di appello di Bari, con sentenza del 7/28 febbraio 2023, n. 318, così decise: « Accoglie l’appello, per quanto di ragione e, per l’effetto, a parziale riforma dell’impugnata sentenza, condanna l’appellata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE s.c.p.a., , a pagare, in favore della sola appellante COGNOME NOME, per le motivazioni di cui in narrativa, la somma di € 148.855,66 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; ».
2.2.1. Per quanto qui ancora di interesse ed in estrema sintesi, quella corte: i ) precisò, innanzitutto, che « Lo scrutinio delle singole censure non può prescindere da un rilievo preliminare di ordine processuale, attinente l’oggetto del giudizio in esame, ovvero che l’unico rapporto contrattuale con il contestato esito contabile risulta essere il conto corrente acceso dalla COGNOME NOME nel remoto 26/8/1991 presso la filiale altamurana della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE s.c.p.a., chiuso in sofferenza il 12/12/96 con un saldo a debito della predetta correntista alla data del 17/12/1996, in forza del quale veniva richiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo oggetto dell’opposizione proposta solamente dai fideiussori COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME. Tanto comporta la palese inammissibilità delle invocate richieste di natura ripetitiva, proposte dai COGNOME, quali fideiussori, in primo grado e reiterate in questa fase con lo specifico motivo d’appello, coinvolgendo le stesse altri e distinti rapporti contrattuali, quali quelli
intrattenuti autonomamente dagli stessi COGNOME NOME e COGNOME NOME, evidentemente estranei all’unico rapporto bancario oggetto del giudizio riunito, ovvero quello imputabile alla sola COGNOME NOME. D’altronde, nella parte motiva della gravata sentenza, correttamente il Tribunale aveva supportato il rigetto della domanda predetta in quanto ‘non afferente alla causa petendi di cui si controverte, riguardante altri conti correnti ed altri rapporti di debito/credito di soggetti diversi’ con analoga motivazione in riferimento al rigetto dell’ulteriore domanda di ‘compensazione’ tra le poste debitorie ed il ricavato della vendita di azioni di pertinenza dei predetti fideiussori, oggetto di ulteriore motivo di gravame »; ii ) rimarcò, poi, che « Un ulteriore e prioritario rilevo processuale attiene alla incontestata natura di attrice in senso sostanziale rivestita dalla banca nell’ambito del primo giudizio, avente ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo, con rilevanti conseguenze in punto di onere della prova a carico della stessa in ordine al ‘fatto costitutivo’ del credito azionato in via monitoria che, come innanzi evidenziato, si determinava non solo a seguito di un saldo a sofferenza sul conto ordinario della COGNOME ma anche, ed in maniera prevalente, a seguito di finanziamenti correlati ad operazioni in valuta estera, conseguendone che a carico della banca creditrice gravasse il rigoroso onere di allegare, a comprova del credito complessivo di cui innanzi, adeguata e sufficiente documentazione riferibile proprio al complementare rapporto di intermediazione finanziaria intrattenuto dalle parti nell’ambito del principale rapporto di conto corrente, movimentato, questo, proprio dalle alterne vicende delle operazioni di investimento in valuta estera. D’altronde, supporta la rilevanza probatoria documentale de qua la stessa ratio dell’ordinanza istruttoria del 19/4/15 con cui, rimettendo la causa sul ruolo, si disponeva una opportuna rinnovazione della c.t.u. mediante ‘rielaborazione di tutti i calcoli relativi ai rapporti oggetto di causa, ivi comprese le operazioni in valuta estera’ rispetto alle quali si indicava il criterio determinativo con ‘esclusione dalla debitoria di tutte le operazioni che non risultino documentate in base alle produzioni in a tti’, mentre con riferimento alle ordinarie competenze bancarie, in punto di interessi debitori, si richiedeva l’esclusione di qualsiasi
capitalizzazione periodica’ emendando il rapporto contabile con l’applicazione di un tasso legale fino all’entrata in vigore della legge sulla trasparenza bancaria e del tasso sostitutivo per il successivo periodo, fino alla chiusura del conto. L’ordinanza predetta è quindi di estrema rilevanza, comparata agli esiti delle varie ipotesi di ricostruzione contabile, alfine di saggiare la correttezza dell’opzione formulata dal primo giudice con riguardo ad una ipotesi ricostruttiva (la prima) elaborata, comprendendo (e non escludendo come invece richiesto nella ordinanza predetta) tutte le operazioni in valuta per la ritenuta sufficienza probatoria documentale degli estratti conto prodotti dalla banca »; iii ) dichiarò la nullità dei finanziamenti in valuta e delle correlative operazioni di acquisto e vendita per mancanza della forma scritta ad substantiam , attesa la « dirimente carenza probatoria-documentale del contratto quadro quale inderogabile ‘cornice’ normativa e contrattuale nell’ambito del quale doveva svolgersi il rapporto di intermediazione mobiliare, non potendosi ritenere sufficienti i semplici estratti conto e né, tantomeno, la ritenuta rilevanza della documentazione sottoscritta dagli attori e la ritenuta presunta qualifica di accorta investitrice in capo alla COGNOME, circostanze poste dal Tribunale a supporto motivazionale del rigetto della proposta eccezione di nullità per mancanza della forma scritta, intendendo la stessa riferirsi evidentemente alla forma prescritta, in tema di intermediazione finanziaria dall’art. 23 del TUF », disposizione, quest’ultima, a suo dire, ‘ incomprensibilmente obliterato dal Tribunale ‘; iv ) stante l’accertata invalidità delle operazioni in valuta, per assenza di forma scritta nei rapporti contrattuali e per carente informativa di rischio, ritenne di dover applicare l’ipotesi ricostruttiva n. 4, proposta dal AVV_NOTAIO, prevedente la esclusione di tutte le operazioni in valuta (quale diretta conseguenza sanzionatoria della rilevata nullità delle stesse per mancanza del contratto originario) ed epurazione delle competenze bancarie illegittime, ‘ includendo solamente il rilevato addebito sul conto della COGNOME, non avendo costei, attrice nel riunito giudizio di accertamento del credito, comprovato in alcuna maniera la contestata illiceità degli addebiti predetti ‘, comportante il saldo finale, a credito della correntista, di € 148.855,65.
Per la cassazione di questa sentenza ha promosso ricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a cinque motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. Hanno resistito, con distinti controricorsi, rispettivamente, NOME COGNOME e NOME COGNOME, proponendo anche ricorso incidentale, con un motivo, corredato pure da analoga memoria, nonché NOME COGNOME, proponendo anche ricorso incidentale recante due motivi. BPPB ha depositato controricorso ai ricorsi incidentali ex art. 371, comma 4, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi del ricorso principale di BPPB denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Sulla omessa declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale adesivo proposto da COGNOME NOME. In relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione degli artt. 325 e 334 c.p.c., in relazione alla tardività dell’appello incidentale adesivo; violazione degli artt. 343 e 166 c.p.c., in relazione alla tardività del deposito dell’appello incidentale adesivo ». Viene censurata la sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di dichiarare l’inammissibilità dell’appello incidentale adesiv o di NOME COGNOME perché proposto oltre il termine breve di trenta giorni, di cui all’art. 325 cod. proc. civ., decorrente dalla notificazione, nei suoi confronti, della impugnazione principale, non applicandosi all’appello incidentale adesivo la d isciplina dell’appello incidentale tardivo di cui all’art. 334 cod. proc. civ. Si deduce, inoltre, che questa impugnazione incidentale adesiva andava dichiarata inammissibile in quanto proposta con comparsa depositata in cancelleria il giorno dell’udienza di prima comparizione, in violazione dei termini, previsti a pena di decadenza, dagli artt. 343 e 166 cod. proc. civ.;
II) « Sul capo della sentenza portante la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla restituzione di € 148.855,65 in favore di COGNOME NOME. In relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: vizio di ultrapetizione per pronunzia su domanda non proposta dalla appellante. Violazione, sotto questo profilo degli artt. 112, 345 e 346 cpc. ». Si sostiene che la COGNOME non risulta aver mai chiesto la condanna di BPPB a restituirle quanto eventualmente risultante a credito in
esito alla valutazione dei rapporti dare/avere tra le parti. Pertanto, laddove la corte distrettuale, dopo aver dichiarato la nullità dei contratti ed accettato ipotesi di calcolo prevedente un credito della correntista-cliente, ha condannato BPPB a restit uirle l’importo di € 148.855,65, la stessa è incorsa in vizio di ultrapetizione. Si deduce, poi, che ove dovesse ritenersi formulata, in primo grado, la richiesta restitutoria, vi sarebbe comunque vizio di ultra petizione, in quanto detta domanda, disattesa dal tribunale, non è stata in alcun modo riproposta in grado di appello, con conseguente rinuncia implicita ex art. 346 cod. proc. civ.;
III) « In ordine alla disciplina giuridica applicabile al rapporto. In relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: errata applicazione degli artt. 21 e 23 del d.lgs. n. 58/1998 e del Regolamento Consob n. 11522 del 1998. Violazione degli artt. 1 e 6 della legge 2 gennaio 1991, n. 1 ». Muovendo dal rilievo che la corte territoriale ha deciso la controversia dichiarando la nullità del contratto e dei rapporti di intermediazione nella vendita di strumenti finanziari e valute in applicazione del TUF (d.lgs. n. 58/1998) e del Regolamento Consob n.11522 del 1998, benché il primo fosse entrato in vigore l’1 luglio 1998, e, quindi, dopo la conclusione dei contratti, dopo l’esecuzione delle singole operazioni, dopo l’invio delle raccomandate di revoca affidamenti e risoluzione rapporti del 1996 e dopo l’inizio stesso del giudizio di primo grado (originato dal ricorso monitorio del 1997), si assume che alla odierna vicenda andava applicata la disciplina di cui alla legge n. 1/1991. Si rappresenta, inoltre, che tale errore è rilevante perché in atti è presente un contratto che rispetta le formalità e prescrizioni di cui alla legge n. 1/1991;
IV) « Sulla dichiarata assenza di documentazione contrattuale riguardante il rapporto di intermediazione mobiliare. In relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio con riferimento alla mancata percezione della documentazione offerta in produzione ». Si sostiene che la sentenza impugnata è fondata sulla errata applicazione del d.lgs. n. 58/1998 e sulla ritenuta assenza di un ‘contratto quadro’ e delle prescrizioni imposte da tale legge, circostanze, queste, più volte ivi ribadite. Dagli atti processuali, invece, emerge che tale contratto esisteva ed era stato
prodotto tempestivamente in primo grado e rispondeva a tutti i requisiti imposti dalla legge n. 1/1991, qui applicabile ratione temporis ;
V) « Sulla eliminazione dai conteggi accolti nella sentenza gravata degli importi dei finanziamenti ricevuti dalla sig.ra COGNOME NOME. In relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Violazione del giudicat o formatosi sul fatto dell’avvenuto accreditamento dei finanziamenti ». Si deduce che la corte d’appello ha applicato l’ipotesi di calcolo IV proposta dal c.t.u. che espressamente non contemplava l’erogazione dei due finanziamenti del 17 settembre 1996, per Lire 1.596.007.739, e del 12 aprile 1996 di Lire 201.770.000. L’esame di tale questione è stato completamente obliterato dal Giudice di appello che, disinteressandosi della questione inerente i finanziamenti, ha applicato il ricalcolo IV, proposto dal c.t.u., nel quale quest’ultimo chiariva di non aver considerato i due finanziamenti mai contestati nella loro erogazione (come accertato dal Tribunale). In tal modo, l’effetto dichiaratamente sanzionatorio dell’accertata nullità ha comportato non solo la non applicazione di interessi, spese, commissioni e perdite, ma addirittura la non restituzione della sorte capitale ricevuta per i finanziamenti in valuta.
2. Il primo dei suddetti motivi si rivela fondato sotto il profilo, già da solo decisivo, della violazione degli artt. 343 (nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche apportategli dal d.lgs. n. 149 del 2022, a tenore del quale ‘1. L’appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, all’atto della costituzione in cancelleria ai sensi dell’art. 166. 2. Se l’intere s se a proporre l’appello incidentale sorge dalla impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa ‘) e 166 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche apportategli dal d.lgs. n. 149 del 2022, secondo cui ‘ Il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore, o personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione di termini a norma del seco ndo comma dell’art . 163bis ,
quinto comma, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa di cui all’art. 167 con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione ‘) .
2.1. Invero, NOME COGNOME ha promosso il proprio appello incidentale adesivo con la comparsa di costituzione in appello, datata 27 giugno 2019, depositata il giorno stesso dell’udienza innanzi alla corte barese (28 giugno 2019) fissata nella citazione introduttiva del gravame principale di NOME COGNOME e NOME COGNOME, malgrado il suo interesse alla impugnazione fosse sorto fin dalla proposizione dell’appello principale di questi ultimi. Pertanto, l’avvenuto deposito della comparsa di costituzione suddetta senza l’osservanza del già descritto termine decadenziale, determina l’inammissibilità di quella impugnazione ( cfr. Cass. n. 6386 del 2020), peraltro rilevabile di ufficio investendo la tempestività della stessa che ne costituisce, appunto, condizione di ammissibilità ( cfr . Cass. n. 7634 del 2022; Cass. n. 12979 del 2020; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. nn. 12781 e 12993 del 2006; Cass., SU, n. 6983 del 2005).
Il secondo motivo del ricorso in esame è parimenti fondato tenuto conto di quanto desumibile dall’esame degli atti del fascicolo di ufficio (consentito a questa Corte in ragione della natura di error in procedendo del vizio denunciato) puntualmente riportati dalla ricorrente.
3.1. Infatti, la domanda restitutoria di Lire 490.791.237, originariamente formulata dalla COGNOME nella citazione introduttiva del giudizio n.r.g. 357/2001 da lei intrapreso innanzi al Tribunale di Bari, sezione distaccata di Altamura, riguardava gli asseriti illeciti prelievi, ivi descritti, della RAGIONE_SOCIALE. Essa, dunque, concerneva chiaramente i predetti prelievi e non l’eventuale saldo a credito in esito alla invocata rivalutazione dei rapporti dare/avere tra le parti, come del resto emerge dalla lettura complessiva dell’atto, in cui l’attrice mai aveva chiesto la condanna al pagamento del saldo attivo del conto corrente.
3.1.1. Tanto ha trovato conferma nella decisione di primo grado, in cui il Tribunale di Bari ha qualificato in tali termini la domanda della COGNOME, nel momento in cui ha così statuito: ‘ Tutte le restanti domande attoree non meritano accoglimento in quanto la domanda di condanna della RAGIONE_SOCIALE alla
restituzione in favore della sig.ra NOME COGNOME dell’importo di £. 490.791.237 per prelievi non autorizzati dal proprio conto non è risultata comprovata …’ ( cfr . pag. 13 della sentenza n. 3410/2018 del menzionato tribunale).
3.1.2. La stessa c orte d’ appello, poi, nel momento in cui ha condannato la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione del credito risultante in conto di € 148.855,66, ha contestualmente confermato la diversità della domanda di restituzione dei pretesi addebiti per £. 490.791.237, avendo affermato l’esistenza del primo credito ‘… includendo solamente il rilevato addebito sul conto della COGNOME, non avendo costei, attrice nel riunito giudizio di accertamento del credito, comprovato in alcuna maniera la contestata illiceità degli addebiti predetti … ‘ ( cfr . pag. 22 della sentenza oggi impugnata).
3.1.3. Né la qualificazione in quei termini, né il rigetto della domanda di restituzione di £. 490.791.237 erano stati oggetto di impugnazione da parte della RAGIONE_SOCIALE.
3.2. In ogni caso, anche a voler ritenere -in via meramente ipotetica -quella domanda proposta in primo grado dalla COGNOME come riferita pure a questo eventuale credito, la stessa comunque non era stata riproposta, ex art. 346 cod. proc. civ., in appello.
3.3. Neppure persuadono, infine, le argomentazioni, sul punto, rinvenibili in entrambi i controricorsi, dovendosi ricordare, altresì, che, in linea generale: i ) giusta Cass. n. 6664 del 2018, ‘ Accertata la nullità del contratto d’investimento, il venir meno della causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali comporta l’applicazione della disciplina dell’indebito oggettivo, di cui agli artt. 2033 ss. c.c., con il conseguente sorgere dell’obbligo restitutorio reciproco, subordinato alla domanda di parte ed all’assolvimento degli oneri di allegazione e di prova, avente ad oggetto, da un lato, le somme versate dal cliente alla banca per eseguire l’operazione e, dall’altro lato, i titoli consegnati dalla banca al cliente e gli altri importi ricevuti a titolo di frutti civili o di corrispettivo per la rivendita a terzi, a norma dell’art. 2038 c.c., con conseguente applicazione della compensazione fra i reciproci debiti sino alla loro concorrenza ‘; ii ) secondo Cass. n. 2075 del 2013, ‘ La risoluzione del
contratto pur comportando, per l’effetto retroattivo sancito dall’art. 1458 cod. civ., l’obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere il provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell’altro contraente, atteso che rientra nell’autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo, o meno, la restituzione della prestazione rimasta senza causa ‘; iii ) alla stregua di Cass. n. 28722 del 2022 (conf. 2562 del 2009), ‘ La risoluzione del contratto, pur comportando, per l’effetto retroattivo sancito dall’art. 1458 cod. civ., l’obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere il provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell’altro contraente, atteso che rientra nell’autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo, o meno, la restituzione della prestazione rimasta senza causa, con la conseguenza che la domanda di restituzione proposta per la prima volta in grado d’appello è inammissibile, in quanto domanda nuova ‘.
Parimenti fondato, sebbene nei limiti di cui appresso, si rivela pure il terzo motivo del ricorso in esame.
4.1. È decisivo, infatti, il rilievo che ad un rapporto (come quello, intrattenuto dalla COGNOME con BPPB, di intermediazione finanziaria concernente operazioni in valuta estera) interamente svoltosi, dall’inizio alla fine (anche quanto al l’esecuzione delle singole operazioni, successivamente all’invio delle raccomandate di revoca affidamenti e risoluzione rapporti del 1996) , anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 5 8 del 1998 (risalente all’1 luglio 1998, giusta il suo art. 216) . Lo stesso dicasi per il Regolamento Consob n.11522 del 1998.
4.2. Fermo quanto precede, osserva, tuttavia, il Collegio che, pure vigente la legge n. 1 del 1991, la giurisprudenza di legittimità, sebbene in assenza di specifica previsione testuale, sanzionava con la nullità la mancanza del contratto scritto di intermediazione ivi previsto ( cfr . Cass. n. 1250 del 2022).
4.2.1. Se, dunque, era certamente configurabile l’obbligo di disciplinare anche il rapporto de quo tramite un formale contratto scritto normativo di servizi, nel quale risultassero predeterminati la natura dei servizi forniti, le
modalità di svolgimento dei servizi stessi, i criteri di calcolo della loro remunerazione e le altre condizioni particolari convenute con il cliente, è altrettanto innegabile, però, che la valutazione circa la sufficienza, o non, a questi fini, della complessiva documentazione in atti prodotta dalla banca (come puntualmente indicata alla pagina 25 dell’odierno ricorso, tra cui il ‘ contratto di negoziazione – sottoscrizione -collocamento -raccolta ordini concernenti valori mobiliari ‘ sottoscritto dalla Inc ampo il 22 gennaio 1993, depositato in primo grado, nel fascicolo di parte della BPPB in sede di costituzione nel giudizio R.G. n. 422/97; il collegato contratto di ‘ deposito titoli ‘, strumentale al primo , parimenti depositato in primo grado, nel fascicolo di parte della BPPB nel giudizio R.G. n. 422/97), così come delle eventuali conseguenze nella seconda di tali ipotesi, sarebbe dovuta avvenire, da parte della corte distrettuale, avendo come parametro di riferimento la legge n. 1 del 1991, e, in particolare, il suo art. 6, comma 1, -a tenore del quale, tra l’altro, ‘Nello svolgimento delle loro attività le società di intermediazione mobiliare: … c) devono stabilire i rapporti con il cliente stipulando un contratto scritto nel quale siano indicati la natura dei servizi forniti, le modalità di svolgimento dei servizi stessi e l’entità e i criteri di calcolo della loro remunerazione, nonché le altre condizioni particolari convenute con il cliente; copia del contratto deve essere consegnata contestualmente al cliente; d) devono acquisire preventivamente le informazioni sulla situazione finanziaria del cliente rilevanti ai fini dello svolgimento delle attività di intermediazione mobiliare; e) devono operare in modo che il cliente sia sempre adeguatamente informato sulla natura e sui rischi delle operazioni, sulle loro implicazioni e su qualsiasi atto, fatto o circostanza necessari per prendere consapevoli scelte di investimento o di disinvestimento …’ -non già, invece, l’art. 23 del d.lgs. n. 51/98 ed il Regolamento Consob n. 11522 del 1998, ratione temporis inapplicabili.
4.2.2. In parte qua , allora, la sentenza impugnata deve essere cassata affidandosi al giudice di rinvio il compito di esaminare nuovamente il rapporto contrattuale suddetto valutando l’idoneità, o meno, a regolarlo del la menzionata documentazione prodotta dalla odierna ricorrente alla stregua
della normativa, applicabile ratione temporis alla concreta fattispecie, portata dalla legge n. 1/1991.
Il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale possono considerarsi assorbiti stanti le ragioni del l’avvenuto accoglimento del motivo precedente e degli accertamenti conseguentemente demandati al giudice di rinvio.
L’unico formulato motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME e NOME COGNOME è rubricato « Violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), in relazione all’art. 112 c.p.c., per mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato con riferimento alla richiesta di ripetizione delle somme illegittimamente incamerate dalla BPPB e di proprietà dei sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME ». Si deduce che « La Corte di Appello di Bari è incorsa nel medesimo errore in cui è incorso il Tribunale di Bari laddove, con riferimento alla domanda di restituzione in favore del Sig. NOME COGNOME dell’importo di € 609.142,96, oltre interessi e svalutazione, a più riprese prelevati dal suo conto corrente n. 11/0521220, e in favore dei Sig.ri NOME e NOME COGNOME dell’importo di € 402.836,38, oltre interessi e svalutazione, quale ricavato dalle vendite illegittime effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE di n. 60.000 azioni della RAGIONE_SOCIALE stessa e di proprietà dei suddetti fideiussori, ha ritenuto inammissibili le invocate richieste di natura ripetitiva ‘coinvolgendo le stesse altri e distinti rapporti contrattuali, quali quelli intrattenuti autonomamente dagli stessi COGNOME NOME e COGNOME NOME, evidentemente estranei all’unico rapporto bancario oggetto del giudizio riunito, ovvero quello imputabile alla sola COGNOME NOME‘ . Tale assunto costituisce motivo di censura in questa sede ex art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., pe r violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che le domande di restituzione somme in favore dei Sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME non avessero il medesimo oggetto del giudizio riunito. Al contrario, la Corte di Appello non ha considerato che, pur trattandosi di rapporti contrattuali distinti da quello relativo alla Sig.ra COGNOME, essi sono stati ‘utilizzati’ dalla RAGIONE_SOCIALE per coprire le perdite relative alle operazioni valutarie effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE.
Ebbene, l’errore in cui è incorsa la Corte di Appello come pure il Tribunale di Bari -attiene alla mancata corretta individuazione dell’oggetto del presente giudizio, anzitempo riunito ».
6.1. Questa doglianza si rivela complessivamente insuscettibile di accoglimento alla stregua delle decisive considerazioni di cui appresso.
6.1.1. Innanzitutto, la corte di appello ha spiegato le ragioni per cui ha disatteso le domande suddette ( « l’unico rapporto contrattuale con il contestato esito contabile risulta essere il conto corrente accesso dalla COGNOME NOME nel remoto 26/8/1991 presso la filiale altamurana della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE scpa, chiuso in sofferenza il 12/12/96 con un saldo a debito della predetta correntista alla data del 17/12/1996, in forza del quale veniva richiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo oggetto dell’opposizione proposta solamente dai fideiussori COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME. Tanto comporta la palese inammissibilità delle invocate richieste di natura ripetitiva, proposte dai COGNOME, quali fideiussori, in primo grado e reiterat e in questa fase con lo specifico motivo d’appello, coinvolgendo le stesse altri e distinti rapporti contrattuali, quali quelli intrattenuti autonomamente dagli stessi COGNOME NOME e COGNOME NOME evidentemente estranei all’unico rapporto bancario oggetto del giudizio riunito, ovvero quello imputabile alla sola COGNOME NOME. D’altronde, nella parte motiva della gravata sentenza, correttamente il Tribunale aveva supportato il rigetto della domanda predetta in quanto ‘non afferente alla causa petendi di cui si controverte, riguardante altri conti correnti ed altri rapporti di debito/credito di soggetti diversi’ con analoga motivazione in riferimento al rigetto dell’ulteriore domanda di ‘compensazione’ tra le poste debitorie ed il ricavato della vendita di azioni di pertinenza dei predetti fideiussori, oggetto di ulteriore motivo di gravame ». Cfr . pag. 14-15 della sentenza oggi impugnata), ergo il vizio ex art. 112 cod. proc. civ. è insussistente).
6.1.2. In ogni caso ed in via affatto dirimente (così superandosi anche un’eventuale riqualificazione della censura in esame come volta a far valere una erronea interpretazione della domanda da parte del giudice di merito),
occorre rimarcare che l’esistenza del supposto ‘ collegamento ‘ tra i rapporti dedotti nel motivo in esame imporrebbe accertamenti di natura fattuale incompatibili con il giudizio di legittimità ( cfr . tra le tante, Cass. n. 28324 del 2023; Cass. n. 22353 del 2021; Cass. n. 22216 del 2018).
I formulati motivi del ricorso incidentale di NOME COGNOME, infine, denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) in relazione all’art. 112 c.p.c. per mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato con riferimento alla richiesta di ripetizione delle somme illegittimamente incamerate dalla BPPB e di proprietà dei sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME ». Le argomentazioni che lo sorreggono sono del tutto analoghe a quelle dell’unico motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
II) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) in relazione all’art. 112 c.p.c. per mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato con riferimento alla invalidità delle fidejussioni. Omessa pronuncia ». Si deduce che: i ) la corte d’appello, come già il tribunale, « ha omesso, tra l’altro, di esprimersi, violando così il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c., sulle domande di invalidità delle fideiussioni, avanzate dagli opponenti nel giudizio di primo grado. Nessuna statuizione sul punto, neanche incidentalmente, è rinvenibile tanto nella sentenza di primo grado (come ampiamente dedotto in grado di appello fino alle memorie di replica ex art. 190 c.p.c.) quanto in quella di appello »; ii ) le fideiussioni in discorso contengono le clausole standard adottate dalle banche fino al 2005 (ed in alcuni casi anche oltre), ritenute illegittime sia dalla pronuncia della RAGIONE_SOCIALE d’Italia n. 55/2005, per violazione dell’art. 2, comma 2, lettera a ), della legge n. 287/90 sia dalla giurisprudenza successiva, che, come noto, ha ritenuto affette da nullità totale tutte le fideiussioni contenenti le medesime clausole, anche se stipulate anteriormente alla pronuncia dell’Autorità Garante, perché in cont rasto con le norme imperative dettate in materia di Antitrust dalla legge n. 287/90.
7.1. Questo ricorso deve considerarsi inammissibile, posto che, per effetto dell’avvenuta declaratoria di inammissibilità , in accoglimento del primo motivo del ricorso principale di BPPB , dell’appello incidentale di NOME COGNOME, la sentenza di primo grado era divenuta cosa giudicata nei suoi confronti, sicché allo stesso certamente non può essere consentito, oggi, di far valere ulteriori doglianze concernenti i rapporti come definiti da quella pronuncia.
7.2. Ciò esime, pertanto, il Collegio dal rimarcare che, comunque: i ) quanto al primo di tali motivi, varrebbero le stesse considerazioni fatte per l’unico motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME e NOME COGNOME; ii ) quanto al secondo, invece, al di là del fatto che esso investe questioni evidentemente assorbite (avendo la corte di appello escluso l’esistenza di debiti della COGNOME verso BPPB, anzi riconoscendola creditrice di quest’ultima), sicché nessun rilievo concreto, avrebbe avuto, nella specie, la questione della validità, o non, della fideiussione, in ogni caso tutto quanto dedotto nella prima parte della censura postula accertamenti di natura fattuale, chiaramente incompatibili con il giudizio di legittimità; mentre, sulla questione della pretesa nullità per violazione della normativa antitrust , per escluderne l’ammissibilit à, sarebbe qui sufficiente , giusta l’art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., il rinvio alle argomentazioni di Cass. nn. 19401, 18079 e 17979 del 2024, sul presupposto che la declaratoria di nullità di ufficio di tale garanzia avrebbe presupposto la tempestiva allegazione dei fatti (di cui, invece, non si rinviene evidenza nella sentenza impugnata) su cui quella nullità viene oggi invocata.
In conclusione, dunque: i ) il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE deve essere accolto limitatamente ai suoi primi tre motivi, dichiarandosene assorbiti gli altri; ii ) il ricorso incidentale di NOME COGNOME e NOME COGNOME deve essere respinto; iii ) il ricorso incidentale di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile.
8.1. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione
delle spese di questo giudizio di legittimità relative sia al ricorso principale che ad entrambi i ricorsi incidentali.
Da ultimo, deve darsi atto -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido tra loro, e di NOME COGNOME, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi incidentali, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE limitatamente ai suoi primi tre motivi, dichiarandone assorbiti gli altri.
Rigetta il ricorso incidentale di NOME e NOME COGNOME. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale di NOME COGNOME.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità relative sia al ricorso principale che ad entrambi i ricorsi incidentali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012 , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido tra loro, e di NOME COGNOME, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi incidentali, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile